COVID-19 e Dialisi Cronica in Francia: Un Viaggio tra Onde, Vaccini e Impatti Inaspettati
Ragazzi, la pandemia di COVID-19 ci ha travolti tutti, vero? Un’onda anomala che ha messo a soqquadro le nostre vite e, soprattutto, i sistemi sanitari. Ma avete mai pensato a come l’hanno vissuta le persone già alle prese con sfide di salute importanti, come chi dipende dalla dialisi cronica? Io sì, e oggi voglio raccontarvi cosa è emerso da uno studio osservazionale pazzesco condotto in Francia, che ha seguito decine di migliaia di pazienti in dialisi (li chiameremo CDR, Chronic Dialysis Recipients) e li ha confrontati con persone senza problemi renali ma con caratteristiche simili (età, sesso, diabete, malattie cardiovascolari…). L’obiettivo? Capire come la pandemia abbia cambiato le carte in tavola per loro, tra ondate virali, campagne vaccinali e accesso ai trapianti.
Il Sogno del Trapianto Messo in Pausa
Una delle prime cose che questo studio, basato sui dati nazionali francesi (il database SNDS, che copre quasi tutta la popolazione!), ha messo in luce è l’impatto sui trapianti di rene. Sapete, per molti pazienti in dialisi, il trapianto è la luce in fondo al tunnel. Bene, durante tutto il periodo pandemico (da marzo 2020 a fine 2022), la probabilità di ricevere un trapianto per i CDR è stata significativamente più bassa rispetto al periodo pre-pandemia (2015-febbraio 2020). Pensate che, in generale, la probabilità è scesa del 28%!
La botta più dura? Durante la primissima ondata (marzo-maggio 2020). Lì, ricevere un trapianto è diventato quasi un miraggio, con una riduzione drastica della probabilità (un incredibile -84%!). Ma la cosa interessante è che questa difficoltà si è protratta, seppur in misura minore, anche durante le ondate successive e persino nei periodi “inter-onda”.
E c’è un altro dettaglio non da poco: chi aveva avuto una forma grave di COVID-19, tanto da richiedere l’ospedalizzazione, vedeva ridursi ulteriormente le sue chance di trapianto (un ulteriore -29% rispetto a chi non era stato ricoverato per COVID). Questo ci suggerisce due cose: da un lato, l’impatto “secondario” della pandemia, cioè la riorganizzazione e lo stress del sistema sanitario che ha colpito tutti i pazienti in attesa; dall’altro, un impatto “primario”, legato forse alle conseguenze a lungo termine dell’infezione stessa su chi l’aveva contratta in forma severa.

Sopravvivenza: Luci e Ombre tra le Ondate
Passiamo a un tasto dolente: la mortalità. Complessivamente, durante il periodo pandemico, il rischio di morte per i pazienti in dialisi è leggermente aumentato rispetto a prima (+8%). Ma qui la storia si complica e diventa fondamentale distinguere.
Se guardiamo ai pazienti in dialisi che *non* hanno avuto bisogno di ricovero per COVID-19, il loro rischio di morte durante la pandemia è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al periodo pre-pandemico. Questo è un dato importante: suggerisce che, nonostante tutto, gli sforzi per proteggere questa popolazione vulnerabile dall’impatto “secondario” della crisi (come la difficoltà di accesso alle cure ordinarie) sembrano aver funzionato, almeno in termini di sopravvivenza generale.
Il vero dramma si è consumato per chi ha contratto il COVID-19 in forma grave. Per i pazienti in dialisi ricoverati per COVID, il rischio di morte è schizzato alle stelle, diventando quasi 3.5 volte più alto rispetto a chi non era stato ricoverato! Un dato impressionante, che sottolinea la pericolosità diretta del virus per questa popolazione.
Analizzando poi l’andamento nel tempo, emerge un altro pattern chiaro: il rischio di morte aumentava significativamente durante le ondate pandemiche (la prima, la seconda e la terza definite nello studio). Parliamo di un aumento del 19% durante la prima e la seconda ondata, e del 12% durante la terza, rispetto al periodo pre-pandemia. Nei periodi tra un’ondata e l’altra, invece, il rischio tornava simile a quello pre-pandemico (con una leggera diminuzione solo nel primo inter-wave).
La cosa forse più sorprendente? Questo aumento del rischio durante le ondate è stato osservato in modo molto simile anche nel gruppo di controllo (le persone senza malattia renale). Questo suggerisce che l’eccesso di mortalità durante le fasi acute della pandemia non era specifico della malattia renale in sé, ma legato a fattori più generali di vulnerabilità (come età, altre comorbidità) condivisi da entrambi i gruppi, amplificati dalla virulenza delle ondate.
Vaccini: Un’Arma Potente, Ma l’Adesione ai Booster Cala
E i vaccini? In Francia, la campagna è partita a fine dicembre 2020, con accesso facilitato per i pazienti in dialisi. I risultati iniziali sono stati incoraggianti: a fine 2022, quasi il 90% dei CDR aveva ricevuto le prime due dosi. Un’ottima copertura!
Tuttavia, l’entusiasmo sembra essere scemato con le dosi successive. La copertura per la terza dose (primo booster) è scesa all’82%, e quella per la quarta dose (secondo booster) si è fermata al 54%. Un calo notevole, ancora più marcato nel gruppo di controllo. Le ragioni? Lo studio non può dirlo con certezza (potrebbero entrarci fattori come la percezione del rischio, la “stanchezza” vaccinale, o le indicazioni stesse che suggerivano di posticipare il booster dopo un’infezione recente), ma il dato è lì.
Ed è un peccato, perché i risultati sull’efficacia sono chiarissimi. Ricevere dosi aggiuntive di vaccino (booster) è risultato associato a un rischio significativamente più basso sia di finire in ospedale per COVID-19, sia di morire per qualsiasi causa. Vediamo qualche numero per i CDR:
- Passare da 1 a 2 dosi: Rischio ospedalizzazione COVID -63%, Rischio morte -9%.
- Passare da 2 a 3 dosi (1° booster): Rischio ospedalizzazione COVID -34%, Rischio morte -45%.
- Passare da 3 a 4 dosi (2° booster): Rischio ospedalizzazione COVID -17%, Rischio morte -12%.
Risultati molto simili sono stati trovati anche nel gruppo di controllo. Insomma, i booster hanno fatto la differenza, anche contro varianti come Omicron che dominava nel 2022.

Cosa Ci Portiamo a Casa?
Questo studio francese, pur con i limiti di un’analisi osservazionale (non si possono stabilire cause certe al 100% e mancano dati clinici dettagliati), ci offre uno spaccato prezioso e basato su dati reali e nazionali. Ci dice che la pandemia ha avuto un impatto multiforme sui pazienti in dialisi cronica:
- Ha ridotto l’accesso ai trapianti, soprattutto all’inizio e per chi aveva avuto il COVID grave.
- Ha aumentato la mortalità principalmente a causa diretta dell’infezione da SARS-CoV-2 (impatto primario), mentre l’impatto secondario sulla sopravvivenza generale sembra essere stato più contenuto.
- L’eccesso di mortalità durante le ondate non era esclusivo dei pazienti renali, ma colpiva i soggetti vulnerabili in generale.
- I vaccini, inclusi i booster, si sono dimostrati efficaci nel ridurre ospedalizzazioni e decessi, ma l’adesione alle dosi aggiuntive è calata.
Questi risultati sottolineano quanto fosse cruciale proteggere questi pazienti, ma anche quanto sia importante continuare a promuovere le campagne vaccinali, soprattutto i richiami, spiegandone i benefici. E ci ricordano che, di fronte a crisi sanitarie così vaste, le persone con malattie croniche pagano spesso un prezzo più alto, non solo per la malattia stessa, ma anche per le ripercussioni sul sistema che dovrebbe curarle. Una lezione da non dimenticare per il futuro.
Fonte: Springer
