Ritratto fotografico di una donna incinta dall'aspetto sano ma leggermente pensieroso, seduta vicino a una finestra con luce naturale morbida. Obiettivo 35mm, profondità di campo per sfocare leggermente lo sfondo. Toni di colore caldi e naturali.

Gravidanza e Infezioni da E. coli: Un Legame Pericoloso da Non Sottovalutare

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che tocca da vicino tante future mamme: le infezioni durante la gravidanza. Sappiamo bene che questo periodo è delicato e pieno di attenzioni, ma c’è un “ospite” indesiderato di cui forse non si parla abbastanza: l’Escherichia coli, o più semplicemente E. coli.

Magari lo conoscete come un batterio che vive tranquillamente nel nostro intestino, ed è vero. Fa parte della nostra flora batterica naturale. Il problema è che, grazie alla sua incredibile capacità di adattarsi, alcuni ceppi di E. coli possono trasformarsi da coinquilini pacifici a veri e propri patogeni, soprattutto fuori dal loro ambiente abituale. E durante la gravidanza, questa trasformazione può diventare particolarmente insidiosa.

Perché preoccuparsi dell’E. coli in gravidanza?

Negli ultimi anni, abbiamo notato un aumento delle infezioni causate da E. coli nelle donne incinte. Mentre l’attenzione si è concentrata molto sullo Streptococco di Gruppo B (GBS), con screening prenatali e antibiotici che ne hanno ridotto l’impatto, l’E. coli sembra farsi strada, diventando una delle principali cause di problemi.

Pensate che questo batterio è stato collegato a complicazioni perinatali non da poco, come:

  • Febbre
  • Corioamnionite (un’infiammazione delle membrane che avvolgono il feto)
  • Aborto spontaneo
  • Parto pretermine
  • Morte fetale intrauterina

Inoltre, è una delle cause principali di encefalite e sepsi neonatale, mettendo a rischio sia la salute della mamma che quella del bambino. Il guaio è che, ad oggi, mancano strategie efficaci di screening e prevenzione specifiche per l’E. coli, e le ricerche sul suo reale impatto sugli esiti della gravidanza sono ancora limitate.

La nostra ricerca: cosa abbiamo scoperto?

Proprio per colmare questa lacuna, abbiamo deciso di vederci più chiaro. Abbiamo condotto un’analisi retrospettiva, cioè siamo andati a “spulciare” i dati clinici delle donne ricoverate nel nostro ospedale (l’Ospedale di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Fudan, campus di Yangpu) tra gennaio 2020 e dicembre 2022. Ci siamo concentrati su quelle arrivate per rottura prematura delle membrane (PROM), minaccia di parto pretermine, minaccia d’aborto o febbre, tutte situazioni in cui vengono eseguiti test microbiologici.

Abbiamo analizzato ben 7.213 campioni clinici (tamponi vaginali, contenuti intrauterini, sangue) e identificato 925 casi positivi a qualche patogeno. Tra questi, l’E. coli spiccava, rappresentando quasi il 22% delle infezioni batteriche identificate (202 casi su 925), secondo solo alla Candida albicans (un fungo). Complessivamente, il tasso di rilevamento di E. coli nella popolazione testata è stato del 3,19%.

Abbiamo quindi confrontato le donne con infezione da E. coli (202) con quelle che non l’avevano (5.412), cercando di capire se ci fossero dei fattori che aumentavano il rischio di contrarre questa infezione e quali fossero le conseguenze sulla gravidanza.

Chi è più a rischio? I fattori identificati

Analizzando i dati, sono emersi due fattori di rischio indipendenti significativi per l’infezione da E. coli in gravidanza:

  • Essere alla prima gravidanza (primiparità): Le donne alla loro prima esperienza avevano quasi 3 volte più probabilità di avere un’infezione da E. coli rispetto a chi aveva già partorito (odds ratio = 2.981). Perché? Le ipotesi sono diverse. Forse le donne multipare sviluppano cambiamenti strutturali protettivi o una risposta immunitaria più “allenata”. Inoltre, le primipare tendono a subire più interventi durante il parto (rottura artificiale delle membrane, esami vaginali ripetuti, episiotomia, lacerazioni) che possono aumentare il rischio di contaminazione.
  • Avere un Indice di Massa Corporea (BMI) pre-gravidanza pari o superiore a 24 kg/m²: Anche un BMI più elevato prima della gravidanza è risultato associato a un rischio maggiore (odds ratio = 1.419). Un BMI alto può influenzare la funzione immunitaria, alterare il microbioma vaginale e promuovere stati infiammatori, tutti fattori che possono favorire le infezioni.

Immagine macro ad alto dettaglio di colonie batteriche di Escherichia coli su una piastra di agar in laboratorio, illuminazione controllata e precisa, obiettivo macro 90mm. Sullo sfondo, sfocata, una silhouette stilizzata di una donna incinta per contestualizzare.

Le conseguenze sulla gravidanza e sul parto

Ma veniamo al dunque: quali sono stati gli effetti di questa infezione sugli esiti della gravidanza nel nostro studio? I risultati sono stati piuttosto chiari e, devo dire, preoccupanti:

  • Maggior rischio di rottura prematura pretermine delle membrane (PPROM): L’infezione da E. coli è risultata significativamente correlata a questo evento (P = 0.007). Sembra che l’E. coli possa indebolire le membrane fetali promuovendo l’attività di enzimi (metalloproteinasi) che ne degradano la struttura.
  • Più aborti prima della 28ª settimana: Il gruppo con infezione da E. coli ha mostrato una percentuale più alta di interruzioni precoci della gravidanza.
  • Meno parti a termine: Di conseguenza, la percentuale di bambini nati a termine era inferiore nel gruppo con E. coli.
  • Più sofferenza fetale durante il travaglio: L’incidenza di distress fetale è risultata significativamente più alta tra le donne con infezione da E. coli. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che l’infezione intrauterina può compromettere la capacità del feto di tollerare lo stress del parto.
  • Meno tagli cesarei, ma…: Curiosamente, abbiamo osservato meno cesarei nel gruppo E. coli (31.8% vs 41.0%). Questo è probabilmente dovuto a interventi più proattivi per accelerare il parto (come un maggior uso del forcipe) e alla maggiore incidenza di parti pretermine in questo gruppo, dove si tende a favorire il parto vaginale per ridurre i rischi infettivi legati alla chirurgia.
  • Un caso di sepsi materna: Anche se raro (1 caso su 179 nel gruppo E. coli contro 0 nel gruppo di controllo), la differenza è risultata statisticamente significativa, sottolineando la potenziale gravità dell’infezione.

Non abbiamo invece trovato differenze significative per quanto riguarda la febbre durante il parto, l’emorragia postpartum o l’asfissia neonatale. Questo potrebbe essere dovuto alle pratiche cliniche adottate nel nostro ospedale, come l’uso tempestivo di antibiotici e antipiretici in caso di PROM o febbre, che potrebbero aver mitigato alcune di queste complicazioni.

Cosa ci portiamo a casa da questo studio?

Parliamoci chiaro: questo studio è osservazionale e retrospettivo, il che significa che ci mostra delle associazioni importanti, ma non può stabilire con certezza un rapporto di causa-effetto. Ci sono dei limiti: è stato condotto in un solo centro, potrebbero esserci fattori confondenti che non abbiamo potuto analizzare a fondo (come l’uso specifico di antibiotici, le pratiche igieniche, la durata esatta del travaglio) e i test microbiologici stessi hanno dei limiti.

Tuttavia, i risultati suggeriscono fortemente un legame tra l’infezione materna da E. coli e un aumento del rischio di esiti avversi della gravidanza, specialmente in popolazioni considerate ad alto rischio (donne alla prima gravidanza o con BMI elevato).

Questo ci dice che, in pratica clinica, se una donna incinta, soprattutto se primipara o con BMI ≥ 24, si presenta con sintomi come febbre, rottura delle membrane o minaccia di parto pretermine, dobbiamo assolutamente considerare la possibilità di un’infezione da E. coli. Eseguire tempestivamente i test necessari e, se il sospetto è alto, iniziare un trattamento empirico potrebbe essere cruciale per prevenire conseguenze negative per la mamma e il bambino.

Serviranno sicuramente studi futuri, magari prospettici e multicentrici, per confermare questi risultati, capire meglio i meccanismi biologici e definire strategie di prevenzione e gestione ancora più efficaci. Ma intanto, tenere alta l’attenzione sull’E. coli in gravidanza è già un passo importante.

Fonte: Springer

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