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Raffinerie e Aria Pulita: Vi Svelo il Nemico Invisibile Chiamato COV

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che tocca le nostre vite ogni giorno, anche se spesso non ce ne rendiamo conto: le raffinerie di petrolio. Certo, sono fondamentali, trasformano il greggio in benzina, diesel, e un sacco di altri prodotti utili. Pensate che nel 2023 il mercato globale valeva circa 1.76 trilioni di dollari! Un gigante economico, non c’è dubbio. Ma c’è un rovescio della medaglia, un lato oscuro che riguarda l’aria che respiriamo. Sto parlando dei Composti Organici Volatili, o COV (VOCs in inglese).

Ma cosa sono questi COV e perché dovremmo preoccuparcene?

Immaginate delle sostanze chimiche organiche che evaporano facilmente nell’aria, anche a temperatura ambiente. Ecco, quelli sono i COV. Il problema è che non se ne stanno lì buoni buoni. Nell’atmosfera, specialmente quando c’è il sole, reagiscono con altri inquinanti come gli ossidi di azoto (NOx) e danno vita all’ozono troposferico, uno dei principali componenti dello smog. Avete presente quella cappa fastidiosa che a volte opprime le nostre città? Ecco, i COV contribuiscono a crearla.

Ma non finisce qui. Respirare aria carica di ozono non fa affatto bene: può causare problemi respiratori, peggiorare l’asma e ridurre la funzionalità polmonare. Alcuni COV, come il benzene, sono stati classificati addirittura come cancerogeni di Gruppo 1 dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). Significa che ci sono prove solide che aumentano il rischio di cancro negli esseri umani. Terribile, vero?

In più, i COV contribuiscono alla formazione del particolato fine (PM2.5), quelle polveri sottilissime che possono penetrare profondamente nei polmoni e nel sangue, causando problemi cardiovascolari e infezioni polmonari. E come se non bastasse, giocano un ruolo anche nel cambiamento climatico, influenzando la formazione degli Aerosol Organici Secondari (SOA). Questi aerosol modificano la riflettività delle nuvole e i modelli di precipitazione. Insomma, un bel pasticcio per l’ambiente e la nostra salute.

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Uno sguardo dentro la raffineria: da dove arrivano i COV?

Recentemente mi sono imbattuto in uno studio molto interessante, pubblicato su *Scientific Reports* (trovate il link alla fine!), che ha cercato di fare luce proprio su questo: da dove vengono esattamente i COV emessi dalle raffinerie? I ricercatori hanno analizzato una raffineria nel est della Thailandia, misurando le emissioni da quattro fonti principali:

  • Emissioni fuggitive: perdite non intenzionali da valvole, pompe, connettori, ecc.
  • Terminali di commercializzazione: emissioni durante il caricamento dei prodotti su camion cisterna o vagoni ferroviari.
  • Serbatoi di stoccaggio: dove vengono conservati greggio, prodotti intermedi e finiti.
  • Unità di trattamento delle acque reflue (WTU): dove vengono trattate le acque contaminate dal processo.

E sapete qual è stata la scoperta principale? Tenetevi forte: i serbatoi di stoccaggio sono risultati essere la fonte primaria di COV, contribuendo per ben l’88,2% del totale delle emissioni stimate (che nello studio ammontavano a 1132,1 tonnellate all’anno!). I principali “colpevoli” chimici? Principalmente alcani come pentano (41,1%), ciclopentano (28,0%) e cicloesano (5,4%), dovuti soprattutto all’evaporazione dei prodotti stoccati.

Non solo serbatoi: attenzione alle acque reflue!

Ma attenzione, anche le unità di trattamento delle acque reflue (WTU) non scherzano. Sebbene contribuiscano “solo” per l’8,5% del totale dei COV, sono la fonte principale (fino al 94%!) di due composti particolarmente preoccupanti: il toluene e il benzene. Ricordate? Il benzene è quello classificato come cancerogeno certo. Questo perché durante il trattamento delle acque, questi composti tendono a passare facilmente dalla fase liquida a quella gassosa. Quindi, anche se i serbatoi emettono di più in volume totale, le WTU richiedono un’attenzione particolare per il tipo di inquinanti rilasciati.

Lo studio ha identificato i 10 COV più abbondanti, che insieme costituivano oltre il 96% delle emissioni totali. Oltre a quelli già citati, troviamo propene, isobutene, esano, metil vinil chetone (MVK), m/p-xilene, toluene e metil tert-butil etere (MTBE).

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Come si diffondono nell’ambiente? E cosa sono gli SOA?

Ovviamente, questi composti non restano confinati vicino alla raffineria. Utilizzando modelli di dispersione atmosferica come l’AERMOD (un modello sviluppato dall’EPA americana), i ricercatori hanno simulato come i COV si diffondono nell’area circostante, tenendo conto del vento e delle caratteristiche del terreno. Come prevedibile, le concentrazioni maggiori si trovano sottovento rispetto alla raffineria.

Lo studio ha verificato le concentrazioni di COV in alcuni punti sensibili vicino all’impianto (come zone residenziali, scuole, ospedali). La buona notizia è che, in quei punti, le concentrazioni medie giornaliere dei 10 COV principali non superavano i limiti di riferimento per la salute (RfC). Ma qui arriva la parte più subdola: gli Aerosol Organici Secondari (SOA).

Come accennavo prima, i COV reagiscono nell’atmosfera formando queste particelle finissime. Lo studio ha calcolato il potenziale di formazione di SOA per i COV emessi, usando un metodo chiamato SOAP (Secondary Organic Aerosol Potential). E indovinate quale composto è risultato essere il principale precursore di SOA in quell’area? Proprio il toluene, emesso in gran parte dalle unità di trattamento delle acque reflue.

La cosa preoccupante è che, mentre i livelli dei singoli COV potevano essere sotto i limiti, le concentrazioni stimate di SOA in alcuni punti superavano gli standard giornalieri per il PM2.5 (che in Thailandia, come riferimento, è 37.5 µg/m³)! Questo significa che anche se non respiriamo direttamente livelli “pericolosi” di un singolo COV, l’effetto combinato e la loro trasformazione in SOA possono comunque portare a un superamento dei limiti di qualità dell’aria per il particolato fine, con tutti i rischi per la salute che ne conseguono.

Paesaggio industriale al crepuscolo con le silhouette di ciminiere e strutture di una raffineria in lontananza, telephoto zoom 200mm, cielo leggermente fosco con colori aranciati, suggerendo la dispersione di emissioni nell'atmosfera.

Cosa possiamo imparare da tutto questo?

Questo studio, anche se focalizzato su una specifica raffineria, ci dà indicazioni preziose. Ci dice chiaramente che se vogliamo ridurre l’impatto ambientale e sanitario delle raffinerie, dobbiamo concentrarci sulle fonti principali di COV:

  1. I serbatoi di stoccaggio, responsabili della maggior parte delle emissioni in volume.
  2. Le unità di trattamento delle acque reflue (WTU), fonti importanti di composti pericolosi come benzene e toluene, quest’ultimo un grande precursore di SOA.

Identificare queste “sorgenti calde” è fondamentale per sviluppare strategie mirate. Migliorare le tecnologie di contenimento dei vapori nei serbatoi, ottimizzare i processi di trattamento delle acque, implementare rigorosi programmi di controllo delle perdite (LDAR – Leak Detection And Repair) sono passi cruciali.

Insomma, la prossima volta che pensiamo a una raffineria, ricordiamoci che dietro quei prodotti essenziali c’è una complessa realtà ambientale. Comprendere da dove arrivano le emissioni di COV e come si trasformano nell’aria è il primo passo per chiedere e implementare soluzioni più efficaci, per un’aria più pulita e un futuro più sano per tutti noi.

Fonte: Springer

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