Immagine fotorealistica di tre mani diverse (una caucasica, una asiatica, una con guanto high-tech simboleggiante l'Europa) che convergono verso un globo terrestre digitale luminoso, senza però toccarsi completamente, sospese sopra di esso. Simboleggia la difficile ma necessaria ricerca di una governance globale per l'IA. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo media, luce cinematografica soffusa che illumina le mani e il globo.

IA Globale: Chi Comanda Davvero? La Sfida dell’Azione Collettiva tra USA, Cina e UE

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un tema che mi affascina e, lo ammetto, un po’ mi preoccupa: l’Intelligenza Artificiale (IA) e chi dovrebbe “governarla” a livello mondiale. Sembra fantascienza, ma è una questione tremendamente attuale. L’IA sta cambiando tutto, dal modo in cui lavoriamo a come interagiamo, ma gestirla su scala globale è un rompicapo pazzesco.

Il problema principale? I “tre grandi” – Stati Uniti, Cina e Unione Europea – che guidano la corsa all’IA, hanno idee molto diverse su come farlo. Ognuno tira l’acqua al suo mulino, con valori, obiettivi e approcci alla governance che spesso si scontrano. E questa mancata cooperazione, diciamocelo, non è solo un problema diplomatico, ma crea rischi concreti per tutti noi. È quella che gli esperti chiamano una “sfida di azione collettiva”: una situazione in cui sarebbe nell’interesse di tutti collaborare, ma gli interessi individuali (o nazionali, in questo caso) remano contro.

Come possiamo uscirne? Ho letto uno studio interessante che applica proprio la lente dell’azione collettiva per capire come potremmo disegnare delle istituzioni per una governance globale dell’IA, tenendo conto di questa “non-cooperazione” dei big player. E la risposta, ve lo anticipo, non è un super-governo mondiale dell’IA. Sembra più efficace un approccio diverso, più flessibile e multilivello. Ma andiamo con ordine.

Un Paesaggio Frammentato: La Governance dell’IA Oggi

Prima di tutto, capiamo com’è la situazione attuale. La governance dell’IA è un po’ un Far West. Ci sono tantissimi attori in gioco:

  • Le grandi aziende tech (Google, OpenAI, Microsoft, Meta…) che sviluppano l’IA e spingono per un’autoregolamentazione che non freni l’innovazione.
  • I governi nazionali, che pubblicano strategie, leggi (o ci provano) e stringono accordi bilaterali.
  • Organizzazioni intergovernative come l’UE, il G20, l’OCSE, l’ONU, che cercano di facilitare il dialogo e creare standard comuni.
  • ONG, think tank, università e associazioni professionali (come l’IEEE) che fanno ricerca, sensibilizzano l’opinione pubblica, propongono linee guida etiche e standard tecnici.

Il risultato? Un panorama descritto come “frammentato”, “sottosviluppato”, “disorganizzato”. Manca un coordinamento vero, e l’impatto transnazionale dell’IA rende questa mancanza ancora più problematica. Si discute su tutto: se servono regole rigide o approcci più soft (linee guida etiche, standard volontari), se concentrarsi su applicazioni specifiche (come le armi autonome) o creare un quadro generale, se è meglio un’autorità centrale o un sistema decentralizzato.

Immagine fotorealistica di una mappa del mondo digitale complessa e caotica, con nodi luminosi di diverse dimensioni (rappresentanti aziende, governi, ONG) collegati da fili aggrovigliati e alcuni isolati, simboleggiando la governance globale frammentata dell'IA. Obiettivo grandangolare 10mm, messa a fuoco nitida, luce ambientale diffusa.

I Tre Grandi Giocatori: Approcci Divergenti

E qui entrano in gioco loro: USA, Cina e UE. Ognuno con la sua visione.

Gli Stati Uniti: L’approccio USA è guidato dalla volontà di mantenere la leadership tecnologica ed economica globale. Hanno investito tantissimo in ricerca e sviluppo, puntando su un modello market-driven, meno restrittivo. La governance è spesso specifica per settore, con molta autonomia lasciata alle agenzie federali e un ruolo importante per l’industria (autoregolamentazione, standard volontari). A livello federale, non c’è ancora una legge onnicomprensiva sull’IA (al momento della scrittura, l’azione più rilevante è un Ordine Esecutivo dell’amministrazione Biden), ma a livello statale e municipale si stanno muovendo con regolamenti specifici (su elezioni, uso governativo, sanità…). È un sistema ancora in formazione, con dibattiti accesi sulla necessità di regole più centralizzate.

La Cina: L’approccio cinese è un’estensione del suo sistema politico autoritario e pianificato centralmente. Il Partito Comunista Cinese (PCC) vede l’IA come uno strumento strategico per il governo digitale, l’economia e l’infrastruttura sociale. L’obiettivo è allineare lo sviluppo dell’IA ai valori socialisti nazionali, mantenendo il settore privato sotto il controllo statale. Tuttavia, nonostante un approccio apparentemente centralizzato, c’è molta competizione regionale e innovazione decentralizzata a livello locale, spesso con un’applicazione più “morbida” delle regole per le startup e le PMI considerate motori di crescita. La Cina vede l’IA anche come un campo di battaglia per la competizione geopolitica con gli USA, con l’ambizione dichiarata di diventare leader mondiale entro il 2030.

L’Unione Europea: L’UE ha cercato di ritagliarsi un ruolo distintivo promuovendo una narrativa di “IA affidabile” (trustworthy AI). Forte del successo del GDPR, punta su un’IA antropocentrica che metta al primo posto l’etica, la privacy e i diritti fondamentali. L’AI Act europeo, la prima legge completa sull’IA al mondo, adotta un approccio basato sul rischio, classificando i sistemi IA in categorie (rischio inaccettabile, alto, limitato, minimo) con requisiti normativi diversi. L’UE spera che l’AI Act abbia un “Effetto Bruxelles”, diventando uno standard globale de facto e promuovendo i valori europei a livello internazionale.

Queste differenze non sono solo sfumature. Riflettono visioni del mondo, priorità economiche e sistemi politici diversi. E rendono la collaborazione un’impresa titanica.

Perché Cooperare è Così Difficile? Gli Ostacoli

Ricordate la frase attribuita a Putin? “Chi diventa leader in questa sfera [l’IA] diventerà il dominatore del mondo”. Che sia vero o no, sembra che i decisori a Washington, Pechino e Bruxelles la pensino un po’ così. Tutti riconoscono la necessità di standard comuni, ma nessuno vuole cedere la leadership.

L’UE, con l’AI Act, si propone come “rule maker” globale, ma il suo approccio è visto dagli USA come potenzialmente soffocante per l’innovazione. Gli USA preferiscono un’industria che si autoregoli. Aggiungeteci le tensioni geopolitiche USA-Cina (guerra dei chip, decoupling tecnologico, tensioni commerciali) e capite come l’IA sia diventata un altro fronte della competizione globale. L’innovazione rapida è vista come cruciale per la sicurezza nazionale e la competitività economica.

Fotografia ritratto, 35mm, stile film noir con toni blu e grigi duotone. Tre figure sedute a un tavolo rotondo, rappresentanti USA, Cina e UE (identificabili da simboli discreti), guardano in direzioni opposte, con espressioni tese, simboleggiando la difficoltà di cooperazione sulla governance dell'IA. Profondità di campo ridotta per isolare le figure.

Poi c’è la divisione ideologica. USA e UE tendono a collaborare con alleati democratici, promuovendo valori democratici e diritti umani. L’approccio cinese, con l’uso dell’IA per la sorveglianza di massa e il credito sociale, si scontra con questi valori e rende difficile per Pechino porsi come leader etico globale. Così, mentre USA e UE rafforzano le loro partnership (es. la rete degli Istituti per la Sicurezza dell’IA), la Cina cerca alleati tra regimi autoritari e paesi in via di sviluppo (es. tramite la Belt and Road Initiative e i BRICS), promuovendo un discorso di “uguaglianza” nello sviluppo dell’IA.

Anche le modalità di cooperazione internazionale divergono: USA e UE si appoggiano a organizzazioni esistenti, la Cina preferisce crearne di nuove. Tutto questo rischia di creare blocchi contrapposti, frammentando ulteriormente il panorama.

I Rischi del “Tutti Contro Tutti”: Cosa Rischiamo Davvero?

Questa mancanza di cooperazione non è senza conseguenze. Anzi, i rischi sono enormi:

  • Nazionalismo esasperato: Ogni paese pensa solo ai propri interessi, portando a frammentazione geopolitica, protezionismo, e un focus su guadagni economici a breve termine invece che su sfide globali come la sostenibilità.
  • Effetto domino sui conflitti: La rivalità USA-Cina sull’IA potrebbe alimentare altre tensioni internazionali, incoraggiando un approccio ultra-competitivo ovunque.
  • Indebolimento del multilateralismo: La mancanza di coordinamento tra i “tre grandi” ostacola accordi globali e favorisce il “forum shopping” (ogni paese sceglie il regime di regole che gli fa più comodo).
  • Difficoltà ad affrontare rischi transfrontalieri: Senza coordinamento, diventa difficile gestire minacce come cyberattacchi potenziati dall’IA, rischi derivanti da modelli open-source usati per scopi malevoli, o i pericoli dei modelli di frontiera (le IA super potenti).
  • “Race to the bottom”: Una corsa sfrenata all’innovazione dove la sicurezza e l’etica vengono sacrificate sull’altare della velocità per arrivare primi, aumentando i rischi, inclusi quelli esistenziali legati a una possibile Intelligenza Artificiale Generale (AGI).
  • Concentrazione di potere: I benefici dell’IA potrebbero essere accumulati da pochi paesi leader, mentre i costi e i rischi sarebbero dispersi globalmente, aumentando le disuguaglianze.

Insomma, la necessità di cooperare è urgente. E qui entra in gioco la teoria dell’azione collettiva.

Immagine fotorealistica di un effetto domino in corso su una superficie scura e riflettente. Le tessere, alcune luminose con simboli di IA, altre opache con simboli di pericolo (teschio, punto esclamativo), cadono una dopo l'altra, simboleggiando i rischi a cascata della non cooperazione nella governance dell'IA. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione laterale drammatica.

La Teoria dell’Azione Collettiva: Una Lente per Capire (e Risolvere?)

L’idea di base, resa famosa da Mancur Olson, è che non basta che un gruppo abbia interessi comuni perché agisca collettivamente per raggiungerli. Spesso, l’individuo (o lo stato) è tentato di fare il “free rider”, godendo dei benefici senza pagare i costi della cooperazione, oppure di perseguire i propri interessi a breve termine anche se danneggiano il gruppo nel lungo periodo.

Elinor Ostrom, premio Nobel per l’economia, ha studiato come le comunità riescono (o falliscono) nel gestire risorse comuni (common-pool resources o CPRs), come foreste, pascoli o risorse idriche. Ha identificato alcuni “principi di progettazione” (design principles) che caratterizzano le istituzioni di successo nella gestione collettiva di queste risorse. Altri studiosi, come Jagers et al., hanno esteso queste idee a problemi globali su larga scala (cambiamento climatico, proliferazione nucleare), identificando fattori che facilitano (fiducia, reputazione, sanzioni) o ostacolano (anonimato, complessità, distanza) l’azione collettiva.

Possiamo pensare alla governance globale dell’IA come a un “bene comune”? Lo studio che ho letto suggerisce di sì. È non-escludibile (in teoria, chiunque può provare a influenzarla) ma rivale (se un attore diventa dominante, limita l’influenza degli altri). Questo la rende soggetta ai problemi di azione collettiva. Quindi, le lezioni dalla gestione dei CPRs e dalle sfide globali potrebbero aiutarci.

Applicare le Idee: Come Potrebbe Funzionare una Governance Globale?

Lo studio suggerisce che per superare lo stallo tra USA, Cina e UE, servirebbero interventi “di terze parti” (che potrebbero essere nuove istituzioni o meccanismi concordati) capaci e legittimi. Come progettarli? I principi di Ostrom offrono spunti preziosi:

1. Confini Chiari: Non tanto per escludere, ma per definire chi ha diritto a fare cosa. Incoraggiare meccanismi multistakeholder (governi, industria, società civile, accademia) ma magari dare ai “tre grandi” un ruolo speciale in cambio della loro cooperazione, facendo leva sui punti comuni (es. usare l’IA per sfide globali).
2. Regole Adatte al Contesto: Le regole globali devono tenere conto delle differenze locali (culturali, politiche, economiche). Un approccio “taglia unica” non funzionerà, specialmente date le differenze ideologiche tra USA, Cina e UE.
3. Coinvolgimento nelle Decisioni: Gli attori a tutti i livelli devono poter partecipare alla modifica delle regole esistenti e alla creazione di nuove. Questo permette adattamento e sensibilità al contesto, cruciali vista la rapida evoluzione dell’IA.
4. Monitoraggio e Sanzioni Graduali: Questo è il punto debole di molte iniziative attuali. Serve un sistema per verificare il rispetto delle regole e sanzionare chi non le rispetta. Il monitoraggio potrebbe essere reciproco (USA e Cina si controllerebbero volentieri!), ma deve essere trasparente e responsabile. Le sanzioni dovrebbero essere proporzionate e progressive. L’informazione derivante dal monitoraggio è cruciale per creare fiducia e apprendimento. Qui, organizzazioni internazionali come OCSE o panel scientifici ONU potrebbero giocare un ruolo chiave.
5. Risoluzione dei Conflitti: I conflitti sono inevitabili. Servono meccanismi accessibili ed efficaci per risolverli, basati sul dialogo e sull’informazione, per costruire fiducia e permettere l’adattamento delle regole.
6. Riconoscimento dei Diritti di Organizzazione: Le istituzioni create collettivamente devono essere riconosciute e supportate dalle autorità esterne (governi nazionali) per essere efficaci.
7. Strutture Annidate (Nested Enterprises): Questo è forse il punto più importante. Invece di un’unica autorità centrale globale, è molto più promettente un ordine policentrico: una rete di centri decisionali interconnessi ma indipendenti, operanti a diversi livelli (globale, regionale, nazionale, locale). Questo sistema permette sperimentazione, apprendimento, adattamento al contesto e costruzione di fiducia dal basso, applicando il principio di sussidiarietà (le decisioni prese al livello più basso possibile).

Immagine fotorealistica di una rete complessa e luminosa di nodi interconnessi di varie dimensioni (grandi, medi, piccoli) che fluttuano in uno spazio astratto blu scuro, rappresentando un sistema di governance policentrico e multilivello per l'IA. Obiettivo grandangolare 15mm, lunga esposizione per creare scie luminose tra i nodi, messa a fuoco nitida.

Tirando le Somme: Un Futuro Policentrico per l’IA?

Quindi, cosa ci portiamo a casa? L’idea di un governo mondiale unico per l’IA è probabilmente irrealistica e forse nemmeno desiderabile, data la complessità e le divergenze attuali. La strada più promettente sembra essere quella di un sistema di governance policentrico e multilivello. Tanti centri decisionali che interagiscono, si adattano, imparano gli uni dagli altri, ognuno operando alla scala più appropriata.

Certo, perché funzioni, servono meccanismi robusti di monitoraggio, sanzione e risoluzione dei conflitti, concordati collettivamente. E serve un flusso costante di informazioni affidabili per alimentare il processo decisionale e la fiducia reciproca. Le organizzazioni internazionali esistenti possono giocare un ruolo fondamentale nel facilitare tutto questo.

È una sfida enorme, non c’è dubbio. Ma guardare alla governance globale dell’IA attraverso la lente dell’azione collettiva ci offre una prospettiva diversa e, forse, più pragmatica per navigare queste acque turbolente. Non si tratta di trovare la soluzione perfetta e monolitica, ma di costruire un ecosistema di governance resiliente e adattivo, capace di gestire i rischi e massimizzare i benefici di questa tecnologia rivoluzionaria per tutti. E voi, cosa ne pensate?

Fonte: Springer

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