Paesaggio drammatico della regione Valenciana al tramonto, con colline coperte di macchia mediterranea arida in primo piano e nuvole temporalesche scure all'orizzonte che suggeriscono condizioni climatiche estreme e rischio incendi. Obiettivo grandangolare 18mm, lunga esposizione per enfatizzare il movimento delle nuvole, colori caldi del tramonto che contrastano con le ombre fredde del paesaggio.

Incendi a Valencia: Meno Fuoco, Più Pericolo? Sveliamo il Paradosso Climatico

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero incuriosito e che riguarda una terra splendida ma spesso minacciata dalle fiamme: la Regione Valenciana, in Spagna. Abbiamo analizzato i dati sugli incendi boschivi degli ultimi trent’anni, dal 1993 al 2022, e quello che abbiamo scoperto è, a dir poco, sorprendente. Tenetevi forte, perché c’è un vero e proprio paradosso da svelare.

Il Paradosso Valenciano: Meno Incendi, Clima Più Ostile

Sembra controintuitivo, vero? Eppure è così. Negli ultimi tre decenni, nella Regione Valenciana, abbiamo assistito a una diminuzione dell’attività degli incendi boschivi, sia in termini di numero di roghi (ignizioni) che di superficie bruciata (propagazione). E questo nonostante le condizioni climatiche siano diventate sempre più avverse, un fenomeno che ormai conosciamo bene come cambiamento climatico. Per misurare questo “pericolo climatico” abbiamo usato un indice specifico, il Fire Weather Index (FWI), di cui vi parlerò tra poco.

Per capire meglio cosa stesse succedendo, non ci siamo limitati a guardare i dati generali. Abbiamo suddiviso l’area di studio in sette regioni omogenee (perché, sapete, Valencia non è tutta uguale!) e abbiamo anche distinto gli incendi in base alla loro causa. Volevamo vedere se c’erano tendenze diverse a seconda della zona o del motivo scatenante.

I risultati più importanti che sono emersi sono stati questi:

  • L’attività degli incendi, soprattutto il numero di volte che si accende un fuoco, sembra slegata dal pericolo meteorologico. Strano, no?
  • Le variazioni annuali e interannuali dell’FWI (cioè quanto il clima è “pro-incendio”) in realtà corrispondono ai cambiamenti nell’attività degli incendi, ma la tendenza generale alla diminuzione dei roghi maschera una correlazione statisticamente significativa. È come se due forze opposte si annullassero a vicenda nei grafici!
  • L’estate resta la stagione più pericolosa, non c’è dubbio. Ma attenzione: grandi incendi e condizioni climatiche avverse possono verificarsi anche in altre stagioni.
  • La maggior parte degli incendi è di origine umana (ahimè!), mentre quelli naturali (causati principalmente da fulmini) predominano nel nord-ovest della regione.
  • Ci sono differenze significative tra le varie regioni, che sembrano legate al tipo e all’intensità dell’uso del suolo prevalente in ciascuna zona (agricoltura, foreste, aree abbandonate…).
  • L’FWI si conferma un buon indicatore del pericolo di incendio: valori più alti di FWI portano effettivamente a incendi più grandi e numerosi, *quando* si verificano.
  • Infine, la buona notizia: azioni responsabili e una maggiore consapevolezza da parte di tutti sembrano aver contribuito a ridurre l’attività degli incendi negli ultimi decenni.

Cos’è Questo Famoso Fire Weather Index (FWI)?

Ve l’ho nominato un paio di volte, ma cos’è esattamente questo FWI? Immaginatelo come un “termometro” del rischio incendi basato sul meteo. Non misura solo la temperatura, ma combina dati giornalieri (presi a mezzogiorno, a 2 metri da terra) di temperatura dell’aria, umidità relativa, velocità del vento e precipitazioni del giorno precedente. Elaborando questi dati, l’indice calcola quanto è secca la vegetazione (il “combustibile”) e quanto facilmente un incendio potrebbe accendersi e propagarsi.

Questo indice è usato in tutto il mondo, specialmente nel bacino del Mediterraneo, e si è dimostrato molto utile. I valori dell’FWI vengono spesso classificati in classi di pericolo, dal “Molto Basso” all'”Estremo”, per dare un’idea immediata del rischio. Nel nostro studio, abbiamo visto che c’è una chiara relazione: più alto è l’FWI, maggiore è la probabilità che un incendio, se si innesca, diventi grande e difficile da controllare.

Fotografia macro di un fiammifero appena spento su un terreno arido e screpolato della macchia mediterranea valenciana, simbolo del pericolo incendi latente. Lente macro 90mm, alta definizione, luce controllata per enfatizzare la texture del terreno e il fumo sottile che sale.

Andamento nel Tempo: Meno Fuochi, Ma Occhio ai Giganti

Analizzando i dati dal 1993 al 2022, la tendenza nel numero di incendi è chiaramente negativa. Negli anni ’90 si superavano spesso i 100 incendi all’anno (con picchi di oltre 140 nel ’93, ’94 e ’99!). Poi, un periodo più stabile tra il 2005 e il 2015 con circa 80 incendi annui, e infine un ulteriore calo sotto i 50 incendi dal 2017. Questa diminuzione è statisticamente significativa, soprattutto nei mesi estivi come luglio. Certo, c’è molta variabilità da un anno all’altro, quasi un’alternanza tra anni “neri” e anni più tranquilli.

Se guardiamo invece all’area bruciata, la storia è molto diversa. Qui non c’è una tendenza chiara alla diminuzione, perché bastano pochi incendi enormi per stravolgere le statistiche di un intero anno. Pensate che il solo incendio di Requena del 1994 ha bruciato più superficie di quasi tutti gli altri incendi messi insieme in 18 anni “normali”! Quell’anno, il 1994, da solo è responsabile del 41% di tutta l’area bruciata in 30 anni. Altri anni critici per le grandi superfici percorse dal fuoco sono stati il 1993, il 2012 e il 2022.

Questi incendi “giganti” si concentrano quasi esclusivamente nei mesi estivi, con una finestra temporale particolarmente critica tra fine giugno e inizio luglio. Anche se luglio è il mese più caldo, il picco di area bruciata si verifica proprio in quel periodo. Un picco minore si osserva all’inizio di agosto. Ma attenzione, grandi incendi possono capitare anche in primavera, anche se più raramente.

Le Cause Sotto la Lente: Uomo vs Natura

Chi o cosa accende la miccia? I dati parlano chiaro: l’80% degli incendi nella Regione Valenciana è causato dall’uomo, suddiviso quasi equamente tra incendi dolosi (appiccati intenzionalmente) e colposi (negligenza, imprudenza). I fulmini sono responsabili di circa il 10% degli incendi, mentre il restante 10% ha cause sconosciute o accidentali diverse.

Però, se guardiamo all’area bruciata, le proporzioni cambiano. Gli incendi causati da negligenza sono responsabili del 45% della superficie bruciata, in linea con il loro alto numero. Ma gli incendi causati da fulmini, pur essendo meno numerosi, bruciano in media aree molto più vaste (oltre 6000 ettari per incendio!) rispetto a quelli dolosi (circa 1500 ettari). Questo è particolarmente vero nelle zone montuose del nord-ovest, dove i temporali sono più frequenti.

Nel tempo, abbiamo osservato una diminuzione significativa degli incendi causati da negligenza e da dolo, mentre quelli causati da fulmini sono diminuiti in modo meno marcato. Questo suggerisce che le campagne di prevenzione, la maggiore consapevolezza e forse anche i maggiori mezzi per combattere gli incendi stanno avendo effetto soprattutto sul fronte delle cause umane.

Veduta aerea con drone di una vasta area forestale bruciata dopo un incendio nella regione di Valencia. Obiettivo grandangolare 20mm, luce dura del tardo pomeriggio che crea lunghe ombre dagli alberi carbonizzati rimasti, forte contrasto tra il nero della cenere e la terra ocra circostante.

Differenze Regionali: Non Tutta Valencia Brucia Uguale

Come dicevo, abbiamo diviso la regione in 7 sotto-zone con caratteristiche climatiche e fisiche simili. E le differenze sono emerse nette.
La zona con più incendi in assoluto (come numero) sono le Valencian Lowlands (VL), le pianure costiere densamente popolate e coltivate. Qui avvengono il 28% di tutti gli incendi.
Ma se guardiamo all’area bruciata, la maglia nera va alle Valencian Uplands (VU), le zone interne più montuose e boscose: qui brucia il 43% della superficie totale, nonostante abbiano meno della metà degli incendi rispetto alle pianure! Questo perché nelle zone interne ci sono grandi masse forestali continue (spesso pinete, più infiammabili) che favoriscono la propagazione di grandi incendi.

Al contrario, nella Segura Valley (SV), la zona più a sud e più arida, ci sono pochissimi incendi e bruciano aree minuscole, probabilmente per la scarsità di vegetazione continua.
Anche le cause variano: gli incendi dolosi sono più comuni a sud e nelle pianure, mentre i fulmini colpiscono di più le zone montuose del nord (Iberian System – IS).

La diminuzione del numero di incendi è stata osservata in quasi tutte le regioni (tranne la SV), ma è stata particolarmente marcata nelle aree montuose (IS, Baetic System – BS).

Il Legame con l’FWI: Un Pericolo Reale (Soprattutto agli Estremi)

Torniamo all’FWI. Abbiamo visto che, in generale, gli incendi diminuiscono nonostante l’indice di pericolo climatico tenda ad aumentare (soprattutto se guardiamo indietro fino agli anni ’70, dove l’aumento dell’FWI è molto significativo, specialmente a giugno!). Come si spiega?

La chiave sta nel guardare cosa succede quando l’FWI raggiunge valori alti o estremi. Sebbene i giorni con FWI “Estremo” (EX) siano rarissimi (meno dell’1% del totale), sono responsabili di una quantità sproporzionata di incendi (quasi il 10%) e, soprattutto, di gran parte dell’area bruciata totale (quasi il 50%!). Un incendio che parte in un giorno con FWI “Estremo” brucia in media 1433 ettari, una cifra enormemente superiore a quella delle altre classi di pericolo. Anche la classe “Molto Alta” (VH) e “Alta” (HI) mostrano un numero di incendi e un’area bruciata per giorno significativamente superiori alla loro frequenza.

Quindi, l’FWI funziona: indica davvero quando le condizioni sono pericolose. Il paradosso è che, nonostante questi giorni pericolosi stiano potenzialmente aumentando a causa del cambiamento climatico, altri fattori (umani) stanno, per ora, compensando e riducendo il numero totale di incendi.

Primo piano di mani guantate da vigile del fuoco che spengono con cura un piccolo focolaio tra l'erba secca in un bosco mediterraneo, simbolo di prevenzione e intervento rapido. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sulle mani e le braci, luce naturale filtrata dagli alberi.

Allora Perché Meno Incendi? Il Fattore Umano

Se il clima rema contro, cosa ci sta “salvando”? La spiegazione più probabile, come accennato, risiede nel fattore umano.
Dopo gli anni disastrosi come il 1994 e il 2012, la percezione del rischio incendi è aumentata enormemente tra la popolazione e i politici. Questo ha portato a:

  • Maggiori investimenti: più fondi, personale e mezzi (aerei, elicotteri, basi operative) per la prevenzione e la lotta agli incendi.
  • Piani di prevenzione: sviluppo di piani a livello locale e regionale, anche se spesso ancora troppo focalizzati sulla lotta e meno sulla gestione forestale preventiva (rimozione del combustibile secco, creazione di fasce tagliafuoco).
  • Legislazione più restrittiva: limitazioni all’uso del fuoco per pratiche agricole in determinati periodi.
  • Maggiore consapevolezza: campagne informative e un generale aumento dell’attenzione da parte dei cittadini.

In sostanza, siamo diventati più bravi e più attenti nel prevenire le ignizioni (soprattutto quelle legate a negligenza) e nel controllare gli incendi quando si verificano, prima che diventino incontrollabili.

Uno Sguardo al Futuro: Non Abbassare la Guardia

Questa diminuzione è una buona notizia, certo. Ma non possiamo assolutamente abbassare la guardia. Il cambiamento climatico è una realtà e sta rendendo le condizioni sempre più favorevoli agli incendi, non solo in piena estate ma estendendo la stagione pericolosa a mesi come giugno e settembre. L’aumento dell’FWI che abbiamo osservato, soprattutto guardando al periodo più lungo (dal 1971), è un campanello d’allarme.

Le politiche attuali, pur efficaci nel ridurre il numero di roghi, potrebbero non bastare in futuro se le condizioni climatiche peggioreranno ulteriormente. C’è bisogno di continuare a investire, forse spostando maggiormente il focus dalla semplice lotta alla gestione attiva del territorio e alla prevenzione, rimuovendo l’eccesso di biomassa combustibile che si accumula anche a causa dell’abbandono delle campagne.

Inoltre, le nuove tecnologie, come il telerilevamento e il monitoraggio dei fulmini, possono giocare un ruolo cruciale nel prevenire, individuare e combattere gli incendi in modo più efficace, specialmente nelle aree remote.

Insomma, la storia degli incendi a Valencia è un affascinante intreccio tra clima, natura e azione umana. Abbiamo vinto una battaglia negli ultimi decenni, ma la “guerra” contro il fuoco, alimentata dal cambiamento climatico, richiede un impegno costante e strategie sempre più intelligenti.

Fonte: Springer

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