MDS e CMML ad Alto Rischio: Una Nuova Terapia Ponte Apre le Porte al Trapianto
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una sfida enorme che affrontiamo nel campo dell’ematologia: le sindromi mielodisplastiche ad alto rischio (HR-MDS) e la leucemia mielomonocitica cronica (CMML). Si tratta di malattie con una prognosi spesso infausta, dove la sopravvivenza media, purtroppo, non supera i 20 mesi. Attualmente, l’unica speranza concreta di cura è il trapianto allogenico di cellule staminali (allo-SCT), un’opzione che ha dimostrato di poter allungare significativamente la vita dei pazienti.
La Sfida del Trapianto: Arrivarci è il Primo Ostacolo
Il problema è che arrivare al trapianto non è affatto scontato. Ci sono diversi scogli: molti pazienti, pur essendo candidati ideali, non riescono ad accedere all’allo-SCT, spesso a causa della progressione della malattia. Inoltre, anche dopo il trapianto, il rischio di recidiva rimane alto.
Si pensa che ridurre la “massa tumorale” prima del trapianto possa migliorare i risultati post-trapianto. Le chemioterapie intensive, simili a quelle usate per la leucemia mieloide acuta (LMA), possono essere usate, ma nelle HR-MDS danno spesso risposte meno complete e durature, con tossicità più elevate.
L’approccio più comune come “terapia ponte” (cioè un trattamento per tenere sotto controllo la malattia in attesa del trapianto) è la monoterapia con agenti ipometilanti (HMA), come l’azacitidina (AZA) o la decitabina (DEC). Tuttavia, i risultati sono modesti: meno del 20% dei pazienti ottiene una risposta completa e meno del 50% una risposta qualsiasi. Drammaticamente, circa il 43% dei pazienti peggiora o muore prima di poter effettuare il trapianto. C’è un bisogno disperato di strategie ponte più efficaci.
Una Nuova Combinazione Promettente: HMA + Venetoclax
Qui entra in gioco una combinazione che sta facendo molto parlare di sé: HMA più Venetoclax (VEN). Venetoclax è un inibitore di BCL2, una proteina su cui molte cellule tumorali (incluse quelle di MDS e CMML) fanno affidamento per sopravvivere. La combinazione HMA/VEN è già diventata lo standard di cura per i pazienti anziani con LMA non idonei a chemio intensiva, dimostrando di migliorare la sopravvivenza rispetto alla sola AZA.
Studi recenti hanno iniziato a esplorare HMA/VEN anche nelle MDS, mostrando tassi di risposta globale (ORR) intorno al 70%, spesso ottenuti rapidamente (in 1-2 mesi). Anche nei pazienti refrattari o recidivati (R/R) dopo HMA, dove la prognosi è pessima (sopravvivenza < 6 mesi), HMA/VEN ha mostrato tassi di risposta del 40-50%. Risultati incoraggianti sono emersi anche nella CMML, sebbene con qualche preoccupazione per recidive precoci. Tutto questo suggerisce che HMA/VEN potrebbe essere una strategia ponte ideale per portare più pazienti con HR-MDS e CMML al trapianto. Alcuni studi preliminari e retrospettivi hanno iniziato a indicare questa possibilità, ma mancava uno studio focalizzato proprio su questo: valutare quanti pazienti *eleggibili* al trapianto riescono effettivamente a raggiungerlo grazie a HMA/VEN.
Lo Studio GESMD: Numeri che Fanno Sperare
Ed è qui che entra in gioco il nostro studio retrospettivo, condotto come parte del Gruppo Spagnolo di Sindromi Mielodisplastiche (GESMD). Abbiamo analizzato i dati di 30 pazienti con HR-MDS o MDS/MPN (principalmente CMML) considerati eleggibili per l’allo-SCT e trattati con HMA/VEN proprio come terapia ponte. Di questi, 18 erano “naïve” (mai trattati prima) e 12 erano R/R.
I risultati? Davvero notevoli!
- Il tasso di risposta globale (ORR), secondo i criteri IWG 2023, è stato del 90%.
- Il tasso di risposta completa composita (CRc), che include le risposte più profonde, è stato del 77%.
- Anche nei pazienti R/R, l’ORR è stato altissimo: 83%.
La cosa sorprendente è stata la rapidità della risposta: la maggior parte dei pazienti ha ottenuto la migliore risposta già dopo il primo ciclo di terapia! Questo è fondamentale per una terapia ponte, perché permette di procedere al trapianto prima che la malattia possa progredire.

Il Tasso di Trapianto: Un Successo Incoraggiante
Ma la domanda cruciale era: quanti di questi pazienti sono poi arrivati al trapianto? Ebbene, ben 25 pazienti su 30 (83%) hanno effettuato l’allo-SCT dopo il trattamento con HMA/VEN. Due di loro hanno avuto bisogno di un’ulteriore terapia ponte dopo HMA/VEN a causa di una progressione, ma sono stati “salvati” e sono comunque arrivati al trapianto.
Se consideriamo solo i pazienti che sono arrivati al trapianto usando *esclusivamente* HMA/VEN come ponte, il tasso è stato del 76.6% (23 su 30). Questo dato è particolarmente significativo se pensiamo ai tassi molto più bassi riportati storicamente con la sola HMA. Anche nei pazienti R/R, il 66.6% è riuscito ad arrivare al trapianto.
I motivi per cui 5 pazienti non sono stati trapiantati sono stati vari: progressione della malattia (3 pazienti), decisione medica (1 paziente già trapiantato in passato), e deterioramento delle condizioni generali non legato alla tossicità ematologica (1 paziente).
Sicurezza e Tollerabilità: Un Profilo Gestibile
Un aspetto chiave è la sicurezza. Come atteso, la combinazione HMA/VEN ha causato cali delle piastrine (trombocitopenia, 70% grado 3/4) e dei neutrofili (neutropenia, 85% grado 3/4), soprattutto nel primo ciclo. Il 17% ha avuto neutropenia febbrile che ha richiesto ricovero. Tuttavia, il profilo di tossicità è risultato gestibile:
- Nessun decesso nei primi 30 giorni.
- Solo un decesso nei primi 60 giorni, dovuto a progressione della malattia, non a tossicità.
- Ritardi nel trattamento o riduzioni di dose sono stati necessari in alcuni casi, ma gestibili.
È importante notare che anche pazienti più anziani (alcuni sopra i 70 anni nel nostro studio) hanno potuto beneficiare di questa strategia e arrivare al trapianto, suggerendo che l’età da sola non dovrebbe essere un fattore escludente, ma che è necessaria una valutazione caso per caso.
Sopravvivenza e Recidive Post-Trapianto
E dopo il trapianto? I dati sulla sopravvivenza sono incoraggianti. Per l’intera coorte, la sopravvivenza globale (OS) a 1 e 2 anni dall’inizio di HMA/VEN è stata rispettivamente del 77.3% e 64.9%.
Concentrandoci sui 23 pazienti trapiantati dopo solo HMA/VEN:
- La sopravvivenza post-trapianto a 1 e 2 anni è stata del 75%.
- Il tasso cumulativo di recidiva (CIR) a 2 anni è stato del 30.5%.
- La mortalità non legata a recidiva è stata bassa (4.5%, un solo paziente).
Non abbiamo osservato differenze significative nei risultati tra pazienti HR-MDS e CMML, né tra naïve e R/R, anche se il numero ridotto di pazienti richiede cautela. Un dato emerso è che i pazienti con mutazioni di TP53 (presenti nel 20% della nostra coorte) hanno avuto un rischio di recidiva post-trapianto significativamente più alto (75% vs 15.4% a 2 anni).
Curiosamente, ottenere una risposta completa (CRc) prima del trapianto non sembrava influenzare significativamente la sopravvivenza post-trapianto nel nostro gruppo, e molti pazienti sono andati al trapianto con mutazioni ancora rilevabili tramite NGS (Next-Generation Sequencing), senza un impatto apparente sulla sopravvivenza a 2 anni. Questo aspetto merita ulteriori indagini.

Il Ruolo Cruciale del Monitoraggio Molecolare
Un aspetto affascinante emerso è il potenziale del monitoraggio molecolare post-trapianto. In 9 pazienti seguiti nel nostro centro con una tecnica ultra-sensibile chiamata ddPCR (droplet digital PCR), abbiamo potuto identificare una “recidiva molecolare” (cioè la ricomparsa delle mutazioni specifiche della malattia a livelli bassissimi) in due pazienti, prima che la malattia fosse visibile al microscopio. Questo ha permesso di iniziare un trattamento “preventivo” (preemptive) con HMA/VEN, ottenendo buoni risultati e mantenendo la remissione. Questo sottolinea l’importanza crescente di seguire i pazienti dopo il trapianto con queste tecniche avanzate.
Limiti e Prospettive Future
Certo, il nostro è uno studio retrospettivo, con un numero limitato di pazienti e un follow-up relativamente breve. Non possiamo trarre conclusioni definitive sulla superiorità di HMA/VEN rispetto ad altre strategie senza studi prospettici randomizzati più ampi.
Tuttavia, per la prima volta abbiamo dati specifici su pazienti eleggibili al trapianto trattati con HMA/VEN come ponte. I risultati – alti tassi di risposta, alto tasso di accesso al trapianto, sopravvivenza incoraggiante e tossicità gestibile – forniscono una solida base preliminare.
In Conclusione: Un Ponte Verso la Speranza
Possiamo dire che la combinazione HMA/VEN si profila come una strategia ponte estremamente promettente per i pazienti con HR-MDS e CMML candidati al trapianto. Sembra in grado di portare un numero maggiore di pazienti a ricevere l’unica terapia potenzialmente curativa disponibile, l’allo-SCT, con risultati post-trapianto incoraggianti e un profilo di sicurezza accettabile.
Questi risultati “real-world”, pur necessitando di conferme, sono un passo avanti importante e potrebbero davvero aiutare a cambiare la pratica clinica, offrendo una nuova speranza a pazienti che affrontano malattie così difficili.
Fonte: Springer
