Immagine fotorealistica concettuale che mostra un fascio di luce digitale che scansiona una gabbia toracica umana stilizzata, estraendo punti luminosi unici (feature) dallo sterno e dalla colonna vertebrale, simboleggiando l'identificazione personale tramite computer vision su immagini TAC MIP. Sfondo tecnologico scuro, illuminazione drammatica, obiettivo prime 35mm, profondità di campo.

La tua TAC del torace è la tua nuova impronta digitale? Identificazione hi-tech nelle emergenze!

Ciao a tutti! Sono qui oggi per parlarvi di qualcosa che sembra uscito da un film di fantascienza, ma che sta diventando realtà grazie alla tecnologia medica e all’intelligenza artificiale, o meglio, alla Computer Vision (CV). Immaginate una situazione di emergenza: un grave incidente, una calamità naturale… arrivano persone in ospedale e non si sa chi siano. Identificarle rapidamente è cruciale, ma spesso è una sfida enorme. E se vi dicessi che la soluzione potrebbe già essere nascosta… dentro di noi, o meglio, nelle immagini mediche che magari abbiamo già fatto?

Proprio così! Parliamo di Tomografia Computerizzata (TAC), uno strumento diagnostico potentissimo che ci permette di vedere dentro il corpo umano con dettagli incredibili. Ma oltre alla diagnosi, questi dati potrebbero avere un utilizzo rivoluzionario: aiutarci a identificare persone sconosciute in modo automatico.

Cos’è questa storia della Computer Vision e delle immagini MIP?

La Computer Vision, in parole povere, è una branca dell’informatica che cerca di “insegnare” ai computer a “vedere” e interpretare le immagini un po’ come facciamo noi umani. Nel nostro caso, l’idea è usare la CV per confrontare automaticamente le immagini radiologiche di un paziente sconosciuto con un enorme database di immagini esistenti, cercando una corrispondenza univoca. Figo, no?

Ora, potreste pensare: “Ma una TAC è fatta di tante ‘fette’ sottili, quale usiamo?”. Qui entra in gioco una tecnica chiamata Maximum Intensity Projection (MIP). Immaginatela come un modo per “schiacciare” tutte le fette di una TAC 3D in un’unica immagine 2D, mettendo in risalto le strutture più dense, come le ossa. L’ipotesi alla base del nostro studio era proprio questa: queste immagini MIP del torace sono abbastanza uniche da poter essere usate per l’identificazione personale tramite CV?

Come abbiamo fatto? Lo studio nel dettaglio

Per rispondere a questa domanda, abbiamo messo insieme un bel po’ di dati. Abbiamo analizzato la bellezza di 12.465 TAC toraciche native, appartenenti a 8.177 persone diverse (con età dagli 8 ai 102 anni!). Per ciascuna di queste TAC, abbiamo generato un’immagine MIP.

Ma non bastava l’immagine “nuda e cruda”. Spesso le MIP standard mancano un po’ di contrasto. Perciò, abbiamo usato una tecnica chiamata CLAHE (Contrast-Limited Adaptive Histogram Equalization) per migliorare il contrasto, rendendo i dettagli più visibili, specialmente nelle zone troppo scure o troppo chiare.

Una volta ottenute le nostre immagini MIP ottimizzate, è entrata in azione la Computer Vision. Abbiamo utilizzato un algoritmo specifico, chiamato AKAZE, per identificare automaticamente dei “punti chiave” (keypoints) unici e distintivi all’interno di ogni immagine. Pensate a questi punti come a delle mini-impronte digitali all’interno dell’immagine. Per ogni punto chiave, l’algoritmo calcola anche un “descrittore”, una sorta di codice numerico che ne riassume le caratteristiche locali. L’insieme di questi punti chiave e descrittori forma la “firma” CV dell’immagine.

Queste “firme” (e solo queste, senza i dati personali o le immagini originali!) sono state archiviate in un database CV criptato. Poi abbiamo preso 300 di queste persone (che avevano almeno due TAC nel database) e abbiamo usato la loro immagine MIP più recente come “query”, cioè come immagine da identificare, confrontandola con tutte le firme presenti nel nostro database di oltre 8000 identità potenziali.

Il processo di confronto (matching) è anch’esso sofisticato: per ogni “firma” della query, il sistema cerca le corrispondenze più simili nel database, usando test specifici (come il test di Lowe e l’algoritmo RANSAC) per scartare le corrispondenze dubbie e tenere solo quelle più affidabili. Il risultato è un “punteggio” basato sul numero di punti corrispondenti (matching points). Più punti corrispondono, più è probabile che le due immagini appartengano alla stessa persona.

Immagine fotorealistica di un'interfaccia software avanzata su uno schermo curvo in una sala di controllo medica high-tech. Lo schermo mostra due immagini MIP di TAC toraciche affiancate, con linee luminose che collegano i 'matching points' tra le due, evidenziando le corrispondenze trovate dall'algoritmo di computer vision. Focus preciso sull'interfaccia, luce ambientale controllata, obiettivo prime 50mm, alta definizione dei dettagli scheletrici.

I risultati? Sorprendenti!

Ebbene, i risultati sono stati davvero incoraggianti! Su 300 tentativi di identificazione, siamo riusciti a trovare la persona giusta al primo colpo (rank 1) nel 98,67% dei casi (296 su 300). E se consideriamo i primi 10 risultati più probabili (rank 10), la percentuale sale addirittura al 99,67% (299 su 300)! Questo su un database con quasi 8200 identità diverse, mica male!

Abbiamo anche visto che il numero di punti corrispondenti era significativamente più alto quando si confrontavano immagini della stessa persona (punteggio medio 7.43%) rispetto a immagini di persone diverse (punteggio medio 0.16%). Questa differenza netta è la chiave che permette l’identificazione.

Ma dove trova il computer queste “impronte” uniche? Principalmente nello scheletro toracico, in particolare nello sterno e nella colonna vertebrale. Sembra che queste strutture ossee abbiano caratteristiche così individuali da renderci riconoscibili, anche a distanza di anni tra una TAC e l’altra! Abbiamo visto identificazioni corrette anche con esami fatti a diversi anni di distanza.

Sfide e ostacoli (non è sempre tutto facile)

Ovviamente, non è stato tutto perfetto. Abbiamo incontrato qualche difficoltà. Ad esempio:

  • A volte, la presenza di attrezzature mediche (tubi, cateteri, ecc.) nell’immagine poteva confondere l’algoritmo.
  • Se il paziente era posizionato in modo un po’ “curvo” sul lettino della TAC, l’immagine MIP risultante poteva essere leggermente diversa e ridurre i punti di corrispondenza.
  • In alcuni casi, oggetti esterni al paziente (come il lettino stesso) potevano ridurre il contrasto dell’immagine, rendendo più difficile l’estrazione delle feature.

Questi problemi sembravano essere un po’ più frequenti con l’aumentare dell’età dei pazienti, il che spiega perché abbiamo notato un leggero calo del punteggio nelle fasce d’età più avanzate. Tuttavia, anche in questi casi difficili, spesso l’identificazione era comunque possibile, magari non al rank 1 ma comunque tra i primissimi risultati.

Fotografia macro, obiettivo 100mm, di una sezione di un'immagine MIP di TAC toracica visualizzata su uno schermo ad alta risoluzione. L'immagine mostra chiaramente la struttura dettagliata dello sterno e delle vertebre toraciche, con evidenziate alcune delle 'feature' uniche usate per l'identificazione. Illuminazione controllata per massimizzare i dettagli ossei, alta definizione, focus preciso sulla texture ossea.

Ma è sicuro? Questioni etiche e legali

Una domanda sorge spontanea: “Ma usare le mie TAC per identificarmi è sicuro? E la mia privacy?”. È una preoccupazione legittima. È fondamentale sottolineare che questo metodo non è pensato per essere un’identificazione legalmente valida come le impronte digitali o il DNA. Il suo scopo è piuttosto quello di fornire un indizio potentissimo in situazioni di emergenza, restringendo drasticamente il campo delle possibili identità da migliaia a poche unità, facilitando poi il lavoro degli esperti forensi per l’identificazione certa.

Inoltre, un aspetto chiave è che nel database CV non vengono memorizzate le immagini TAC originali, ma solo le “firme” CV (i keypoints e i descrittori), che sono dati astratti e non permettono di ricostruire l’immagine di partenza. Questi dati sono disaccoppiati dall’immagine e non contengono dati personali diretti. L’identificazione avviene collegando la firma CV a un ID paziente pseudonimizzato.

Per garantire ulteriormente la privacy, si potrebbe pensare a sistemi in cui i database centrali contengano solo le firme CV e l’indicazione dell’ospedale di origine. Solo in caso di match positivo, si contatterebbe l’ospedale per ottenere l’identità, mantenendo così il controllo dei dati a livello locale.

Cosa ci riserva il futuro?

Questo studio dimostra che l’identificazione personale basata sulla CV usando immagini MIP toraciche è fattibile e molto promettente. Apre la strada a tante possibilità:

  • Potremmo affinare il metodo selezionando solo le “fette” di TAC più rilevanti per creare la MIP, migliorando forse ulteriormente i risultati.
  • Potremmo integrare filtri basati su sesso, età o peso per velocizzare la ricerca nel database.
  • Sarebbe interessante studiare l’impatto di gravi traumi o differenze etniche sull’accuratezza.
  • Potremmo esplorare l’uso di altre modalità di immagine, come le semplici radiografie del torace.
  • Un campo affascinante sarebbe l’applicazione post-mortem, confrontando TAC fatte dopo il decesso con quelle presenti nel database per identificare persone decedute sconosciute.

In conclusione, la radiologia, con la sua vasta collezione di immagini, potrebbe diventare una risorsa incredibile per database CV dedicati all’identificazione personale. Questo approccio, quasi fantascientifico fino a poco tempo fa, ha il potenziale per migliorare drasticamente la gestione delle emergenze, permettendo un accesso più rapido alla storia medica dei pazienti e facilitando la comunicazione con i familiari. La strada è aperta, e la computer vision sembra pronta a darci una mano… leggendo nelle nostre ossa!

Immagine concettuale fotorealistica di un database digitale sicuro, rappresentato da file luminosi e fluttuanti in un ambiente high-tech. In primo piano, una rappresentazione astratta di 'feature' biometriche (simili a costellazioni di punti luminosi, non immagini mediche) viene archiviata in modo sicuro. Obiettivo grandangolare 24mm per enfatizzare la vastità e la sicurezza del database, luce bluastra e controllata, sharp focus.

Fonte: Springer

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