Ideologie Spagnole allo Specchio: Viaggio tra Generazioni e Cambiamenti
Ciao a tutti! Vi siete mai chiesti come cambiano le nostre convinzioni politiche e sociali con il passare degli anni? E come le grandi esperienze collettive – una crisi economica, un cambiamento culturale profondo – plasmano il modo di pensare di intere generazioni? Beh, io sì, e parecchio! Ecco perché quando mi sono imbattuto in uno studio che cerca di “fotografare” l’evoluzione ideologica della popolazione spagnola, mi si sono drizzate le antenne. Parliamo di un lavoro affascinante che ha dato vita al Spanish Cohort Ideology Database (SCID), una vera e propria miniera d’oro per chi, come me, è curioso di capire le dinamiche profonde che muovono una società.
Ma cos’è esattamente questo SCID?
Immaginate di avere accesso a oltre cinque milioni di osservazioni individuali (che diventano più di 100 milioni con certi “trucchi” statistici!) raccolte in più di 1.800 sondaggi realizzati a partire dal lontano 1977. Questi dati provengono dal Centro de Investigaciones Sociológicas (CIS), l’istituto ufficiale spagnolo per la ricerca sociologica. Un tesoro, vi dico! Grazie a questo immenso lavoro di raccolta e armonizzazione, i ricercatori hanno costruito ben 1.554 tabelle che incrociano periodo storico e coorte di nascita, analizzando le preferenze ideologiche. E non si sono fermati qui: hanno anche considerato variabili come il genere, il livello di istruzione e persino la regione di residenza. Praticamente, una mappa dettagliatissima del pensiero spagnolo.
Perché studiare le ideologie generazionali è così cruciale?
Qualcuno potrebbe chiedersi: “Ma a che serve tutta questa fatica?”. Beh, capire le preferenze ideologiche è fondamentale per decifrare i cambiamenti sociali e politici di un Paese. Pensate alla teoria degli “anni impressionabili” di Mannheim: sostiene che la nostra identità politica si forma principalmente durante la giovinezza e tende a rimanere stabile per gran parte della vita. Più invecchiamo, più diventiamo “resistenti” al cambiamento. Allo stesso modo, la teoria dell’identità sociale ci dice che più ci identifichiamo con un certo insieme di credenze, meno probabilità avremo di abbandonarle e più ci sentiremo parte del gruppo (ad esempio, un partito politico) che le rappresenta. I partiti stessi, poi, lavorano per rafforzare questa identificazione.
Queste tabelle ideologiche generazionali, un po’ come le tavole di mortalità usate in demografia per studiare la sopravvivenza, ci permettono di:
- Tracciare le tendenze ideologiche specifiche di ogni coorte.
- Valutare l’impatto di eventi storici (crisi, movimenti sociali, pandemie!) sulle diverse generazioni.
- Confrontare le traiettorie ideologiche tra generazioni.
- Capire quanto a lungo una coorte resta fedele a una certa ideologia.
- Provare a prevedere le future tendenze politiche e sociali.
- Comprendere le interazioni tra demografia e ideologia.
- Guidare strategie politiche e di comunicazione più mirate.
Insomma, ci offrono una lente potentissima per osservare l’evoluzione di una società, mettendo in luce anche questioni complesse come la stabilità dell’appartenenza partitica.
La sfida dei dati: armonizzare quasi 50 anni di sondaggi
Ve lo dico subito: mettere insieme e dare un senso a una mole di dati così vasta, raccolta in quasi mezzo secolo, non è stata una passeggiata. Il CIS spagnolo è una fonte incredibile, ma immaginate le differenze nei questionari, nelle scale di misurazione usate nel corso degli anni! Per esempio, la domanda sull’autoposizionamento ideologico (la classica scala sinistra-destra) è stata formulata in ben 28 modi diversi, usando scale da 1-5, 1-7, 1-10, ecc. Un bel rompicapo!
Il team di ricerca ha dovuto quindi rimboccarsi le maniche per armonizzare tutto, scegliendo come standard la scala 1-10 (da estrema sinistra a estrema destra), visto che dal 1982 è diventata la più utilizzata. Hanno selezionato variabili chiave come l’anno del sondaggio, l’età dell’intervistato, la sua ideologia, il genere, la comunità autonoma di residenza e il livello di istruzione. Da qui, hanno costruito le tabelle che incrociano età e anno (periodo) e quelle che incrociano età e coorte di nascita (generazione).
Un aspetto tecnico ma super interessante è l’uso della tecnica delle “finestre mobili doppie” (double moving windows). Detta facile: per rendere le stime più robuste, soprattutto quando si analizzano sottogruppi specifici (tipo, donne con istruzione primaria in una certa regione), si “allarga” il campione considerando anche dati di età e anni adiacenti. Ad esempio, per stimare l’ideologia di una persona di età A nell’anno Y, si possono includere nel calcolo persone della stessa età negli anni Y-1 e Y+1, oppure persone di età A-1 e A+1 nello stesso anno Y. Questo aumenta la numerosità campionaria, riducendo la variabilità delle stime a costo di un piccolo, controllato, aumento del bias. Hanno testato diverse configurazioni di queste finestre (1×3, 3×1, 3×3, 5×5, ecc.), generando per ciascuna tabelle con i valori medi di ideologia, le dimensioni del campione e le varianze (utili per studiare la polarizzazione).
Un database accessibile e le sue (inevitabili) limitazioni
Tutto questo enorme lavoro è confluito nello SCID, un database che ora è accessibile ai ricercatori di tutto il mondo tramite un repository su Mendeley Data. Questo significa che chiunque può tuffarsi in questi dati per studiare le tendenze ideologiche in Spagna, magari confrontandole con quelle di altri Paesi (se esistessero database simili!).
Certo, come ogni studio, anche questo ha le sue limitazioni. Per esempio, non possiamo essere sicuri che persone di generazioni diverse (o la stessa persona in momenti diversi della sua vita) interpretino la scala ideologica esattamente allo stesso modo. Inoltre, in alcune regioni spagnole come la Catalogna o i Paesi Baschi, l’asse ideologico sinistra-destra si intreccia in modo complesso con quello dell’identità nazionale, e una scala unidimensionale potrebbe semplificare troppo le cose. Infine, escludere chi non risponde alla domanda sull’ideologia potrebbe introdurre qualche distorsione se le mancate risposte non sono casuali.
Nonostante ciò, lo sforzo fatto per creare lo SCID è davvero notevole. Ci fornisce uno strumento prezioso per analizzare i processi di cambiamento sociale e politico in Spagna da una prospettiva longitudinale e generazionale. E chissà, magari ispirerà iniziative simili in altri Paesi, aprendo la strada a studi comparativi internazionali ancora più ricchi.
Io, nel mio piccolo, trovo che capire come “pensano” le generazioni sia un passo fondamentale per costruire un dialogo più consapevole e, perché no, un futuro migliore. E voi, cosa ne pensate?
Fonte: Springer