Immagine subacquea di una prateria di macrofite lacustri (Characeae) in acque limpide, con i raggi del sole che filtrano dalla superficie, obiettivo grandangolare 24mm per catturare l'ambiente, messa a fuoco precisa sulle piante in primo piano, colori vividi del verde delle piante e del blu dell'acqua.

Le Onde delle Barche Minacciano le “Culle” Verdi dei Nostri Laghi?

Amici appassionati di natura e laghi, vi siete mai chiesti cosa succede davvero sotto il pelo dell’acqua quando sfreccia una barca a motore? Io sì, e recentemente ho approfondito un aspetto affascinante e un po’ preoccupante: l’impatto idraulico delle onde generate dalle imbarcazioni sulle primissime, delicate fasi di vita delle piante acquatiche, le cosiddette macrofite.

Pensateci un attimo: i laghi non sono solo specchi d’acqua per il nostro divertimento, ma ecosistemi complessi che ci offrono un sacco di “servizi” gratuiti, inclusa la possibilità di fare attività ricreative. E il canottaggio, o più in generale la navigazione da diporto, è una di queste. Però, come spesso accade, le nostre attività possono avere conseguenze inaspettate.

Le “Vittime” Silenziose: le Macrofite Lacustri

Le macrofite, quelle piante che vediamo crescere rigogliose sotto la superficie o lungo le rive, sono fondamentali. Creano habitat, ossigenano l’acqua, la depurano, e sono la base di catene alimentari complesse. Ma cosa succede quando le onde delle barche, soprattutto quelle piccole e veloci, iniziano a “schiaffeggiare” continuamente le zone dove queste piante cercano di mettere radici e crescere?

Nel mio recente interesse, mi sono concentrato su uno studio specifico condotto sul lago Wörthersee, in Austria. Qui, specie importanti come le Characeae (simili ad alghe più evolute) e la Najas intermedia hanno mostrato un declino preoccupante. E indovinate un po’? Nello stesso periodo, il numero di licenze per barche a motore è aumentato a dismisura, soprattutto dopo l’introduzione delle barche elettriche intorno al 2000. Una coincidenza? Forse no.

È interessante notare che in una zona del lago dove è stata installata una nuova barriera frangiflutti, la Najas intermedia ha mostrato segni di ripresa. Questo ci ha fatto drizzare le antenne!

L’Indagine: Onde, Semi e Sedimenti

L’idea di base, o meglio, le nostre ipotesi, erano due:

  • Le onde generate dalle piccole imbarcazioni disturbano la riproduzione delle Characeae e della Najas intermedia direttamente, smuovendo le loro “uova” (le oospore per le Characeae) e i semi, impedendo loro di germogliare tranquillamente.
  • Indirettamente, queste stesse onde potrebbero risollevare i sedimenti fini dal fondo, intorbidendo l’acqua, riducendo la luce per le piante e alterando le condizioni generali dell’habitat.

Per capirci qualcosa, abbiamo usato un approccio combinato. Da un lato, abbiamo modellato le onde tipiche prodotte da piccole imbarcazioni – parliamo di altezze d’onda tra i 5 e i 30 centimetri e periodi di 1-3 secondi. Sembrano piccole, vero? Ma vedremo che possono fare la differenza. Dall’altro, abbiamo raccolto campioni di sedimento da diverse zone e profondità del lago Wörthersee (tra 0.8 e 2.2 metri) per cercare le oospore e analizzare la composizione del fondale.

Abbiamo anche dovuto determinare le caratteristiche fisiche di queste oospore e semi, come dimensioni e densità, per capire quanto facilmente potessero essere “spazzate via”. Per le oospore, le abbiamo misurate al microscopio e ne abbiamo calcolato la densità con un metodo ingegnoso usando soluzioni zuccherine a concentrazione crescente. Per i semi di Najas intermedia, ci siamo basati su dati di letteratura.

Fotografia macro di delicate oospore di Characeae e semi di Najas intermedia adagiati su un substrato di fine sedimento lacustre, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli, obiettivo macro 100mm, alta definizione.

Cosa Abbiamo Scoperto: Effetti Diretti e Indiretti

I risultati sono stati piuttosto eloquenti. I nostri modelli hanno indicato che gli scenari di onde massime (quelle da 0.30 m) possono smuovere oospore e semi fino a una profondità di 3.75 metri! Anche gli scenari di onde moderate, che immaginiamo essere più frequenti, possono mobilizzare queste particelle riproduttive tra 0.75 e 2.25 metri di profondità.

E qui arriva il bello: questi dati teorici si sposano benissimo con quello che abbiamo trovato nei campioni reali! Ben il 95% delle oospore è stato rinvenuto in campioni prelevati a profondità uguali o superiori ai 2 metri. Questo suggerisce che nelle zone più superficiali, dove queste piante dovrebbero prosperare, le oospore vengono continuamente disturbate e forse trasportate più al largo o in profondità, interrompendo il processo di germinazione e ostacolando il recupero delle popolazioni.

Immaginate queste minuscole “speranze di vita” che cercano di attecchire, e ogni due per tre arriva un’onda a scombussolare tutto. Non è facile così!

E l’effetto indiretto? Le onde delle piccole imbarcazioni possono effettivamente rimettere in sospensione una frazione significativa dei sedimenti fini, specialmente in laghi con fondali prevalentemente fangosi o sabbiosi. Questo può aumentare la torbidità, riducendo la luce che arriva alle piante, e alterare la disponibilità di nutrienti. Tuttavia, nel caso specifico del Wörthersee, l’analisi della granulometria dei sedimenti nei siti campionati ha mostrato variazioni minime con la profondità, suggerendo che, almeno in quei punti, la ridistribuzione dei sedimenti su larga scala da parte delle onde delle piccole barche è limitata. Non abbiamo neanche trovato una correlazione significativa tra l’abbondanza di oospore e la dimensione dei granelli di sedimento.

Quindi, sembra che l’impatto principale, almeno per queste specie e in questo contesto, sia proprio la messa in moto diretta delle oospore e dei semi.

Implicazioni per i Nostri Laghi

Questi risultati, seppur basati su un caso studio e su modelli semplificati (la realtà delle onde è sempre più complessa!), ci dicono una cosa importante: l’aumento del traffico di piccole imbarcazioni nei laghi potrebbe essere un fattore chiave, finora un po’ trascurato, nel declino di alcune specie di macrofite nelle acque basse. E questo ha implicazioni enormi per la gestione delle attività ricreative.

Le zone superficiali, diciamo fino a 3.75 metri, sono cruciali perché rientrano nella zona fotica (dove arriva abbastanza luce per la fotosintesi) e rappresentano l’habitat principale per molte macrofite. Nel Wörthersee, che è un lago relativamente profondo, l’area con profondità inferiore a 3.75 metri è circa il 6% della superficie totale. Ma se pensiamo alla zona dove effettivamente cresce la vegetazione (fino a una media di 7.5 metri), ben il 70% di quest’area potrebbe essere influenzata da questi processi di mobilizzazione!

Le aree meno profonde, specialmente quelle sotto i 2 metri, sono particolarmente vulnerabili perché basta un’attività ondosa moderata per smuovere tutto. La continua mobilizzazione impedisce alle particelle riproduttive di stabilizzarsi e germogliare. Inoltre, le correnti interne del lago, indipendenti dalle onde delle barche, possono trasportare queste particelle in zone più profonde, inadatte alla crescita.

Veduta grandangolare di un lago alpino come il Wörthersee, con piccole imbarcazioni da diporto che navigano in lontananza, obiettivo grandangolare 18mm, lunga esposizione per rendere l'acqua setosa ma con scie di barche visibili, cielo parzialmente nuvoloso, montagne sullo sfondo.

Un altro aspetto interessante è che questo continuo “rimescolamento” potrebbe favorire specie che si riproducono principalmente per frammentazione, come il Myriophyllum spicatum (il comune millefoglio d’acqua). Se i frammenti sono più resistenti o si disperdono più efficacemente in queste condizioni rispetto a semi e oospore, le onde delle barche potrebbero, involontariamente, facilitare la diffusione di alcune specie a scapito di altre. E infatti, nel Wörthersee si è osservato un aumento significativo proprio del Myriophyllum spicatum.

Certo, il nostro studio ha delle limitazioni. Abbiamo usato una teoria delle onde semplificata, non abbiamo considerato l’interazione complessa di più treni d’onda o la specifica batimetria di ogni singola riva. I risultati sono quindi da considerarsi una stima conservativa. Inoltre, ogni lago è una storia a sé, con venti dominanti, tipi di imbarcazioni e usi specifici. Altri fattori, come il cambiamento climatico o l’immissione di pesci, possono giocare un ruolo. Tuttavia, il meccanismo che abbiamo identificato è plausibile e fornisce una base importante per future ricerche e, soprattutto, per decisioni di gestione più consapevoli.

Cosa Portiamo a Casa?

La morale della favola è che anche le attività che ci sembrano più innocue, come un giro in barca sul lago, possono avere effetti a catena sull’ecosistema. Le onde generate dalle piccole imbarcazioni possono disturbare seriamente le fasi iniziali di vita delle macrofite, sia direttamente smuovendo semi e oospore, sia indirettamente alterando l’habitat. Questo è particolarmente vero per le zone meno profonde, cruciali per la sopravvivenza di queste piante.

Considerando i molteplici stress a cui sono sottoposti i nostri ecosistemi acquatici, quantificare questo impatto, finora un po’ sottovalutato, può essere un passo importante per definire aree protette più efficaci e prendere decisioni gestionali basate su solide evidenze scientifiche. Forse, la prossima volta che vedremo una barca sfrecciare vicino a una riva ricca di vegetazione, ci penseremo due volte agli equilibri delicati che si celano sotto la superficie.

Fonte: Springer

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