Un gruppo di tre bambini, due maschietti e una femminuccia, di età prescolare, seduti su un tappeto colorato, ridono di gusto mentre uno di loro fa una smorfia buffa tenendo un pupazzo. L'immagine è un ritratto di gruppo, scattata con un obiettivo da 50mm per un effetto naturale, con una buona profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo per far risaltare i bambini. Illuminazione morbida e diffusa, colori vivaci. L'atmosfera è di gioia e complicità.

Risate Contagiose: Come il Gioco Umoristico Potenzia la Mente Sociale dei Bambini

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, scommetto, farà sorridere anche voi: l’umorismo nei bambini e il suo legame, fortissimo, con la loro capacità di capire gli altri. Pensateci un attimo: quante volte abbiamo visto i nostri piccoli scoppiare a ridere per una faccia buffa, una parola storpiata o una situazione un po’ assurda? Ecco, dietro quelle risate c’è molto di più di un semplice momento di allegria. C’è un cervello in pieno sviluppo che impara a decodificare il mondo sociale!

L’importanza di una Risata tra Pari

Da sempre, l’umorismo è una componente chiave delle prime interazioni dei bambini. È come una specie di superpotere che li aiuta non solo a costruire relazioni positive con i coetanei, ma anche a sviluppare una migliore comprensione sociale. Immaginate l’umorismo come un ponte: da una parte c’è il bambino che fa la battuta, dall’altra chi la ascolta. Per far funzionare questo ponte, entrambi devono essere sulla stessa lunghezza d’onda, capire le intenzioni, le aspettative e, a volte, anche le piccole “rotture” delle regole che rendono una cosa divertente.

Nonostante la sua importanza, l’umorismo nel gioco tra bambini, soprattutto nella fascia d’età della scuola primaria (quella che va dai 5 ai 7 anni, per intenderci), non è stato studiato poi così a fondo. Spesso, quando si osserva il gioco dei bambini, ci si concentra su altri aspetti, tralasciando la natura squisitamente sociale dell’interazione e, soprattutto, quanto il comportamento di un bambino sia influenzato da quello del suo compagno di giochi. È un po’ come guardare una partita di tennis concentrandosi solo su un giocatore!

Cosa Dice la Scienza? Uno Studio da Vicino

Recentemente, un gruppo di ricercatori si è tuffato proprio in questo affascinante mondo. Hanno coinvolto una bella squadra di 130 bambini nel Regno Unito, con un’età media di circa 6 anni. L’obiettivo? Capire se e come l’uso dell’umorismo durante il gioco con i compagni di classe fosse collegato alla loro abilità di “leggere la mente” degli altri, ovvero di comprendere pensieri, credenze e intenzioni altrui.

Per farlo, non si sono limitati a chiedere ai genitori. Hanno osservato direttamente i bambini mentre giocavano, codificando minuziosamente ogni tipo di umorismo prodotto. Poi, hanno sottoposto i piccoli a una serie di test specifici per valutare la loro comprensione sociale. E qui viene il bello: hanno usato modelli statistici avanzati (roba da scienziati, insomma!) per tenere conto anche dell’effetto del “compagno di giochi”. Già, perché come dicevamo, chi hai di fronte quando giochi conta, eccome! Pensate che ben il 42.8% della variabilità nella produzione di umorismo da parte di un bambino era spiegata proprio dal suo amichetto di giochi. Impressionante, vero?

Quando l’Umorismo Incontra la “Teoria della Mente”

Ma andiamo ai risultati succosi. Anche tenendo conto dell’età, del genere e del vocabolario dei bambini (e dell’effetto del compagno di giochi, non dimentichiamolo!), è emerso un legame significativo: i bambini che spontaneamente attribuivano stati mentali ai personaggi di alcuni video animati (un test chiamato “Triangles Theory of Mind task”) erano anche quelli che producevano più umorismo durante il gioco.

Cosa significa in parole povere? Che i bambini più abili nel mettersi nei panni degli altri, nel capire cosa frulla nella testa di un altro, tendono anche ad essere più “umoristici”. L’umorismo, in fondo, spesso si basa sulla creazione di un’incongruenza, una sorpresa, qualcosa che viola le aspettative. Per far ridere qualcuno con un’incongruenza, devi sapere quali sono le sue aspettative, cosa conosce del mondo. Devi, in un certo senso, “entrare nella sua testa”.

Due bambini, un maschio e una femmina di circa 6 anni, giocano insieme con un set Playmobil dello zoo in una stanza luminosa e accogliente. Il maschio tiene in mano un leone giocattolo e fa una faccia buffa, mentre la bambina ride. Fotografia stile ritratto, obiettivo 35mm, con una leggera profondità di campo per mettere a fuoco i bambini, toni caldi e naturali.

L’umorismo è una forma di gioco che implica la creazione o la percezione di un’incongruenza. Pensate a quando un bambino mette una tazza da tè in testa o fa versi strani: sta giocando con la realtà, distorcendola per suscitare divertimento. E per far sì che questa distorsione sia percepita come divertente e non come strana o spaventosa, è necessario che avvenga in una “cornice giocosa”, dove chi fa la battuta segnala le sue intenzioni umoristiche e chi ascolta è emotivamente complice.

Tipi di Umorismo e Comprensione Sociale

Lo studio ha anche esplorato diversi tipi di umorismo. I bambini, già dai primi anni, sono dei veri maestri!

  • Incongruenze con oggetti: come il classico “mettere una tazza in testa”.
  • Umorismo fisico: le care vecchie facce buffe, un po’ da clown.
  • Giochi di parole e suoni: filastrocche inventate, parole senza senso, voci strane.
  • Comportamenti maliziosi e temi “tabù”: il cosiddetto “humour da bagno” che tanto diverte i piccoli.

Con la crescita, verso la media infanzia, l’umorismo si fa più sofisticato, con indovinelli, giochi di doppi sensi e narrazioni assurde.

È interessante notare che, sebbene non ci fossero differenze significative nel “totale” di umorismo prodotto da maschi e femmine, i maschietti tendevano a usare più incongruenze con gli oggetti (tipo far bere un leone giocattolo da un biberon) e a lanciarsi in umorismo “tabù” (con temi un po’ disgustosi o violenti, tipo “Una scimmia è un tipo malvagio di scimmia che ti uccide.”). Anche i genitori, nei loro questionari, riportavano un maggior senso dell’umorismo per i maschi, confermando studi precedenti.

Ma torniamo al legame con la comprensione sociale. Lo studio ha usato diversi strumenti:

  • Silent Films Task: i bambini guardavano brevi filmati muti e dovevano spiegare le azioni dei personaggi, spesso basate su inganni o false credenze.
  • Triangles Task: triangoli animati che si muovevano in modi che suggerivano intenzioni e stati mentali (come incoraggiare, prendere in giro, sorprendere).
  • Retrodictive Mindreading: i bambini dovevano indovinare la causa di un’emozione osservando l’espressione facciale di una persona.

Come abbiamo visto, la performance nel Triangles Task era legata alla produzione generale di umorismo. Ma esplorando i sottotipi, sono emerse altre chicche: la presa in giro giocosa (quella fatta con leggerezza e segnali di gioco) era associata alla comprensione di credenze e desideri (Silent Films task). Questo ha senso: per prendere in giro qualcuno senza offenderlo, devi calibrare bene, capire come potrebbe reagire, conoscere i suoi stati mentali. Un passo falso, e la presa in giro diventa offensiva, mettendo a rischio l’amicizia!

Inoltre, l’umorismo da “clown” era associato alla capacità di inferire la causa delle emozioni altrui (Retrodictive Mindreading), e sia le affermazioni strampalate che i giochi di suono erano legati al Triangles Task. Insomma, un intreccio complesso e affascinante!

L’Effetto Compagno: Non si Gioca Mai da Soli

Una delle scoperte più forti di questo studio è l’enorme influenza del compagno di giochi. Oltre il 40% della varianza nella produzione di umorismo di un bambino dipendeva da chi aveva di fronte! Questo ci dice una cosa fondamentale: l’umorismo non è solo una questione di abilità cognitive individuali, ma è profondamente, intrinsecamente sociale.
Quando studiamo il gioco dei bambini, non possiamo ignorare questa dinamica. È come se i bambini si “sintonizzassero” l’uno sull’altro, creando un flusso di gioco condiviso.

Macro fotografia di un dettaglio di un giocattolo Playmobil, magari un animale dello zoo come una zebra o una giraffa, con un'illuminazione controllata che ne esalta i dettagli e i colori vivaci. Obiettivo macro 100mm, messa a fuoco precisa sul muso dell'animale.

Questo risultato ha implicazioni importanti. Le teorie sullo sviluppo dell’umorismo si sono spesso concentrate sugli aspetti cognitivi della percezione dell’incongruenza. Ma questa ricerca sottolinea che l’umorismo è, prima di tutto, un fenomeno sociale. E questo ci spinge a chiederci: come cambia l’umorismo a seconda della qualità della relazione con il compagno di giochi? Come i bambini rispondono e costruiscono insieme sequenze umoristiche? C’è ancora tanto da scoprire!

Cosa Portiamo a Casa?

Questo studio, pur con i suoi limiti (come le valutazioni fatte online a causa della pandemia, o la breve durata delle sessioni di gioco osservate), ci regala spunti preziosi.
Primo, l’umorismo è una finestra sullo sviluppo socio-cognitivo dei bambini. Osservare come giocano e scherzano ci dice molto su come stanno imparando a capire gli altri.
Secondo, l’effetto del compagno di giochi è potentissimo. Questo ci ricorda che le interazioni sociali sono fondamentali e che dobbiamo considerarle quando cerchiamo di capire il comportamento dei bambini.
Terzo, anche se a volte i maschietti sembrano fare più “battute” di un certo tipo, l’umorismo è un linguaggio universale per i bambini, un modo per connettersi, divertirsi e, contemporaneamente, affinare le proprie competenze sociali.

Quindi, la prossima volta che vedete un gruppo di bambini ridere a crepapelle per qualcosa che a voi sembra magari sciocco, ricordatevi che state assistendo a un incredibile allenamento per la loro mente sociale. L’umorismo non è solo divertimento, è una cosa seria… seriamente importante per crescere! E chissà, magari incoraggiare un po’ di sane risate potrebbe essere uno dei modi migliori per aiutarli a diventare adulti più empatici e socialmente competenti.

Fonte: Springer

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