Fotografia paesaggistica, grandangolo 10mm, che mostra un paesaggio diviso a metà: da un lato una foresta lussureggiante e sana sotto un cielo con nuvole di pioggia benefica, dall'altro un terreno arido e degradato a causa della deforestazione sotto un cielo sereno e implacabile. Contrasto forte tra le due metà, luce drammatica, messa a fuoco nitida su tutto il campo.

Piogge Pazze? Colpa (Anche) di Come Usiamo il Suolo! Scopriamo le Differenze tra Scrosci Normali ed Eventi Estremi

Amici, parliamoci chiaro: il tempo è sempre più matto, vero? Un giorno c’è il sole che spacca le pietre e il giorno dopo un diluvio universale che allaga le cantine. E se vi dicessi che, oltre ai cambiamenti climatici di cui sentiamo parlare ogni giorno, c’è un altro “protagonista silenzioso” che sta mettendo lo zampino in queste bizze meteorologiche? Sto parlando di come noi esseri umani stiamo cambiando la faccia del nostro pianeta, ovvero i cosiddetti cambiamenti nell’uso e nella copertura del suolo (LULCC, per gli amici anglofoni). Sembra un parolone, ma in realtà si tratta di cose che vediamo tutti i giorni: foreste che spariscono per far posto a campi coltivati, città che si espandono a macchia d’olio, pascoli che prendono il posto di vegetazione naturale.

Ebbene sì, queste trasformazioni hanno un impatto diretto su quanta pioggia cade, dove cade e, soprattutto, *come* cade. Ma la cosa più affascinante, e un po’ preoccupante, è che l’effetto non è lo stesso per la pioggerellina media, quella che magari ci bagna un po’ ma non fa troppi danni, rispetto agli eventi estremi, quelli che ci lasciano a bocca asciutta per mesi o, al contrario, ci sommergono d’acqua. Oggi voglio portarvi con me in un viaggio per capire meglio queste dinamiche, basandomi su ricerche scientifiche fresche fresche.

Ma cosa c’entra il suolo con la pioggia?

Forse vi starete chiedendo: “Ma che legame c’è tra un campo di soia e un temporale?”. Beh, il legame è più stretto di quanto si pensi! Quando modifichiamo il paesaggio, alteriamo un sacco di cose:

  • L’energia superficiale: un campo arato riflette la luce solare in modo diverso da una foresta fitta.
  • I flussi d’acqua: le piante “sudano” (evapotraspirazione) e rilasciano umidità nell’aria; meno piante, meno “sudore”.
  • La circolazione atmosferica su larga scala: sì, avete capito bene, cambiare il suolo in un posto può influenzare i venti e le correnti d’aria anche a distanza!

Tutti questi fattori, messi insieme, possono letteralmente cambiare le carte in tavola per quanto riguarda le precipitazioni.

Pioggia media vs. Pioggia estrema: non sono la stessa cosa!

Qui viene il bello. Gli studi ci dicono che, in generale, i cambiamenti nell’uso del suolo tendono a far diminuire la pioggia media a livello globale. Questo succede sia guardando al passato recente (tipo gli ultimi vent’anni) sia proiettandoci nel futuro (fine secolo). Le cause principali? Principalmente due: una riduzione dell’evapotraspirazione (meno vegetazione = meno vapore acqueo rilasciato) e modifiche nella circolazione atmosferica media. Queste due forze sembrano contribuire in egual misura alla diminuzione generale delle piogge.

Ma quando andiamo a vedere cosa succede durante i periodi più critici, come il mese più secco dell’anno (quello che gli scienziati chiamano “top drying month”), la storia cambia, e parecchio! Immaginatevi la sorpresa nello scoprire che la riduzione delle piogge in questi periodi estremi è circa 2-3 volte maggiore rispetto alla riduzione media annuale. Un calo notevole, che può fare la differenza tra una stagione un po’ arida e una vera e propria emergenza siccità.

E indovinate un po’ qual è il fattore che domina la scena in questi casi estremi? Non è più l’evapotraspirazione a farla da padrona, ma la dinamica della circolazione media (quel famoso δMCD che indica il cambiamento nella circolazione atmosferica). È lei la vera star quando si tratta di guidare la diminuzione delle piogge estreme nella maggior parte del pianeta. Questo ci dice che le alterazioni dei grandi “fiumi d’aria” indotte dai cambiamenti del suolo hanno un peso enorme, soprattutto quando le condizioni sono già al limite.

Fotografia paesaggistica, grandangolo 15mm, che mostra un'area di foresta pluviale tropicale parzialmente deforestata con evidenti segni di conversione a terreni agricoli. Luce del tardo pomeriggio che accentua le texture del terreno e della vegetazione residua, messa a fuoco nitida, lunga esposizione per nuvole leggermente mosse.

Uno sguardo al passato: la deforestazione e i suoi effetti

Se guardiamo al periodo storico tra il 1995 e il 2014, la caratteristica principale dei cambiamenti nell’uso del suolo è stata la conversione di vegetazione naturale (foreste e altre aree selvatiche) in pascoli e terreni coltivati. Pensate alle immense aree disboscate ai tropici o nelle medie latitudini. Questo tipo di cambiamento ha portato a:

  • Un aumento dell’albedo superficiale (il terreno riflette più sole).
  • Una riduzione dell’area fogliare (meno foglie = meno traspirazione).
  • Una diminuzione della profondità delle radici.

Tutti fattori che tendono a far diminuire l’evapotraspirazione e, di conseguenza, le precipitazioni. Le zone più colpite da questa riduzione dell’indice di area fogliare (LAI) sono state l’America Centrale, l’Asia Centrale, il Sud America sudorientale e le regioni costiere dell’Australia, ma anche aree densamente popolate come l’Est del Nord America, l’Europa, la Cina Orientale e il Sud-Est Asiatico.

In queste aree deforestate dei tropici, nella Cina Orientale, nell’Est del Nord America e in parti dell’Australia Occidentale, la pioggia media storica è diminuita di oltre 2 mm al mese a causa dei LULCC. E nel mese più secco? Preparatevi: la risposta globale delle piogge ai LULCC è stata una diminuzione di 1.07 mm al mese, quasi il triplo rispetto alla media! Regioni come l’Amazzonia, parti dell’Africa tropicale, l’Est del Nord America e la Cina Orientale hanno visto cali superiori ai 6 mm al mese. E ancora una volta, il fattore dominante in queste situazioni estreme è stato il cambiamento nella circolazione atmosferica (δMCD), il cui contributo è stato quasi il doppio di quello dell’evapotraspirazione (δET).

Curiosamente, nel mese più piovoso (“top wetting month”), a livello globale si è visto un leggero aumento delle piogge (0.24 mm/mese), principalmente in Cina Orientale, Nord Europa e Australia Sudorientale. Anche qui, però, il δMCD è stato il fattore trainante nella maggior parte delle regioni.

E cosa ci riserva il futuro?

Proiettandoci verso la fine del XXI secolo (2080-2099), gli scenari indicano che la deforestazione futura, specialmente nelle aree tropicali e nell’Est del Nord America, continuerà a ridurre la pioggia media globale (circa 0.25 mm/mese), con cali superiori ai 2 mm/mese nelle regioni più intensamente trasformate. In alcune aree dell’Africa tropicale, l’evapotraspirazione (δET) giocherà un ruolo importante, ma in molte altre regioni l’influenza della circolazione atmosferica (δMCD) sarà preponderante.

E per i periodi di siccità estrema? La musica non cambia, anzi. Si prevede che nel mese più secco le piogge diminuiranno di oltre 4 mm al mese in Africa tropicale, Cina Orientale, Europa Meridionale ed Est del Nord America. A livello globale, la diminuzione prevista è di 0.62 mm al mese. Proprio come nel passato, il δMCD sarà il principale colpevole nella maggior parte delle aree terrestri, spiegando gran parte della variazione delle piogge. Il suo contributo sarà nettamente superiore a quello dell’evapotraspirazione.

Visualizzazione concettuale, stile fotorealistico, che mostra correnti d'aria anomale (rappresentate da scie luminose o particelle colorate) che si muovono su una mappa satellitare di una regione specifica (es. Est della Cina o Africa tropicale) dove si prevede una forte deforestazione. L'immagine dovrebbe suggerire l'alterazione dei pattern di vento. Obiettivo zoom 35mm, profondità di campo per mettere a fuoco le correnti anomale.

Anche nel mese più piovoso del futuro, il δMCD manterrà una forte correlazione con i cambiamenti delle precipitazioni, molto più dell’evapotraspirazione, sebbene i loro contributi medi globali possano essere simili.

Perché la circolazione atmosferica è così importante?

Abbiamo visto che i cambiamenti nella circolazione atmosferica (δMCD) sono cruciali, specialmente per gli estremi. Ma come funziona? Semplificando, i cambiamenti nell’uso del suolo modificano l’albedo (quanto la superficie riflette il sole), il che a sua volta può alterare la pressione atmosferica. Queste variazioni di pressione possono generare anomalie nella circolazione, cambiando la velocità dei venti e la quantità di vapore acqueo trasportato in specifiche aree. Risultato? Cambiamenti nelle precipitazioni.

Nei mesi più secchi, queste alterazioni della pressione e della circolazione sono più marcate rispetto alla media, specialmente nelle medie e alte latitudini dell’emisfero settentrionale (circa 2-3 volte maggiori). Ad esempio, in Cina Orientale, i LULCC possono causare anomalie nei venti da nord, riducendo il trasporto di vapore acqueo e portando a minori precipitazioni. Queste dinamiche spiegano perché l’impatto dei LULCC sia così amplificato durante gli eventi estremi.

Implicazioni socio-economiche: non è solo una questione di millimetri di pioggia

Tutto questo discorso scientifico ha delle conseguenze molto concrete sulla nostra vita e sulle nostre economie. Gli impatti socio-economici dei cambiamenti nelle piogge estreme indotti dai LULCC sono maggiori di quelli legati alle variazioni della pioggia media, specialmente guardando al futuro.
Gli studi hanno analizzato la percentuale di popolazione e di Prodotto Interno Lordo (PIL) che risiede in regioni dove l’impatto dei LULCC sulle piogge è “notevole” (cioè, dove i LULCC spiegano almeno il 40% del cambiamento totale delle piogge, considerando anche il cambiamento climatico generale).

I risultati sono illuminanti:

  • Nella maggior parte dei paesi analizzati, l’impatto dei LULCC nel mese più secco è stato maggiore rispetto a quello sulla media.
  • A livello globale, circa il 30% delle terre emerse ha risentito notevolmente dei LULCC sulla pioggia media, ma questa percentuale sale quasi al doppio se consideriamo il mese più secco!
  • Paesi come il Giappone e l’Indonesia, essendo nazioni insulari, sono risultati particolarmente sensibili.
  • Guardando al futuro, si prevede che le differenze tra l’impatto sulla media e quello sul mese più secco saranno ancora più grandi. Per circa la metà dei paesi selezionati, si stima che oltre il 50% della popolazione vivrà in regioni con impatti notevoli dei LULCC sulle piogge.

Questi dati ci fanno capire che sottovalutare l’effetto dei LULCC, specialmente sugli estremi, potrebbe portarci a brutte sorprese in termini di sicurezza idrica, agricoltura e gestione dei disastri.

Qualche parola sulla scienza dietro a tutto questo

Queste scoperte non nascono dal nulla, ma si basano su complessi esperimenti di modellazione climatica, in particolare quelli del progetto CMIP6-LUMIP. Gli scienziati hanno utilizzato sette diversi modelli climatici per confrontare scenari con e senza l’influenza dei cambiamenti nell’uso del suolo, sia per il passato che per il futuro. Hanno poi “smontato” i cambiamenti delle precipitazioni usando l’equazione del bilancio idrico per identificare i contributi dei vari fattori (evapotraspirazione, circolazione atmosferica, e un terzo fattore termodinamico legato all’umidità specifica, δTH, che però è risultato meno influente a livello globale).

Certo, come in ogni campo della scienza, ci sono delle incertezze. I modelli possono dare risposte leggermente diverse, e la rappresentazione dei dati sull’uso del suolo, specialmente quelli storici, non è perfetta. Tuttavia, la coerenza dei risultati tra i vari modelli, soprattutto per quanto riguarda il ruolo predominante della circolazione atmosferica negli estremi, ci dà una buona dose di fiducia in queste conclusioni.

Cosa ci portiamo a casa?

Il messaggio chiave è piuttosto diretto: quando pensiamo agli impatti dei cambiamenti nell’uso del suolo sul clima, non dobbiamo limitarci a guardare le medie. Gli effetti sugli eventi estremi, come i periodi di forte siccità o, al contrario, di piogge torrenziali (anche se questo studio si è concentrato di più sulla siccità), possono essere molto più pronunciati e avere conseguenze socio-economiche ben più gravi.
La circolazione atmosferica, quella grande “regista” dei movimenti dell’aria, sembra essere particolarmente sensibile a come trattiamo il nostro suolo, e le sue reazioni si fanno sentire soprattutto quando il gioco si fa duro, cioè durante gli estremi.

Questa consapevolezza è fondamentale, sia per capire meglio gli impatti climatici del passato, sia per pianificare strategie future di gestione del territorio che possano mitigare i rischi. Perché, alla fine, prenderci cura del nostro suolo significa anche prenderci cura del nostro clima e, quindi, di noi stessi.

Fonte: Springer

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