Fotografia realistica, obiettivo prime 35mm, profondità di campo, mostra un prototipo scintillante di protesi d'anca in Ti-6Al-4V prodotto con manifattura additiva, appoggiato su una superficie sterile, evidenziando la sua geometria complessa e la finitura metallica.

Titanio Stampato in 3D per Protesi d’Anca: Viaggio tra Microstrutture, Resistenza e Biocompatibilità

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo delle protesi ortopediche, in particolare quelle d’anca, e di come una lega metallica straordinaria, il Ti-6Al-4V, stia rivoluzionando questo campo grazie alla magia della manifattura additiva, o come la chiamiamo più comunemente, stampa 3D.

Questa lega di titanio è una vera superstar: ha un rapporto resistenza/peso incredibile, resiste alla corrosione come poche altre e possiede proprietà meccaniche eccellenti. Non è un caso che venga usata in settori “tosti” come l’aerospaziale, l’automotive e il navale. Ma è nel campo medico che sta davvero facendo la differenza, specialmente per impianti chirurgici e protesi, grazie alla sua biocompatibilità e non tossicità. Pensate, un materiale così robusto e leggero che il nostro corpo accetta senza problemi!

La vera svolta, però, è arrivata con la manifattura additiva (AM), in particolare con tecniche come la Selective Laser Melting (SLM) e l’Electron Beam Melting (EBM). Queste tecnologie ci permettono di “stampare” strato su strato componenti complessi e personalizzati, partendo da polvere di Ti-6Al-4V. Immaginate protesi d’anca o ginocchio, placche cranio-maxillo-facciali, create su misura per il singolo paziente. Sembra fantascienza, vero? Eppure è realtà!

La Sfida: Ottimizzare il Processo

Attenzione però, non è tutto oro quello che luccica (anche se il titanio ha un bel colore!). Produrre pezzi in Ti-6Al-4V con la stampa 3D presenta delle sfide. Fattori come la velocità di raffreddamento o la dimensione del “bagno fuso” (la zona dove il laser o il fascio di elettroni fonde la polvere) influenzano tantissimo la microstruttura finale del pezzo e, di conseguenza, le sue proprietà meccaniche.

Spesso, i pezzi stampati in 3D mostrano una duttilità inferiore e più difetti rispetto a quelli prodotti con metodi tradizionali. Questo può portare a una minore resistenza alla fatica, un aspetto critico per un impianto che deve durare anni nel nostro corpo. Ecco perché sono fondamentali i trattamenti post-processo, come trattamenti termici specifici o la pressatura isostatica a caldo (HIP – Hot Isostatic Pressing), che migliorano le proprietà meccaniche e rendono l’impianto sicuro e affidabile.

Ma non basta. Per favorire l’integrazione dell’impianto con l’osso (la cosiddetta osteointegrazione), spesso si ricorre a trattamenti superficiali. Qui entra in gioco l’idrossiapatite (HA), un materiale bioceramico che è uno dei componenti principali del nostro osso. Rivestire l’impianto in titanio con HA aiuta a promuovere la crescita ossea sulla sua superficie, specialmente nelle prime fasi dopo l’intervento. Esistono vari metodi per applicare questi rivestimenti, ma uno dei più promettenti è l’elettrodeposizione: è relativamente semplice, veloce e permette di ottenere strati omogenei.

Macro fotografia, obiettivo da 100 mm, dettagli elevati, illuminazione controllata, che mostra polvere di metallo ti-6al-4V sferica utilizzata per la produzione additiva, evidenziando la sua consistenza e l'uniformità prima dell'inizio del processo di stampa.

Il Nostro Studio: Mettere a Confronto Tecnologie e Trattamenti

Nel vasto mondo della ricerca sul Ti-6Al-4V stampato in 3D, a volte si trovano risultati contrastanti. Questo può dipendere dalle polveri usate, dalle macchine diverse, dai parametri di stampa o dai trattamenti post-processo applicati. Per fare un po’ di chiarezza, abbiamo deciso di condurre uno studio mirato.

Il nostro obiettivo? Capire l’influenza del processo di produzione (SLM vs EBM) e dei trattamenti post-processo (trattamento termico vs HIP) sulle proprietà finali del materiale. E per essere sicuri di confrontare “mele con mele”, abbiamo usato la stessa identica polvere metallica (Ti-6Al-4V grado 23) per tutti i campioni. Abbiamo prodotto campioni con diverse macchine SLM e una macchina EBM, ottimizzando i parametri per minimizzare i difetti.

Abbiamo analizzato campioni “as-built” (cioè come escono dalla stampante, dopo un trattamento di distensione), campioni trattati termicamente (riscaldati a 850°C per 4 ore) e un campione prodotto con EBM e poi sottoposto a HIP (920°C, 120 MPa per 2.5 ore). Come riferimento, abbiamo usato anche un campione di Ti-6Al-4V prodotto con metodo tradizionale (“wrought”). Infine, abbiamo applicato rivestimenti di idrossiapatite su alcuni campioni per valutarne la biocompatibilità. Abbiamo prelevato i campioni da una zona critica di una protesi d’anca simulata, analizzandoli sia parallelamente che perpendicolarmente alla direzione di stampa, per tenere conto della possibile anisotropia (differenze di proprietà a seconda della direzione).

Uno Sguardo al Microscopio: Microstrutture a Confronto

La prima cosa che abbiamo notato è stata la porosità. Tutti i campioni ne avevano una bassissima (inferiore allo 0.2%), ma il campione EBM trattato con HIP (chiamiamolo E-HIP) era il migliore, con una porosità quasi nulla (0.03%). L’HIP fa proprio questo: “schiaccia” i pori e rende il materiale più denso. Gli altri campioni mostravano piccole porosità gassose o, in un caso (S-HT-b), qualche discontinuità più grande dovuta a una fusione non perfetta.

Ma la vera differenza l’abbiamo vista nella microstruttura. Il campione SLM “as-built” (S-Ref) presentava una struttura dominata da martensite aciculare α’. Questa è una fase metastabile che si forma a causa del raffreddamento rapidissimo tipico dell’SLM. È una struttura molto fine, quasi aghiforme.

I campioni SLM trattati termicamente (S-HT-a, S-HT-b, S-HT-c), invece, mostravano una microstruttura lamellare α + β, più equilibrata. Il trattamento termico trasforma la martensite α’ in una miscela di fase α (esagonale compatta) e fase β (cubica a corpo centrato), organizzate in lamelle sottili, spesso in una configurazione detta “basket-weave” (a cesto intrecciato).

Il campione E-HIP, infine, aveva anch’esso una struttura α + β, ma molto più grossolana, nota come struttura di Widmanstätten, con lamelle α più larghe e una maggior quantità di fase β (circa 15% contro il 10% degli altri). Questa struttura più grossolana è tipica dell’EBM e ulteriormente accentuata dal trattamento HIP.

Dettaglio dell'immagine di microscopia, stile SEM, dettaglio elevato, messa a fuoco precisa, che mostra la struttura di martensite α 'acicolare fine all'interno di un campione SLM TI-6Al-4V SLM a base di SLM in contrasto con la struttura lamellare α+β widmanstätten lamellar più grossolana in un campione di hip EBM+.

Analisi più approfondite (SEM/EDS e XRD) hanno confermato queste osservazioni, mostrando anche come gli elementi della lega (Alluminio e Vanadio) si distribuiscono nelle diverse fasi: l’Alluminio preferisce la fase α, mentre il Vanadio si concentra nella fase β (o nella martensite α’).

Durezza e Resistenza: Cosa Cambia?

E le proprietà meccaniche? Abbiamo misurato la microdurezza. Il campione S-Ref (as-built) è risultato il più duro (circa 400 HV), proprio grazie alla fine struttura martensitica α’. I campioni trattati termicamente e il campione E-HIP erano leggermente meno duri (circa 370 HV), valori comunque ottimi e paragonabili a quelli del materiale tradizionale lavorato. La struttura α + β lamellare, sebbene meno dura, è generalmente preferita per le applicazioni implantari per via di altre proprietà come la duttilità e la resistenza a fatica, che però non abbiamo testato in questo specifico studio.

Resistenza alla Corrosione: Un Fattore Cruciale

Un impianto nel corpo umano è immerso in un ambiente “aggressivo”, i fluidi corporei. È fondamentale che non si corroda. Il Ti-6Al-4V è noto per la sua eccellente resistenza alla corrosione, dovuta alla formazione spontanea di un sottile strato protettivo di ossido di titanio (TiO₂) sulla sua superficie. Ma come si comportano i nostri campioni stampati in 3D?

Abbiamo eseguito test elettrochimici in una soluzione che simula i fluidi corporei (PBS – Phosphate Buffered Saline) a 37°C.

  • Potenziale a Circuito Aperto (OCP): Tutti i campioni hanno mostrato un potenziale che diventava più “nobile” (positivo) nel tempo, indicando la formazione e la crescita dello strato protettivo. Interessante notare che i campioni AM avevano potenziali leggermente più nobili del materiale tradizionale, forse per via della microstruttura più fine che favorisce una passivazione più rapida. Il campione as-built (S-Ref) aveva il potenziale più nobile di tutti, seguito dai trattati termicamente e infine dall’E-HIP con la sua struttura più grossolana.
  • Polarizzazione Potentiodinamica (PP): Questo test ci dà informazioni sulla velocità di corrosione. Qui i risultati sono stati diversi: il campione as-built (S-Ref), pur avendo il potenziale più nobile, ha mostrato una densità di corrente di corrosione (icorr) e una velocità di corrosione significativamente più alte degli altri. Questo suggerisce che la struttura martensitica α’, sebbene termodinamicamente più stabile (potenziale nobile), sia cineticamente meno resistente alla corrosione. I campioni trattati termicamente (specialmente S-HT-a) e soprattutto il campione E-HIP hanno mostrato correnti di corrosione molto basse, simili o addirittura migliori del materiale tradizionale. Il trattamento termico e la presenza della struttura α + β sembrano quindi migliorare la resistenza alla corrosione.
  • Spettroscopia di Impedenza Elettrochimica (EIS): Questo test conferma i risultati della PP. I grafici (Nyquist e Bode) mostrano che il materiale tradizionale e i campioni trattati termicamente (in particolare E-HIP e S-HT-a) formano strati passivi molto protettivi, con elevate resistenze di polarizzazione (Rpol). Il campione as-built (S-Ref) mostra una resistenza inferiore. L’analisi dei dati suggerisce che una struttura α + β più grossolana, come quella dell’E-HIP, con meno interfacce tra le fasi α e β (che possono agire come micro-celle galvaniche), e un maggior contenuto di fase β (arricchita in Vanadio, più resistente), offra la migliore combinazione per la resistenza alla corrosione in questo ambiente.

Setup di laboratorio, natura morta, lente macro 60mm, messa a fuoco precisa, che mostra un campione TI-6AL-4V immerso in un becher con soluzione salina tamponata con fosfato (PBS) collegata agli elettrodi per la spettroscopia di impedenza elettrochimica (EIS), simulando le condizioni del fluido corporeo.

Quindi, sembra esserci un compromesso: la struttura martensitica α’ dà maggiore durezza ma minore resistenza alla corrosione, mentre la struttura α + β post-trattamento offre un miglior comportamento alla corrosione, specialmente se la struttura è più grossolana e ricca di fase β come nel campione E-HIP.

Il Tocco Finale: Rivestimenti di Idrossiapatite per la Biocompatibilità

Come accennato, il Ti-6Al-4V è biocompatibile, ma è considerato “bioinerte”, cioè non interagisce attivamente con l’osso. Per migliorare l’osteointegrazione, abbiamo rivestito alcuni campioni (in particolare l’S-Ref) con idrossiapatite (HA) usando l’elettrodeposizione.

Siamo riusciti ad ottenere rivestimenti continui e aderenti su tutti i campioni. Abbiamo notato che una preparazione superficiale tramite sabbiatura (“grit-blasting”) dava risultati migliori (rivestimento più spesso e omogeneo) rispetto all’elettrolucidatura. Le analisi SEM hanno mostrato la tipica struttura lamellare fine dell’HA, e l’analisi EDX ha confermato la presenza di Calcio (Ca) e Fosforo (P) con un rapporto Ca/P vicino a quello ideale (1.67) per l’HA pura e stabile, indicando un rivestimento bioattivo di buona qualità. L’analisi XRD ha confermato la presenza di fasi cristalline di HA sovrapposte a quelle del substrato di titanio.

Close-up, lenti macro 80 mm, dettagli elevati, illuminazione controllata, che mostra la superficie di un impianto Ti-6Al-4V rivestito con uno strato bianco e leggermente strutturato di idrossiapatite (HA), pronto per i test di biocompatibilità.

Ma la prova del nove è la biocompatibilità. Abbiamo messo i campioni rivestiti (e quelli non rivestiti come controllo) a contatto diretto con cellule umane (fibroblasti HFF-1) per 1, 3 e 7 giorni. Abbiamo misurato la loro attività metabolica (test AlamarBlue) e la loro vitalità (test LIVE/DEAD). I risultati? Eccellenti! Le cellule sono cresciute bene su tutti i campioni. Non ci sono state differenze statisticamente significative tra i campioni rivestiti e i controlli dopo 7 giorni, ma i campioni con HA hanno mostrato una tendenza verso un’attività metabolica leggermente superiore, suggerendo una biocompatibilità eccellente, forse persino un pizzico migliore rispetto al Ti-6Al-4V nudo. Le immagini di microscopia a fluorescenza hanno confermato un’alta percentuale di cellule vive e sane su tutte le superfici.

Conclusioni: Un Futuro Stampato in 3D

Cosa ci dice tutto questo? Che la manifattura additiva, combinata con opportuni trattamenti post-processo (come il trattamento termico o l’HIP) e rivestimenti superficiali bioattivi come l’idrossiapatite, è uno strumento potentissimo per creare impianti ortopedici in Ti-6Al-4V di nuova generazione.

Siamo riusciti a ottenere pezzi con bassissima porosità e microstrutture controllate. Abbiamo visto che:

  • La microstruttura martensitica α’ (as-built SLM) dà alta durezza ma minore resistenza alla corrosione.
  • I trattamenti termici trasformano la struttura in α + β lamellare, migliorando la resistenza alla corrosione a scapito di un po’ di durezza.
  • Il processo EBM seguito da HIP produce una struttura α + β di Widmanstätten più grossolana, con porosità minima e ottima resistenza alla corrosione.
  • I rivestimenti di idrossiapatite elettrodeposti sono efficaci, aderenti e migliorano ulteriormente la già buona biocompatibilità del materiale.

Insomma, scegliendo la giusta combinazione di tecnologia AM, trattamento post-processo e trattamento superficiale, possiamo davvero ottimizzare le prestazioni degli impianti ortopedici, migliorando la resistenza meccanica, la resistenza alla corrosione e l’integrazione con l’osso. Un passo avanti incredibile per la salute e la qualità della vita di tantissimi pazienti!

Fonte: Springer

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