OTEC: Energia dagli Oceani – Promessa o Pericolo Ambientale?
Amici lettori, oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero catturato l’attenzione, un po’ come una di quelle scoperte che ti fanno dire: “Ma davvero è possibile?”. Sto parlando dell’Ocean Thermal Energy Conversion, o più semplicemente OTEC. Immaginate di poter trasformare il calore degli oceani in elettricità pulita. Sembra fantascienza, vero? Eppure, è una tecnologia che esiste e che potrebbe, dico potrebbe, giocare un ruolo chiave nella nostra lotta contro i cambiamenti climatici. Ma, come ogni grande promessa, porta con sé anche qualche interrogativo sugli impatti ambientali. E qui, mi sono imbattuto in uno studio affascinante che cerca di fare luce proprio su questo.
Cos’è esattamente questa OTEC?
Prima di addentrarci nei meandri scientifici, cerchiamo di capire in parole povere come funziona. L’OTEC sfrutta la differenza di temperatura tra le acque superficiali calde dei tropici e quelle fredde e profonde dell’oceano. Pensate a una sorta di gigantesca macchina a vapore, dove l’acqua calda superficiale fa evaporare un fluido con un basso punto di ebollizione (come l’ammoniaca), il vapore fa girare una turbina che produce elettricità, e poi l’acqua fredda pescata dalle profondità (parliamo di circa 1 km sotto il livello del mare!) condensa di nuovo il vapore, ricominciando il ciclo. Affascinante, no? Le zone ideali, ovviamente, sono i mari profondi e caldi delle regioni tropicali.
La grande domanda: cosa succede se la usiamo su larga scala?
Finora, la ricerca si era concentrata molto sugli impatti locali, magari sulla biologia marina attorno a un singolo impianto. Ma cosa succederebbe se iniziassimo a produrre terawatt (TW) di energia con l’OTEC? Parliamo di quantità enormi, potenzialmente in grado di sostituire una bella fetta di combustibili fossili. Ed è qui che entra in gioco lo studio che ho analizzato, basato su simulazioni climatiche plurisecolari. Gli scienziati hanno usato un modello climatico complesso (l’University of Victoria Earth System Climate Model, per i più curiosi) per vedere cosa accadrebbe implementando l’OTEC a vari livelli di potenza: 3, 5, 7, 10 e persino 15 TW. Un lavoro mastodontico!
Le buone notizie: un aiuto contro il riscaldamento globale?
I risultati sono, a dir poco, intriganti. Uno degli effetti più evidenti sarebbe una riduzione del riscaldamento della superficie marina, fino a 3.1°C in meno rispetto a uno scenario senza OTEC e con un uso intensivo di combustibili fossili. Non è poco! Questo “raffreddamento” ha due motori principali:
- Circa il 60% (all’anno 2100, per esempio) deriva dal rimescolamento indotto dall’OTEC: l’acqua fredda profonda portata in superficie abbassa la temperatura.
- Il restante 40% è dovuto alla riduzione delle emissioni, perché l’energia OTEC sostituirebbe quella prodotta da fonti fossili.
La cosa interessante è che, se un giorno si dovesse smettere di usare l’OTEC, l’effetto di raffreddamento dovuto alla riduzione accumulata delle emissioni persisterebbe. Invece, il solo effetto del rimescolamento, se isolato, potrebbe addirittura portare a un leggero riscaldamento relativo della superficie. Un dettaglio da non sottovalutare.
Ma non è tutto. L’OTEC sembra anche favorire un maggiore assorbimento di calore a profondità intermedie e, udite udite, un aumento della produzione biologica. Questo perché l’acqua profonda è ricca di nutrienti che, portati in superficie, possono stimolare la vita marina. Pensate a una sorta di fertilizzazione naturale, ma indotta dall’uomo.

In molti casi, l’impiego dell’OTEC sembra contrastare gli impatti negativi del cambiamento climatico. Rispetto a uno scenario ad alte emissioni, con l’OTEC avremmo:
- Meno riscaldamento superficiale.
- Un aumento minore della pCO2 (anidride carbonica parziale) nelle acque superficiali.
- Una soppressione dell’acidificazione degli oceani (un problema enorme per coralli e organismi con guscio calcareo!).
- Un declino significativamente minore della forza della Circolazione Atlantica Meridionale di Ribaltamento (AMOC), una corrente oceanica fondamentale per il clima globale.
Insomma, nonostante le sfide ingegneristiche e i costi economici, le prime indicazioni suggeriscono che l’implementazione su larga scala dell’OTEC potrebbe dare un contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici.
Un’occhiata più da vicino agli effetti sull’oceano
Lo studio ha analizzato diversi aspetti. Ad esempio, le temperature superficiali del mare (SST) aumentano in tutti gli scenari, ma l’aumento è minore con l’OTEC. Entro il 2500, le riduzioni medie globali delle SST vanno da 0.8°C (con 3 TW di OTEC) a oltre 3°C (con 15 TW) rispetto allo scenario senza OTEC. Inizialmente, come detto, il rimescolamento domina, ma col tempo le riduzioni delle emissioni diventano il fattore principale. Addirittura, entro il 2245, l’intero segnale di raffreddamento relativo sarebbe causato dalle riduzioni delle emissioni, mentre il solo rimescolamento indotto dall’OTEC contribuirebbe a un leggero riscaldamento netto delle SST. Questo è un punto cruciale: l’OTEC è più efficace se sostituisce i combustibili fossili.
Il raffreddamento relativo è globale ma concentrato dove opera l’OTEC, specialmente nel Pacifico occidentale. Questo raffreddamento superficiale è bilanciato da un certo riscaldamento all’interno dell’oceano, principalmente tra i 500 e i 1000 metri di profondità nella zona equatoriale del Pacifico. Questo perché l’acqua fredda rimossa viene sostituita da acqua relativamente più calda e mescolata.
E le famigerate zone a minimo di ossigeno (OMZ)? L’effetto dell’OTEC sulla loro espansione sembra essere minimo. Tuttavia, l’implementazione dell’OTEC è associata a concentrazioni di ossigeno più elevate nei primi 600 metri della colonna d’acqua e inferiori tra i 600 e i 1900 metri. Questo suggerisce che l’OTEC potrebbe alleviare l’effetto delle OMZ superficiali ma peggiorare quelle di origine più profonda.
Nutrienti, produttività e chimica dell’oceano
Come accennato, il rimescolamento porta in superficie acque profonde ricche di nutrienti come fosfati e nitrati. Questo causa un aumento della loro concentrazione in superficie e, di conseguenza, un incremento della produttività primaria netta dell’oceano. Pensate a più fitoplancton, la base della catena alimentare marina! Entro il 2100, si stima un aumento della produttività primaria globale con picchi regionali significativi nelle aree di rimescolamento OTEC.
Per quanto riguarda la chimica dell’oceano, l’aumento della pCO2 superficiale e la diminuzione del pH (acidificazione) sono ridotti negli scenari OTEC. Entro il 2500, lo scenario senza OTEC mostra un pH medio superficiale di 7.4, mentre con l’OTEC si va da 7.5 (OTEC3) a 7.9 (OTEC15). Questa riduzione dell’acidificazione è una manna dal cielo per molti ecosistemi marini. Anche l’alcalinità superficiale, fondamentale per tamponare le variazioni di pH, subisce diminuzioni minori con l’OTEC.

L’impatto sulla circolazione oceanica: il caso dell’AMOC
La Circolazione Atlantica Meridionale di Ribaltamento (AMOC) è un sistema di correnti cruciale per la distribuzione del calore sul pianeta. Il riscaldamento globale tende a indebolirla. Lo studio mostra che, sebbene tutte le simulazioni prevedano una diminuzione netta della forza dell’AMOC entro il 2500, gli scenari OTEC risultano in un’AMOC più forte rispetto allo scenario senza OTEC. Addirittura, con 15 TW di OTEC, si osservano brevemente valori dell’AMOC superiori ai livelli dell’anno 2000! Inizialmente, è il rimescolamento indotto dall’OTEC a sostenere l’AMOC, ma dopo il 2300, quando l’OTEC opera a livelli bassi, è la riduzione delle emissioni cumulative a diventare l’influenza principale.
Questo rafforzamento relativo dell’AMOC è attribuito all’aumento del mescolamento verticale che riduce la stratificazione (stabilità della densità) della colonna d’acqua, facilitando il movimento verso la superficie delle acque profonde formate nelle regioni polari.
Cosa succede se l’OTEC viene spento?
Un aspetto interessante esplorato è la reazione delle temperature oceaniche all’interruzione dell’OTEC. Se la produzione di energia OTEC venisse interrotta bruscamente (ad esempio, alla fine del 2100 nelle simulazioni), le temperature superficiali del mare (SST) rimarrebbero comunque inferiori rispetto allo scenario senza OTEC, a condizione che siano state considerate le riduzioni delle emissioni. Questo effetto benefico persiste anche 400 anni dopo lo stop, grazie appunto al “risparmio” di CO2 in atmosfera.
Se invece si escludono le riduzioni delle emissioni (cioè, se l’OTEC sostituisse altre energie pulite e non i fossili), le SST aumenterebbero rapidamente dopo lo stop, raggiungendo valori leggermente superiori a quelli dello scenario di controllo. Questo sottolinea ancora una volta quanto sia cruciale che l’OTEC vada a rimpiazzare le fonti energetiche inquinanti.
Il “ma” della situazione: sfide e incertezze
Nonostante i potenziali benefici, ci sono delle incognite. L’OTEC, mentre opera, altera gli ecosistemi locali introducendo acqua fredda e acida in superficie. La gravità di queste preoccupazioni ambientali scala con il livello di produzione energetica. Lo scenario da 15 TW mostra le alterazioni maggiori, mentre quello da 3 TW indica impatti relativamente minori.
Se l’OTEC non riduce le emissioni di carbonio (perché, ad esempio, sostituisce altre fonti rinnovabili), il raffreddamento nelle regioni con OTEC potrebbe essere bilanciato da un riscaldamento altrove. Il rimescolamento indotto dall’OTEC contribuirebbe allora a un leggero riscaldamento globale superiore al controllo dopo l’interruzione dell’OTEC. E questo riscaldamento, seppur piccolo, si concentrerebbe nelle regioni polari, con possibili effetti sulla formazione di acque profonde e sulla destabilizzazione delle calotte glaciali.
Inoltre, ci sono aree che richiedono ulteriori ricerche:
- Gli effetti acuti sulla biota marina: serve un modello biologico più complesso.
- Le conseguenze dei cambiamenti indotti dall’OTEC sulla circolazione oceanica per fenomeni come l’ENSO (El Niño) o i monsoni.
- L’impatto sulla stabilità delle calotte glaciali e sulla distribuzione dei nutrienti su larga scala.
- Potenziali costi ambientali come alterazioni dei modelli di vento, eventi meteorologici estremi, piogge e copertura nuvolosa, che necessitano di modelli atmosferici più sofisticati.

Quindi, l’OTEC è la pallottola d’argento?
Come spesso accade nella scienza, la risposta non è un semplice sì o no. L’OTEC offre una prospettiva allettante per la generazione di energia rinnovabile continua, contribuendo alla riduzione delle emissioni e a una mitigazione temporanea del clima. Tuttavia, la sua implementazione introduce dei compromessi ambientali, tra cui potenziali disturbi localizzati degli ecosistemi e un possibile riscaldamento polare se non abbinata a una reale riduzione delle emissioni fossili.
Lo studio evidenzia che i benefici maggiori e più duraturi derivano dalla riduzione delle emissioni facilitata dall’OTEC. Il solo rimescolamento, senza questa riduzione, offre benefici a breve termine ma potrebbe avere conseguenze indesiderate nel lungo periodo. Entro il 2500, produrre tra 3 e 15 TW di energia con l’OTEC potrebbe portare a riduzioni cumulative delle emissioni equivalenti al 36%-111% delle emissioni storiche di carbonio dal 1750 al 2023! Le temperature dell’aria superficiale sarebbero inferiori da 1°C a 4°C rispetto allo scenario senza OTEC.
In conclusione, l’OTEC è un contendente significativo nella partita per la mitigazione del cambiamento climatico, ma la sua strada è ancora lunga. Servono ulteriori ricerche per comprendere appieno i suoi effetti sulla biota oceanica, sui modelli di circolazione e sui sistemi climatici più ampi prima di poter pensare a un’implementazione su vasta scala. Ma una cosa è certa: l’esplorazione di soluzioni innovative come questa è fondamentale per il futuro del nostro pianeta. E io, da appassionato, non vedo l’ora di scoprire cosa ci riserveranno i prossimi studi!
Fonte: Springer
