HiBC: Il Tesoro Nascosto nel Nostro Intestino Finalmente Svelato!
Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi dell’incredibile mondo che si cela dentro di noi! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta particolarmente a cuore, una vera e propria rivoluzione per chi, come me, è affascinato dal microbioma intestinale. Avete mai pensato a quanti e quali microrganismi vivono in pacifica (o a volte meno pacifica) simbiosi nel nostro intestino? Sono trilioni, un universo brulicante di vita che influenza la nostra salute in modi che stiamo solo iniziando a comprendere.
Per anni, studiare questi minuscoli coinquilini è stata un’impresa titanica. Molti di loro, infatti, sono dei veri e propri “sconosciuti”: difficili da coltivare in laboratorio e, di conseguenza, da analizzare. Immaginate di voler studiare gli abitanti di una foresta pluviale potendo osservare solo quelli che si avventurano fuori dalla fitta vegetazione. Limitante, vero? Ecco, per il microbioma intestinale la situazione era simile. Tante collezioni di batteri intestinali umani sono state create, ma poche sono realmente accessibili alla comunità scientifica. Un vero peccato, perché senza poter “mettere le mani” su questi batteri, la ricerca arranca.
Un Tesoro di Biodiversità Finalmente Accessibile
Ed è qui che entro in gioco io, o meglio, la HiBC (Human intestinal Bacteria Collection)! Pensate a una biblioteca vastissima, ma invece di libri, contiene ceppi batterici isolati dall’intestino umano. E la parte migliore? È pubblicamente disponibile! Niente più segreti o accessi limitati. La HiBC, che potete esplorare virtualmente su https://www.hibc.rwth-aachen.de, è una miniera d’oro per i ricercatori.
Parliamo di numeri, che rendono sempre l’idea: la collezione HiBC vanta ben 340 ceppi batterici. Questi campioncini rappresentano 198 specie diverse, appartenenti a 29 famiglie e 7 phyla. E tenetevi forte: tra queste, ben 29 specie erano precedentemente sconosciute alla scienza! Le abbiamo descritte tassonomicamente e abbiamo dato loro un nome, un po’ come fare i padrini di battesimo per delle nuove creature. Immaginate l’emozione di scoprire e battezzare un nuovo abitante del nostro corpo!
Tra queste “new entry” ci sono vere e proprie star, come due specie di Faecalibacterium produttrici di butirrato (un acido grasso importantissimo per la salute del colon) e nuove specie dominanti associate sia alla salute che a condizioni come le malattie infiammatorie intestinali (IBD). Sto parlando di nomi che presto diventeranno familiari agli addetti ai lavori, come Ruminococcoides intestinale e Blautia intestinihominis.
Ma Cosa Rende la HiBC Così Speciale?
Oltre alla novità, la HiBC brilla per la sua accessibilità e qualità. Prima di noi, recuperare ceppi batterici da altre collezioni era un percorso a ostacoli. Pensate che, analizzando otto grandi studi di isolamento precedenti, abbiamo scoperto che su oltre 12.500 ceppi riportati, solo il 12,2% era stato depositato in una collezione pubblica. E di questi, molti erano inaccessibili per restrizioni varie. Alla fine della fiera, solo il 3,8% dei batteri intestinali isolati era realmente a disposizione della comunità scientifica. Un’inezia!
La HiBC, invece, è interamente depositata presso la DSMZ (la Collezione Tedesca di Microrganismi e Colture Cellulari), un’istituzione che garantisce standard di qualità elevatissimi e la conservazione a lungo termine. Per ogni ceppo, abbiamo generato genomi di alta qualità (completi al 99.22% in media, con una contaminazione bassissima) e fornito metadati dettagliati: da dove è stato isolato, come coltivarlo, la sua tassonomia completa. Insomma, una carta d’identità super dettagliata per ogni batterio.
Questa trasparenza e accessibilità sono fondamentali. Permettono ad altri ricercatori di confermare i nostri risultati, di fare studi comparativi e, soprattutto, di passare da semplici associazioni (tipo “questo batterio è presente in chi ha questa malattia”) a una comprensione meccanicistica (“questo batterio FA QUESTA COSA che influenza la malattia”). Un esempio lampante è lo studio di Akkermansia muciniphila, la cui disponibilità ha permesso di svelarne i meccanismi d’azione benefici.
Nuove Stelle nel Firmamento Batterico: Specie Mai Viste Prima
Come vi dicevo, abbiamo identificato 29 specie nuove di zecca. Alcune di queste non sono affatto rare, anzi! Per esempio, Ruminococcoides intestinale è risultato essere una delle specie più abbondanti nel microbioma di molte persone, rappresentando in media il 2.84% della comunità batterica negli individui in cui è presente. Anche Blautia intestinihominis non scherza, con una media dell’1.19%. Questi dati ci dicono che generi come Ruminococcoides, sebbene descritti solo di recente, sono attori principali nel nostro intestino, ma finora sono stati poco studiati. Ora, grazie alla HiBC, abbiamo i ceppi isolati per farlo!
Abbiamo anche cercato di capire se queste nuove specie avessero un ruolo nelle malattie. Prendiamo Ruminococcoides intestinale: analizzando le sue proteine, abbiamo visto che ben 1883 di esse sono significativamente più presenti nelle persone sane rispetto a quelle con Malattia di Crohn (CD), e 1684 rispetto a quelle con Colite Ulcerosa (UC). Tra queste proteine “amiche della salute” ci sono quelle coinvolte nel trasporto della spermidina (una poliammina antinfiammatoria) e nella biosintesi della biotina (immunomodulante). Un vero arsenale pro-salute!
Per Blautia intestinihominis, la storia è un po’ più complessa. Alcune specie di Blautia sono benefiche, altre sembrano esacerbare le coliti. Nel nostro caso, molte proteine di B. intestinihominis erano più presenti nei sani rispetto ai pazienti con CD, ma, udite udite, ben 1450 proteine erano più abbondanti nei pazienti con UC rispetto ai sani! Tra queste, trasportatori per amminoacidi a catena ramificata, fosfato e adenosina, tutti collegati in qualche modo alla colite. Questo ci fa capire quanto sia importante studiare i batteri a livello di specie e persino di ceppo: non si può fare di tutta l’erba un fascio!
Un Mondo Nascosto: I Plasmidi e i Megaplasmidi
Ma non è finita qui! Ci siamo tuffati anche nel mondo dei plasmidi. Pensateli come delle chiavette USB piene di “app” extra (geni) che i batteri possono scambiarsi, conferendo loro nuove capacità, come la resistenza agli antibiotici o la capacità di metabolizzare certe sostanze. Ebbene, quasi la metà (46%) dei nostri ceppi HiBC conteneva plasmidi, fino a un massimo di sei in un singolo batterio! Abbiamo ricostruito ben 266 plasmidi.
Uno dei più interessanti è il plasmide che abbiamo chiamato pBAC, perché sembra essere diffusissimo tra i batteri dell’ordine Bacteroidales. Esiste in tre forme diverse (pBAC-1, pBAC-2, pBAC-3) che sembrano avere un’origine comune. La cosa affascinante è che pBAC-1 e pBAC-2 codificano per sistemi tossina-antitossina diversi, e queste differenze si riflettono sulla loro associazione con la salute: le proteine di pBAC-1 sono più prevalenti nei pazienti con Crohn, mentre quelle di pBAC-2 lo sono meno. Questo suggerisce che questi sistemi potrebbero influenzare la “fitness” del batterio ospite e, di conseguenza, la salute dell’uomo.
E poi ci sono i megaplasmidi, plasmidi giganti (oltre 100.000 paia di basi). Ne abbiamo trovati due: uno in Hominifimenecus microfluidus e un altro, chiamato pMMCAT_H253, in un ceppo di Phocaeicola vulgatus. Questo pMMCAT è particolarmente intrigante. Studi precedenti avevano suggerito che potesse influenzare la capacità del batterio di formare biofilm. Noi abbiamo confrontato il nostro ceppo di P. vulgatus con pMMCAT con un ceppo strettamente imparentato che ne era privo. Risultato? Il batterio con il megaplasmide aderiva molto di più alle superfici! Questo potrebbe essere cruciale per la colonizzazione dell’intestino. Immaginate quanto potenziale c’è ancora da scoprire in questi elementi genetici mobili!
Il Caso Faecalibacterium: Non Tutti i Produttori di Butirrato Sono Uguali
Un altro genere batterico che ci ha regalato soddisfazioni è Faecalibacterium. È famoso perché molte sue specie, in particolare Faecalibacterium prausnitzii, sono grandi produttrici di butirrato, un acido grasso a catena corta che è una vera manna per le cellule del nostro colon e ha effetti antinfiammatori. Si pensa addirittura che possa migliorare le funzioni cognitive nell’Alzheimer!
Nella HiBC abbiamo rappresentanti di cinque specie già note di Faecalibacterium e, udite udite, due specie completamente nuove che abbiamo chiamato Faecalibacterium tardum e Faecalibacterium intestinale. Anche queste nuove arrivate sono abbastanza comuni nell’intestino umano.
La cosa interessante è che, pur essendo tutti Faecalibacterium e quindi potenziali produttori di butirrato, non lo fanno tutti allo stesso modo. Abbiamo misurato la produzione di butirrato e abbiamo visto enormi variazioni: F. tardum ne produceva pochissimo (0.8 mM), mentre ceppi di F. longum e F. butyricigenerans superavano i 10 mM! Come mai questa differenza? Nel caso di F. tardum, abbiamo scoperto che ha due copie “troncate” di un gene chiave per la produzione di butirrato. Ma c’è di più: abbiamo notato una forte correlazione tra la capacità di un ceppo di crescere in laboratorio e la quantità di butirrato che produce. In pratica, più un ceppo cresce bene, più butirrato fa. Questo suggerisce che i ceppi che riescono a prosperare e raggiungere alte abbondanze nel nostro intestino sono probabilmente quelli che contribuiscono maggiormente ai livelli di butirrato, con tutti i benefici che ne conseguono.
HiBC: Una Rivoluzione per la Ricerca sul Microbioma
Insomma, spero di avervi trasmesso un po’ dell’entusiasmo che c’è dietro la creazione della HiBC. Non si tratta solo di una “lista” di batteri. È uno strumento potentissimo che apre le porte a un’infinità di studi. Avere accesso ai ceppi vivi, ai loro genomi completi, ai plasmidi ricostruiti e a tutte le informazioni per coltivarli, significa poter finalmente fare esperimenti mirati, testare ipotesi, capire i meccanismi alla base delle interazioni tra microbi e ospite.
Studi metagenomici (quelli che analizzano tutto il DNA presente in un campione, ad esempio di feci) ci hanno dato una visione d’insieme della diversità funzionale e tassonomica del nostro intestino. Ma sono come fotografie aeree: vedi il paesaggio, ma non capisci come funzionano le singole case o le strade. Per quello, devi scendere a terra, entrare nelle case, parlare con gli abitanti. Ecco, la HiBC ci permette di fare proprio questo: “entrare” nel mondo dei singoli batteri e studiarli da vicino.
Siamo convinti che questa collezione, essendo la prima di batteri intestinali umani interamente accessibile al pubblico, darà un’accelerata pazzesca alla ricerca. Potremo finalmente capire meglio il ruolo di specie e ceppi specifici nella salute e nella malattia, identificare nuovi bersagli terapeutici e, perché no, sviluppare probiotici di nuova generazione basati su una solida conoscenza scientifica.
Il viaggio all’interno del nostro microbioma è appena iniziato, e la HiBC è la mappa e la bussola che ci servivano per esplorare questo affascinante universo. Chissà quali altre meraviglie ci aspettano!
Fonte: Springer