Turbine Eoliche Galleggianti: Come l’IA Impara dai Danni (Anche Quando Non Ci Sono!)
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta succedendo nel mondo delle energie rinnovabili, in particolare nell’eolico offshore. Immaginate queste gigantesche turbine eoliche, non piantate sul fondale marino, ma galleggianti! Sono le cosiddette Floating Offshore Wind Turbines (FOWTs), la soluzione ideale per sfruttare il vento dove il mare è troppo profondo. Sembra fantascienza, vero? Eppure, sono già una realtà in crescita esponenziale.
Pensate che entro il 2030 si prevede una capacità installata di quasi 19 GW! Queste strutture sono meraviglie dell’ingegneria, ma come potete immaginare, tenerle d’occhio, specialmente i loro sistemi di ormeggio (le “catene” che le tengono ancorate), è una sfida enorme. E qui entra in gioco il concetto di Digital Twin, un gemello digitale che replica la turbina reale per monitorarne la salute e prevedere problemi.
La Sfida: Dati Mancanti Proprio Quando Servono di Più
Il problema grosso? Per costruire un buon Digital Twin e addestrare modelli di intelligenza artificiale che capiscano se c’è qualcosa che non va (il cosiddetto Condition Monitoring), servono tantissimi dati. Dati di ogni tipo: condizioni meteo-marine, operatività della turbina e, soprattutto, dati relativi a situazioni di danno. Ed è proprio qui che casca l’asino.
Ottenere dati reali su cosa succede quando un sistema di ormeggio si danneggia è difficilissimo. Primo, perché per fortuna i danni gravi sono rari. Secondo, perché quei pochi dati disponibili sono spesso coperti da segreto industriale. Simulare questi scenari? Certo, si può fare, ma è computazionalmente costosissimo e pieno di incertezze.
Ci troviamo quindi di fronte a un classico problema di “class imbalance”: una marea di dati sullo stato “sano” (la maggioranza) e pochissimi dati sullo stato “danneggiato” (la minoranza). Questo squilibrio manda in tilt molti algoritmi di machine learning, che rischiano di imparare benissimo come funziona una turbina sana, ma di non riconoscere i segnali di un problema imminente. Come fare allora?
La Nostra Idea: Usare il “Sano” per Immaginare il “Danneggiato”
Ed è qui che entriamo in scena noi, con un’idea un po’ controintuitiva ma potente. E se potessimo usare l’abbondanza di dati “sani” per aiutare l’IA a generare dati “danneggiati” realistici? Sembra strano, ma pensateci: lo stato danneggiato non è altro che una deviazione dallo stato sano. C’è una relazione tra i due.
Abbiamo sviluppato un nuovo approccio basato su modelli generativi profondi (Deep Generative Models – DGMs), che sono bravissimi a imparare la “grammatica” dei dati e a crearne di nuovi. Nello specifico, abbiamo messo a punto un modello chiamato Hierarchical Variational Autoencoder (HVAE). Non spaventatevi per il nome! In pratica, è un tipo speciale di rete neurale che combina alcune idee molto smart:
- Architettura a Diffusione: Immaginate di prendere un dato pulito e “sporcarlo” gradualmente con del rumore, fino a renderlo irriconoscibile. I modelli a diffusione imparano a fare il processo inverso: partire dal rumore e ricostruire il dato originale. Noi usiamo questo concetto per “trasformare” un dato sano in uno danneggiato.
- Approssimazione Variazionale Gerarchica: Usiamo una struttura a più livelli (gerarchica) per catturare le caratteristiche dei dati a diverse scale di dettaglio. Questo aiuta a generare dati più complessi e realistici.
- Sfruttare la Distribuzione dei Dati Sani: Questa è la chiave! Invece di far imparare all’HVAE solo dai pochi dati danneggiati (rischiando che impari a memoria quei pochi esempi), lo “guidiamo” usando la conoscenza che ha già acquisito dai tantissimi dati sani. È come se dicesse: “Ok, so come ti comporti di solito quando sei sano; ora fammi vedere come quella normalità si modifica quando qualcosa si rompe”.
Il processo si articola in due fasi: Pre-training e Fine-tuning. Prima addestriamo un modello base (un VAE standard) solo sui dati sani, facendogli imparare le caratteristiche fondamentali del sistema in condizioni normali. Poi, nella fase di fine-tuning, prendiamo questo modello pre-addestrato e lo “specializziamo” sui pochi dati danneggiati disponibili, usando la logica HVAE e l’architettura a diffusione. Questo permette al modello di imparare la “differenza” tra sano e danneggiato, partendo da una base solida.

Il Test di Laboratorio: MNIST
Prima di buttarci sulle turbine, abbiamo voluto testare il nostro HVAE su un terreno neutro e ben conosciuto: il dataset MNIST. È un classico: contiene migliaia di immagini scritte a mano delle cifre da 0 a 9. Abbiamo creato artificialmente uno scenario sbilanciato: le cifre da 0 a 4 erano la nostra “maggioranza” (tanti dati), mentre le cifre da 5 a 9 erano la “minoranza” (pochissimi dati, con rapporti di sbilanciamento estremi, fino a 1 a 600!).
Abbiamo usato l’HVAE per generare nuove immagini delle cifre “minoritarie”, partendo da quelle “maggioritarie”. I risultati sono stati incredibili! L’HVAE non solo ha generato cifre riconoscibili e realistiche, ma ha anche catturato sottili somiglianze stilistiche con le cifre “sane” usate come riferimento (ad esempio, l’inclinazione o lo spessore del tratto).
Ma la prova del nove è stata la classificazione. Abbiamo addestrato un classificatore usando i dati aumentati dal nostro HVAE e lo abbiamo confrontato con altri metodi di oversampling (tecniche per bilanciare i dati). Risultato? L’HVAE ha stracciato la concorrenza, specialmente negli scenari con sbilanciamento estremo (un miglioramento del 10.2% nel Geometric Mean rispetto al miglior concorrente nel caso ρ=600!). Questo ci ha dato grande fiducia.
Al Lavoro sulle Turbine: Il Caso OC4-DeepCWind
Ok, superato il test MNIST, era ora di affrontare la sfida reale: le turbine eoliche galleggianti. Abbiamo usato un modello di simulazione di riferimento, chiamato OC4-DeepCWind, per generare i dati. Abbiamo simulato il comportamento della piattaforma (in particolare i movimenti di surge, heave e pitch – oscillazioni avanti/indietro, su/giù e beccheggio) in 625 diverse condizioni meteo-marine (combinazioni di altezza d’onda, periodo, velocità del vento e corrente). Questi erano i nostri dati “sani” (maggioranza).
Poi abbiamo simulato alcuni scenari di danno specifici, come il biofouling (crescita di organismi marini sulle linee di ormeggio, che ne aumenta massa e diametro) e problemi di ancoraggio (spostamento dell’ancora sul fondale). Di questi scenari danneggiati, abbiamo usato pochissimi esempi per il fine-tuning del nostro HVAE (ad esempio, solo 6 simulazioni su 625, meno dell’1%!).
L’obiettivo era vedere se l’HVAE, addestrato con così pochi dati danneggiati ma guidato dai dati sani, potesse generare dati di danno realistici per tutte le altre 619 condizioni meteo-marine che non aveva mai visto in versione “danneggiata”.

Risultati Promettenti (e Qualche Sfida)
Ebbene sì, l’HVAE ce l’ha fatta! È stato in grado di generare serie temporali dei movimenti della piattaforma per gli scenari danneggiati (sia biofouling che ancoraggio) in condizioni mai viste prima, con un’accuratezza notevole (misurata con metriche come l’Errore Quadratico Medio – MSE e la Fréchet Inception Distance – FID). La cosa più impressionante è che ci è riuscito usando solo 6 esempi reali di danno!
Abbiamo poi testato l’utilità di questi dati generati in un compito pratico: addestrare un classificatore binario per distinguere tra stato sano e stato danneggiato. Abbiamo creato dataset di addestramento “ibridi”, mescolando pochi dati reali danneggiati con molti dati generati dall’HVAE.
I risultati? Usare i dati generati dall’HVAE ha decisamente aiutato il classificatore, specialmente quando i dati reali erano scarsissimi (es. 1%). Ha permesso al modello di generalizzare meglio e di non “imparare a memoria” solo quei pochi esempi reali. Certo, abbiamo anche notato che aumentando un po’ la percentuale di dati reali (es. al 10%), le prestazioni miglioravano ulteriormente, soprattutto per scenari complessi come l’ancoraggio in condizioni meteo molto variabili e “randomiche”. Questo suggerisce che, sebbene l’HVAE sia potentissimo, un minimo di dati reali rappresentativi è comunque utile per catturare tutte le sfumature, specialmente quelle più non lineari e caotiche che emergono in condizioni estreme.
Abbiamo anche fatto un’analisi dei componenti per essere sicuri che ogni pezzo del nostro HVAE fosse importante. E sì, usare la distribuzione dei dati sani come guida e la strategia pretrain-finetune si sono rivelati fondamentali per ottenere questi risultati, specialmente con così pochi dati danneggiati a disposizione.

Perché Tutto Questo è Importante?
Ve lo dico io: questo approccio apre porte incredibili. Poter generare dati realistici su scenari di danno rari ma critici significa poter addestrare sistemi di monitoraggio molto più efficaci e robusti. Significa poter costruire Digital Twin più completi e affidabili. Tutto questo si traduce in:
- Maggiore sicurezza: Rilevare i problemi prima che diventino gravi.
- Manutenzione ottimizzata: Intervenire solo quando serve, riducendo costi e fermi impianto.
- Sviluppo accelerato: Testare e validare nuove strategie di controllo e gestione senza aspettare (o sperare in) guasti reali.
Certo, c’è ancora lavoro da fare. Vogliamo rendere l’HVAE ancora più bravo, magari integrandolo con conoscenze fisiche del sistema (physics-informed AI) per gestire meglio le non linearità estreme. E vogliamo testarlo su altri tipi di strutture, come ponti o edifici.
Ma la strada è tracciata. L’intelligenza artificiale, e in particolare questi modelli generativi “intelligenti” come l’HVAE, ci stanno dando strumenti potentissimi per superare limiti che sembravano invalicabili, come la cronica mancanza di dati sui guasti. E questo, nel campo dell’ingegneria e delle energie rinnovabili, è davvero una rivoluzione. Stiamo imparando a prevedere il futuro… anche quando il passato non ci ha dato abbastanza indizi!
Fonte: Springer
