Fotografia in stile reportage di un team medico multidisciplinare (MDT) composto da chirurghi, oncologi, radiologi e infermieri in camice, riuniti in una sala moderna e luminosa. Stanno osservando attentamente una scansione polmonare su un grande schermo. Atmosfera di collaborazione e concentrazione. Obiettivo 35mm, luce naturale filtrata da una finestra, profondità di campo media.

Team Multidisciplinare e Tumore al Polmone: La Svolta Chirurgica che Cambia le Regole

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che sta davvero cambiando il modo in cui affrontiamo una delle sfide più grandi della medicina moderna: il tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC). Sappiamo tutti che il cancro al polmone è ancora oggi una delle principali cause di morte per tumore nel mondo occidentale. Ma la buona notizia è che negli ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante, sia nelle diagnosi che nelle terapie. E una delle chiavi di volta di questo progresso è un approccio che definirei “corale”: la valutazione multidisciplinare.

Cos’è un Team Multidisciplinare (MDT) e Perché è Fondamentale?

Immaginate un tavolo attorno al quale siedono diverse figure mediche specializzate: oncologi, chirurghi toracici, pneumologi, radioterapisti, patologi, radiologi, medici nucleari, specialisti in cure palliative e persino un infermiere “case manager” che coordina il tutto. Questo è un Team Multidisciplinare (MDT). Si riuniscono regolarmente, condividono informazioni sui pazienti e decidono insieme il percorso migliore, dalla diagnosi al trattamento.

Perché è così importante? Beh, il NSCLC è una malattia complessa. Le decisioni non si basano più solo sullo stadio della malattia o sulle condizioni del paziente, ma anche sulla biologia specifica del tumore, sull’espressione di certi biomarcatori. Capite bene che mettere insieme tante teste esperte permette di:

  • Aumentare l’accuratezza della diagnosi e della stadiazione (cioè capire quanto è esteso il tumore).
  • Seguire più fedelmente le linee guida internazionali basate sull’evidenza scientifica.
  • Facilitare l’accesso ai trattamenti più appropriati e innovativi.
  • Aumentare l’arruolamento dei pazienti in studi clinici.
  • Indirizzare più facilmente verso le cure di supporto quando necessario.

Insomma, si tratta di creare un percorso davvero “su misura” per ogni singolo paziente. Le linee guida internazionali, infatti, raccomandano caldamente questo approccio.

L’Esperienza Reale: Uno Studio sul Campo

Ora, entriamo nel vivo di un’esperienza concreta, quella riportata in uno studio condotto presso il Policlinico Tor Vergata. I ricercatori hanno voluto vedere nero su bianco quale fosse l’impatto dell’introduzione di un MDT dedicato al tumore polmonare. Hanno messo a confronto i pazienti operati per NSCLC (sospetto o confermato) dopo l’attivazione dell’MDT (da gennaio 2023 a settembre 2024) con quelli operati nei 21 mesi precedenti, quando la valutazione era affidata principalmente al team di chirurgia toracica. Parliamo di quasi 500 pazienti in totale, divisi quasi a metà tra il gruppo “MDT” e il gruppo “pre-MDT”. L’obiettivo primario? Verificare se la valutazione clinica pre-operatoria corrispondesse meglio allo stadio patologico finale (quello definito dopo l’analisi del tessuto asportato) nel gruppo MDT.

Risultato N.1: Meno Sorprese Dopo l’Intervento (Stadiazione Più Precisa)

Ebbene sì, i risultati parlano chiaro. Nel gruppo seguito dall’MDT, la concordanza tra stadio clinico e stadio patologico è stata nettamente superiore. Solo nel 3,1% dei casi c’è stata una discrepanza (il cosiddetto up-staging o down-staging), contro il 10,7% nel gruppo pre-MDT. Una differenza statisticamente significativa (p<0.001)! In particolare, i casi di upstaging (cioè quando il tumore si rivela più avanzato di quanto si pensasse) sono stati molto meno frequenti nel gruppo MDT (solo 4 casi contro 18, p=0.003).

Cosa significa questo? Significa che la valutazione multidisciplinare permette una stadiazione pre-operatoria più accurata. Probabilmente, come suggeriscono gli autori, grazie a una revisione più attenta delle immagini da parte di radiologi dedicati e all’implementazione della stadiazione mediastinica pre-operatoria (con tecniche come l’ecografia endobronchiale – EBUS) da parte degli pneumologi interventisti. Questo evita di portare in sala operatoria pazienti che potrebbero beneficiare maggiormente di trattamenti neoadiuvanti (cioè fatti prima dell’intervento).

Fotografia realistica di un team medico multidisciplinare (chirurgo, oncologo, radiologo, pneumologo) riunito attorno a un tavolo luminoso in una sala conferenze moderna. Stanno discutendo animatamente, indicando immagini di scansioni polmonari su grandi schermi ad alta definizione. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sui volti concentrati, illuminazione controllata dall'alto.

Risultato N.2: Meno Interventi “Inutili”

Un altro dato che mi ha colpito: dopo l’introduzione dell’MDT, si è registrata una riduzione significativa degli interventi chirurgici eseguiti per lesioni che poi, all’esame istologico definitivo, si sono rivelate benigne (dal 30,2% al 18,8%, p=0.003). Allo stesso modo, sono diminuiti gli interventi eseguiti solo a scopo diagnostico in pazienti con malattia già avanzata (dal 30,2% al 21,3%, p=0.048).

Pensateci un attimo: questo vuol dire che l’MDT, grazie a una valutazione più approfondita delle immagini e alla possibilità di stabilire collettivamente follow-up personalizzati, riesce a “filtrare” meglio i casi, evitando operazioni non necessarie o riservando la chirurgia diagnostica solo quando strettamente indispensabile. Questo libera risorse in sala operatoria per gli interventi con intento curativo.

Risultato N.3: Più Chirurgia Curativa e Diagnosi Precoci

E qui arriva un’altra bella notizia. Nei pazienti operati con intento curativo, l’introduzione dell’MDT ha portato a un aumento significativo delle diagnosi in stadio precoce (p=0.003). Addirittura, tra i pazienti in stadio I (il più iniziale), si è visto un netto incremento dei tumori piccolissimi (pT1a, dal 2,5% al 15,1%) e una contemporanea riduzione di quelli leggermente più grandi (pT2a, dal 46,2% al 23,8%). Questo suggerisce che la revisione collegiale delle immagini permette di cogliere cambiamenti minimi nei noduli polmonari, portando a diagnosi più tempestive. Inoltre, nel gruppo MDT si è osservato un tasso significativamente più alto di resezioni anatomiche (lobectomie e segmentectomie, considerate più radicali dal punto di vista oncologico) rispetto alle resezioni atipiche (wedge resection).

I Vantaggi Vanno Oltre i Numeri

L’esperienza di Tor Vergata ci dice che l’MDT non è solo un vantaggio per i pazienti, ma anche per i chirurghi stessi. Non ha ridotto il numero di candidati alla chirurgia, anzi! Ha aumentato il numero di resezioni anatomiche e di interventi con finalità curativa. Come mai? Probabilmente grazie a una migliore valutazione pre-operatoria complessiva. Ad esempio, l’introduzione del test da sforzo cardiopolmonare da parte degli pneumologi ha permesso di portare in sala operatoria, in sicurezza, anche pazienti “marginali” che prima sarebbero stati considerati non idonei. E non sottovalutiamo un aspetto: condividere la decisione in un team protegge anche il chirurgo dal punto di vista medico-legale, specialmente nei casi borderline.

Questi risultati confermano quanto già emerso in letteratura. Diversi studi hanno mostrato come i pazienti discussi in MDT abbiano una maggiore probabilità di ricevere una stadiazione clinica completa, una riduzione delle decisioni di “non trattamento attivo”, un aumento del ricorso alla chirurgia e, in ultima analisi, una migliore sopravvivenza globale.

Immagine macro ad alta definizione di una scansione TC polmonare visualizzata su uno schermo medicale avanzato in una sala radiologica con illuminazione controllata. Si nota un nodulo sospetto evidenziato nel lobo superiore destro. Messa a fuoco precisa sul nodulo, alta risoluzione dei dettagli anatomici. Obiettivo macro 100mm.

Sfide e Prospettive Future

Ovviamente, non è tutto oro quello che luccica. Nonostante i benefici siano innegabili, ancora oggi una percentuale non trascurabile di pazienti (fino al 40% in alcuni contesti) non viene discussa in MDT, creando disparità nell’accesso alle cure. Fattori come l’età avanzata, lo stadio metastatico, le cattive condizioni generali o la provenienza da ospedali più piccoli possono ridurre la probabilità di essere valutati collegialmente. Inoltre, ci sono sfide organizzative: decisioni dell’MDT modificate da singoli medici, difficoltà nel raggiungere un consenso o nell’implementare le decisioni, pressione temporale, carico di lavoro eccessivo, dinamiche di gruppo non ottimali. Addirittura, uno studio ha mostrato una concordanza non perfetta tra diversi MDT nella valutazione degli stessi casi fittizi.

Tirando le Somme

L’esperienza del Policlinico Tor Vergata, pur con i limiti di uno studio retrospettivo su un singolo centro e con un follow-up ancora breve per valutare la sopravvivenza a lungo termine, aggiunge un tassello importante. Dimostra concretamente come l’introduzione di un team multidisciplinare porti a una migliore appropriatezza chirurgica: più precisione nella stadiazione, meno interventi non necessari o puramente diagnostici, più resezioni curative e in stadi più precoci.

Possiamo dire che l’MDT si conferma uno strumento potentissimo, un vero standard di alta qualità nella gestione dei pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule. È un approccio che mette davvero il paziente al centro, sfruttando al massimo le competenze disponibili per offrirgli il percorso migliore possibile. Certo, ci sono aspetti da migliorare e diffondere in modo più capillare, ma la direzione intrapresa è senza dubbio quella giusta. Serviranno ulteriori studi, magari prospettici e randomizzati, per confermare questi dati e valutare l’impatto sulla sopravvivenza a lungo termine, ma il messaggio è forte e chiaro: l’unione fa la forza, anche e soprattutto quando si combatte contro il cancro.

Fonte: Springer

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