Farmacologia: Amore o Odio? Come la Percezione e le Strategie di Studio Fanno la Differenza per Noi Studenti di Farmacia
Ammettiamolo, chi di noi, studiando farmacia, non ha avuto un rapporto di amore-odio con la farmacologia? È quella materia che sta lì, imponente, a fare da ponte tra le scienze biomediche di base e l’applicazione clinica vera e propria. Un vero e proprio pilastro, insomma. Ma vi siete mai chiesti quanto il nostro modo di vederla, di percepirne l’importanza, possa davvero influenzare come la studiamo e, alla fine, i nostri voti? Io sì, e a quanto pare non sono l’unico!
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante condotto all’Università di Gondar, che ha cercato di mettere nero su bianco proprio questo: come la percezione della farmacologia e le strategie di apprendimento che adottiamo noi studenti di farmacia impattino sul nostro rendimento accademico, anno dopo anno. E non solo, hanno anche verificato se il questionario che hanno usato fosse affidabile, il che, diciamocelo, non è scontato.
Lo Studio: Cosa Hanno Combinato i Ricercatori?
Allora, questi ricercatori hanno coinvolto 210 colleghi, dal secondo al quinto anno, tra giugno e agosto 2024. Hanno distribuito un questionario strutturato, fatto apposta per capire un po’ di cose su di noi: dati anagrafici, certo, ma soprattutto come vediamo la farmacologia, quali trucchetti usiamo per studiarla e, ovviamente, come ce la caviamo con gli esami. Hanno poi preso tutti questi dati e li hanno analizzati con SPSS (sì, quel programma che a volte ci fa sudare freddo!), usando statistiche descrittive e inferenziali, tipo correlazioni di Pearson e analisi di regressione multipla. Hanno persino controllato la coerenza interna del questionario con l’alpha di Cronbach, che è risultato bello alto (0.85), quindi possiamo fidarci dei risultati.
Il campione era abbastanza bilanciato, con un 57.1% di maschi (120) e un 42.9% di femmine (90). L’età variava, ma la maggior parte dei partecipanti (42.9%) aveva tra i 21 e i 23 anni.
Strategie di Studio: “Capire a Fondo” Batte “Imparare a Memoria”
E qui viene il bello. È emerso che, in generale, noi studenti tendiamo a usare di più le strategie di apprendimento profondo (quelle che ci portano a capire davvero i concetti, a collegarli, ad applicarli) rispetto a quelle di apprendimento superficiale (il classico “imparo a memoria per l’esame e poi chissà”). I punteggi medi erano 3.75 per l’apprendimento profondo contro 2.85 per quello superficiale. E questa, lasciatemelo dire, è una buona notizia!
Ma la cosa ancora più interessante è la correlazione con i risultati accademici. C’è una forte correlazione positiva (r = 0.72, p < 0.01) tra il successo accademico e l'uso di strategie di apprendimento profondo. Insomma, chi si sforza di capire veramente la farmacologia, va meglio. Sorpresi? Io no! Al contrario, le strategie di apprendimento superficiale hanno mostrato una correlazione negativa (r = -0.34, p < 0.01). Tradotto: mandare a memoria senza capire, alla lunga, non paga.
Anche la percezione che abbiamo della farmacologia gioca un ruolo: c’è una correlazione positiva moderata (r = 0.56, p < 0.01) tra il rendimento e una buona percezione della materia. Se la vediamo come utile e importante per la nostra futura carriera, siamo più motivati e, a quanto pare, otteniamo risultati migliori. E indovinate un po'? Chi usa strategie profonde tende anche ad avere una percezione migliore della farmacologia (r = 0.45, p < 0.01), mentre chi si affida a un approccio superficiale tende a vederla un po' meno di buon occhio (r = -0.25, p < 0.05).
Ma Cambia Qualcosa con gli Anni?
I ricercatori hanno anche usato l’ANOVA per vedere se ci fossero differenze nell’uso delle strategie di studio tra i vari anni di corso. Ebbene sì! Per l’apprendimento profondo, ci sono differenze significative (F = 5.23, p = 0.002). Sembra che gli studenti del secondo anno (media 3.80) e del quarto (media 3.85) usino un po’ di più queste strategie rispetto a quelli del terzo (3.70) e soprattutto del quinto (3.60). Forse all’inizio siamo più “freschi” e motivati a capire a fondo, e al quarto anno la vicinanza alla laurea e l’integrazione delle conoscenze spingono in quella direzione? Mentre al quinto, magari, la stanchezza e la mole di studio portano a cercare scorciatoie?
Per l’apprendimento superficiale, la tendenza è quasi inversa: i punteggi più alti li hanno gli studenti del quinto anno (media 3.10), mentre quelli del secondo anno i più bassi (2.70). Questo potrebbe confermare l’ipotesi che, con l’avvicinarsi della fine e l’aumento del carico, si tenda un po’ di più a “ottimizzare” lo sforzo, magari a scapito della profondità.
La farmacologia, come sappiamo, non è una passeggiata. Richiede di collegare le scienze di base con l’applicazione clinica. Se la vediamo come un insieme di nozioni da memorizzare, rischiamo di perdere il filo e di non apprezzarne la bellezza e l’utilità. Invece, approcciarla con la voglia di capire i meccanismi, di vedere come un farmaco agisce e perché, non solo ci aiuta a superare gli esami, ma ci prepara davvero a essere dei buoni farmacisti.
Altri Fattori in Gioco: Età, Genere e Percezione
L’analisi di regressione multipla ha tirato fuori altri dettagli interessanti su cosa predice il nostro successo accademico. L’età conta: gli studenti tra i 21 e i 23 anni (B = 0.35, p = 0.004) e quelli sopra i 24 anni (B = 0.50, p = 0.007) tendono ad avere performance migliori. Forse una maggiore maturità o motivazione?
Anche il genere sembra avere un ruolo, con i colleghi maschi che mostrano un effetto positivo più marcato sul rendimento (B = 0.40, p = 0.001) rispetto alle colleghe femmine, per le quali la relazione è più debole e non significativa. Questo è un dato su cui riflettere, magari legato a stili di apprendimento diversi o a livelli di confidenza.
E, come già accennato, la percezione della farmacologia è un pezzo da novanta. Credere nella sua rilevanza clinica (B = 0.45, p = 0.001), nell’impatto sulla carriera (B = 0.30, p = 0.003), essere coinvolti nello studio della materia (B = 0.35, p = 0.002), avere una buona autoefficacia (B = 0.40, p = 0.001) e capire l’importanza generale della farmacologia (B = 0.50, p = 0.001) sono tutti fattori che spingono verso l’alto i nostri voti.
Infine, l’anno accademico: come è logico aspettarsi, gli studenti più avanti nel percorso, quelli del quarto (B = 0.40, p = 0.001) e del quinto anno (B = 0.50, p = 0.001), mostrano associazioni positive significative con il rendimento. Hanno accumulato più conoscenze e, si spera, una comprensione più profonda.
Cosa Ci Portiamo a Casa?
Questo studio, secondo me, ci dice cose molto importanti. Primo, che il modo in cui affrontiamo lo studio della farmacologia fa una differenza enorme. Sforzarci di capire veramente, invece di memorizzare passivamente, non solo ci aiuta a prendere voti migliori, ma ci forma come professionisti più competenti. Secondo, che la nostra percezione della materia è cruciale. Se i docenti riescono a trasmetterci la sua importanza clinica, la sua rilevanza per il nostro futuro, saremo più motivati e otterremo risultati migliori.
Certo, lo studio ha i suoi limiti: è trasversale (cioè fotografa la situazione in un momento preciso, senza seguire gli studenti nel tempo), è stato condotto in una sola università e si basa su dati auto-riferiti. Però, le indicazioni sono chiare.
Per noi studenti, il messaggio è: investiamo tempo nell’apprendimento profondo. Cerchiamo di collegare i concetti, di capire i “perché”, di visualizzare i meccanismi d’azione. Per i docenti e le università, l’invito è a promuovere queste strategie, magari con metodi didattici più interattivi, basati su casi clinici, che facciano emergere la rilevanza pratica della farmacologia. E, perché no, a monitorare come cambiano le nostre strategie e percezioni nel corso degli anni, per intervenire se necessario.
In fondo, la farmacologia è il cuore della nostra professione. Imparare ad amarla, o almeno a capirla profondamente, è il primo passo per diventare i farmacisti competenti e preparati di cui i pazienti hanno bisogno. E se nel frattempo prendiamo anche bei voti, tanto meglio, no?
Fonte: Springer