Infermieri Equilibristi: La Sfida Nascosta del Doppio Ruolo Assistenziale
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un tema che mi sta particolarmente a cuore e che, forse, tocca da vicino molti più professionisti sanitari di quanto pensiamo. Parliamo degli infermieri che, oltre al loro lavoro impegnativo in ospedale, clinica o sul territorio, si ritrovano a essere anche i principali caregiver di un familiare a casa. Un vero e proprio equilibrismo, non trovate? Li chiamano Double Duty Caregivers (DDC), infermieri con un doppio ruolo, un doppio carico assistenziale.
Mi sono imbattuto in una recente analisi secondaria di una scoping review che ha cercato di fare luce su un aspetto affascinante e complesso: come questi professionisti si “posizionano”, come vivono la loro identità in questo doppio ruolo. Perché, vedete, non è così scontato. Ci si sente più “infermiere” anche a casa, applicando un approccio professionale, o prevale il ruolo di “familiare”, con tutte le dinamiche emotive che comporta? E soprattutto, come questa auto-percezione influenza le loro esigenze e le interazioni con il sistema sanitario?
Chi sono gli infermieri con “doppio incarico”?
Immaginate la scena: turni massacranti, stress, responsabilità enormi sul lavoro. Poi si torna a casa e lì inizia un altro “turno”, quello dedicato a un genitore anziano, a un partner malato, a un figlio con bisogni speciali. Questi sono i DDC. La ricerca mostra chiaramente che questo doppio ruolo è estremamente gravoso ed estenuante. Non sorprende che alcuni, schiacciati dal peso, decidano di ridurre l’orario di lavoro o addirittura di lasciare la professione infermieristica. E questo, capite bene, in un momento di carenza di personale sanitario come quello attuale, è un problema nel problema.
Ecco perché datori di lavoro e politici stanno iniziando (finalmente!) a interessarsi a come supportare questi professionisti. Ma per offrire un aiuto efficace, bisogna prima capire a fondo le loro esperienze, le sfide specifiche, i bisogni.
La Sfida dell’Identità: Infermiere o Familiare nel Privato?
Una delle scoperte più interessanti emerse dalle ricerche è che i ruoli di infermiere e caregiver familiare sono inestricabilmente intrecciati. Non è un interruttore che si accende e si spegne varcando la soglia di casa. Tuttavia, diversi fattori – la personalità, il tipo di relazione con il familiare assistito, la convivenza, le aspettative proprie e altrui, il senso del dovere – influenzano come i DDC vivono questa dualità.
Spesso, sembra che tendano a “scegliere” (non sempre consapevolmente o volontariamente) un ruolo predominante nel contesto dell’assistenza privata. E a seconda che si identifichino più come “infermiere” o come “familiare”, cambiano le loro esigenze, le aspettative verso gli altri operatori sanitari e il modo in cui interagiscono.
Un punto dolente? Molti DDC lamentano di non ricevere supporto adeguato e, cosa forse ancora più frustrante, di non sentirsi riconosciuti o rispettati nelle loro esigenze specifiche dagli altri colleghi o professionisti sanitari. Spesso, non esprimono nemmeno i loro bisogni, magari per timore di apparire sovraccarichi, incapaci, o perché guidati da norme sociali e aspettative che non corrispondono ai loro desideri. C’è persino chi si interroga costantemente se rivelare o meno la propria professione infermieristica quando interagisce con il sistema sanitario per il proprio familiare. Un dilemma non da poco, che può generare incomprensioni e conflitti.

Il Modello del Continuum: Capire le Sfumature dell’Auto-Posizionamento
L’analisi secondaria di cui vi parlavo ha fatto un passo in più. Rielaborando i dati di 18 studi specifici, ha sviluppato un modello chiamato “Continuum of Self-Positioning of Double Duty Caregivers”. L’idea chiave è che l’identificazione non è una scelta netta tra “infermiere” o “familiare”, ma piuttosto un continuum, uno spettro. I DDC si posizionano lungo questo spettro, magari più vicini a un polo o all’altro, ma portando sempre dentro di sé entrambe le identità.
Questo posizionamento, inoltre, non è fisso, ma fluido. Può cambiare nel tempo, a seconda delle situazioni, del contesto specifico in cui si trovano ad agire. Il modello cerca proprio di descrivere le caratteristiche che i DDC mostrano a seconda del loro auto-posizionamento prevalente in un dato momento, analizzandole in quattro contesti principali:
- Il contesto dell’assistenza diretta (Caregiving context)
- Il contesto familiare (Family context)
- Il contesto del sistema sanitario (Healthcare system context)
- Il proprio posto di lavoro (Own workplace)
Come si Riconoscono? Caratteristiche nei Diversi Contesti
Vediamo un po’ più nel dettaglio cosa emerge dall’analisi, cercando di delineare i due “profili” prevalenti lungo il continuum:
Se il DDC si identifica principalmente come FAMILIARE nel contesto privato:
- Nel contesto assistenziale: Si concentra sulla cura fisica diretta (igiene personale, aiuto nelle attività quotidiane), sull’accompagnamento, ma anche sulla semplice presenza emotiva (“esserci”, tenere la mano). Desidera passare più tempo possibile con il proprio caro, con cui spesso ha un legame molto stretto.
- Nel contesto familiare: Mantiene un contatto stretto con gli altri parenti, condivide i compiti in modo equo, cerca di supportare e confortare gli altri. Condivide la sua expertise infermieristica solo se richiesta, comportandosi principalmente come un membro della famiglia tra gli altri.
- Nel sistema sanitario (come utente per il familiare): Appare spesso insicuro, accetta con gratitudine supporto e incoraggiamento. È piuttosto riservato, cerca di non “pesare” sul personale e tende a nascondere la propria professione (anche se a volte si “tradisce” usando linguaggio tecnico).
- Sul proprio posto di lavoro: Cerca scambio con i colleghi per ricevere apprezzamento, incoraggiamento, consigli pratici sulla gestione del familiare. A volte, però, preferisce non parlare di questioni private.
Se il DDC si identifica principalmente come INFERMIERE nel contesto privato:
- Nel contesto assistenziale: Assume un ruolo di responsabilità, agisce come coordinatore e organizzatore dell’assistenza. Si fa portavoce (advocate) del familiare, avendo una visione d’insieme, distribuendo e delegando compiti.
- Nel contesto familiare: Informa e consiglia gli altri membri della famiglia, coordina l’organizzazione delle cure, prende l’iniziativa nelle decisioni (es. pianificazione trattamenti). Diventa l’interfaccia tra la famiglia e gli operatori sanitari.
- Nel sistema sanitario (come utente per il familiare): Si mostra più sicuro di sé, spesso rivela subito la sua professione. Può essere molto esigente nel richiedere informazioni dettagliate o prestazioni per il familiare. Non teme di criticare o intervenire praticamente se ritiene che l’assistenza non sia adeguata, sempre mosso dal benessere del proprio caro.
- Sul proprio posto di lavoro: Utilizza i propri contatti e la conoscenza del sistema per ottenere informazioni più dettagliate, consigli, supporto o percorsi facilitati per la situazione domestica.

La Fluidità del Ruolo: Non è Mai Tutto Bianco o Nero
È fondamentale ricordare, come sottolinea il modello, che queste caratteristiche non sono rigide. Il posizionamento è fluido. Un DDC può agire prevalentemente come “familiare” nel contesto domestico, ma assumere un piglio da “infermiere” quando interagisce con i medici in ospedale. Oppure, un DDC che si identifica come “infermiere coordinatore” può comunque ritrovarsi a fornire cure molto pratiche ed emotive se necessario. Più ci si sposta verso il centro del continuum, più è probabile osservare comportamenti che appartengono a entrambi i poli, a volte anche in apparente contraddizione.
Perché è Importante Capire? Implicazioni Pratiche
Allora, a cosa serve tutto questo? Beh, conoscere questo modello e le diverse sfumature dell’auto-posizionamento dei DDC è cruciale. Per noi professionisti sanitari, significa poter riconoscere meglio con chi stiamo interagendo: stiamo parlando principalmente a un “familiare preoccupato” o a un “collega esperto”? Capirlo ci permette di adattare la nostra comunicazione, di offrire il supporto più adeguato e, soprattutto, di minimizzare il potenziale di conflitto e incomprensione.
Per i familiari stessi, questa consapevolezza può aiutare a comprendere meglio le dinamiche interne alla famiglia e le reazioni del DDC. E per i DDC? Riflettere sul proprio posizionamento può essere il primo passo per identificare i propri bisogni e chiedere l’aiuto necessario per gestire questo doppio, pesantissimo, ruolo.
Limiti e Prospettive Future
Certo, come ogni modello, anche questo ha i suoi limiti. È stato sviluppato in modo esplorativo e descrittivo, basandosi su studi internazionali (nessuno specificamente tedesco, ad esempio, e non sono state fatte analisi di genere specifiche, nonostante la crescente presenza maschile nella professione e nel caregiving). Serviranno ulteriori ricerche per testarlo empiricamente e per capire meglio le specificità culturali o di genere.
Tuttavia, credo che questo approccio del “continuum” offra una prospettiva nuova e più completa sulla complessità del doppio ruolo assistenziale. Ci invita a guardare oltre la semplice divisione tra “lavoro” e “privato” e a riconoscere la ricchezza, ma anche la fatica, dell’identità multipla di questi professionisti.
In conclusione, la prossima volta che interagite con un collega che sapete essere anche un caregiver familiare, o con un familiare di un paziente che si rivela essere un infermiere, provate a pensare a questo continuum. Chiedetevi dove potrebbe posizionarsi in quel momento, quali bisogni potrebbe avere. Un piccolo sforzo di comprensione in più può fare una grande differenza per alleviare il carico di questi incredibili “equilibristi” della cura.
Fonte: Springer
