Incendi e Cambiamento Climatico: Quando l’Aria che Respiriamo Diventa un Nemico Mortale
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, purtroppo, sta diventando sempre più scottante (in tutti i sensi): il legame tra i cambiamenti climatici causati dall’uomo, gli incendi boschivi sempre più devastanti e le conseguenze sulla nostra salute, in particolare per quanto riguarda il particolato fine (il famigerato PM2.5) che respiriamo.
Avete presente quelle estati sempre più torride, quelle notizie di incendi che divorano ettari ed ettari di foreste, magari anche vicino a casa nostra? Ecco, non è solo una sensazione. La scienza ci dice chiaramente che il cambiamento climatico sta mettendo lo zampino, rendendo questi eventi più frequenti e intensi, soprattutto in alcune aree del mondo come il Nord America temperato e boreale.
Ma cosa c’entra tutto questo con la nostra salute? C’entra, eccome. Quando le foreste bruciano, rilasciano nell’aria enormi quantità di particelle sottili, il PM2.5 appunto. Queste particelle sono così piccole che possono penetrare profondamente nei nostri polmoni e persino entrare nel flusso sanguigno. Non è una novità che l’esposizione al PM2.5 sia una causa nota di mortalità, problemi cardiovascolari e peggioramento delle condizioni respiratorie.
Il Nesso Causale: Come il Clima Incide sugli Incendi
Ma come facciamo a dire che è *proprio* colpa del cambiamento climatico? Beh, qui entra in gioco la scienza dell’attribuzione. Immaginate di poter tornare indietro nel tempo e “spegnere” l’influenza umana sul clima. Come sarebbero stati gli incendi senza il nostro contributo alle emissioni di gas serra? È un po’ questo l’esercizio che hanno fatto i ricercatori protagonisti dello studio che vi racconto oggi, pubblicato su Springer Nature.
Hanno messo insieme un sacco di dati:
- Proiezioni climatiche (come sarebbe il clima senza il nostro impatto)
- Modelli che legano clima e incendi
- Modelli sulla dispersione del fumo degli incendi
- Modelli sull’impatto sulla salute e sui costi economici
In pratica, hanno confrontato lo scenario reale (quello che stiamo vivendo) con uno scenario “controfattuale”, cioè senza il cambiamento climatico antropogenico. Hanno analizzato i dati dal 2006 al 2020 per tutti gli Stati Uniti contigui, a livello di contea e stato. Fattori come lo scioglimento anticipato delle nevi, ondate di calore più intense e un aumento del deficit di pressione di vapore (che rende la vegetazione più secca e infiammabile) sono tutti collegati al cambiamento climatico e hanno dimostrato di aumentare l’estensione delle aree bruciate e la velocità di propagazione degli incendi. Pensate che in alcune zone degli USA occidentali, l’area bruciata è praticamente raddoppiata rispetto a quanto ci si aspetterebbe senza il cambiamento climatico!
I Numeri Shock: Decessi e Costi Economici
E i risultati? Preparatevi, perché sono numeri che fanno riflettere. Lo studio stima che, nei 15 anni analizzati (2006-2020), il cambiamento climatico abbia contribuito a circa 15.000 decessi legati all’esposizione al PM2.5 da incendi boschivi negli Stati Uniti. Avete letto bene: 15.000 vite spezzate *in più*, solo a causa dell’aggravamento degli incendi dovuto al nostro impatto sul clima.
La variabilità annuale è enorme: si va da circa 130 decessi aggiuntivi negli anni “migliori” a ben 5.100 decessi in più negli anni peggiori. E indovinate un po’ qual è stato uno degli anni peggiori? Il 2020. Proprio quell’anno, tristemente famoso anche per l’inizio della pandemia di COVID-19 (e alcuni studi suggeriscono pure un legame tra esposizione a PM2.5 e maggiore mortalità da COVID), ha visto circa il 34% di tutti questi decessi aggiuntivi attribuibili al clima.
Ma non finisce qui. Oltre al costo umano, c’è un pesantissimo fardello economico. Stiamo parlando di una cifra cumulativa stimata in 160 miliardi di dollari in 15 anni, solo per i costi legati alla mortalità aggiuntiva da PM2.5 da incendi, causata dal cambiamento climatico. Nel solo 2020, il costo è stato di 58 miliardi di dollari! Per darvi un’idea, i cicloni tropicali, eventi notoriamente distruttivi, causano in media danni per circa 23 miliardi di dollari per evento negli USA. Qui parliamo di un impatto economico annuale medio legato *solo* alla quota di incendi dovuta al clima di 11 miliardi di dollari.
La Mappa del Rischio: Chi Paga il Prezzo Più Alto?
Come potete immaginare, l’impatto non è distribuito uniformemente. Le concentrazioni di fumo più elevate e, di conseguenza, i maggiori impatti sulla salute e i costi economici, si registrano negli stati dell’Ovest: California, Oregon, Washington, Idaho e Montana sono in prima linea. In queste aree, si stima che tra il 25% e il 60% del PM2.5 medio annuo derivante da incendi (nel periodo 2006-2020) sia direttamente attribuibile al cambiamento climatico.
Se scendiamo a livello di contea, la situazione è ancora più drammatica. Le dieci contee con i tassi di mortalità annuale più alti dovuti al PM2.5 da incendi legati al clima si trovano tutte nell’Ovest (California, Oregon, Idaho, Montana). In alcune di queste contee, nel 2020, il contributo del cambiamento climatico alla mortalità totale da fumo di incendi ha superato addirittura il 50%! Pensateci: in alcune zone, più della metà delle morti causate dal fumo degli incendi non ci sarebbero state senza il nostro impatto sul clima.
Cosa Possiamo Imparare (e Cosa Dobbiamo Fare)?
Questo studio è importantissimo perché è il primo a quantificare in modo così dettagliato, anno per anno e a livello locale, l’impatto specifico del cambiamento climatico sulla mortalità da fumo di incendi. Ci dice che circa il 10% di tutte le morti legate al PM2.5 da incendi negli USA (che sono state stimate in 164.000 in 15 anni) è una conseguenza diretta del nostro impatto sul pianeta.
La cosa interessante è che questo 10% a livello nazionale maschera realtà locali molto più gravi, con percentuali che salgono al 30-50% o più in certe aree dell’Ovest. Identificare questi “hotspot” è fondamentale per guidare le politiche di protezione delle comunità più vulnerabili.
La buona notizia, se così si può dire, è che questo ci indica anche una potenziale via d’intervento. Mitigare il cambiamento climatico, riducendo le emissioni di gas serra, potrebbe portare a una riduzione significativa della mortalità da fumo di incendi, con benefici economici enormi. I ricercatori fanno un paragone audace ma efficace: in alcune zone dell’Ovest, eliminare il contributo del cambiamento climatico agli incendi porterebbe a riduzioni della mortalità paragonabili a quelle ottenute con il vaccino antinfluenzale, uno degli interventi di salute pubblica più importanti. Certo, eliminare le emissioni globali non è semplice come sviluppare un vaccino, ma l’ordine di grandezza dei benefici per la salute pubblica è quello.
Certo, ci sono delle incertezze e delle limitazioni nello studio. Ad esempio, si assume che gli effetti sulla salute del PM2.5 da incendi siano simili a quelli del PM2.5 “normale” da inquinamento urbano o industriale, anche se la composizione e le modalità di esposizione possono essere diverse. Inoltre, i modelli di dispersione del fumo potrebbero essere perfezionati, e le stime attuali sono probabilmente conservative (potrebbero sottostimare l’impatto reale, specie quello proveniente da incendi fuori dai confini USA, come quelli canadesi).
Ma il messaggio chiave è forte e chiaro: stiamo già pagando un prezzo altissimo, in termini di vite umane ed economici, per gli effetti del cambiamento climatico sugli incendi. E le proiezioni future non sono rosee: senza un cambio di rotta deciso, questi impatti sono destinati ad aumentare. Entro metà secolo, si prevede un aumento di almeno il 50% della mortalità da fumo rispetto al decennio 2011-2020, con danni annuali che potrebbero raggiungere i 244 miliardi di dollari.
È fondamentale agire ora per ridurre le emissioni e adattarci a un clima che cambia, proteggendo le nostre foreste e, soprattutto, la nostra salute. L’aria che respiriamo non dovrebbe essere un nemico.
Fonte: Springer