Photorealistic image, prime lens, 35mm, facciata di un edificio storico in mattoni rossi, simile all'Ospedale Gao di Wuhan, con evidenti segni di efflorescenza salina bianca che si arrampica sui muri, luce naturale morbida del tardo pomeriggio, profondità di campo che mette a fuoco i dettagli del degrado del mattone e la texture delle incrostazioni saline, duotone seppia e grigio per un effetto antico.

Muri che Parlano: L’IA Svela i Segreti dell’Efflorescenza Salina, il Caso dell’Ospedale Gao di Wuhan!

Amici appassionati di storia, architettura e, perché no, di misteri nascosti tra le pieghe del tempo, oggi vi porto con me in un viaggio affascinante! Parleremo di un nemico subdolo che affligge i nostri amati edifici storici in mattoni: l’efflorescenza. Avete presente quelle antiestetiche macchie biancastre che compaiono sui muri? Ecco, proprio quelle! Ma non temete, perché la tecnologia moderna, in particolare l’intelligenza artificiale, ci sta dando una mano potentissima per scovarle e capirle meglio.

Cos’è questa efflorescenza e perché dovrebbe preoccuparci?

Immaginate i mattoni come delle spugne. Quando l’acqua (pioggia, umidità del terreno, condensa) li attraversa, scioglie i sali solubili presenti naturalmente nei materiali da costruzione (mattoni stessi, malte, cemento). Quando poi quest’acqua evapora dalla superficie del muro, si lascia dietro questi sali, che cristallizzano formando quelle famose incrostazioni bianche. Sembra solo un problema estetico, vero? E invece no! A lungo andare, l’efflorescenza può indebolire la struttura del muro, causare il distacco di intonaci e, nei casi più gravi, compromettere la stabilità dell’edificio. Pensate ai nostri preziosi beni culturali: un vero disastro!

Le cause principali sono legate a doppio filo con le condizioni climatiche: esposizione all’acqua, vento, cicli di gelo e disgelo. Temperature, umidità, caratteristiche idrologiche e ventose diverse possono erodere i mattoni e favorire l’efflorescenza. Alcuni studi, come quelli citati da Wakana Araoka sulle mura di Nanchino, hanno addirittura creato modelli per simulare l’infiltrazione dell’acqua piovana e il suo impatto. Altri, come quelli di Yan Ma sulla Città Proibita, hanno sottolineato l’importanza di un ambiente termo-igrometrico adatto per la conservazione del patrimonio, combinando simulazioni e monitoraggio tradizionale.

La sfida: scovare il nemico invisibile (o quasi)

Tradizionalmente, l’individuazione di questi problemi si basava sull’ispezione manuale. Immaginatevi operai o esperti che scrutano centimetro per centimetro immense facciate, magari appesi a impalcature traballanti. Un lavoro lungo, costoso, soggettivo e a volte pericoloso. Ma oggi, amici, abbiamo un asso nella manica: la computer vision e il deep learning!

In questo studio che mi ha particolarmente colpito, l’obiettivo era proprio quello di usare queste tecnologie per rilevare le aree colpite da efflorescenza nei beni culturali in mattoni e, udite udite, esplorare l’influenza dei parametri meteorologici su questi edifici, specialmente in zone con estati calde e inverni freddi, come la Cina Centrale. A Wuhan, per esempio, i mattoni hanno una storia lunghissima, dall’argilla battuta e paglia fino ai mattoni rossi portati dagli occidentali. L’umidità lì è di casa, e i muri in mattoni ne soffrono parecchio, con l’efflorescenza che, a lungo termine, ne riduce la capacità portante.

La ricerca si è concentrata non tanto sulle crepe (altro grande classico del degrado), ma proprio sull’efflorescenza da umidità, un campo meno esplorato dall’IA. E qui entra in gioco il protagonista tecnologico della nostra storia: YOLOv10.

Macro lens, 100mm, close-up di un muro di mattoni rossi antichi con evidenti chiazze bianche di efflorescenza salina, alta definizione dei cristalli di sale, illuminazione laterale controllata per esaltare la texture e il degrado del materiale.

Prima di arrivare a YOLOv10, però, facciamo un piccolo passo indietro. La ricerca sull’identificazione intelligente dei danni si è spesso focalizzata sulla classificazione delle crepe, sulla regressione dei riquadri di delimitazione (per localizzare la crepa) e sulla segmentazione semantica. Pensate a droni autonomi che, come proposto da Dongho Kang, usano beacon ultrasonici e reti neurali convoluzionali profonde per identificare danni strutturali, superando la tradizionale ispezione visiva. O al sistema di Rahmat Ali, che integra un UAV con un Faster R-CNN modificato per riconoscere e mappare i danni.

YOLOv10: l’occhio di falco dell’IA

YOLO, acronimo di “You Only Look Once”, è una famiglia di algoritmi di rilevamento oggetti che ha rivoluzionato il campo per la sua velocità ed efficienza. Immaginate un sistema che, in un solo passaggio, riesce a localizzare e classificare oggetti in un’immagine. Dalla sua prima versione nel 2015, YOLO si è evoluto tantissimo, fino ad arrivare a YOLOv10, lanciato nel maggio 2024 da ricercatori della Tsinghua University. Questa ultima versione è una vera bomba: ottimizza l’architettura del modello ed elimina la necessità di alcune operazioni di post-elaborazione (come la soppressione dei non massimi, NMS), riducendo il carico computazionale e portando le prestazioni a livelli mai visti prima. Introduce anche un meccanismo di assegnazione a doppia etichetta, che affina ulteriormente il processo.

Per addestrare questo “occhio di falco”, i ricercatori hanno creato un dataset specifico: 1986 immagini di efflorescenza su muri di mattoni, raccolte in parte da internet e in parte scattate sul campo con smartphone e fotocamere. Queste immagini sono state poi annotate e classificate. Per rendere il modello robusto, hanno anche applicato tecniche di data augmentation, variando colori, luminosità e angoli di ripresa. L’addestramento è avvenuto su un computer desktop con una GPU NVIDIA GeForce RTX 4060, non proprio un supercomputer, il che dimostra l’efficienza dell’algoritmo!

Il caso studio: l’Ospedale Gao di Wuhan

E qui la storia si fa ancora più interessante, perché la teoria è stata messa alla prova su un edificio reale con una storia incredibile: l’Ospedale Gao di Wuhan. Fondato nel 1936 dalla dottoressa Gao Xinrong (una figura femminile pionieristica per l’epoca, che studiò persino alla Johns Hopkins University!), questo ospedale è l’unico ospedale privato fondato da una donna medico ancora esistente a Wuhan. Un edificio a tre piani in stile architettonico barocco, con mattoni rossi come materiale principale. Chiuso nel 1952, oggi è utilizzato come negozio e galleria d’arte ed è stato dichiarato edificio storico di eccellenza nel 2007.

L’Ospedale Gao, situato nel distretto di Jiangan, è un esempio perfetto per studiare l’efflorescenza. Wuhan ha un clima subtropicale umido, con estati calde e inverni freddi, piogge abbondanti. Insomma, il cocktail perfetto per i problemi di umidità!

Wide-angle, 18mm, facciata storica dell'Ospedale Gao di Wuhan, stile barocco, mattoni rossi con segni di efflorescenza visibili sotto le finestre e vicino ai pluviali, cielo nuvoloso, luce diffusa, long exposure per catturare l'atmosfera storica.

Utilizzando il modello YOLOv10n (una versione più leggera della famiglia YOLOv10), i ricercatori hanno analizzato le facciate dell’ospedale. I risultati? Impressionanti! Il modello ha raggiunto un’accuratezza tra l’85.7% e il 90.7% nell’identificare le aree di efflorescenza. Le zone più colpite? Principalmente sotto i davanzali, le grondaie, attorno ai tubi di scarico e dove sono installati i rubinetti, oltre ad altre superfici esposte alla pioggia. Curiosamente, le facciate esposte al sole (sul retro) presentavano aree di efflorescenza più estese.

Ma perché proprio lì? La parola al clima (e ai materiali)

L’analisi non si è fermata al “dove”, ma ha cercato di capire il “perché”. L’efflorescenza, come dicevamo, dipende dai materiali (sostanze solubili in cemento, sabbia, mattoni che reagiscono con l’anidride carbonica) e dai parametri meteorologici. Per l’Ospedale Gao, i fattori principali sono risultati essere:

  • Azione idraulica: Wuhan ha un’umidità relativa dell’aria elevatissima (spesso sopra l’80%) e precipitazioni abbondanti. Anche se il livello della falda freatica sotto l’ospedale è relativamente basso, il sistema idrico circostante è ricco, l’umidità del suolo alta. Le fondazioni in pietra dell’edificio offrono una certa protezione, ma l’umidità dell’aria e le piogge fanno il loro lavoro sulle pareti esterne.
  • Azione del gelo-disgelo: A Wuhan le temperature scendono raramente e per poco tempo sotto lo zero. Quindi, sebbene ci siano giorni di gelo, non si formano cicli di gelo-disgelo abbastanza intensi da essere il fattore predominante. L’erosione da gelo-disgelo è quindi considerata trascurabile.
  • Azione del vento: Anche se Wuhan non è una città particolarmente ventosa, l’Ospedale Gao si trova lungo il fiume Yangtze, quindi è esposto tutto l’anno all’erosione del vento carico di umidità. Un vento debole ma costante, nel tempo, ha un effetto simile a quello della goccia che scava la pietra, contribuendo al deterioramento superficiale dei mattoni.

In sintesi, l’erosione idraulica (umidità e acqua) è il prerequisito, mentre l’erosione eolica agisce come un acceleratore, specialmente in un ambiente già umido.

Cosa possiamo fare? Suggerimenti per il futuro

Identificare il problema è il primo passo, ma poi bisogna agire! Lo studio propone due metodi, basati su standard nazionali cinesi, per rimuovere l’efflorescenza:

  1. Metodo della sabbiatura: Si spruzza sabbia fine asciutta ad alta velocità sulla parete. L’impatto rimuove l’efflorescenza. Semplice, ma non risolve il problema alla radice.
  2. Metodo della pulizia acida: Si usa acido cloridrico diluito (1:10). Prima si bagna la superficie, poi si applica l’acido, infine si risciacqua abbondantemente. L’acido converte il carbonato di calcio (insolubile) in cloruro di calcio (solubile), rimuovendolo. Efficace, ma l’acido può penetrare nei mattoni e avere un impatto negativo sulle loro proprietà meccaniche.

La vera sfida, però, è la prevenzione e il monitoraggio costante, soprattutto per edifici di valore storico e artistico come l’Ospedale Gao. L’uso di tecnologie come YOLOv10 può rendere questo monitoraggio più efficiente e tempestivo, permettendo interventi mirati prima che il danno diventi troppo grave. Si suggerisce anche l’applicazione di idrorepellenti (come emulsioni siliconiche a base acquosa) per impermeabilizzare e proteggere dal vento.

Questo studio, amici, è solo l’inizio. I meccanismi dietro le malattie degli edifici legate all’umidità sono complessi e meritano ulteriori indagini. Ma una cosa è certa: l’intelligenza artificiale ci sta aprendo strade incredibili per comprendere e proteggere il nostro meraviglioso patrimonio architettonico. E chissà quali altre scoperte ci riserverà il futuro!

Fonte: Springer

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