Granulicatella Adiacens: Vi racconto di quel batterio un po’ snob che può dare filo da torcere ai nostri bambini!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un tipetto un po’ particolare nel mondo dei batteri, uno di quelli che non si accontenta facilmente e che, sebbene raro, può causare qualche grattacapo, specialmente nei più piccoli. Sto parlando di Granulicatella adiacens. Magari il nome non vi dice nulla, ed è comprensibile, non è certo famoso come lo Stafilococco o lo Streptococco, ma credetemi, merita la nostra attenzione.
Nel nostro ospedale pediatrico, il Dr. Sami Ulus Maternity and Children’s Health and Diseases Research and Education Hospital ad Ankara, in Turchia (un nome lunghissimo, lo so!), abbiamo deciso di dare un’occhiata più da vicino a questo microrganismo. Ci siamo messi lì, con pazienza, e abbiamo spulciato i dati di ben 12 anni, dal gennaio 2005 al gennaio 2017. Un lavoraccio, ve lo assicuro, ma ne è valsa la pena!
Ma chi è questo Granulicatella adiacens?
Allora, immaginatevi un batterio un po’ “sofisticato”, o come diciamo noi in gergo, “nutrizionalmente esigente”. Questi batteri, un tempo chiamati streptococchi nutrizionalmente varianti (NVS) e ora riclassificati come Abiotrophia defectiva o specie di Granulicatella (che include G. adiacens, G. elegans, e G. para-adiacens), sono dei cocchi Gram-positivi che per crescere hanno bisogno di un aiutino, tipo piridossina o supplementi tiolici. Senza questi “extra”, fanno fatica. Pensate che in laboratorio crescono come colonie satellite attorno ad altri batteri, tipo lo Staphylococcus aureus, che gli forniscono ciò di cui hanno bisogno. Furbetti, eh?
Normalmente, questi batteri se ne stanno buoni buoni nelle vie respiratorie superiori, nel tratto urogenitale e gastrointestinale. Fanno parte della nostra flora normale. Il problema sorge quando, per qualche motivo, riescono a superare le barriere locali e a entrare in circolo. E lì, possono diventare pericolosi, soprattutto in pazienti con fattori predisponenti.
La nostra indagine: cosa abbiamo scoperto?
Nel corso dei nostri 12 anni di studio, abbiamo analizzato la bellezza di 4125 emocolture positive. E sapete quanti casi di Granulicatella adiacens abbiamo trovato? Sette. Sì, solo sette, che corrispondono allo 0,1% del totale. Nessun caso, invece, di G. para-adiacens o G. elegans. Questo ci dice subito una cosa: è un’infezione rara, ma non per questo da sottovalutare.
I nostri piccoli pazienti (cinque maschietti e due femminucce) avevano un’età media di circa 79 mesi, cioè quasi 6 anni e mezzo, con un range che andava dai 10 mesi ai quasi 12 anni. La cosa interessante è che sei di questi sette bambini avevano delle condizioni preesistenti:
- Due avevano cardiopatie congenite.
- Due soffrivano di malattie gastrointestinali.
- Uno aveva una neoplasia ematologica.
- Uno presentava disturbi neurologici.
Questo ci suggerisce che G. adiacens tende a colpire chi è già un po’ più vulnerabile.
Le infezioni si sono manifestate in modi diversi: tre bambini hanno avuto una batteriemia (cioè il batterio era nel sangue), due un’infezione del flusso sanguigno correlata a un catetere venoso centrale (CRBSI), uno una batteriemia associata a polmonite, e un altro, purtroppo, un’endocardite infettiva, che è un’infiammazione seria del rivestimento interno del cuore.
Quattro di queste infezioni erano state contratte in comunità, mentre tre erano associate all’assistenza sanitaria. La buona notizia? Tutti e sette i bambini sono guariti completamente! E questa è la cosa più importante.

Perché Granulicatella è un “sorvegliato speciale”?
Nonostante la sua rarità, G. adiacens può causare infezioni invasive e severe. Pensate che l’endocardite causata da Granulicatella spp. è spesso considerata più grave di quella causata dagli streptococchi viridans. Le vegetazioni cardiache (quelle specie di “escrescenze” che si formano sulle valvole) tendono ad essere più grandi, portando a una maggiore frequenza di emboli sistemici. Anche il tasso di sostituzione valvolare è storicamente più alto, forse a causa di ritardi nella diagnosi e nel trattamento.
Fortunatamente, studi recenti, grazie ai miglioramenti nelle tecniche di isolamento e identificazione del microrganismo, a trattamenti antibiotici tempestivi e appropriati e a un migliore accesso agli interventi chirurgici, hanno riportato caratteristiche cliniche, tassi di chirurgia e prognosi simili tra l’endocardite da Granulicatella e quella da streptococchi viridans. Nel nostro studio, il bambino con endocardite infettiva (che aveva un difetto del setto atriale e ventricolare) è stato trattato con una terapia antimicrobica combinata per sei settimane e ha subito un intervento di sostituzione della valvola aortica, senza ricadute.
Un altro aspetto da considerare è che questi batteri sembrano prediligere i pazienti immunocompromessi. Ad esempio, uno dei nostri piccoli pazienti aveva una leucemia linfoblastica acuta e stava affrontando una neutropenia e una mucosite indotte dalla chemioterapia. Queste condizioni, che indeboliscono le barriere mucosali e il sistema immunitario, possono facilitare la traslocazione batterica.
Fattori di rischio e vie d’ingresso
Abbiamo notato anche altri fattori predisponenti. Ad esempio, gli ascessi dentali. Sembra strano, ma G. adiacens costituisce più dell’80% della normale flora del cavo orale, trovandosi spesso nella placca dentale e nelle infezioni endodontiche. Procedure dentali invasive possono quindi aprire la strada a una diffusione ematogena del batterio. Pensate, anche pazienti senza fattori di rischio noti possono sviluppare endocardite infettiva dopo procedure dentali!
Similmente, la rottura della barriera mucosa intestinale, come può accadere in pazienti con colite ulcerosa, può portare a batteriemia. E non dimentichiamo le infezioni correlate ai cateteri venosi centrali (CRBSI). Sebbene le cause più comuni di CRBSI siano stafilococchi e enterococchi, anche G. adiacens può fare la sua comparsa. Nel nostro studio, abbiamo avuto due casi di CRBSI. In uno, abbiamo rimosso il catetere. Nell’altro, dove la rimozione non era fattibile, abbiamo optato per una terapia antibiotica “lock” (cioè instillando l’antibiotico direttamente nel catetere) insieme alla terapia sistemica, riuscendo a eradicare il microrganismo.
Le sfide nella diagnosi e nel trattamento
Identificare G. adiacens non è una passeggiata, e questo rende difficile anche testare la sua sensibilità agli antibiotici nei laboratori clinici. Questi batteri, come dicevo, sono esigenti. Per i test di sensibilità, il metodo raccomandato è la microdiluizione in brodo (MIC testing) usando un brodo Mueller-Hinton supplementato. Tecnologie più recenti come la spettrometria di massa MALDI-TOF si stanno dimostrando promettenti per evitare errori di identificazione e arrivare a una diagnosi a livello di specie, superando sistemi più datati come il VITEK 2 (che usavamo noi).
E la resistenza agli antibiotici? Beh, è un tasto dolente. Circa il 33-67% dei ceppi di Granulicatella mostra una resistenza intermedia alla penicillina, e alcuni ceppi addirittura un’alta resistenza. Nel nostro studio, abbiamo potuto testare la sensibilità solo per due isolati: uno era intermediamente resistente alla penicillina, l’altro resistente. Entrambi, però, erano sensibili al ceftriaxone e alla teicoplanina. La vancomicina, testata in un caso, è risultata efficace. Questo ci dice che la scelta dell’antibiotico non può essere casuale, ma deve basarsi, quando possibile, sui risultati dell’antibiogramma.

Certo, il nostro studio ha dei limiti: è retrospettivo, condotto in un singolo centro, e il basso tasso di isolamento potrebbe essere in parte dovuto al fatto che per la maggior parte dei bambini avevamo solo un set di emocolture. Inoltre, la mancanza di test di sensibilità antimicrobica per la maggior parte degli isolati è una limitazione notevole.
Cosa portiamo a casa?
Nonostante sia un batterio raro, Granulicatella adiacens può causare infezioni serie nei bambini, specialmente in quelli con patologie cardiache, neoplasie o alterazioni delle mucose. Come clinici, dobbiamo drizzare le antenne, soprattutto quando isoliamo cocchi Gram-positivi a crescita lenta da emocolture o altri siti sterili. Una diagnosi e un trattamento tempestivi dipendono dalla nostra capacità di sospettare e identificare questo microrganismo “schivo”. E la terapia? Deve essere guidata dai test di sensibilità per assicurare una gestione efficace.
Insomma, anche i batteri meno conosciuti possono insegnarci molto e ricordarci quanto sia complesso e affascinante il mondo della microbiologia e della medicina pediatrica. Alla prossima!
Fonte: Springer
