Portrait photography, un gruppo eterogeneo di ricercatori medici analizza con attenzione un complesso modello cerebrale 3D luminoso su un display olografico in un moderno laboratorio, obiettivo da 35mm, profondità di campo, duotono ciano e magenta, per trasmettere collaborazione e imaging medico avanzato.

Parkinson e Discinesia: L’IA Può Prevedere il Futuro con una PET?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che, ne sono certo, incuriosirà molti di voi: la malattia di Parkinson e una delle sue complicanze più fastidiose, la discinesia indotta da levodopa (LID). Immaginate di avere un tremore, una rigidità che vi impedisce i movimenti più semplici, e finalmente trovate un farmaco, la levodopa, che vi ridà una parvenza di normalità. Fantastico, no? Beh, sì, ma c’è un “ma”. A lungo andare, questa stessa medicina può causare movimenti involontari, a volte così invalidanti da compromettere seriamente la qualità della vita. È un bel dilemma, vero?

Ecco, nel mondo della ricerca, stiamo cercando di capire chi svilupperà queste LID e chi no, e soprattutto quando. Sapere in anticipo chi è più a rischio potrebbe aiutarci a personalizzare le terapie, magari ritardando l’insorgenza di questi effetti collaterali. E se vi dicessi che una “fotografia” speciale del cervello, una PET con un tracciante chiamato [18F]FP-CIT, fatta all’inizio della malattia, potrebbe contenere la chiave per questa previsione? E se aggiungessimo un pizzico di intelligenza artificiale (IA) per analizzare queste immagini?

La Sfida della Discinesia nel Parkinson

La malattia di Parkinson, come saprete, è la seconda malattia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer, e la sua incidenza sta crescendo a vista d’occhio. Non avendo ancora una cura che modifichi il decorso della malattia, ci affidiamo a trattamenti sintomatici. La levodopa è la nostra arma migliore contro i sintomi motori, ma circa il 40% dei pazienti, dopo 4-6 anni di terapia, sviluppa la LID. Questi sono movimenti involontari, ipercinetici, che possono davvero peggiorare la vita di tutti i giorni.

La comparsa della LID non è uguale per tutti. Dipende da tanti fattori: l’età d’esordio del Parkinson (più si è giovani, maggiore il rischio), il dosaggio di levodopa, il sesso (le donne sembrano più a rischio), la gravità dei sintomi motori e non motori, e persino la genetica. Oltre a questi dati clinici, che raccogliamo parlando col paziente e visitandolo, possiamo misurare la deplezione di dopamina nello striato (una zona del cervello) con esami come la SPECT o la PET. E qui entra in gioco la nostra ricerca.

La Nostra Scommessa: PET e Intelligenza Artificiale

Negli ultimi anni, l’IA, e in particolare le reti neurali convoluzionali (CNN), hanno fatto passi da gigante nell’analisi delle immagini mediche. Sono bravissime a identificare il Parkinson distinguendolo da controlli sani o da altre forme di parkinsonismo. Ma usarle per predire la LID partendo da immagini PET iniziali? Questa è una frontiera ancora poco esplorata.

Nel nostro studio, abbiamo voluto fare proprio questo. Abbiamo preso le immagini PET ([18F]FP-CIT) basali di 402 pazienti con Parkinson e abbiamo “addestrato” un modello di CNN con una tecnica chiamata multi-task learning (MTL). Immaginate che l’IA impari a fare due cose contemporaneamente: classificare i pazienti (chi svilupperà LID entro 5 anni dall’inizio della levodopa e chi no) e ricostruire l’immagine PET originale. Questo approccio aiuta il modello a imparare caratteristiche più generali e importanti, un po’ come studiare due materie correlate per capirle entrambe meglio.

Abbiamo chiamato i “punteggi di probabilità” generati dal nostro modello DeepScores. Questi punteggi ci dicono quanto è probabile che un paziente sviluppi LID precocemente. L’idea è che il modello impari da solo a estrarre le informazioni rilevanti dall’intera immagine PET, senza che un esperto debba dirgli “guarda qui” o “misura quest’area”. È un apprendimento end-to-end, molto più pratico per la clinica.

Portrait photography, un uomo anziano con un'espressione pensierosa, sullo sfondo un sottile overlay digitale di una scansione PET cerebrale colorata, obiettivo da 35mm, profondità di campo, duotono blu e ambra.

I pazienti sono stati divisi in due gruppi: quelli che hanno sviluppato LID entro 5 anni dall’inizio della levodopa (gruppo wLID, 134 pazienti) e quelli che non l’hanno sviluppata o l’hanno fatto dopo i 5 anni (gruppo woLID, 268 pazienti). Abbiamo confrontato il nostro modello CNN MTL con altri modelli, sia CNN più semplici sia modelli di machine learning tradizionali (come regressione logistica, random forest e XGBoost), usando solo le immagini PET o immagini più dati clinici (età, sesso, gravità dei sintomi, ecc.).

Cosa Abbiamo Scoperto?

Beh, i risultati sono incoraggianti, anche se c’è ancora strada da fare! Il nostro modello CNN MTL basato solo sulle immagini ha ottenuto un’area sotto la curva ROC (AUROC) media di 0.666. L’AUROC è una misura di quanto bene il modello distingue i due gruppi: 1 è perfetto, 0.5 è come tirare una moneta. Quindi 0.666 non è male, ma si può migliorare.

Una cosa interessante è che, mentre i modelli di machine learning tradizionali miglioravano parecchio aggiungendo i dati clinici alle misurazioni standard della PET (i cosiddetti SNBR, che indicano la captazione del tracciante in specifiche aree), i nostri modelli CNN basati solo su immagini sembravano già capaci di estrarre informazioni simili a quelle cliniche direttamente dalle scansioni. È come se l’IA “vedesse” cose che le semplici misurazioni numeriche non colgono appieno.

Abbiamo anche “aperto il cofano” della nostra IA per capire su cosa si concentrasse. Le mappe di attivazione ci hanno mostrato che le regioni più “calde”, quelle che il modello riteneva più importanti per predire la LID, erano il putamen anteriore e posteriore e lo striato sensorimotore. Questo è super interessante, perché studi precedenti avevano già indicato che una maggiore riduzione della dopamina in queste aree è associata a un esordio più precoce della LID. Quindi, il nostro modello sembra aver imparato qualcosa di clinicamente sensato!

Ma non ci siamo fermati alla semplice classificazione. Abbiamo usato i DeepScores in un’analisi di sopravvivenza (con la regressione di Cox) per predire il tempo libero da LID. E qui i nostri DeepScores hanno brillato! I modelli che usavano i DeepScores hanno avuto un indice di concordanza (C-index, un’altra misura di performance) medio di 0.643, significativamente migliore rispetto ai modelli basati solo sugli SNBR (C-index di 0.392). Questo suggerisce che i DeepScores potrebbero davvero catturare informazioni prognostiche importanti.

Abbiamo anche considerato l’effetto della dose di levodopa (LEDD). Com’era prevedibile, una LEDD più alta era associata a un maggior rischio di LID. Ma la cosa notevole è che i nostri DeepScores rimanevano un fattore di rischio significativo per la LID anche dopo aver tenuto conto della LEDD e di altri fattori clinici. Questo fa pensare che i DeepScores possano rappresentare un fattore di rischio indipendente, qualcosa che le immagini PET ci dicono in più.

Lenti macro, 60 mm, dettagli elevati, messa a fuoco precisa, illuminazione controllata su un circuito futuristico con percorsi luminosi che rappresentano il flusso di dati da un'immagine di scansione PET cerebrale stilizzata, trasmettendo il concetto di elaborazione di AI elaborazione dei dati medici.

Luci e Ombre del Nostro Studio

Siamo entusiasti di questi risultati, perché rappresentano uno dei primi tentativi di usare il deep learning su immagini PET DAT per predire una prognosi motoria nel Parkinson. Tra i punti di forza del nostro lavoro, c’è il fatto di aver usato immagini PET basali e dati clinici facilmente ottenibili alla prima visita. Inoltre, i nostri modelli CNN lavorano end-to-end, senza bisogno di complesse pre-elaborazioni manuali delle immagini, il che li rende potenzialmente più facili da applicare nella pratica clinica.

Certo, ci sono anche delle limitazioni, e siamo i primi ad ammetterlo. Lo studio è retrospettivo, il che significa che abbiamo guardato dati raccolti in passato. Questo può portare a imprecisioni, per esempio nel determinare l’esatto momento di insorgenza della LID, dato che i pazienti venivano visitati ogni 3-6 mesi. Inoltre, il nostro dataset di 402 pazienti è relativamente piccolo per gli standard del deep learning, e lo studio è stato condotto in un singolo centro. Per confermare i nostri risultati e migliorare le performance, avremo bisogno di più dati, magari da più ospedali, e forse di sviluppare modelli di “deep survival” che predicano direttamente il tempo all’evento invece di una classificazione binaria.

Un’altra scelta che abbiamo fatto è stata quella di usare una soglia di 5 anni per classificare i pazienti. Abbiamo provato anche con 3 e 8 anni, ma la soglia dei 5 anni ci dava un bilanciamento migliore tra i due gruppi (circa 1 paziente con LID precoce ogni 2 senza), simile a quanto riportato in altri studi. È una semplificazione, lo sappiamo, ma un punto di partenza necessario.

Grande angolo, 15 mm, focus acuto, un rendering 3D di un cervello umano con aree specifiche come il putamen e lo striato sensomotorio evidenziato in colori luminosi e contrastanti contro una struttura cerebrale più scura e traslucida, che rappresenta le aree di interesse di AI.

Guardando al Futuro

Quindi, cosa ci portiamo a casa? Che l’uso di immagini PET [18F]FP-CIT basali, analizzate con modelli di deep learning, è una strada promettente per predire l’insorgenza della discinesia indotta da levodopa nel Parkinson. I nostri DeepScores sembrano catturare informazioni prognostiche preziose.

Certo, le performance del modello non sono ancora sufficienti per un’applicazione clinica diretta, ma questo lavoro getta le basi. Immaginate un futuro in cui, alla diagnosi di Parkinson, una PET e un’analisi IA possano dare al medico e al paziente una stima del rischio di LID, aiutando a scegliere la strategia terapeutica migliore fin da subito. È una visione affascinante, no?

I prossimi passi includeranno sicuramente l’integrazione di più informazioni cliniche, magari dati genetici, e l’uso di altre modalità di imaging cerebrale. L’obiettivo è affinare la mira, rendere i nostri “cristalli di Dottor AI” sempre più precisi.

Per ora, è un piccolo passo, ma speriamo significativo, verso una gestione sempre più personalizzata del Parkinson e delle sue complicanze. E io, da ricercatore e appassionato, non vedo l’ora di vedere cosa ci riserverà il futuro!

Persone, lenti principali, 35 mm, un medico e un paziente che guarda insieme su uno schermo trasparente futuristico che mostra analisi cerebrali complesse e risultati di scansione PET, in un ambiente clinico luminoso e moderno, trasmettendo speranza e consulenza medica avanzata, profondità di campo.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *