Anoressia: Il Peso e l’Etnia Cambiano Davvero Come la Vediamo? Uno Sguardo Profondo
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha fatto davvero riflettere. Siamo abituati a pensare all’anoressia nervosa (AN) in un modo molto specifico, quasi stereotipato: spesso immaginiamo una ragazza giovane, bianca, molto magra, magari proveniente da un contesto socio-economico elevato. Ma quanto c’è di vero in questa immagine? E, soprattutto, quanto questa immagine influenza il modo in cui percepiamo chi soffre di disturbi alimentari, magari senza rientrare perfettamente in questo “identikit”?
Mi sono imbattuto in uno studio affascinante, una replica e un’estensione di una ricerca precedente (Varnado-Sullivan et al., 2020), che ha cercato di capire proprio questo: come il peso corporeo e l’appartenenza etnica di una persona influenzano la nostra percezione della sua anoressia, lo stigma associato (sia quello legato alla salute mentale che quello legato al peso), e quanto pensiamo che abbia bisogno di cure o che la sua condizione sia grave.
Lo Studio: Come Hanno Fatto?
I ricercatori hanno fatto una cosa molto interessante. Hanno reclutato 336 partecipanti online e, dopo aver raccolto informazioni sulle loro esperienze e attitudini pregresse verso le malattie mentali, li hanno divisi casualmente. A ogni gruppo è stata presentata una breve storia (una “vignetta”, in gergo tecnico) che descriveva una donna di nome Susan con sintomi di anoressia nervosa. La genialata? Hanno manipolato due variabili chiave nella storia:
- L’etnia di Susan: Poteva essere descritta come Bianca o Nera.
- Il peso di Susan: Poteva essere descritta come “sottopeso” (rientrando quindi nei criteri classici per l’AN) o come “obesa” (presentando quindi un quadro più simile all’Anoressia Atipica, AAN, dove ci sono tutti i sintomi dell’AN tranne il basso peso corporeo, magari dopo una significativa perdita di peso).
Dopo aver letto la storia, ai partecipanti è stato chiesto di esprimere le loro opinioni su Susan: quanto stigma associavano alla sua condizione mentale, quanto stigma legato al suo peso percepivano, quanto pensavano fosse grave la sua situazione e quanto credessero avesse bisogno di cure (questa è la cosiddetta “alfabetizzazione sulla salute mentale”). L’ipotesi di partenza era che le vignette raffiguranti donne Nere e/o con peso maggiore avrebbero generato più stigma e una minore percezione della gravità e del bisogno di cure.
Il Peso Conta, Eccome! Ma in Modi Inaspettati
E qui arriva il bello. I risultati hanno mostrato chiaramente che il peso della persona descritta nella vignetta ha avuto un impatto significativo su come veniva percepita. Ma attenzione, non sempre come ci si aspetterebbe!
Per quanto riguarda lo stigma sulla salute mentale, le donne descritte come più pesanti sono state percepite, controintuitivamente, come più simpatiche (likable) e più intelligenti, ma anche come meno abili nelle relazioni interpersonali. Un quadro complesso, no?
Ma è sull’alfabetizzazione sulla salute mentale che l’effetto del peso è stato più netto e, purtroppo, in linea con le preoccupazioni iniziali. Quando Susan era descritta come “sottopeso”, i partecipanti tendevano a giudicare i suoi problemi come:
- Più seri
- Più angoscianti
- Un problema più grande in generale
- Sufficientemente gravi da richiedere un trattamento
- Meno probabili da risolversi da soli
In pratica, la stessa sintomatologia veniva percepita come meno grave e meno bisognosa di intervento quando la persona era descritta come “obesa”. Questo è un campanello d’allarme enorme! Conferma quello che molte ricerche suggeriscono: le persone con disturbi alimentari restrittivi ma che non sono clinicamente sottopeso (come nell’Anoressia Atipica) rischiano di essere prese meno sul serio, sia dal pubblico che, purtroppo, a volte anche dai professionisti sanitari. Pensate alle conseguenze: diagnosi mancate o ritardate, minor supporto da amici e familiari, difficoltà nell’accesso alle cure. Spesso, la loro perdita di peso viene addirittura lodata, mascherando un problema psicologico grave.

E l’Etnia? La Situazione è Più Sfumata
Contrariamente alle ipotesi iniziali, basate sulla letteratura esistente che evidenzia bias razziali nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi alimentari, lo studio non ha trovato un effetto significativo principale dell’etnia di Susan (Bianca vs. Nera) sullo stigma per la salute mentale, sullo stigma per il peso o sulla percezione della gravità del problema, almeno non in modo isolato.
Questo risultato mi ha sorpreso, lo ammetto. Sappiamo che storicamente la ricerca e la clinica si sono concentrate molto sulle donne bianche, portando a sottodiagnosticare questi disturbi nelle minoranze etniche e razziali. Le donne appartenenti a minoranze hanno spesso meno probabilità di ricevere una diagnosi o un trattamento, magari perché i loro sintomi si manifestano diversamente, per barriere di accesso alle cure, o per pregiudizi e razzismo nel sistema sanitario.
Il Colpo di Scena: L’Interazione tra Peso ed Etnia
Ma la storia non finisce qui. Lo studio ha rivelato qualcosa di ancora più complesso: un’interazione significativa tra peso ed etnia, in particolare per quanto riguarda lo stigma legato al peso e per due specifici aspetti dello stigma sulla salute mentale (“determinata” – driven, e “disciplinata”).
E indovinate un po’? L’interazione non ha confermato l’ipotesi che la donna Nera e “obesa” fosse la più stigmatizzata. Anzi! I risultati suggeriscono che le percezioni più negative (in termini di stigma sul peso) si sono concentrate sulla donna Bianca descritta come “obesa” e sulla donna Nera descritta come “sottopeso”.
Cosa ci dice questo? Sembra quasi che lo stigma si acuisca quando una persona non “aderisce” agli stereotipi che la società ha costruito: ci si aspetta (erroneamente) che l’anoressia colpisca solo le donne bianche e magre, e forse c’è uno stereotipo diverso (altrettanto dannoso) per i corpi delle donne Nere. Quando la realtà sfida questi preconcetti (una donna bianca con anoressia ma non sottopeso, una donna nera sottopeso con anoressia), scatta una reazione di stigma più forte. È come se dicessimo: “Questo non dovrebbe succedere a *te*”. Una riflessione amara su quanto i nostri pregiudizi siano radicati e specifici.

Perché Tutto Questo è Importante?
Questo studio, pur con i suoi limiti (come l’uso di vignette scritte invece che, magari, video più realistici), ci lancia un messaggio potente. Ci dice che la nostra percezione dei disturbi alimentari è tutt’altro che oggettiva. È pesantemente influenzata da bias legati al peso e, in modi più complessi e intersecati, anche dall’etnia.
Questi bias hanno conseguenze reali:
- Sottodiagnosi e ritardi nel trattamento: Specialmente per chi soffre di Anoressia Atipica o appartiene a gruppi minoritari.
- Mancanza di supporto: Le persone potrebbero non ricevere l’incoraggiamento necessario a cercare aiuto da amici, familiari o persino medici.
- Rinforzo degli stereotipi: Continuare a pensare all’anoressia solo in un certo modo impedisce di vedere e aiutare chi non rientra in quello schema.
È fondamentale che tutti noi – pubblico, professionisti della salute, media – diventiamo più consapevoli di questi pregiudizi. L’anoressia, in tutte le sue forme, è una malattia grave con altissimi tassi di morbilità e mortalità, indipendentemente dal peso sulla bilancia o dal colore della pelle.
Guardando Avanti
La ricerca futura dovrà continuare a esplorare queste intersezioni, magari usando metodi diversi, includendo altre identità (orientamento sessuale, identità di genere) e contesti culturali. Capire l’origine di questi stigma è il primo passo per poterli smantellare e garantire a tutti un accesso equo alle cure e al supporto.
Insomma, la prossima volta che pensiamo ai disturbi alimentari, sforziamoci di guardare oltre gli stereotipi. La sofferenza non ha un peso o un colore prestabilito.
Fonte: Springer
