Medico che misura la plica cutanea tricipitale di un paziente oncologico in uno studio medico, utilizzando un calibro. Illuminazione clinica controllata, obiettivo prime 35mm, profondità di campo per mettere a fuoco la misurazione.

Plica Tricipitale e Albumina: La Coppia Vincente che Predice la Sopravvivenza nei Tumori Multipli?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina molto nel campo dell’oncologia e della nutrizione. Quando si affronta una diagnosi di cancro, specialmente quando questo colpisce più organi contemporaneamente (quelli che tecnicamente chiamiamo tumori maligni in almeno due organi, o MTT), una delle domande più pressanti è: “Quali sono le mie prospettive?”. Capire la prognosi, cioè prevedere l’andamento della malattia e la sopravvivenza, è fondamentale, ma anche incredibilmente complesso.

La Sfida della Prognosi nei Tumori Multipli

Parliamoci chiaro: la malnutrizione e la cachessia (una forma grave di deperimento) sono nemiche giurate dei pazienti oncologici. Peggiorano la qualità della vita e, purtroppo, aumentano la mortalità. In Cina, ad esempio, si stima che la malnutrizione moderata o grave colpisca tra il 20% e il 58% dei pazienti, e la cachessia circa il 35%. E quando il tumore si presenta in più sedi, la situazione si complica ulteriormente. Questi pazienti, spesso sopravvissuti a precedenti tumori, sono una popolazione in crescita e particolarmente vulnerabile. Uno studio precedente aveva già evidenziato come oltre la metà di questi pazienti fosse malnutrita.

La malnutrizione e la cachessia condividono caratteristiche chiave, tra cui la perdita di massa grassa e uno stato infiammatorio. La riduzione del grasso corporeo sembra legata a esiti peggiori. Ecco perché si è iniziato a guardare con interesse alla misurazione della plica tricipitale (TSF). Sembra un gesto semplice – un “pizzicotto” sulla parte posteriore del braccio per misurare lo spessore del grasso sottocutaneo – ma può dirci molto sullo stato delle riserve di grasso. Alcuni studi l’hanno già indicata come un fattore prognostico importante in diversi tipi di cancro, come quello al polmone o al colon-retto.

Dall’altra parte, abbiamo l’albumina, una proteina presente nel nostro sangue. È un indicatore “classico”, usato da tempo per valutare la gravità di una malattia e predire la sopravvivenza nel cancro. Attenzione però: oggi si tende a considerarla più un indicatore dello stato infiammatorio che un marcatore specifico di malnutrizione. L’infiammazione, infatti, gioca un ruolo cruciale sia nella cachessia che nella progressione del tumore. Non a caso, l’albumina è un componente chiave di molti altri indici prognostici e nutrizionali (come PNI, CONUT, NRI, GNRI), anche se spesso questi richiedono calcoli complessi o formule difficili da ricordare.

Un Nuovo Indice Semplice ed Efficace: Il TA

E se potessimo combinare la semplicità della misurazione della plica tricipitale con l’informazione fornita dall’albumina? È nata così l’idea di un nuovo indice, facile da calcolare: l’indice Plica Tricipitale-Albumina (TA). La formula è elementare: TA = TSF (in mm) + Albumina (in g/L). Uno studio precedente lo aveva già proposto e testato, scoprendo che poteva predire la sopravvivenza generale nei pazienti con cachessia oncologica.

Ora, la domanda era: questo indice TA funziona anche nella complessa situazione dei pazienti con tumori in almeno due organi (MTT)? Per scoprirlo, è stato condotto uno studio multicentrico osservazionale in Cina, parte del grande progetto “Investigation on Nutrition Status and its Clinical Outcome of Common Cancers” (INSCOC).

Primo piano di un medico che misura la plica tricipitale sul braccio di un paziente oncologico con un calibro, luce clinica controllata, obiettivo macro 85mm, alta definizione dei dettagli della pelle e del calibro.

Lo Studio INSCOC e i Risultati sul TA

I ricercatori hanno analizzato i dati di 505 pazienti MTT (290 uomini e 215 donne), raccolti tra il 2013 e il 2019. Hanno calcolato l’indice TA per ciascuno e li hanno divisi in due gruppi: “TA normale” e “TA basso”, usando dei valori soglia specifici per uomini e donne (rispettivamente 45.6 e 49.9). Circa il 31% dei pazienti rientrava nel gruppo TA basso.

Cosa è emerso?

  • Il gruppo con TA basso tendeva ad essere più anziano e riportava più frequentemente vomito.
  • Chi aveva un TA basso mostrava anche valori peggiori in quasi tutti gli indicatori nutrizionali correlati: indice di massa corporea (BMI), circonferenza del braccio (MAC), circonferenza del polpaccio (CC), forza della presa (HGS) e punteggio PG-SGA (un questionario sullo stato nutrizionale). Inoltre, in questo gruppo era più frequente la diagnosi di malnutrizione secondo i criteri GLIM (Global Leadership Initiative on Malnutrition).
  • Anche i parametri legati all’infiammazione e alla prognosi (come l’indice SII – Systemic Immune-Inflammation Index) erano peggiori nel gruppo TA basso.

Il TA Batte gli Altri Indici?

La parte più interessante è stata confrontare la capacità predittiva del TA con quella di altri indicatori nutrizionali e infiammatori (HGS, MAC, CC, SII e la malnutrizione definita dai criteri GLIM). Utilizzando un’analisi statistica chiamata curva ROC tempo-dipendente (che valuta quanto bene un test distingue tra chi avrà un certo esito e chi no nel tempo), i risultati sono stati chiari: la curva del TA si è costantemente posizionata al di sopra delle altre. Questo significa che l’indice TA ha mostrato una capacità discriminante superiore nel predire la sopravvivenza a 12, 36 e 60 mesi. In parole povere, sembra “indovinare” meglio degli altri chi avrà una prognosi migliore o peggiore.

TA Basso = Sopravvivenza Peggiore

Le curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier (un modo grafico per visualizzare la sopravvivenza nel tempo) hanno confermato visivamente questo dato: i pazienti nel gruppo “TA basso” avevano una sopravvivenza generale significativamente peggiore rispetto a quelli nel gruppo “TA normale”. E questa differenza si manteneva sia analizzando l’intero gruppo, sia separando uomini e donne.

Un ricercatore in camice bianco indica un grafico complesso su uno schermo digitale che mostra curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier divergenti, focus nitido sullo schermo, sfondo leggermente sfocato di un laboratorio di ricerca oncologica, luce ambientale controllata.

Un Predittore Indipendente

Ma la vera prova del nove è arrivata con le analisi di regressione di Cox. Questi modelli statistici permettono di capire se un fattore (in questo caso, il TA) influenza la sopravvivenza indipendentemente da altri fattori noti per avere un impatto (come età, sesso, fumo, alcol, chemioterapia, radioterapia, altri indici nutrizionali, ecc.). Ebbene, anche tenendo conto di tutte queste variabili, l’indice TA (sia considerato come valore continuo, sia come divisione tra normale e basso) è risultato essere un predittore indipendente della sopravvivenza generale. Avere un TA normale rispetto a uno basso riduceva significativamente il rischio di mortalità (Hazard Ratio intorno a 0.6, il che indica un effetto protettivo).

Perché il TA è Importante?

Questo studio rafforza l’idea che l’indice TA sia uno strumento promettente. Perché? Perché riesce a catturare due aspetti fondamentali della condizione del paziente oncologico:

  • Lo stato delle riserve di grasso (tramite la TSF), che sappiamo essere protettive.
  • Lo stato nutrizionale e infiammatorio (tramite l’albumina), che riflette la gravità della malattia e la risposta dell’organismo.

Il tutto con una misurazione semplice (il “pizzicotto”) e un esame del sangue comune (l’albumina). Rispetto ad altri indici combinati, il TA sembra offrire una valutazione più completa, integrando dati antropometrici ed ematici, ed è stato validato in un contesto clinico complesso come quello dei tumori multipli.

Limiti e Prospettive Future

Come ogni ricerca, anche questa ha delle limitazioni. I dati sono stati calcolati retrospettivamente, il che potrebbe introdurre qualche bias. La dimensione del campione, sebbene significativa per i pazienti MTT (che sono relativamente rari), potrebbe limitare la generalizzabilità. Inoltre, i valori soglia per definire un TA “basso” potrebbero necessitare di ulteriori validazioni.

Tuttavia, i risultati sono incoraggianti. L’indice TA si conferma un marcatore prognostico interessante, capace di riflettere lo stato nutrizionale, infiammatorio e le riserve di grasso. Potrebbe diventare uno strumento prezioso per identificare precocemente i pazienti MTT più a rischio e, potenzialmente, guidare strategie di intervento nutrizionale mirate a migliorare la loro sopravvivenza e qualità di vita. Serviranno ulteriori studi, magari interventistici, per confermare il suo valore e definire i migliori cut-off da utilizzare nella pratica clinica. Ma la strada sembra promettente!

Fonte: Springer

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