Intelligenza Artificiale in Odontoiatria: I Prof Sono Pronti alla Rivoluzione?
Amici, l’intelligenza artificiale (IA) non è più fantascienza, ma una realtà che sta bussando forte alle porte di ogni settore, compreso quello dell’odontoiatria. Immaginate diagnosi più precise, piani di trattamento personalizzati, persino la progettazione di protesi ottimizzate grazie a un “cervellone” digitale. Bello, vero? Ma c’è un “ma”: chi insegna ai futuri dentisti e chi già pratica, è davvero pronto a cavalcare quest’onda tecnologica? È una domanda che mi frullava in testa, e a quanto pare non solo a me!
Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio super interessante condotto in Pakistan che ha cercato di fare luce proprio su questo: quanto ne sanno i docenti universitari di odontoiatria sull’IA? Come la percepiscono? Sono entusiasti o un po’ spaventati? Insomma, un vero e proprio check-up sullo stato dell’arte (e delle menti) di chi forma i nostri futuri professionisti del sorriso.
Ma cosa ne pensano i diretti interessati, i docenti universitari di odontoiatria?
Lo studio, che ha coinvolto 400 docenti di college dentistici pubblici e privati, ha usato un mix di questionari e focus group per raccogliere dati sia quantitativi che qualitativi. Un approccio che mi piace, perché non si limita ai numeri ma scava più a fondo nelle opinioni.
Allora, cosa abbiamo scoperto? Beh, la maggior parte dei docenti (circa il 74%) ha dichiarato di essere consapevole delle applicazioni dell’IA nella vita di tutti i giorni e una buona fetta (il 66,2%) la usa già per lavoro. Le principali fonti di informazione? Colleghi e social media. Questo mi fa riflettere su quanto i canali informali stiano diventando cruciali per l’aggiornamento professionale.
Però, e qui casca un po’ l’asino, quando si entra nello specifico, le cose cambiano. Meno del 20% dei partecipanti aveva familiarità con termini come machine learning e deep learning, che sono un po’ il cuore pulsante dell’IA moderna. E solo il 13,5% sapeva distinguerli. C’è da dire che l’81% ha ammesso che le opportunità per imparare di più sull’IA sono limitate. Un campanello d’allarme, direi!
Atteggiamenti: tra entusiasmo e qualche timore
La buona notizia è che, nel complesso, l’atteggiamento verso l’IA è generalmente positivo. I docenti sembrano riconoscere il potenziale rivoluzionario di questa tecnologia in odontoiatria. In particolare, la fascia d’età 36-45 anni si è mostrata la più entusiasta. Forse perché sono professionisti nel pieno della carriera, con abbastanza esperienza per capire i cambiamenti ma ancora abbastanza giovani per abbracciarli con slancio?
Dai focus group è emerso chiaramente che i docenti vedono i benefici dell’IA in vari ambiti:
- Analisi di immagini diagnostiche (pensate a radiografie lette con una precisione sovrumana!)
- Previsione di malattie
- Pianificazione dei trattamenti
- Gestione dei pazienti
- Simulazioni per l’apprendimento clinico degli studenti
C’è anche un crescente interesse per le applicazioni dell’IA che possono aiutare nell’insegnamento e nella ricerca. Insomma, la voglia di innovare c’è!
Tuttavia, non mancano le preoccupazioni. Alcuni timori riguardano la sicurezza del lavoro (l’IA ci ruberà il posto?) e la possibilità che l’IA commetta errori. Preoccupazioni legittime, che però, come sottolinea qualcuno, potrebbero essere ridimensionate pensando che sarà più probabile che chi usa l’IA sostituisca chi non la usa, piuttosto che l’IA sostituisca l’umano di per sé. Questo la dice lunga sulla necessità di integrare l’IA nella formazione!

Gli ostacoli sulla strada dell’IA in odontoiatria
Ma non è tutto rose e fiori. Sono emersi ostacoli importanti che frenano l’adozione dell’IA. Quali sono i principali “cattivi” di questa storia?
- Costi: Le tecnologie IA, come scanner dentali avanzati, software di gestione pazienti basati su IA e simulatori visivi, hanno un costo. E non tutte le istituzioni, specialmente nei paesi in via di sviluppo, possono permettersele.
- Mancanza di formazione specifica: Anche quando le risorse ci sono, spesso manca la formazione adeguata per i docenti. E se chi insegna non è preparato, come possono esserlo gli studenti?
- Preoccupazioni etiche: La privacy dei dati dei pazienti è sacra. E poi c’è il timore di un’eccessiva dipendenza dalla tecnologia, che potrebbe far perdere il “tocco umano” o le capacità di pensiero critico.
Questi ostacoli non sono insormontabili, ma richiedono un impegno serio.
Allora, che si fa? Le raccomandazioni per il futuro
Lo studio non si è limitato a fotografare la situazione, ma ha anche raccolto preziose raccomandazioni su come facilitare l’integrazione dell’IA. E qui le idee sono tante e concrete. Ve ne elenco qualcuna che mi sembra particolarmente azzeccata:
- Formazione, formazione, formazione! A tutti i livelli. Moduli sull’IA già nel corso di laurea, partendo dalle basi (cos’è l’IA, il machine learning, il deep learning) per arrivare alle applicazioni pratiche negli anni successivi. E, ovviamente, workshop pratici per docenti e dentisti già affermati. La modalità preferita? Serie di workshop interattivi!
- Collaborazione è la parola d’ordine: Unire le forze tra istituzioni accademiche, esperti di IA e aziende del settore. Questo può aiutare a sviluppare tecnologie localmente, rendendole più accessibili, e a creare percorsi di carriera in ambito IA per i professionisti dentali.
- Accessibilità: Corsi online e webinar per rendere l’educazione sull’IA più accessibile, superando barriere di tempo e distanza.
- Politiche chiare: Gli organi governativi devono sviluppare normative robuste per affrontare le questioni etiche, proteggendo la privacy dei pazienti e l’autonomia professionale, senza però soffocare l’innovazione.
- Strumenti anti-plagio potenziati: Con l’avvento di IA generative, è fondamentale educare all’uso responsabile e dotarsi di strumenti che riconoscano contenuti generati artificialmente, se usati in modo non etico.
Insomma, la strada verso un’odontoiatria potenziata dall’IA è tracciata, ma richiede un cambio di passo. I docenti sembrano avere un atteggiamento positivo, il che è un ottimo punto di partenza. C’è però un gap di conoscenze specifiche da colmare e ostacoli concreti da superare.

Credo che studi come questo siano fondamentali perché ci danno una mappa per navigare la trasformazione digitale. Preparare i futuri dentisti con competenze digitali non è un lusso, ma una necessità per eccellere in un settore sanitario sempre più tecnologico. E per noi “vecchia guardia”, è uno stimolo al lifelong learning, per restare al passo con i tempi e continuare a offrire il meglio ai nostri pazienti e ai nostri studenti.
Certo, lo studio ha i suoi limiti: potrebbe esserci stato un bias di selezione (chi ha risposto era magari già più interessato all’IA) ed è stato condotto in una specifica area geografica. Ma le indicazioni che emergono sono preziose e credo possano risuonare in molti contesti, anche nel nostro.
La sfida è lanciata: trasformare le potenzialità dell’IA in benefici concreti per l’educazione odontoiatrica e la pratica clinica. E voi, siete pronti?
Fonte: Springer
