COVID e Obitori: L’Impatto Nascosto della Pandemia Svelato da uno Studio Tedesco
Ragazzi, pensavamo di aver visto e sentito tutto sul COVID-19, vero? Dalle mascherine ai lockdown, passando per l’impatto devastante sugli ospedali. Ma vi siete mai chiesti cosa succedeva *dopo*, quando purtroppo una persona veniva a mancare? Ho messo le mani su uno studio tedesco affascinante, pubblicato su *Scientific Reports* (Nature), che getta una luce inaspettata su un aspetto spesso trascurato: l’impatto della pandemia sulle ammissioni dei defunti in un grande istituto di medicina legale ad Amburgo. E credetemi, i risultati sono piuttosto sorprendenti.
Un’occhiata dietro le quinte della medicina legale
Prima di tuffarci nei dati, capiamo un attimo il contesto. In Germania, quando una persona muore, un medico deve eseguire un esame esterno per accertare il decesso e valutarne causa e modalità (morte naturale, non naturale o incerta). Se la morte non è chiaramente naturale, scatta un’indagine di polizia. Ad Amburgo, in particolare, tutti i defunti per cui non è stata certificata una morte naturale vengono trasportati all’Istituto di Medicina Legale per un secondo esame più approfondito da parte di un patologo forense. Questo istituto funge anche da obitorio per l’ospedale universitario locale e svolge autopsie di vario tipo (cliniche, forensi, private, amministrative – queste ultime anche a fini di ricerca, come nel caso del COVID-19).
Durante la pandemia, l’istituto di Amburgo ha sistematicamente testato per il SARS-CoV-2 tutti i corpi ammessi e ha eseguito oltre 330 autopsie su casi positivi, contribuendo in modo significativo a capire meglio questa nuova malattia. Ma lo studio si è concentrato su un’altra domanda: come è cambiato il *flusso* di ammissioni a causa della pandemia, rispetto al periodo precedente (dal 2018 a metà 2023)?
Numeri che parlano: più decessi a casa e in case di riposo
Allora, cosa hanno scoperto i ricercatori analizzando i dati con modelli statistici capaci di distinguere l’effetto “pandemia” da un normale andamento temporale? Beh, prima di tutto, il numero totale di ammissioni mensili è aumentato durante la pandemia, con picchi evidenti durante la prima ondata e le successive stagioni invernali.
Ma il dato più interessante riguarda il *luogo* del decesso. C’è stato un aumento significativo delle ammissioni di persone decedute:
- Presso il proprio domicilio (indirizzi residenziali). Sorprendentemente, questo aumento sembra essere trainato principalmente da casi negativi al SARS-CoV-2.
- In case di riposo e strutture di assistenza. Qui, invece, c’era una sovrarappresentazione significativa di casi positivi al SARS-CoV-2.
Al contrario, sono diminuite le ammissioni dall’ospedale universitario (dove si trova l’istituto) e, inizialmente, quelle di corpi trovati in spazi pubblici (anche se poi questo dato è leggermente risalito dopo la fine dei lockdown).
Il dilemma del medico: meno visite a domicilio?
Qui arriva il punto cruciale che mi ha fatto riflettere. L’aumento delle ammissioni da casa e case di riposo non è stato accompagnato da un aumento delle autopsie forensi richieste dalle autorità. Anzi, la percentuale di corpi ammessi per cui non è stata ordinata alcuna autopsia è aumentata significativamente durante la pandemia.
Cosa ci dice questo? L’ipotesi più forte, suggerita dagli stessi ricercatori, è che i medici di base siano diventati meno disponibili o propensi a effettuare l’esame esterno sul luogo del decesso, specialmente le visite a domicilio. Immaginate la situazione: un medico di emergenza, che spesso non conosce la storia clinica del defunto, difficilmente può certificare una morte come “naturale”. Emette quindi un certificato preliminare con causa “incerta”. Ad Amburgo, questo significa trasporto automatico all’istituto di medicina legale per un secondo esame forense, anche senza sospetti di reato.
Sembra che la riluttanza a fare visite a domicilio, acuita durante i lockdown (uno studio citato parla di un dimezzamento delle visite a domicilio e in case di riposo da parte dei medici di base nella fase iniziale), sia persistita anche dopo la fase acuta della pandemia. Un effetto “abitudine” che ha sovraccaricato l’istituto di casi che, in tempi normali, forse non sarebbero arrivati lì.
Povertà e luoghi pubblici: un’inversione inaspettata
Lo studio ha anche analizzato l’impatto della povertà (misurata come percentuale di famiglie che ricevono sussidi pubblici nel quartiere). E qui c’è un altro dato curioso.
- Per i decessi a domicilio o in case di riposo, la povertà del quartiere non ha influenzato significativamente il numero di ammissioni, né prima né durante la pandemia. L’aumento ha riguardato quartieri ricchi e poveri allo stesso modo.
- Per i corpi trovati in spazi pubblici, invece, c’è stata un’inversione di tendenza. Prima della pandemia, un livello di povertà più alto nel quartiere corrispondeva a un aumento significativo delle ammissioni da spazi pubblici. Durante la pandemia, questo effetto è scomparso, anzi si è leggermente invertito. È come se la pandemia avesse agito da “equalizzatore” in questo specifico contesto, forse per cambiamenti nelle dinamiche sociali durante i lockdown. Interessante, no?
Autopsie: meno richieste “standard”, più ricerca e richieste private
Come accennato, la percentuale generale di autopsie è diminuita. Ma quali tipi sono calati e quali aumentati?
- Calo significativo (percentuale): Autopsie forensi richieste dalle autorità di Amburgo, autopsie cliniche (richieste dall’ospedale) e quelle richieste dalle assicurazioni.
- Aumento significativo (percentuale): Autopsie “amministrative” (spesso per ricerca, come quelle sul COVID-19 ordinate dalle autorità sanitarie, trainate dai casi positivi) e autopsie “private” (richieste dai familiari, trainate da casi negativi).
L’aumento delle autopsie private potrebbe essere legato, secondo gli autori che citano reportage USA, al fatto che con il sistema sanitario sotto pressione, i familiari cercassero risposte in modo indipendente, magari influenzati anche dalla maggiore attenzione mediatica sulle autopsie durante la pandemia.
L’età conta: un focus sugli anziani
Infine, l’età. L’analisi ha mostrato un aumento significativo delle ammissioni nella fascia d’età 85+ anni, un effetto direttamente collegato alla pandemia e non solo a un trend preesistente. Questo riflette sia la maggiore mortalità da COVID-19 negli anziani, sia il fenomeno già discusso: più anziani che muoiono a casa o in strutture e che finiscono all’istituto di medicina legale perché manca la certificazione medica iniziale. Per quanto riguarda il sesso, la maggioranza delle ammissioni è maschile (tipico in contesti forensi per via di morti non naturali più frequenti negli uomini), ma non ci sono state variazioni significative nel rapporto maschi/femmine durante la pandemia.
Cosa ci portiamo a casa?
Questo studio tedesco ci offre uno spaccato davvero unico. Ci dice che la pandemia non ha solo aumentato la mortalità, ma ha anche modificato profondamente le pratiche legate alla gestione post-mortem, almeno ad Amburgo. La causa principale sembra essere un cambiamento nel comportamento dei medici di base, con una persistente riduzione delle visite a domicilio per la certificazione dei decessi. Questo ha portato a un sovraccarico degli istituti di medicina legale con casi “incerti” ma non necessariamente sospetti dal punto di vista criminologico.
È un effetto collaterale della pandemia a cui forse non avevamo pensato, ma che ha avuto e, a quanto pare, continua ad avere conseguenze concrete sul lavoro di patologi forensi e sulla gestione degli obitori. Un’altra tessera nel complesso mosaico degli impatti a lungo termine del COVID-19 sulla nostra società e sui nostri sistemi sanitari.
Fonte: Springer