Ritratto ambientato di un medico pediatra che esamina con attenzione la cartella clinica di un bambino in un'unità di terapia intensiva pediatrica per ustionati, luce soffusa e naturale proveniente da una finestra, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo, obiettivo 35mm, atmosfera seria ma carica di speranza e professionalità.

Ustioni Pediatriche e Infezioni: L’Indice SII è Davvero la Svolta che Speravamo?

Un problema che scotta: le ustioni nei bambini e il fantasma delle infezioni

Parliamoci chiaro, le ustioni nei bambini sono un incubo. Non solo per il dolore e le cicatrici che possono lasciare, ma perché rappresentano un problema di salute pubblica non indifferente. In Europa, più della metà dei ricoveri per ustioni riguarda proprio i più piccoli. E anche se spesso non portano a complicazioni gravissime, quando l’ustione è severa, il rischio per la vita di un bambino è purtroppo più alto rispetto a un adulto con lesioni simili.

Sapete qual è uno dei nemici più subdoli in questi casi? L’infezione. La pelle è la nostra prima barriera contro il mondo esterno, e quando viene danneggiata dal fuoco o da liquidi bollenti (che, tra l’altro, causano oltre il 75% delle ustioni nei bimbi piccoli!), la porta per batteri e altri microrganismi si spalanca. Una ferita da ustione infetta può diventare la fonte di una sepsi, un’infezione generalizzata che, nei piccoli pazienti ustionati, ha ancora tassi di mortalità elevati.

Inizialmente la superficie ustionata è quasi sterile, ma viene rapidamente colonizzata. Nei primi giorni di ricovero possono svilupparsi infezioni della ferita e dei tessuti molli, mentre le infezioni del sangue tendono a comparire più tardi. Tra i “cattivi” più comuni troviamo batteri come lo Pseudomonas aeruginosa, l’Acinetobacter baumannii e lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (il famoso MRSA).

Oltre al danno termico iniziale, ci sono tanti altri fattori che aumentano il rischio: le procedure invasive necessarie, la presenza di cateteri, la colonizzazione della ferita stessa, il possibile “trasloco” di batteri dall’intestino e, naturalmente, i lunghi periodi di ricovero.

Alla ricerca di un segnale d’allarme: l’Indice Sistemico Immuno-Infiammatorio (SII)

Quando un bambino ustionato viene ricoverato, gli esami del sangue di routine sono fondamentali per monitorare la situazione e diagnosticare precocemente eventuali problemi. L’emocromo completo, un esame semplice, economico e veloce, ci dà già molte informazioni. Linfociti, neutrofili, piastrine, monociti… sono tutte cellule legate alla risposta immunitaria e infiammatoria.

Negli adulti, si è visto che combinare i valori di queste cellule può dare indicazioni prognostiche importanti in diverse malattie, tumori inclusi. Rapporti come quello tra neutrofili e linfociti (NLR) o tra linfociti e piastrine (LPR) sono stati studiati anche nelle ustioni estese.

Recentemente, è emerso un nuovo indice, chiamato Indice Sistemico Immuno-Infiammatorio (SII). Si calcola moltiplicando il numero di piastrine per quello dei neutrofili e dividendo il risultato per il numero di linfociti (SII = Piastrine x Neutrofili / Linfociti). L’idea è che questo indice possa misurare in modo più completo lo stato immunitario e infiammatorio generale di una persona. È stato proposto come strumento diagnostico e predittivo per diverse condizioni mediche.

Mi sono chiesto: visto che l’SII è usato negli adulti ustionati, potrebbe essere utile anche per prevedere le infezioni nei nostri piccoli pazienti? Sorprendentemente, non c’erano studi specifici su questo nei bambini. Ecco perché è nata l’idea di indagare!

Fotografia macro di una mano di bambino con una medicazione sterile per ustioni applicata con cura, messa a fuoco precisa sui dettagli della garza e della pelle circostante, illuminazione controllata da studio, obiettivo macro 100mm, che evoca un senso di cura medica e vulnerabilità pediatrica.

Cosa abbiamo scoperto indagando sull’SII nei piccoli ustionati

Abbiamo quindi condotto uno studio retrospettivo, andando a spulciare le cartelle cliniche dei bambini ricoverati nel nostro centro ustioni tra il 2013 e il 2023. Abbiamo raccolto i dati di 42 piccoli pazienti, con un’età compresa tra 0 e 18 anni, che erano stati ricoverati per almeno 48 ore e nei quali era stata riscontrata una crescita batterica nelle colture. Abbiamo poi confrontato i bambini che avevano sviluppato un’infezione correlata all’assistenza sanitaria con quelli che non l’avevano sviluppata.

Ecco alcuni risultati interessanti:

  • La causa più comune di ustione? Le scottature da liquidi bollenti (oltre l’87% in entrambi i gruppi).
  • Il batterio più frequentemente isolato nelle infezioni? Lo Pseudomonas aeruginosa (oltre il 52% dei casi).
  • Il fattore di rischio più grande per lo sviluppo di un’infezione? L’uso di un catetere venoso centrale (CVC). Pensate che aumentava il rischio di ben 8 volte!
  • Altre differenze significative: i bambini con infezione avevano un’età mediana più alta, ustioni più estese (percentuale di superficie corporea totale, TBSA), e ricoveri (sia in ospedale che in terapia intensiva) più lunghi.

E l’SII? Beh, qui le cose si fanno meno nette. Abbiamo calcolato l’indice per tutti i pazienti. L’analisi statistica (usando l’Area Sotto la Curva ROC, o AUC, che misura la capacità diagnostica di un test) ha mostrato una performance “accettabile” ma non statisticamente significativa (AUC = 0,605). Anche l’odds ratio (OR), che stima la probabilità di un evento associato a un fattore, suggeriva una potenziale relazione tra SII e infezione (OR = 2,057), ma anche qui, senza raggiungere la significatività statistica. In parole povere, l’SII mostrava una tendenza a essere più alto nei bambini con infezione, ma non in modo abbastanza forte e costante da poterlo considerare un marcatore affidabile nel nostro gruppo di studio.

L’SII non brilla, ma la PCR sì!

Quello che invece è emerso con forza è che un marcatore infiammatorio “classico”, la Proteina C Reattiva (PCR), ha funzionato molto meglio dell’SII nel distinguere i bambini con infezione da quelli senza (AUC = 0,877, altamente significativo). Un valore di PCR superiore a 0,31 mg/dL si è rivelato un buon indicatore di infezione, con alta sensibilità (oltre 91%) e buona specificità (quasi 74%).

Anche altri parametri del sangue hanno mostrato differenze significative tra i due gruppi: i bambini infetti avevano livelli mediamente più bassi di emoglobina (Hb) e linfociti, e valori mediani più alti di PCR e procalcitonina. Questo suggerisce che, forse, invece di affidarsi a un singolo indice come l’SII, una strategia che consideri più marcatori insieme potrebbe essere più efficace.

Primo piano di una provetta di sangue in un rack da laboratorio con sfondo sfocato di attrezzature scientifiche high-tech, obiettivo macro 60mm, alta definizione, illuminazione da laboratorio precisa e controllata, simboleggiando l'analisi dei biomarcatori come PCR e SII.

Limiti e prospettive future: cosa ci dice questo studio?

È fondamentale essere onesti sui limiti del nostro lavoro. Si tratta di uno studio retrospettivo, condotto in un unico centro e, soprattutto, con un numero di pazienti relativamente piccolo (42 bambini in 10 anni). Questa dimensione del campione ha sicuramente influenzato i risultati statistici, in particolare per l’SII.

Nonostante la mancanza di significatività statistica, la tendenza osservata per l’SII (quel rapporto di probabilità superiore a 2) suggerisce che potrebbe comunque esserci un’associazione con le infezioni. Non possiamo escludere che l’SII abbia un potenziale come marcatore indipendente.

Cosa significa tutto questo in pratica? Che, al momento, basandoci sui nostri dati, l’SII da solo non sembra uno strumento diagnostico o predittivo sufficientemente robusto per le infezioni nei bambini ustionati. La PCR rimane un indicatore più affidabile.

Tuttavia, questi risultati sottolineano la necessità di studi più ampi, magari multicentrici e prospettici, per definire meglio il ruolo dell’SII in questa popolazione vulnerabile. Potrebbe darsi che in un campione più grande, l’associazione diventi statisticamente significativa, oppure che l’SII si riveli utile in sottogruppi specifici di pazienti.

Non solo indici: l’importanza della prevenzione

Al di là della ricerca di nuovi biomarcatori, questo studio ribadisce quanto siano cruciali le strategie di prevenzione delle infezioni nei centri ustioni. Cose come:

  • Aderenza rigorosa alle precauzioni di isolamento, specialmente per le ustioni maggiori.
  • Identificazione accurata degli agenti infettivi tramite colture.
  • Sviluppo di strategie antibiotiche mirate, basate sui risultati delle colture locali (antibiogramma), evitando l’uso profilattico di antibiotici ad ampio spettro che può favorire resistenze.
  • Escissione precoce del tessuto necrotico e chiusura tempestiva della ferita.

Queste misure, applicate con costanza, possono davvero fare la differenza nel ridurre il rischio di infezioni e migliorare l’esito per i nostri piccoli pazienti. La strada per ottimizzare la cura delle ustioni pediatriche è ancora lunga e richiede ulteriori ricerche, ma ogni passo avanti nella comprensione e nella prevenzione è prezioso.

Fonte: Springer

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