Fotografia di un ricercatore in camice bianco che osserva attentamente una piastra di Petri con colture cellulari sotto una luce da laboratorio intensa e focalizzata, obiettivo macro 85mm, alta definizione dei dettagli cellulari, luce controllata per evidenziare le strutture, simboleggiando lo studio clinico sulla combinazione HMA/Venetoclax per MDS/CMML come terapia ponte al trapianto allogenico.

MDS e CMML ad Alto Rischio: Una Nuova Terapia Ponte Apre le Porte al Trapianto

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una sfida enorme che affrontiamo nel campo dell’ematologia: le sindromi mielodisplastiche ad alto rischio (HR-MDS) e la leucemia mielomonocitica cronica (CMML). Si tratta di malattie con una prognosi spesso infausta, dove la sopravvivenza media, purtroppo, non supera i 20 mesi. Attualmente, l’unica speranza concreta di cura è il trapianto allogenico di cellule staminali (allo-SCT), un’opzione che ha dimostrato di poter allungare significativamente la vita dei pazienti.

La Sfida del Trapianto: Arrivarci è il Primo Ostacolo

Il problema è che arrivare al trapianto non è affatto scontato. Ci sono diversi scogli: molti pazienti, pur essendo candidati ideali, non riescono ad accedere all’allo-SCT, spesso a causa della progressione della malattia. Inoltre, anche dopo il trapianto, il rischio di recidiva rimane alto.

Si pensa che ridurre la “massa tumorale” prima del trapianto possa migliorare i risultati post-trapianto. Le chemioterapie intensive, simili a quelle usate per la leucemia mieloide acuta (LMA), possono essere usate, ma nelle HR-MDS danno spesso risposte meno complete e durature, con tossicità più elevate.

L’approccio più comune come “terapia ponte” (cioè un trattamento per tenere sotto controllo la malattia in attesa del trapianto) è la monoterapia con agenti ipometilanti (HMA), come l’azacitidina (AZA) o la decitabina (DEC). Tuttavia, i risultati sono modesti: meno del 20% dei pazienti ottiene una risposta completa e meno del 50% una risposta qualsiasi. Drammaticamente, circa il 43% dei pazienti peggiora o muore prima di poter effettuare il trapianto. C’è un bisogno disperato di strategie ponte più efficaci.

Una Nuova Combinazione Promettente: HMA + Venetoclax

Qui entra in gioco una combinazione che sta facendo molto parlare di sé: HMA più Venetoclax (VEN). Venetoclax è un inibitore di BCL2, una proteina su cui molte cellule tumorali (incluse quelle di MDS e CMML) fanno affidamento per sopravvivere. La combinazione HMA/VEN è già diventata lo standard di cura per i pazienti anziani con LMA non idonei a chemio intensiva, dimostrando di migliorare la sopravvivenza rispetto alla sola AZA.

Studi recenti hanno iniziato a esplorare HMA/VEN anche nelle MDS, mostrando tassi di risposta globale (ORR) intorno al 70%, spesso ottenuti rapidamente (in 1-2 mesi). Anche nei pazienti refrattari o recidivati (R/R) dopo HMA, dove la prognosi è pessima (sopravvivenza < 6 mesi), HMA/VEN ha mostrato tassi di risposta del 40-50%. Risultati incoraggianti sono emersi anche nella CMML, sebbene con qualche preoccupazione per recidive precoci. Tutto questo suggerisce che HMA/VEN potrebbe essere una strategia ponte ideale per portare più pazienti con HR-MDS e CMML al trapianto. Alcuni studi preliminari e retrospettivi hanno iniziato a indicare questa possibilità, ma mancava uno studio focalizzato proprio su questo: valutare quanti pazienti *eleggibili* al trapianto riescono effettivamente a raggiungerlo grazie a HMA/VEN.

Lo Studio GESMD: Numeri che Fanno Sperare

Ed è qui che entra in gioco il nostro studio retrospettivo, condotto come parte del Gruppo Spagnolo di Sindromi Mielodisplastiche (GESMD). Abbiamo analizzato i dati di 30 pazienti con HR-MDS o MDS/MPN (principalmente CMML) considerati eleggibili per l’allo-SCT e trattati con HMA/VEN proprio come terapia ponte. Di questi, 18 erano “naïve” (mai trattati prima) e 12 erano R/R.

I risultati? Davvero notevoli!

  • Il tasso di risposta globale (ORR), secondo i criteri IWG 2023, è stato del 90%.
  • Il tasso di risposta completa composita (CRc), che include le risposte più profonde, è stato del 77%.
  • Anche nei pazienti R/R, l’ORR è stato altissimo: 83%.

La cosa sorprendente è stata la rapidità della risposta: la maggior parte dei pazienti ha ottenuto la migliore risposta già dopo il primo ciclo di terapia! Questo è fondamentale per una terapia ponte, perché permette di procedere al trapianto prima che la malattia possa progredire.

Immagine macro di cellule staminali in una piastra di Petri sotto una luce da laboratorio, obiettivo macro 90mm, alta definizione, illuminazione controllata e focalizzata, simboleggiante la ricerca avanzata sulla terapia ponte per MDS e CMML.

Il Tasso di Trapianto: Un Successo Incoraggiante

Ma la domanda cruciale era: quanti di questi pazienti sono poi arrivati al trapianto? Ebbene, ben 25 pazienti su 30 (83%) hanno effettuato l’allo-SCT dopo il trattamento con HMA/VEN. Due di loro hanno avuto bisogno di un’ulteriore terapia ponte dopo HMA/VEN a causa di una progressione, ma sono stati “salvati” e sono comunque arrivati al trapianto.

Se consideriamo solo i pazienti che sono arrivati al trapianto usando *esclusivamente* HMA/VEN come ponte, il tasso è stato del 76.6% (23 su 30). Questo dato è particolarmente significativo se pensiamo ai tassi molto più bassi riportati storicamente con la sola HMA. Anche nei pazienti R/R, il 66.6% è riuscito ad arrivare al trapianto.

I motivi per cui 5 pazienti non sono stati trapiantati sono stati vari: progressione della malattia (3 pazienti), decisione medica (1 paziente già trapiantato in passato), e deterioramento delle condizioni generali non legato alla tossicità ematologica (1 paziente).

Sicurezza e Tollerabilità: Un Profilo Gestibile

Un aspetto chiave è la sicurezza. Come atteso, la combinazione HMA/VEN ha causato cali delle piastrine (trombocitopenia, 70% grado 3/4) e dei neutrofili (neutropenia, 85% grado 3/4), soprattutto nel primo ciclo. Il 17% ha avuto neutropenia febbrile che ha richiesto ricovero. Tuttavia, il profilo di tossicità è risultato gestibile:

  • Nessun decesso nei primi 30 giorni.
  • Solo un decesso nei primi 60 giorni, dovuto a progressione della malattia, non a tossicità.
  • Ritardi nel trattamento o riduzioni di dose sono stati necessari in alcuni casi, ma gestibili.

È importante notare che anche pazienti più anziani (alcuni sopra i 70 anni nel nostro studio) hanno potuto beneficiare di questa strategia e arrivare al trapianto, suggerendo che l’età da sola non dovrebbe essere un fattore escludente, ma che è necessaria una valutazione caso per caso.

Sopravvivenza e Recidive Post-Trapianto

E dopo il trapianto? I dati sulla sopravvivenza sono incoraggianti. Per l’intera coorte, la sopravvivenza globale (OS) a 1 e 2 anni dall’inizio di HMA/VEN è stata rispettivamente del 77.3% e 64.9%.
Concentrandoci sui 23 pazienti trapiantati dopo solo HMA/VEN:

  • La sopravvivenza post-trapianto a 1 e 2 anni è stata del 75%.
  • Il tasso cumulativo di recidiva (CIR) a 2 anni è stato del 30.5%.
  • La mortalità non legata a recidiva è stata bassa (4.5%, un solo paziente).

Non abbiamo osservato differenze significative nei risultati tra pazienti HR-MDS e CMML, né tra naïve e R/R, anche se il numero ridotto di pazienti richiede cautela. Un dato emerso è che i pazienti con mutazioni di TP53 (presenti nel 20% della nostra coorte) hanno avuto un rischio di recidiva post-trapianto significativamente più alto (75% vs 15.4% a 2 anni).

Curiosamente, ottenere una risposta completa (CRc) prima del trapianto non sembrava influenzare significativamente la sopravvivenza post-trapianto nel nostro gruppo, e molti pazienti sono andati al trapianto con mutazioni ancora rilevabili tramite NGS (Next-Generation Sequencing), senza un impatto apparente sulla sopravvivenza a 2 anni. Questo aspetto merita ulteriori indagini.

Grafico astratto che mostra una curva di sopravvivenza in crescita sovrapposta a una micrografia di cellule del sangue, colori duotone blu e argento, profondità di campo, obiettivo 35mm, a simboleggiare i dati promettenti sulla sopravvivenza post-trapianto.

Il Ruolo Cruciale del Monitoraggio Molecolare

Un aspetto affascinante emerso è il potenziale del monitoraggio molecolare post-trapianto. In 9 pazienti seguiti nel nostro centro con una tecnica ultra-sensibile chiamata ddPCR (droplet digital PCR), abbiamo potuto identificare una “recidiva molecolare” (cioè la ricomparsa delle mutazioni specifiche della malattia a livelli bassissimi) in due pazienti, prima che la malattia fosse visibile al microscopio. Questo ha permesso di iniziare un trattamento “preventivo” (preemptive) con HMA/VEN, ottenendo buoni risultati e mantenendo la remissione. Questo sottolinea l’importanza crescente di seguire i pazienti dopo il trapianto con queste tecniche avanzate.

Limiti e Prospettive Future

Certo, il nostro è uno studio retrospettivo, con un numero limitato di pazienti e un follow-up relativamente breve. Non possiamo trarre conclusioni definitive sulla superiorità di HMA/VEN rispetto ad altre strategie senza studi prospettici randomizzati più ampi.

Tuttavia, per la prima volta abbiamo dati specifici su pazienti eleggibili al trapianto trattati con HMA/VEN come ponte. I risultati – alti tassi di risposta, alto tasso di accesso al trapianto, sopravvivenza incoraggiante e tossicità gestibile – forniscono una solida base preliminare.

In Conclusione: Un Ponte Verso la Speranza

Possiamo dire che la combinazione HMA/VEN si profila come una strategia ponte estremamente promettente per i pazienti con HR-MDS e CMML candidati al trapianto. Sembra in grado di portare un numero maggiore di pazienti a ricevere l’unica terapia potenzialmente curativa disponibile, l’allo-SCT, con risultati post-trapianto incoraggianti e un profilo di sicurezza accettabile.

Questi risultati “real-world”, pur necessitando di conferme, sono un passo avanti importante e potrebbero davvero aiutare a cambiare la pratica clinica, offrendo una nuova speranza a pazienti che affrontano malattie così difficili.

Fonte: Springer

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