HPV in Tibet: Il Mistero dell’Altitudine e la Salute delle Donne a Shannan
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che ho scoperto leggendo uno studio recente. Riguarda la salute delle donne in un posto incredibile e remoto: la città di Shannan, in Tibet, Cina. Parliamo di Papillomavirus Umano (HPV) e di screening per il cancro al collo dell’utero. So che può sembrare un argomento un po’ tecnico, ma fidatevi, c’è una svolta sorprendente che riguarda l’altitudine!
Un Viaggio Scientifico nel Cuore del Tibet
Prima di tuffarci nei dati, immaginatevi la scena: Shannan, una città nella Regione Autonoma del Tibet, incastonata tra le maestose pendici dell’Himalaya. Un’area vasta, con una popolazione sparsa, risorse mediche non sempre a portata di mano e, come spesso accade in luoghi così remoti, una conoscenza non diffusissima riguardo a temi come l’HPV e l’importanza dello screening. Il cancro al collo dell’utero è un nemico subdolo, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, e l’infezione da HPV ad alto rischio (hrHPV) ne è la causa principale. Pensate che a livello globale, nel 2020, ci sono stati oltre 600.000 casi e più di 340.000 decessi. Numeri che fanno riflettere.
Proprio per contrastare questa situazione, tra il 2021 e il 2022, è stato condotto uno studio importantissimo a Shannan, finanziato dal governo. L’obiettivo? Capire la diffusione (prevalenza) dell’HPV, quali tipi (genotipi) circolano di più e come si presentano i risultati dei test citologici (il famoso Pap test, qui in versione liquida, chiamata ThinPrep) tra le donne locali. È stato il primo studio su così larga scala sulla citologia cervicale in questa zona meridionale del Tibet, coinvolgendo migliaia di donne (oltre 15.000 per il test HPV e quasi 17.000 per la citologia). Un lavoro enorme, considerando le difficoltà logistiche! Nessuna delle partecipanti aveva ricevuto il vaccino HPV, un dettaglio importante per interpretare i risultati.
I Primi Risultati: Cosa Ci Dice lo Studio?
Allora, cosa è emerso? La prevalenza generale dell’HPV a Shannan è risultata del 7.91%. Sembra un numero, ma è interessante confrontarlo. È più basso rispetto ad altre aree del Tibet (come Naqu, con il 13.42%) e decisamente inferiore a zone più sviluppate e densamente popolate della Cina orientale come Tianjin (14.71%) o Shanghai (16.08%). Forse la minore densità di popolazione e uno stile di vita diverso giocano un ruolo? È un’ipotesi.
Scendendo nel dettaglio, i tipi di HPV più “cattivi”, il 16 e il 18, responsabili della maggior parte dei tumori cervicali, sono stati trovati nell’1.21% delle donne testate. La stragrande maggioranza delle infezioni (quasi il 96%) era causata da un singolo tipo di HPV, mentre le infezioni multiple erano più rare (circa il 4%).
Un dato che mi ha colpito riguarda l’età: il picco di infezione da HPV si è registrato nelle donne più giovani, sotto i 25 anni, con un tasso del 13.25%! Dopo questa età, la prevalenza tende a diminuire. Questo non è del tutto inaspettato: spesso le infezioni da HPV vengono contratte all’inizio dell’attività sessuale e il sistema immunitario, soprattutto nelle giovani, riesce poi a “ripulire” il virus nel tempo. Infatti, seguendo alcune donne per quattro anni, si è visto che circa il 36% di quelle risultate positive in passato, erano poi diventate negative all’ultimo controllo.
L’Enigma dell’Altitudine: Più HPV, Meno Anomalie?
E qui arriva la parte più intrigante, quella che mi ha fatto davvero pensare. Shannan ha aree a diverse altitudini. Analizzando i dati per distretto, i ricercatori hanno notato qualcosa di strano: nelle zone a maggiore altitudine (sopra i 4000 metri), il tasso di infezione da HPV era significativamente più alto (9.51%) rispetto alle zone a bassa altitudine (7.47%). Fin qui, si potrebbe pensare che forse l’ambiente d’alta quota (freddo, ipossia?) favorisca in qualche modo il virus.
Ma ecco il paradosso: quando si è andati a vedere i risultati dei test citologici (quelli che cercano cellule anormali, potenziali precursori del cancro), la tendenza si è invertita! Nelle aree ad alta altitudine, dove c’era più HPV, si sono trovate meno anomalie cervicali (6.25%) rispetto alle aree a bassa altitudine (7.43%). Sembra un controsenso, vero? Più infezione, ma meno segni precoci di malattia?
Cercando Spiegazioni: Ipotesi sul Tavolo
Come si spiega questo fenomeno? Gli autori dello studio avanzano diverse ipotesi, e ammetto che sono affascinanti. Non c’è una risposta unica, ma un mix di fattori potrebbe essere in gioco:
- Fattori ambientali d’alta quota: La minore pressione di ossigeno (ipossia) potrebbe influenzare il metabolismo delle cellule cervicali, magari rallentando la progressione verso le anomalie. La maggiore radiazione ultravioletta potrebbe stimolare la produzione di vitamina D, potenziando le difese immunitarie locali contro le lesioni legate all’HPV.
- Adattamenti genetici e immunitari: Le popolazioni che vivono da generazioni ad alta quota potrebbero avere sviluppato adattamenti specifici che influenzano la risposta all’infezione.
- Stili di vita e fattori culturali/comportamentali: Differenze nelle abitudini igieniche, nei comportamenti sessuali (età del primo rapporto, numero di partner), nel fumo, nella dieta, nelle pratiche contraccettive tra le diverse aree potrebbero giocare un ruolo cruciale. Ad esempio, le zone a nord di Shannan, più vicine alla capitale Lhasa e più “aperte” culturalmente, pur avendo meno HPV, mostravano più anomalie. Forse un atteggiamento sessuale diverso?
È chiaro che serve più ricerca per dipanare questa matassa. Serviranno studi longitudinali (seguire le stesse donne nel tempo), analisi molecolari più approfondite (come si comporta il virus in condizioni di ipossia?), raccolta di dati sui comportamenti e sullo stato immunitario.
Cosa Portiamo a Casa da Questo Studio?
Al di là del mistero dell’altitudine, questo studio ci lascia messaggi importanti. Primo, sottolinea l’importanza vitale dello screening cervicale, anche e soprattutto in aree remote e con risorse limitate. Portare questi test alle donne di Shannan è stato un passo fondamentale. Secondo, i dati sulla prevalenza dei diversi tipi di HPV (con il 16 e 18 comunque presenti, anche se in calo rispetto al passato, forse grazie ai primi timidi passi della vaccinazione?) confermano l’utilità dei vaccini HPV attualmente disponibili anche per questa popolazione. Terzo, evidenzia la necessità di campagne di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza sull’HPV e sull’importanza dei controlli regolari.
Infine, il dato sull’altitudine, per quanto controintuitivo, ci ricorda quanto possa essere complesso il rapporto tra un virus, l’ospite umano e l’ambiente in cui vive. Non è mai una storia semplice.
Insomma, uno studio che apre più domande di quante ne chiuda, ma è proprio questo il bello della scienza, no? Ci spinge a guardare oltre, a non dare nulla per scontato e a cercare strategie sempre più mirate per proteggere la salute di tutti, ovunque si trovino.
Fonte: Springer