Immagine fotorealistica ravvicinata, lenti macro 60mm, di due pezzi di giovane legno di Anadenanthera Peregrina che vengono premuti insieme dopo l'applicazione adesiva, mostrando la linea di colla, l'alto dettaglio, l'illuminazione controllata che enfatizza la consistenza del legno e lo strato adesivo.

Angico Vermelho e Colla: Un Matrimonio Difficile? La Scienza Dietro l’Incollaggio del Legno Giovane

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un’avventura un po’ particolare, nel mondo affascinante e a volte frustrante della lavorazione del legno. Nello specifico, parleremo di un albero dal nome esotico, l’Anadenanthera peregrina, conosciuto in Brasile come “angico vermelho”, e di come se la cava quando cerchiamo di incollare il suo legno giovane. Perché il legno giovane, vi chiederete? Beh, spesso proviene da operazioni di sfoltimento delle piantagioni, e sarebbe un peccato sprecarlo, no? L’idea è sempre quella di ottimizzare, riutilizzare e creare cose belle e utili, magari mobili o elementi strutturali.

L’incollaggio del legno è una tecnica antichissima, ma non per questo semplice. Pensateci: l’industria del legno produce un sacco di scarti di varie dimensioni. Incollarli insieme significa poter creare pezzi più grandi, dare nuova vita a materiale che altrimenti andrebbe perso e, diciamocelo, fare un favore all’ambiente. Ma perché un incollaggio funzioni a meraviglia, c’è bisogno di una vera e propria “chimica” tra il legno e l’adesivo. Non basta spalmare un po’ di colla e sperare per il meglio!

Ma come funziona esattamente l’incollaggio?

In parole povere, l’incollaggio si basa su un’interazione complessa tra il legno e l’adesivo, che coinvolge principi fisico-chimici e meccanici. La colla, o resina, deve penetrare nel legno e creare dei veri e propri “punti di ancoraggio”. È un po’ come se la colla mettesse le radici nel legno! Questi principi sono strettamente legati alle caratteristiche fisiche e chimiche sia del legno che dell’adesivo. Fattori come il pH del legno, il suo contenuto di estrattivi (sostanze come acidi grassi, resine, terpeni) e il contenuto di ceneri possono influenzare enormemente come la colla “bagna” la superficie, come si muove e quanto in profondità riesce a penetrare. Dall’altra parte, anche l’adesivo ha le sue “carte da giocare”: il suo pH, la viscosità, il tempo di gelificazione e il contenuto di solidi sono cruciali per una buona adesione.

Esistono tantissimi tipi di colle sul mercato, da quelle sintetiche come l’urea-formaldeide (UF), il polivinilacetato (PVA), la resorcina-formaldeide (RF), a formulazioni a base di tannino e lignina. Ognuna ha le sue peculiarità. L’obiettivo del nostro studio era proprio capire come si comportasse il legno giovane di Anadenanthera peregrina con alcuni di questi adesivi, variando anche la quantità di colla applicata.

Il nostro protagonista: l’Angico Vermelho giovane

L’Anadenanthera peregrina è una specie con un potenziale notevole per l’industria del legno, ma le prestazioni del suo legno giovane negli incollaggi non erano state ancora esplorate a fondo. Noi ci siamo procurati dei tronchi giovani, di circa 90 mesi, provenienti da una piantagione sperimentale nel sud del Brasile. Da questi tronchi abbiamo ricavato delle lamelle, che poi abbiamo condizionato in una camera climatica per stabilizzarne l’umidità. Un passaggio fondamentale per risultati affidabili!

Abbiamo poi analizzato chimicamente il legno per capirne meglio le caratteristiche: contenuto di estrattivi, ceneri, pH e capacità tampone. E, non meno importante, abbiamo dato un’occhiata al microscopio per vedere se ci fossero “ostacoli” fisici alla penetrazione della colla. Parallelamente, abbiamo caratterizzato gli adesivi che avremmo usato: urea-formaldeide (UF), polivinilacetato (PVA), resorcina-formaldeide (RF) e un adesivo composito fatto all’80% di UF e al 20% di una soluzione di tannino (che chiameremo TUF). Per ognuno abbiamo misurato pH, contenuto di solidi, viscosità e tempo di gelificazione.

Lenti macro, 60 mm, primo piano delle giovani assi di legno Anadenanthera Peregrina che vengono accuratamente incollate insieme in un seminario, illuminazione controllata che evidenzia il chicco di legno e la linea adesiva, dettagli elevati, concentrandosi precisi sulla consistenza del legno.

L’ipotesi di partenza era che gli adesivi testati e le diverse quantità applicate avrebbero influenzato positivamente la qualità degli incollaggi. Eravamo pronti a scoprire se l’angico giovane fosse un buon candidato per la produzione di elementi incollati.

Cosa Abbiamo Combinato in Laboratorio?

Una volta pronti legno e colle, siamo passati all’azione! Abbiamo applicato gli adesivi sulle superfici delle lamelle di legno usando una spatola, con quattro diverse “grammature” (quantità di colla per metro quadro): 200, 250, 300 e 350 g/m². Poi abbiamo accoppiato le lamelle e le abbiamo messe sotto pressa idraulica manuale per 24 ore, a temperatura ambiente (circa 25-30 °C) e con una pressione di 1.2 MPa. Immaginatevi tanti piccoli “sandwich” di legno e colla! Dopo la pressatura, i campioni sono tornati in camera climatica per 15 giorni, per far stabilizzare il tutto.

E poi, il momento della verità: i test di resistenza al taglio sulla linea di colla. In pratica, abbiamo cercato di “strappare” i pezzi incollati per vedere quanto tenesse la colla. Questo test è normato da standard internazionali (ASTM D-2339-2020) e ci dice molto sulla qualità dell’incollaggio. Non solo, abbiamo anche analizzato la percentuale di rottura nel legno: se la colla è forte, la rottura dovrebbe avvenire nel legno stesso, non nella linea di colla. Per essere considerato soddisfacente, la percentuale media di rottura nel legno dovrebbe essere superiore al 60%.

I Risultati: Luci e (Molte) Ombre

E qui, amici miei, la faccenda si è fatta interessante, ma non esattamente come speravamo. Partiamo dalle caratteristiche del legno. Il contenuto di estrattivi era piuttosto alto, specialmente nel legno proveniente da piante con spaziature maggiori. Un contenuto di estrattivi superiore al 10% può essere un problema: queste sostanze (resine, cere, acidi grassi) possono formare una sorta di strato che impedisce alla colla di penetrare bene, compromettendo l’adesione. Inoltre, l’acidità di alcuni estrattivi può interferire con il processo di indurimento di alcune colle, come quelle a base di urea-formaldeide.

Anche il contenuto di ceneri era più alto rispetto ai valori tipici riportati in letteratura. Questo potrebbe essere legato all’età giovane delle piante e alla fertilizzazione usata. Un alto contenuto di ceneri può influenzare il pH del legno e la sua lavorabilità (la silice, ad esempio, usura gli utensili da taglio). A temperatura ambiente, il rilascio di composti alcalini dalle ceneri del legno può aumentare il pH del materiale, influenzando la migrazione dell’adesivo e l’indurimento.

Il pH del nostro legno era nel range acido (inferiore a 7.0), il che, in teoria, è buono per le colle ureiche, che sono anch’esse leggermente acide. Tuttavia, un pH troppo basso può causare un pre-indurimento della resina durante la pressatura, danneggiando l’adesione.

Passiamo agli adesivi. Il loro pH variava dall’acido (PVA e TUF) all’alcalino (UF e RF). Il contenuto di solidi era più alto per la resorcina-formaldeide e più basso per il PVA. Un basso contenuto di solidi può impattare negativamente la resistenza della linea di colla e allungare i tempi di pressatura. La viscosità era un altro fattore chiave: l’adesivo TUF (tannino:urea-formaldeide) era il più viscoso, seguito da PVA, UF e RF. Una viscosità troppo alta è un problema, perché rende difficile la penetrazione della resina nel legno, portando a una linea di colla spessa e a giunti di bassa qualità.

E il tempo di gelificazione? L’UF aveva un tempo di gel più breve rispetto all’adesivo formulato con tannino. Questo potrebbe essere dovuto al pH basso del tannino commerciale utilizzato, che potrebbe aver rallentato la polimerizzazione dell’urea.

Il Verdetto sull’Incollaggio: Non Ci Siamo!

Quando abbiamo analizzato i dati sulla resistenza al taglio, abbiamo visto che c’era un’interazione significativa tra tipo di adesivo e grammatura. In generale, gli adesivi con pH alcalino (UF e RF) hanno dato valori di resistenza maggiori rispetto a quelli con pH acido (PVA e TUF). Questo perché gli adesivi alcalini tendono a “sbloccare” le superfici ostruite, migliorando la penetrazione. Tuttavia, il contenuto di estrattivi del legno sembra aver ostacolato l’adesione delle colle acide. E la viscosità elevata di alcuni adesivi non ha aiutato, causando un’insufficiente interconnessione tra legno e colla.

Immagine fotorealistica, lenti macro 100mm, che mostra i vasi di legno di Anadenanthera Peregrina con tylos visibili che li ostruiscono, focalizzazione precisa, focalizzazione scientifica con elevato dettagli, illuminazione controllata per enfatizzare le ostruzioni.

C’è stata una tendenza a valori di resistenza al taglio maggiori con grammature più elevate, specialmente con l’adesivo UF. Ma attenzione: aumentare la quantità di colla non significa automaticamente una migliore adesione. Troppa colla, se non penetra bene, può creare una linea di incollaggio spessa e debole. L’adesivo TUF è stato quello con le peggiori prestazioni.

Un altro fattore che probabilmente ha giocato a nostro sfavore è stata la densità basica del legno, che era abbastanza elevata. La densità è legata alla porosità del legno, che influenza la capacità degli adesivi di penetrare e aggrapparsi. Incollare legni densi può portare a una degradazione accelerata del giunto sotto carico.

Il “Cattivo” Nascosto: le Tilosi

Ma non è finita qui! Guardando le fotomicrografie del legno, abbiamo notato la presenza di tilosi. Cosa sono queste tilosi? Immaginatele come delle “membrane” o “tappi” trasparenti e lucidi che si formano dentro i “tubicini” (i vasi) del legno, bloccando il passaggio. Un po’ come un ingorgo in autostrada per la nostra colla! La presenza di tilosi impedisce all’adesivo di aderire bene al substrato, ostacolando la formazione dei famosi punti di ancoraggio. Il risultato? Una linea di colla spessa e una qualità di incollaggio scarsa.

In definitiva, considerando i criteri stabiliti dalle normative (come la D-5751-99), i nostri risultati di resistenza al taglio non hanno raggiunto il requisito minimo del 60% del valore di resistenza al taglio del legno massiccio (che per l’A. peregrina è di 17.52 MPa, mentre noi dovevamo raggiungere almeno 10.51 MPa). E anche la percentuale di rottura nel legno è stata deludente: il valore medio più alto è stato del 55.18% con l’adesivo UF a 350 g/m², ben al di sotto del 60% raccomandato. Questo indica una scarsa interazione tra legno e adesivo.

Quindi, l’Angico Giovane è da Buttare?

Calma, non proprio! I risultati indicano che, con gli adesivi e le condizioni testate, il legno giovane di Anadenanthera peregrina non è l’ideale per realizzare giunti incollati per usi strutturali, quelli cioè che devono sopportare carichi elevati. Tuttavia, per applicazioni che non richiedono un’elevata resistenza del giunto, come fianchi e piani di mobili, utensili domestici o piccoli oggetti in legno, potrebbe ancora dire la sua. L’importante è essere consapevoli dei suoi limiti.

La conclusione, un po’ amara, è che l’uso del legno di A. peregrina ha portato a giunti incollati di bassa qualità, principalmente a causa di fattori intrinseci del materiale che hanno ostacolato l’adesione. Sembra che il nostro “matrimonio” tra angico giovane e colla non sia stato dei più felici, almeno per ora!

Cosa ci insegna tutto questo? Che il mondo dei materiali naturali è complesso e affascinante. E che c’è sempre spazio per ulteriori ricerche! Sarebbe interessante, ad esempio, testare altri tipi di adesivi, variare ulteriormente le grammature, studiare più a fondo le caratteristiche anatomiche, provare diversi tempi di pressatura, metodi di incollaggio (a caldo o a freddo) e magari tecniche di attivazione superficiale del legno per migliorare l’interazione con gli adesivi. La scienza non si ferma mai, e chissà, magari un giorno troveremo la “ricetta” perfetta anche per l’angico vermelho giovane!

Fonte: Springer

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