Mais Keniota a Rischio: Come il Clima Cambierà i Nostri Raccolti
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio virtuale in Kenya, nel cuore dell’Africa subsahariana, per parlare di qualcosa che tocca le vite di milioni di persone: il mais. Non è solo un cereale, è la base dell’alimentazione, una fonte di sostentamento e sicurezza per tantissime famiglie. Ma c’è un’ombra che si allunga sui campi dorati: il cambiamento climatico. E la domanda che ci siamo posti è: cosa succederà alla produzione di mais in Kenya nei prossimi decenni?
Pensate che il Kenya, come molte altre nazioni in via di sviluppo, è particolarmente vulnerabile agli stravolgimenti climatici. La capacità di adattarsi è limitata e l’impatto sui raccolti, specialmente quelli fondamentali come il mais, rischia di essere devastante. Già oggi la produttività del mais in Africa subsahariana è ben lontana da quella europea o nordamericana, circa cinque volte inferiore! Aggiungeteci la variabilità del clima, i parassiti, le malattie, i terreni poveri… e capirete che la sfida per nutrire una popolazione in crescita è enorme.
La Lente d’Ingrandimento sul Futuro: Come Abbiamo Studiato il Problema
Per cercare di capire meglio cosa ci aspetta, abbiamo deciso di concentrarci su due contee specifiche del Kenya, Trans Nzoia e Uasin Gishu, considerate un po’ il “granaio” del paese per quanto riguarda il mais. Sono zone ad alto potenziale agricolo, nelle fresche alture della Rift Valley.
Come abbiamo fatto a sbirciare nel futuro? Abbiamo usato uno strumento potentissimo: un modello di simulazione chiamato DSSAT-CERES-Maize. Immaginatelo come un complesso programma al computer che “imita” la crescita del mais giorno per giorno, tenendo conto di un’infinità di fattori:
- Il meteo (pioggia, temperature, radiazione solare)
- Le caratteristiche del suolo (tessitura, nutrienti, acqua)
- Le pratiche agricole (quando si semina, la densità delle piante)
- Le specificità della varietà di mais coltivata (nel nostro caso, la popolare H614)
Abbiamo “tarato” questo modello usando dati reali del passato (dal 1984 al 2013, il nostro periodo di riferimento) e poi lo abbiamo “alimentato” con le proiezioni climatiche future, quelle che gli scienziati prevedono per la metà del secolo (2041-2070) e per la fine del secolo (2071-2100). Abbiamo considerato due scenari futuri diversi, chiamati RCP 4.5 (uno scenario, diciamo, “intermedio”) e RCP 8.5 (uno scenario con emissioni molto più alte, quello che potremmo definire “business as usual” senza interventi drastici).

I Risultati: Un Campanello d’Allarme
E i risultati, lasciatemelo dire, non sono proprio rosei. Il modello ci dice che, rispetto al periodo 1984-2013, dobbiamo aspettarci un calo significativo delle rese di mais. Quanto significativo?
- Metà secolo (2041-2070): un calo tra il 7% e il 20%, a seconda dello scenario.
- Fine secolo (2071-2100): un calo ancora più pesante, tra il 22% e il 41%!
Il colpevole principale sembra essere l’aumento delle temperature, specialmente durante le fasi cruciali della crescita della pianta, come la fioritura e la formazione della pannocchia. Temperature troppo alte accorciano questi periodi vitali e stressano la pianta, riducendo il numero e il peso dei chicchi.
Ma non è solo il caldo. Anche le piogge cambieranno. I modelli prevedono meno pioggia durante la finestra di semina principale (marzo-maggio), un momento critico per la germinazione e lo sviluppo iniziale. Paradossalmente, potrebbe piovere di più più avanti nella stagione (settembre e durante la “piccola stagione delle piogge”), ma questo potrebbe non compensare i danni iniziali e richiederebbe comunque un cambiamento radicale nelle abitudini di semina degli agricoltori.
Non Ovunque Uguale: La Mappa dei Rischi
Un altro aspetto affascinante che abbiamo scoperto è che l’impatto non sarà uniforme. Usando tecniche di analisi spaziale (come l’indice di Moran e l’analisi “hotspot”), abbiamo creato delle mappe che mostrano come diverse zone all’interno delle due contee reagiranno al cambiamento climatico.
Abbiamo identificato diverse aree:
- Hotspot: zone dove il calo della resa sarà particolarmente grave. Qui la coltivazione del mais potrebbe diventare davvero difficile.
- Adaptation Spot (Zone di Adattamento): aree dove la resa diminuirà, ma con le giuste strategie di adattamento si potrebbe ancora far fronte alla situazione.
- Zone Stabili: aree dove la produzione dovrebbe rimanere più o meno simile a quella attuale.
- Zone Più Stabili: piccole aree fortunate dove le condizioni potrebbero addirittura diventare leggermente più favorevoli (anche se poche).
Cosa ci dicono queste mappe? Che nel corso del secolo, specialmente verso la fine (2071-2100), le zone “Hotspot” e “Adaptation Spot” tenderanno ad espandersi, soprattutto nel sud della contea di Uasin Gishu e in alcune parti di Trans Nzoia. Questo significa che una parte sostanziale di queste importanti regioni agricole vedrà la propria capacità produttiva compromessa.

È interessante notare una piccola stranezza: nello scenario peggiore (RCP 8.5) alla fine del secolo, gli hotspot sembrano leggermente meno estesi rispetto allo scenario intermedio (RCP 4.5). Una possibile spiegazione è che l’aumento previsto delle precipitazioni in quello scenario potrebbe, in alcune aree, compensare parzialmente gli effetti negativi delle temperature altissime. Ma non illudiamoci, il calo generale rimane drastico in entrambi gli scenari.
Cosa Possiamo Fare? Strategie per il Futuro
Di fronte a queste proiezioni, è facile sentirsi scoraggiati. Ma non dobbiamo arrenderci! Lo studio sottolinea l’urgenza di mettere in campo misure di adattamento, ma non soluzioni generiche uguali per tutti. Servono interventi mirati, specifici per le diverse zone identificate.
Qualche esempio concreto?
- Consociazione mais-leguminose: coltivare mais insieme a legumi aiuta a migliorare la fertilità del suolo e la resilienza.
- Varietà resistenti alla siccità: sviluppare e diffondere sementi di mais che tollerino meglio la mancanza d’acqua.
- Conservazione dell’acqua nel suolo: tecniche agricole che aiutino a trattenere l’umidità, come la pacciamatura o lavorazioni minime del terreno.
- Ottimizzazione della semina: adattare i periodi di semina alle nuove finestre climatiche favorevoli.
- Gestione dei nutrienti: migliorare la fertilizzazione, soprattutto nelle zone a bassa resa.
- Sistemi di allerta precoce: informare gli agricoltori in anticipo su rischi come siccità imminenti.
- Sensibilizzazione e supporto: aiutare gli agricoltori a comprendere i cambiamenti e ad adottare nuove pratiche “climate-smart”.
Queste strategie sono fondamentali soprattutto negli “Hotspot” e nelle “Adaptation Spot”, dove il rischio è maggiore.

Un Messaggio per il Domani
Questo studio, utilizzando la potenza dei modelli di simulazione e dell’analisi spaziale, ci ha dato uno sguardo dettagliato su come il cambiamento climatico potrebbe ridisegnare la mappa della produzione di mais in due delle aree agricole più importanti del Kenya. Il messaggio è chiaro: il futuro presenta sfide significative, con cali di resa che potrebbero arrivare fino al 41% in alcune zone entro la fine del secolo.
Le zone più a rischio si espanderanno, mettendo a dura prova la sicurezza alimentare. Ma abbiamo anche identificato le aree dove intervenire con maggiore urgenza e le strategie che potrebbero fare la differenza. Ora la palla passa agli agronomi, ai decisori politici, alle comunità locali. È fondamentale agire ora, pianificare l’adattamento, supportare gli agricoltori e investire in soluzioni innovative per garantire che il mais, questo cereale vitale, possa continuare a nutrire il Kenya anche in un clima che cambia.
Fonte: Springer
