Immagine fotorealistica di un sistema di imaging gamma multi-sensore (camera gamma con maschera codificata visibile, camera ottica, unità LiDAR) montato su un treppiede industriale. Il sistema è puntato verso delle tubazioni complesse in un ambiente che ricorda una centrale nucleare. Una sovrapposizione grafica mostra un debole hotspot luminoso su una delle tubazioni, e linee indicano la misurazione della distanza dal LiDAR. Illuminazione controllata, alta definizione dei dettagli tecnici, obiettivo prime 35mm, profondità di campo media.

Vedere l’Invisibile (e Misurarlo!): La Rivoluzione delle Gamma Camere a Apertura Codificata

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che suona un po’ fantascientifico, ma che sta diventando una realtà sempre più concreta e utile: l’imaging gamma quantitativo. Immaginate di poter non solo “vedere” la radioattività, che di per sé è invisibile, ma anche di misurarne l’intensità con precisione, da lontano e in tempo reale. Sembra incredibile, vero? Eppure, è proprio quello su cui abbiamo lavorato e che sta aprendo porte affascinanti in campi come la sicurezza nucleare, la manutenzione degli impianti e persino lo smantellamento di vecchie strutture.

Il Problema: Vedere Sì, Ma Quanto Forte?

Da tempo esistono strumenti per “fotografare” le sorgenti radioattive. Le tecniche più comuni, come l’apertura codificata (un po’ come una macchina fotografica stenopeica, ma con una maschera forata molto più complessa al posto del singolo foro) o le camere Compton, sono fantastiche per localizzare da dove provengono i raggi gamma, creando delle “mappe” della radioattività. Il problema è che queste mappe, di solito, ci dicono solo l’intensità relativa. Vediamo un punto più luminoso (“hotspot”), sappiamo che lì la radiazione è più intensa, ma non sappiamo *quanto* più intensa in termini assoluti. Perché? Perché manca un’informazione cruciale: la distanza tra la “camera” e la sorgente.

Certo, sono state proposte soluzioni: usare due camere per triangolare la posizione, sfruttare effetti di amplificazione a corto raggio, o costruire sistemi stereo complessi. Ma spesso queste tecniche introducono errori significativi o richiedono misurazioni multiple, magari spostando la camera con un robot, il che complica le cose e richiede tempo, soprattutto in ambienti magari difficili o pericolosi come una centrale nucleare.

La Nostra Idea: Sfruttare un “Segreto” dell’Apertura Codificata

Qui entriamo in gioco noi. Abbiamo studiato a fondo una tecnica specifica di apertura codificata, quella che usa un approccio “maschera-antimaschera“. In pratica, si fanno due “pose”: una con la maschera normale e una con la sua “negativa” (l’antimaschera, dove i fori diventano pieni e viceversa, spesso ottenuta semplicemente ruotando la maschera). Combinando queste due immagini, si ottiene un risultato molto più pulito, soprattutto perché si eliminano molti disturbi di fondo.

La scoperta interessante che abbiamo fatto, analizzando i dati e usando simulazioni (con un potente strumento chiamato Geant4), è che i “conteggi” di fotoni gamma nell’hotspot dell’immagine ricostruita con questo metodo non sono solo un valore relativo. C’è una relazione ben definita tra il numero di conteggi nell’hotspot e il contributo *reale* di conteggi che quella specifica sorgente sta inviando al nostro rivelatore! Questa relazione dipende dall’energia dei raggi gamma, ma la cosa fantastica è che funziona anche se ci sono altre sorgenti radioattive nei dintorni che “disturbano” la misura (il cosiddetto “rumore interferente”).

Immagine macro fotorealistica di una maschera a apertura codificata in tungsteno, pattern MURA rank 19. Obiettivo macro 80mm, alta definizione, illuminazione controllata che evidenzia la texture metallica e la precisione dei fori quadrati.

Un Sistema Multi-Sensore: Occhi Gamma, Occhi Normali e Misura Distanze

Per mettere in pratica questa idea, abbiamo costruito un sistema che è un po’ un “tuttofare”. Combina tre tipi di “occhi”:

  • Una camera gamma basata sulla nostra tecnica maschera-antimaschera a apertura codificata.
  • Una normale camera ottica, per vedere la scena come la vedremmo noi.
  • Un’unità LiDAR (Light Detection and Ranging), che usa impulsi laser per creare una mappa 3D della scena e misurare con precisione la distanza di ogni punto.

Il bello è che fondiamo tutte queste informazioni in un’unica visione. Sullo schermo, vediamo l’immagine ottica della scena, sovrapposta la mappa della radioattività (con gli hotspot colorati) e, cliccando su un hotspot, il sistema ci dice immediatamente quanto è distante grazie al LiDAR!

Come Funziona in Pratica?

Il processo è sorprendentemente diretto:

  1. Puntiamo il nostro sistema verso l’area di interesse.
  2. Il rivelatore gamma acquisisce dati prima con la maschera, poi con l’antimaschera.
  3. Il software elabora i dati, ricostruisce l’immagine gamma usando l’algoritmo maschera-antimaschera.
  4. Identifichiamo l’hotspot (il punto più “caldo”).
  5. Estraiamo il numero di conteggi ((N_s)) da quell’hotspot.
  6. Conosciamo (o identifichiamo dallo spettro energetico) l’energia ((E)) dei raggi gamma di quell’hotspot.
  7. Usiamo il nostro “hotspot ratio” ((H_r)), un valore che abbiamo pre-calcolato con le simulazioni per diverse energie, per capire quanti conteggi reali ha contribuito quella sorgente.
  8. Misuriamo il tasso di dose totale ((D_r)) e i conteggi totali ((N_a)) rilevati dal nostro strumento.
  9. Calcoliamo il contributo di dose di quella specifica sorgente alla posizione del nostro strumento ((A(D,E))).
  10. Il LiDAR ci dà la distanza ((D)) dell’hotspot.
  11. Usando una formula basata sul metodo “point-kernel” (che tiene conto di come i raggi gamma viaggiano e vengono attenuati nell’aria), calcoliamo l’intensità della sorgente, espressa come Tasso di Dose Superficiale (SDR), cioè il tasso di dose che si misurerebbe a 10 cm dalla superficie della sorgente.

E tutto questo avviene praticamente in tempo reale, senza bisogno di spostare nulla o di complesse elaborazioni a posteriori!

Vista fotorealistica interna di un laboratorio di fisica nucleare. Si vede il sistema di imaging gamma multi-sensore su un treppiede puntato verso una sorgente puntiforme di Cesio-137 su un supporto. Linee sottili e luminose rappresentano schematicamente i raggi gamma. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo.

Le Prove sul Campo: Dal Laboratorio alla Centrale Nucleare

Ovviamente, non ci siamo fidati solo delle simulazioni. Abbiamo testato il sistema in laboratorio usando sorgenti radioattive note (Cesio-137 e Bario-133). Abbiamo fatto esperimenti con una singola sorgente, poi abbiamo aggiunto una sorgente “disturbante” (interferente) proprio vicino alla camera per simulare un ambiente rumoroso. I risultati sono stati ottimi: il nostro metodo riesce a quantificare correttamente l’intensità della sorgente osservata anche con molto rumore di fondo. In un caso, il rumore era addirittura 20 volte più forte del segnale della sorgente che volevamo misurare, ma ce l’abbiamo fatta lo stesso! Questo dimostra la robustezza al rumore del nostro approccio maschera-antimaschera.

Abbiamo anche verificato cosa succede con sorgenti multiple a energie diverse. Qui le cose si complicano un po’ se non si conosce esattamente l’energia di ogni hotspot, perché l’efficienza di conversione da conteggi a dose dipende dall’energia. Ma il principio di base regge.

La prova del nove, però, è stata andare in un vero impianto nucleare. Siamo stati alla centrale di Haiyang in Cina, durante un periodo di manutenzione. Abbiamo portato il nostro strumento in due locali del sistema di rimozione del calore residuo (NRHPS), dove sapevamo esserci tubazioni con depositi radioattivi (principalmente Cobalto-60, Cobalto-58, Ferro-59, ecc.).
In una stanza, abbiamo identificato un chiaro hotspot su un tubo. La nostra misura quantitativa dell’SDR era un po’ più alta (circa 39% in più) rispetto a quella fatta con un dosimetro tradizionale avvicinato al tubo. Questo è comprensibile: il nostro metodo assume una sorgente puntiforme, mentre quella era distribuita sul tubo.
In un’altra stanza, un tubo più grande era radioattivo su tutta la sua lunghezza. Qui la nostra stima puntuale era inferiore a quella del dosimetro, probabilmente perché il dosimetro “vedeva” la radiazione proveniente da una porzione più ampia del tubo. Queste esperienze reali ci hanno confermato la validità dell’approccio, ma anche indicato dove possiamo migliorare, specialmente nella gestione di sorgenti distribuite.

Scatto grandangolare fotorealistico, 20mm, all'interno di un locale tecnico di una centrale nucleare. Tubazioni complesse e macchinari industriali riempiono la scena. Il sistema di imaging gamma multi-sensore è visibile su un treppiede in primo piano. Illuminazione industriale fredda, messa a fuoco nitida su tutta la scena.

Perché è Importante? Il Futuro dell’Imaging Gamma

Quello che abbiamo sviluppato non è solo un esperimento interessante. È una tecnica che rende l’imaging gamma quantitativo molto più pratico e accessibile. I vantaggi principali sono:

  • Misura da lontano: Si ottiene l’intensità senza doversi avvicinare troppo alla sorgente, riducendo l’esposizione alle radiazioni per gli operatori.
  • Tempo reale: I risultati sono disponibili subito dopo l’acquisizione, senza lunghe elaborazioni.
  • Robustezza: Funziona bene anche in ambienti con elevato fondo radioattivo.
  • Semplicità: Non richiede piattaforme mobili o complesse procedure di misura multipla.
  • Aggiornabilità: Potrebbe essere relativamente facile aggiornare le camere gamma a apertura codificata già esistenti per includere questa capacità quantitativa.

Le applicazioni sono tantissime: dalla verifica della sicurezza in impianti nucleari, al monitoraggio durante lo smantellamento, all’investigazione di sorgenti sconosciute per motivi di sicurezza nazionale.

Certo, c’è ancora lavoro da fare. Migliorare l’identificazione precisa dei radionuclidi (e quindi dell’energia) aiuterebbe molto, magari con rivelatori a più alta risoluzione energetica. E stiamo studiando come affinare il calcolo per le sorgenti distribuite, usando le informazioni geometriche 3D fornite dal LiDAR.

Ma la strada è aperta. Abbiamo dimostrato che è possibile non solo vedere l’invisibile radiazione gamma, ma anche misurarla con buona precisione, da lontano e in tempo reale, grazie a un uso intelligente della fisica, della tecnologia dei sensori e dell’informatica. È un passo avanti significativo che speriamo possa rendere il lavoro in ambienti radioattivi più sicuro ed efficiente.

Fonte: Springer

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