Incendi Boschivi: Non è Solo Colpa del Meteo! Il Potere Nascosto di Suolo e Gestione
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che, purtroppo, è sempre più attuale: i grandi incendi boschivi, specialmente quelli che sembrano sfuggire a ogni controllo, i cosiddetti “eventi estremi”. Ci siamo passati tutti, a vedere quelle immagini spaventose in TV, foreste intere che vanno in fumo. E la domanda sorge spontanea: ma cosa determina veramente quanto un incendio diventa *grave*, quanto distrugge? Spesso puntiamo il dito sul meteo: caldo torrido, siccità, vento forte… i classici “colpevoli”. Ma siamo sicuri che sia tutta lì la storia?
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante (trovate il link alla fine!) che ha provato a scavare più a fondo, analizzando ben 17 grandi incendi avvenuti in due anni da record (2014-2015) nelle Cascade Mountains orientali, nello stato di Washington (USA). Ebbene, i risultati sono piuttosto sorprendenti e, per certi versi, rincuoranti.
Capire i Controlli: Dall’Alto (Top-Down) e dal Basso (Bottom-Up)
Prima di tuffarci nei risultati, chiariamo due concetti chiave che i ricercatori usano:
- Controlli Top-Down: Sono le forze “grandi”, quelle che agiscono su vasta scala. Pensate al clima generale (tipo la siccità prolungata) e alle condizioni meteo del giorno specifico dell’incendio (vento, temperatura, umidità). Sono fattori potenti, che sembrano dettare legge dall’alto.
- Controlli Bottom-Up: Sono i fattori “locali”, quelli legati al territorio specifico. Qui parliamo del tipo e della quantità di vegetazione (il “combustibile” per il fuoco), della topografia (pendenze, valli, creste), e anche della storia del luogo: c’erano già stati incendi recenti? C’erano stati interventi di gestione forestale (come tagli selettivi o incendi prescritti)?
La grande domanda dello studio era: durante eventi estremi, questi fattori locali (bottom-up) hanno ancora voce in capitolo o vengono completamente sovrastati dal meteo impazzito (top-down)?
Cosa Abbiamo Scoperto: Meteo e Combustibili Regnano, Ma…
Lo studio ha usato modelli avanzati (tipo Random Forest, una tecnica di machine learning) per sbrogliare la matassa. E la prima conferma è arrivata: sì, meteo e combustibili sono entrambi attori protagonisti nella determinazione della severità dell’incendio. Non è una sorpresa totale, ma è importante ribadirlo.
Ma ecco il punto cruciale: nonostante molti di questi incendi siano avvenuti in aree che non bruciavano da tantissimo tempo (quindi piene di combustibile accumulato), quasi un terzo dell’area forestale bruciata ha registrato una severità bassa. Questo già ci dice qualcosa: anche in condizioni difficili, il fuoco non distrugge tutto uniformemente.

Incendi “Prima Volta” vs. Incendi “Bis”: Una Differenza Cruciale
I ricercatori hanno fatto una distinzione importante:
- Incendi di “prima entrata” (First-entry fires): Quelli che colpiscono aree non bruciate da decenni (nel loro caso, dal 1960). Qui, i fattori dominanti sono risultati proprio quelli top-down: clima e meteo. Sembra quasi che, dove il combustibile è tanto e continuo, il meteo abbia campo libero per scatenare incendi più gravi.
- Reburns (Incendi ripetuti): Quelli che avvengono in aree già percorse dal fuoco in tempi relativamente recenti. E qui la musica cambia! La severità di questi incendi è risultata generalmente più bassa. Perché? Principalmente per i controlli bottom-up: c’era meno combustibile disponibile (grazie all’incendio precedente) e la topografia giocava un ruolo più protettivo (ad esempio, il fuoco che scende lungo un pendio è meno intenso). È come se il fuoco precedente avesse lasciato una “memoria ecologica” che modera gli incendi successivi. Un feedback negativo, in pratica!
L’Indizio Nascosto nelle Foglie: Il Potere dell’NDMI
Un indicatore si è rivelato particolarmente prezioso: l’NDMI (Normalized Difference Moisture Index). È un indice calcolato da satellite che ci dice quanta biomassa viva c’è e quanto è umida. In pratica, ci dà un’idea del carico di combustibile “verde”. Ebbene, l’NDMI è stato uno dei predittori principali della severità sia per i first-entry che per i reburns:
- Valori bassi di NDMI (poca biomassa/molto secca) erano associati a minore severità.
- Valori alti di NDMI (tanta biomassa/più umida, ma comunque combustibile) erano associati a maggiore severità.
Questo sottolinea quanto sia fondamentale la quantità e lo stato del combustibile presente sul terreno.
La Gestione Forestale Funziona? Sì, Anche in Condizioni Estreme!
E veniamo alla parte forse più incoraggiante. Lo studio ha analizzato l’effetto degli interventi di gestione forestale fatti *prima* degli incendi (come diradamenti e incendi prescritti). Risultato? Questi trattamenti sono stati efficaci nel ridurre la severità del fuoco, anche durante i giorni di propagazione più estrema!
Ovviamente, non tutti i trattamenti sono uguali e non funzionano sempre allo stesso modo. L’efficacia era maggiore in certe condizioni:
- Con velocità del vento da basse a moderate (sotto i 17 m/s, circa 60 km/h). Quando il vento diventa uragano, le cose si complicano, ma sotto questa soglia la gestione fa la differenza.
- Dove l’altezza della base della chioma degli alberi (Canopy Base Height – CBH) era di almeno 1.3 metri. Questo significa che c’era meno “scala” per il fuoco per salire dalla superficie alle chiome.
Quali trattamenti funzionavano meglio? Quelli che combinavano diradamento meccanico seguito da incendio prescritto (underburning) sono risultati particolarmente efficaci. Al contrario, interventi come il taglio a raso (clearcutting), specialmente se i residui non venivano gestiti bene, erano a volte associati addirittura a una *maggiore* severità successiva. Questo ci dice che non basta togliere alberi, bisogna gestire attentamente tutto il combustibile, anche quello a terra.

Scavare nei Dettagli con l’AI: Capire il “Perché” Locale
Una cosa molto interessante dello studio è l’uso di tecniche chiamate “misure di importanza locale” (come i valori di Shapley). Senza entrare in tecnicismi, queste tecniche permettono di capire, per ogni singolo punto della mappa, quale fattore (meteo, combustibile, topografia, gestione passata…) ha avuto l’impatto maggiore sulla severità del fuoco *in quel punto specifico*.
Questo approccio “locale” ha rivelato una grande diversità. Anche se a livello generale meteo e clima potevano sembrare dominanti, zoomando si vedeva chiaramente come la topografia, i combustibili locali, la storia degli incendi passati e la gestione forestale esercitassero un controllo significativo in molte aree, creando un mosaico di severità diverse. Ad esempio, anche all’interno di grandi chiazze di alta severità, si potevano trovare zone dove un precedente trattamento o un incendio passato avevano nettamente abbassato l’intensità del fuoco.
Sfatare Qualche Mito e Guardare al Futuro
Cosa ci portiamo a casa da tutto questo? Secondo me, due cose fondamentali che sfatano narrazioni un po’ troppo semplicistiche:
1. Non è *solo* il meteo estremo a comandare. Certo, clima e meteo sono potentissimi, ma i fattori locali (bottom-up), specialmente la quantità, il tipo e la distribuzione dei combustibili, giocano un ruolo cruciale nel *regolare* la severità del fuoco. Non sono semplici comparse, ma co-protagonisti.
2. La gestione forestale *può* essere efficace, anche di fronte a incendi importanti. Non è una bacchetta magica, ma interventi mirati, soprattutto quelli che riducono i combustibili superficiali e alzano la base delle chiome (come il diradamento seguito da fuoco prescritto), possono davvero fare la differenza e aumentare la resilienza delle nostre foreste.
Questo studio, insieme ad altri simili, ci dà una speranza concreta. Ci dice che abbiamo degli strumenti per mitigare gli impatti degli incendi futuri, che saranno probabilmente influenzati dal cambiamento climatico. La gestione attiva delle foreste, che includa anche l’uso strategico del fuoco (incendi prescritti o gestione di incendi naturali quando le condizioni lo permettono), non è solo un’opzione, ma una necessità per costruire paesaggi più resilienti.
Insomma, la prossima volta che vedremo un grande incendio, ricordiamoci che la storia è più complessa di quanto sembri. Sotto la furia apparente degli elementi, ci sono dinamiche locali, legate al combustibile e alla storia del territorio, che possiamo imparare a conoscere e, in parte, a gestire. E questa è una bella responsabilità, ma anche una grande opportunità.

Fonte: Springer
