Immagine simbolica dell'impatto della deindustrializzazione e del COVID-19 su una comunità australiana: una strada deserta in una cittadina industriale al crepuscolo, con le luci delle case accese ma poche persone visibili. Wide-angle lens, 20mm, long exposure, atmosfera malinconica ma con un barlume di speranza, colori freddi con accenti caldi dalle finestre.

Australia: Quando la Fabbrica Chiude e il Mondo si Ferma – Un Tesoro di Dati Rivela Tutto!

Ciao a tutti! Avete presente quelle notizie che sembrano lontane, che parlano di crisi economiche in posti sperduti del globo? Beh, a volte quelle storie hanno molto da insegnarci, soprattutto quando qualcuno si prende la briga di andare a fondo, di raccogliere dati, di ascoltare le persone. E oggi voglio parlarvi proprio di una di queste “avventure” accademiche, una che ci porta dritti dritti in Australia, un paese che, come tanti altri, ha dovuto fare i conti con cambiamenti epocali.

Sto parlando di un dataset pazzesco, frutto di una collaborazione tra diverse università, che ha messo sotto la lente d’ingrandimento gli effetti della deindustrializzazione – pensate alla chiusura di intere fabbriche automobilistiche tra il 2016 e il 2017 – e, come se non bastasse, l’arrivo della pandemia di COVID-19. Un doppio colpo mica da ridere per le comunità locali!

Un Paese in Trasformazione: La Fine di un’Era

Immaginatevi la scena: per settant’anni, l’Australia ha prodotto automobili. Un’industria fiorente, un sacco di posti di lavoro. Poi, nel giro di pochi anni, colossi come Ford, General Motors Holden e Toyota annunciano la chiusura degli stabilimenti. Boom! Un vero e proprio terremoto. Certo, hanno dato un preavviso di tre anni, hanno lanciato programmi di riconversione per i lavoratori e aiuti per le aziende dell’indotto, finanziati dal governo australiano, dai governi statali di Victoria e South Australia, e persino dalle case automobilistiche stesse. Ma cosa succede davvero alle persone, alle famiglie, alle comunità quando un pilastro economico del genere crolla? E soprattutto, come percepiscono la gestione di una crisi così grande da parte dei loro leader?

Ecco, è qui che entra in gioco questo studio. Perché, vedete, si sa abbastanza degli effetti materiali di uno shock economico, ma molto meno di come la gente comune vive questi cambiamenti, di cosa pensa di chi dovrebbe guidarla attraverso la tempesta. Questo dataset, raccolto nel 2021, cerca proprio di colmare questo vuoto, offrendoci una fotografia dettagliata delle percezioni delle comunità colpite, sia quelle immediatamente attorno agli ex stabilimenti, sia quelle delle grandi città vicine, come Adelaide e Melbourne.

Due Crisi, Una Lente d’Ingrandimento

La cosa super interessante è che la raccolta dati è avvenuta in un momento cruciale: abbastanza tardi per vedere gli effetti a lungo termine della chiusura delle fabbriche, ma nel bel mezzo della crisi sanitaria del COVID-19. Questo ha permesso ai ricercatori di analizzare come le comunità, già provate da uno shock economico, abbiano reagito al secondo. Una specie di “stress test” sociale, se vogliamo.

Il progetto di ricerca più ampio, chiamato “Future work, future communities: the impacts of industry restructuring”, è una vera e propria miniera d’oro, finanziato dall’Australian Research Council e con contributi aggiuntivi dal governo australiano e da quello del South Australia. Si articola in quattro filoni:

  • Un sondaggio longitudinale di cinque anni sui lavoratori licenziati.
  • Interviste qualitative approfondite per capire le loro esperienze.
  • Sondaggi sulle preferenze dichiarate per esplorare le decisioni dei lavoratori nel mercato del lavoro.
  • E, appunto, il sondaggio sulla comunità da cui proviene il dataset di cui vi parlo oggi.

L’obiettivo? Capire il ruolo dei leader durante i periodi di crisi e ristrutturazione industriale. E con 1.755 risposte raccolte, direi che hanno un bel po’ di materiale su cui lavorare!

Veduta aerea di un'ex area industriale dismessa in Australia, con capannoni vuoti e strade deserte, al tramonto. Wide-angle lens, 15mm, long exposure per enfatizzare la desolazione, colori desaturati tendenti al seppia e al grigio.

Come Hanno Fatto? Metodologia e Dettagli Tecnici

Per raccogliere tutte queste preziose informazioni, i ricercatori hanno usato un doppio metodo: interviste telefoniche assistite da computer (le famose CATI) e reclutamento online. Questo per massimizzare il numero di risposte. Le interviste telefoniche sono state gestite da una società di consulenza, EY Sweeney, che ha anche aiutato a rifinire il questionario. La parte online, invece, è stata curata direttamente dal team di ricerca.

Alla fine, hanno ottenuto 943 risposte dalle popolazioni metropolitane generali di Adelaide e Melbourne e 812 risposte dalle regioni direttamente colpite dalla chiusura degli impianti. Queste regioni “colpite” sono state scelte in base alla vicinanza agli stabilimenti chiusi, ai dati sulla residenza dei lavoratori licenziati e, diciamocelo, anche un po’ all’esperienza sul campo dei ricercatori. Mica male come approccio, no?

Il questionario era bello tosto. Si indagava sulla percezione della leadership e della crescita economica locale negli ultimi cinque anni (dal 2016 al 2021). Inizialmente doveva concentrarsi solo sulla chiusura delle fabbriche automobilistiche, ma poi, saggiamente, hanno aggiunto domande sul COVID-19 per avere un quadro completo delle impressioni della comunità sulla gestione del cambiamento durante tutto il periodo. Fondamentale, no? Soprattutto per capire come le regioni già “ferite” abbiano affrontato la pandemia.

Il Cervello Dietro l’Operazione: Un Quadro Teorico Solido

Non si sono buttati allo sbaraglio, eh! Dietro c’è un quadro teorico che collega la “geografia delle opportunità” alla leadership. In pratica, si parte dall’idea che le opportunità non sono distribuite a caso, ma dipendono dal luogo, dal tempo e dalle persone. E i leader locali hanno un ruolo cruciale nell’identificare queste opportunità e nel mobilitare risorse per sfruttarle, anche quando le cose si mettono male.

I ricercatori hanno identificato tre dimensioni dello “spazio delle opportunità”:

  • Spazio delle opportunità specifico per il tempo: cosa è possibile fare in un dato momento, considerando istituzioni, conoscenze e risorse globali e locali.
  • Spazio delle opportunità specifico per la regione: cosa è possibile fare date le condizioni locali (capitale umano, industrie, sistema di innovazione, ecc.).
  • Spazio delle opportunità specifico per l’agente: le opportunità devono essere percepite e colte, quindi conta la capacità dei singoli attori di fare la differenza.

Quindi, non si tratta solo di aspettare che le opportunità piovano dal cielo o vengano distribuite centralmente. I leader locali devono essere bravi a scovarle e a superare i vincoli istituzionali e finanziari. Lo studio si è quindi concentrato su chi sono questi leader (imprenditori innovativi, imprenditori istituzionali, leader di luogo), come agiscono e come influenzano le loro comunità, senza però dimenticare l’impatto delle micro-decisioni di tanti altri attori.

Il loro schema concettuale, che potete immaginare come uno spazio tridimensionale, analizza le intersezioni tra discorso (come si parla del cambiamento), agenzia (la capacità di agire) e opportunità. Un modo affascinante per collegare le azioni umane e le narrazioni alla geografia delle regioni.

Ritratto di un leader comunitario australiano, uomo di mezza età, espressione pensierosa ma determinata, in un ufficio semplice durante una videochiamata. Prime lens, 35mm, depth of field, luce naturale da una finestra laterale, duotone blu e grigio.

Cosa Chiedevano Esattamente?

Il questionario era progettato per capire chi la gente considerasse leader locali, quali fossero secondo loro i motori della crescita economica nella loro comunità, e l’impatto della chiusura delle fabbriche e del COVID-19 sull’economia, sulla fiducia nei leader e sulla loro vita personale. Ovviamente, hanno raccolto anche dati demografici sui rispondenti.

La raccolta dati è iniziata con un periodo pilota il 13 settembre 2021, per poi riprendere a pieno regime dal 27 settembre fino al 21 ottobre 2021. Per le interviste telefoniche, hanno chiamato dal lunedì al venerdì pomeriggio/sera e durante il weekend, per beccare un po’ tutte le fasce di popolazione. Chi rispondeva online, invece, poteva farlo quando preferiva. E c’erano pure degli incentivi: 40 dollari australiani per chi rispondeva al telefono! Il tempo medio per completare un’intervista telefonica era di 28-29 minuti, ma alcuni, specialmente nel Victoria che aveva subito lockdown lunghissimi (ben 512 giorni!), si sono dilungati anche per 50 minuti. Segno, forse, di un grande bisogno di raccontare e condividere, vista l’esperienza di isolamento.

Un Tesoro Accessibile (con Cautela)

E la parte migliore? Questo enorme dataset è ora disponibile! Si trova presso l’Australian Data Archive (ADA). Esistono due versioni: una “sensibile” e una “non sensibile”. Quella sensibile contiene dati geografici e dettagli sul paese di nascita dei partecipanti. Per proteggere la privacy e minimizzare il rischio di re-identificazione, l’accesso a questa parte è più controllato. Anche per la parte non sensibile bisogna registrarsi, ma la procedura è più snella. Questo per assicurarsi che tutti i ricercatori rispettino i termini d’uso.

I dati sono stati puliti e validati con cura, sia le risposte telefoniche che quelle online, prima separatamente e poi una volta uniti. Hanno controllato la logica delle risposte, la correttezza dei valori, il formato dei dati e, ovviamente, hanno anonimizzato tutto, specialmente le risposte testuali libere. Un lavorone, ma necessario per garantire la qualità e l’etica della ricerca.

Quindi, se siete ricercatori, policymaker, o semplicemente curiosi di capire meglio come le comunità reagiscono e si adattano a shock così potenti, questo dataset australiano è una risorsa incredibile. Ci ricorda che dietro i grandi numeri e le statistiche ci sono storie, percezioni e, soprattutto, la capacità umana di affrontare il cambiamento, con tutte le sue sfide e le sue (a volte nascoste) opportunità.

Primo piano di un ricercatore che analizza dati su un computer portatile, con grafici e tabelle visibili sullo schermo. Macro lens, 85mm, high detail, precise focusing sulla tastiera e sullo schermo, illuminazione controllata da ufficio.

È un esempio lampante di come la ricerca possa fornire strumenti concreti per comprendere il presente e, speriamo, costruire un futuro migliore per le comunità che si trovano ad affrontare trasformazioni difficili. Chissà quante lezioni preziose potremo trarre da questi dati!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *