Gambero Segnale: Minaccia Silenziosa o Timido Inquilino nei Fiumi Iberici?
Amici appassionati di natura e dei misteri che i nostri ecosistemi acquatici nascondono, oggi voglio parlarvi di una storia che si sta svolgendo, quasi in sordina, nei limpidi fiumi della Penisola Iberica, precisamente nel nord-est del Portogallo. È una storia di incontri, di equilibri delicati e di ospiti a volte un po’ troppo invadenti. Sto parlando del gambero segnale (Pacifastacus leniusculus), un crostaceo originario del Nord America che, un po’ per scopi commerciali, un po’ per la pesca sportiva, ha messo chele in Europa e, dagli anni ’70, anche in Spagna, arrivando poi a farsi notare nel Parco Naturale di Montesinho, in Portogallo, intorno al 2013.
Ora, quando una nuova specie arriva in un ambiente che non è il suo, gli equilibri possono traballare. È come invitare a cena uno sconosciuto che non sai se si mangerà tutte le tartine o se si siederà composto in un angolo. Ebbene, un gruppo di ricercatori si è chiesto: che impatto sta avendo questo gambero americano sulle comunità di pesci che popolano i bacini fluviali di Rabaçal e Tuela, aree di grande pregio naturalistico e, fortunatamente, ancora poco toccate dall’uomo? E così, nell’estate del 2022, armati di santa pazienza e strumenti scientifici, hanno dato il via a un’indagine affascinante.
L’indagine sul campo: come si studia un “alieno”
Immaginatevi la scena: 34 siti sparsi tra questi fiumi, alcuni già “colonizzati” dal gambero segnale (18, per la precisione) e altri ancora “liberi” (16). L’obiettivo? Confrontare. Confrontare tutto: l’abbondanza dei pesci, la loro biomassa (cioè quanto pesano tutti insieme), la ricchezza di specie diverse e la diversità generale. Non solo, si sono spinti a guardare anche lo stato di salute dei singoli pesci, la loro “condizione fisiologica”, un po’ come facciamo noi quando andiamo a fare le analisi del sangue.
In totale, hanno raccolto dati su ben 2307 pesci, appartenenti a sei specie diverse, tutte autoctone e alcune di grande valore conservazionistico. Tra queste, la trota fario (Salmo trutta), il barbo iberico (Luciobarbus bocagei), il cacho iberico (Squalius carolitertii) e altre chicche della fauna ittica locale.
I primi risultati: un impatto più “sottile” del previsto?
E qui, devo dire, le prime sorprese. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da un “invasore”, a livello generale, sulle comunità di pesci, gli effetti negativi sembravano quasi inesistenti. Quasi, perché un piccolo campanello d’allarme è suonato per la diversità: nei siti invasi dal gambero, soprattutto nel bacino del Tuela, la varietà di specie ittiche sembrava un po’ ridotta. Per il resto – abbondanza, biomassa, ricchezza di specie – poche differenze significative tra aree con e senza gambero.
Uno potrebbe pensare: “Beh, allora tutto a posto, no?”. Non proprio. Perché, come spesso accade in ecologia, il diavolo si nasconde nei dettagli, o meglio, nelle singole specie.
Quando si guarda da vicino: chi soffre e chi… forse no?
Andando ad analizzare specie per specie, ecco che emergono dinamiche più complesse. Il cacho iberico (Squalius carolitertii), per esempio, ha mostrato una netta diminuzione della sua abbondanza nei siti dove il gambero segnale si è insediato. Questo potrebbe suggerire una qualche forma di competizione per il cibo o per i rifugi, o magari una predazione diretta sulle uova o sui giovani pesci. I gamberi, sapete, sono noti per la loro capacità di modificare l’habitat, scavando tane che possono ridurre la disponibilità di rifugi e disturbare i siti di deposizione delle uova dei pesci.
Poi c’è la trota fario (Salmo trutta). Per lei, il problema sembra essere più legato alla “forma fisica”: le trote che convivono con il gambero segnale mostrano una condizione fisiologica peggiore. Una possibile spiegazione? Il gambero è un vorace predatore di invertebrati acquatici, che sono una parte importante della dieta della trota. Meno cibo, o più stress per trovarlo, e la salute ne risente. Inoltre, la competizione per i rifugi e per il cibo può alterare il comportamento della trota, senza dimenticare che il gambero stesso può modificare, su piccola scala, fattori ambientali come l’habitat fisico o la chimica dell’acqua.
Curiosamente, altre due specie, il nase del Douro (Pseudochondrostoma duriense) e lo stesso cacho iberico, hanno mostrato una migliore condizione fisiologica nei siti invasi. Sembra un controsenso, vero? Soprattutto per il cacho, che abbiamo visto essere meno abbondante. Una delle ipotesi è che, sebbene il gambero possa ridurre il successo riproduttivo del cacho (e quindi la sua abbondanza), i pesci che sopravvivono potrebbero beneficiare di una minore competizione tra conspecifici e, forse, di una maggiore disponibilità di materia organica particellata fine, dato che il gambero è anche un consumatore di lettiera fogliare e ne aumenta la frammentazione. Insomma, un quadro complesso!
Un’altra ombra riguarda il cobite spinoso del nord Iberia (Cobitis calderoni), una specie bentonica (cioè che vive sul fondo) e considerata “In Pericolo” dalla IUCN. Prima dell’arrivo del gambero, soprattutto nel fiume Rabaçal, era molto più diffuso e abbondante. Il suo recente declino, coincidente con l’avanzata del gambero, fa sospettare un impatto negativo, anche se questo studio specifico lo ha trovato in un solo sito, quindi servono ulteriori indagini mirate.
Perché questi effetti sono “sottili”?
Allora, perché, nonostante questi segnali specifici, l’impatto generale sulla comunità ittica non è catastrofico, almeno per ora? Ci sono un paio di buone ragioni. Primo, l’invasione è relativamente recente, parliamo di circa un decennio dalla prima segnalazione. Gli ecosistemi hanno i loro tempi di reazione. Secondo, l’area di studio è caratterizzata da un basso livello di disturbo antropico e da habitat di alta qualità. Questo significa che le comunità ittiche sono probabilmente più stabili e resilienti, capaci di “assorbire” meglio, almeno inizialmente, l’arrivo del nuovo inquilino.
Tuttavia, non possiamo abbassare la guardia. Il gambero segnale è ancora in fase di espansione e in alcuni siti la sua abbondanza e biomassa sono già elevate. La situazione potrebbe peggiorare.
Un patrimonio da difendere e un futuro da monitorare
Una cosa importantissima che emerge da questo studio è che tutti i pesci catturati erano specie autoctone, alcune delle quali, come dicevo, con un alto stato di conservazione. Questo rende i fiumi studiati e le aree circostanti di cruciale importanza per la salvaguardia della biodiversità ittica iberica, che in molti altri bacini è già gravemente compromessa dalla presenza di specie aliene.
Ecco perché questo studio è così prezioso: ci fornisce una fotografia, una “linea di base”, per capire come evolverà la situazione e se il gambero segnale stia effettivamente erodendo la salute di queste comunità ittiche a vari livelli, dall’individuo all’intera comunità.
Cosa fare? Non restare a guardare!
È chiaro che c’è ancora molto lavoro da fare per capire appieno come e dove controllare il gambero segnale e mitigarne gli effetti. Ma una cosa è certa: servono azioni di gestione urgenti e integrate.
- Prevenzione: Anche se qui è tardi, evitare nuove introduzioni in altri bacini idrografici è fondamentale.
- Controllo: Ridurre l’abbondanza del gambero. Si possono usare metodi meccanici (come le nasse), fisici (barriere), o biologici (predatori naturali come la lontra eurasiatica o la stessa trota fario potrebbero dare una mano). Si stanno esplorando anche metodi più innovativi, come il rilascio di maschi sterili o l’uso di biocidi e feromoni specifici.
- Contenimento: Impedire che si diffonda ulteriormente nelle aree già colpite.
- Sensibilizzazione: Campagne di informazione per coinvolgere la popolazione locale e iniziative di citizen science possono fare una grande differenza.
Queste misure sono cruciali per preservare l’elevato valore di conservazione delle comunità ittiche del Parco Naturale di Montesinho e delle aree circostanti. È una sfida, certo, ma la bellezza e la ricchezza di questi ecosistemi meritano ogni sforzo. E noi, come appassionati e cittadini consapevoli, possiamo fare la nostra parte informandoci e sostenendo la ricerca e le azioni di conservazione. Perché ogni fiume, ogni pesce, ogni gambero (al posto giusto!) racconta una storia che vale la pena proteggere.
Fonte: Springer