Immagine simbolica che rappresenta la solitudine e la pressione psicologica: un militare in uniforme, visto di spalle, guarda fuori da una finestra di una caserma al crepuscolo. Obiettivo prime da 50mm, toni blu e grigi duotone, profondità di campo che sfoca lo sfondo per enfatizzare l'isolamento e la riflessione interiore.

Militari e Gioco d’Azzardo: Un’Ombra Silenziosa nelle Caserme Britanniche e la Difficile Strada Verso l’Aiuto

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi dentro una realtà complessa e spesso taciuta: quella del gioco d’azzardo patologico all’interno delle Forze Armate del Regno Unito. Sì, avete capito bene. Proprio coloro che per mestiere affrontano rischi calcolati e stress indicibili, possono cadere in una trappola ben più subdola, quella delle scommesse, delle slot machine, del gioco online. E la cosa che più mi ha colpito, analizzando uno studio qualitativo approfondito sull’argomento, è la profonda riluttanza di questi uomini e donne in uniforme a cercare aiuto. Un silenzio che può costare caro, non solo in termini economici.

Lo studio che ho avuto modo di esaminare si è immerso nelle esperienze vissute dal personale militare britannico attualmente in servizio, cercando di capire non solo come si sviluppa il problema, ma anche quali sono le barriere e, al contrario, i facilitatori nell’accesso al supporto. Immaginatevi interviste semi-strutturate, un dialogo aperto su temi delicatissimi: le motivazioni dietro il gioco, i fattori scatenanti, la consapevolezza (o la mancanza di essa) riguardo ai rischi e ai servizi di aiuto disponibili. Un lavoro certosino che ha fatto emergere un quadro piuttosto preoccupante.

I Percorsi Socio-Culturali verso il Danno da Gioco

Una delle prime cose che salta all’occhio è come l’esposizione precoce al gioco d’azzardo, magari in famiglia o tra amici, possa spianare la strada. Molti intervistati hanno raccontato di aver iniziato a scommettere piccole somme su partite di carte o eventi sportivi fin da giovani. Un’abitudine che, da adulta, si è trasformata in qualcosa di più serio, fino a sfociare in un vero e proprio problema. Pensateci: “Sono cresciuto vedendo mia nonna giocare alle slot”, oppure “Ho iniziato a scommettere sul calcio a 15 anni usando il nome di mia madre”. Sono storie comuni, che però nel contesto militare possono assumere contorni specifici.

E poi c’è la pubblicità martellante, le politiche sul gioco e l’atteggiamento sociale generale nel Regno Unito. Il Lotto Nazionale, i gratta e vinci, sono passatempi diffusi. Ma il vero colosso, mi dicono, sono le scommesse sportive, soprattutto su calcio e corse dei cavalli, descritte come due facce della stessa medaglia. Questa connessione è alimentata dalla pubblicità onnipresente, specialmente negli eventi sportivi. Il gioco d’azzardo è così normalizzato da essere considerato “endemico nella società”. E il governo? Spesso criticato per non fare abbastanza per proteggere i cittadini.

Un esempio lampante riguarda i casinò: una volta serviva un preavviso di 24 ore per entrare se non si era membri. Tolto questo “periodo di riflessione”, le visite impulsive, magari dopo una serata alcolica tra colleghi, sono diventate più facili, e con esse i rischi. “La serata finiva al casinò… poi hanno tolto l’obbligo di preavviso e la notte poteva continuare. È lì che è iniziato il mio problema”, confessa un militare in recupero.

Primo piano di uno smartphone in mano a una persona in uniforme militare, lo schermo mostra un'interfaccia di un'app di scommesse online. Luce ambientale soffusa, quasi notturna, che illumina solo le mani e il telefono. Obiettivo macro da 100mm, alta definizione dei dettagli sullo schermo e sulle dita, illuminazione controllata per enfatizzare la segretezza dell'atto.

L’impatto del gioco d’azzardo online è un altro capitolo cruciale. Ventiquattro partecipanti su trentacinque hanno discusso di come i progressi tecnologici abbiano aumentato l’esposizione e l’accessibilità. Avere la possibilità di giocare 24/7 dal proprio smartphone ha incoraggiato comportamenti automatici, dipendenti e segreti. La natura elettronica delle transazioni, poi, rende difficile tenere traccia di quanto si spende, dimenticando che si tratta di “soldi veri”. Gli incentivi come “10€ di scommessa gratis se ti iscrivi” non fanno che peggiorare la situazione, spingendo a “scommettere tanto per farlo” e a “rimanere invischiati”. Per alcuni, le app sono state la causa principale della perdita di controllo.

Fattori Unici della Vita Militare che Influenzano il Gioco

Qui entriamo nel cuore della specificità militare. Trentuno dei trentadue partecipanti che hanno toccato questo tema hanno parlato del gioco come parte di una cultura sociale normalizzata nelle forze armate. Storicamente, gioco d’azzardo e alcol sono state attività sociali comuni, spesso centrali in eventi ufficiali: giornate alle corse, serate al casinò, slot machine nelle basi. Il desiderio di non perdersi questi momenti, di sentirsi parte del gruppo, è fondamentale per la camerateria militare. Questo ha normalizzato il gioco, creando la sensazione che “lo facessero tutti”.

Un veterano ricorda: “Quando mi sono arruolato nel ’96, nella sala ricreativa c’erano le slot machine… la quantità di reclute che ci giocavano era incredibile… spendevano tutti i loro soldi nelle prime due settimane”. Un altro aggiunge: “Se i superiori lo fanno, che esempio danno alle nuove leve?”. C’è chi sostiene che questa cultura sia meno diffusa oggi, almeno nella RAF, grazie a nuove regole. Tuttavia, ben diciassette intervistati affermano che una cultura normalizzata del gioco persiste, semplicemente si è spostata online, diventando ancora più pervasiva e meno visibile. E non dimentichiamo le nuove forme come loot box nei videogiochi, criptovalute e ‘spread betting’ sul mercato azionario, sempre più popolari, specialmente tra i giovani ufficiali.

Le stesse lotterie sportive gestite dai vari corpi militari, a cui il personale è incoraggiato a partecipare e i cui contributi sono detratti direttamente dallo stipendio, sono viste da alcuni come una contraddizione, un modo per normalizzare ulteriormente il gioco. “Te lo propongono durante l’addestramento, quando sei stanco e non capisci bene cosa firmi”, racconta un intervistato.

Poi ci sono i fattori occupazionali. Le missioni (deployment), specialmente in luoghi con facile accesso al gioco come Las Vegas, possono facilitare le scommesse. Ma anche la noia, la solitudine e l’isolamento nelle basi remote sono potenti detonatori. “Dipende da dove vai. Nei posti più noiosi… cosa ti resta da fare? Magari piazzi una scommessa per passare il tempo”. Paradossalmente, alcune missioni impongono un’astinenza forzata dal gioco per mancanza di internet o divieti locali, ma questo può portare a “scorpacciate” una volta tornati nel Regno Unito.

Lo stress lavorativo, i turni massacranti, il pericolo costante: per alcuni, il gioco diventa una via di fuga. “Scommettevo di più quando ero sotto stress al lavoro… per concentrarmi su qualcos’altro”. Al contrario, per altri è la noia dei periodi più tranquilli o il “calo di adrenalina” dopo eventi stressanti a fare da miccia, facilitato dall’accessibilità online. L’alto reddito disponibile, specialmente per i giovani ufficiali single con poche responsabilità finanziarie, è un altro fattore. “Il mio problema era al culmine quando avevo vent’anni: pagato bene, non sposato, senza mutuo…”.

Infine, c’è il “tipo” di persona che si arruola: spesso competitiva, amante del rischio, tratti ulteriormente coltivati durante l’addestramento. “L’esercito ti insegna a cercare di essere il migliore in tutto, ma cercare di essere il miglior giocatore d’azzardo del mondo è probabilmente la cosa peggiore che tu possa fare”.

Un militare in uniforme seduto da solo in una stanza spoglia di una caserma, la testa tra le mani in un gesto di disperazione o stress. Luce fioca proveniente da una finestra, creando lunghe ombre. Obiettivo prime da 35mm, bianco e nero film, profondità di campo che mantiene a fuoco il soggetto ma sfoca leggermente lo sfondo per accentuare l'isolamento.

Ostacoli all’Intervento Precoce e al Supporto

Qui le cose si fanno davvero difficili. La segretezza, l’inganno, la mancanza di sintomi fisici visibili e la riluttanza a parlare apertamente del problema rendono difficile individuarlo negli altri. L’aumento del gioco online ha reso tutto ancora più facile da nascondere. E l’atteggiamento disinvolto verso il gioco fa sì che un comportamento problematico raramente venga percepito come tale.

Un aspetto unico del contesto militare è che, nonostante la dipendenza, alcuni non si trovano inizialmente in difficoltà finanziarie grazie a buoni stipendi e poche spese. Possono quindi mascherare il problema e continuare come “giocatori funzionali” fino a quando la situazione non degenera. “Credo di aver perso circa 500.000 sterline, e sono conservativo. Ma ero sempre in attivo, mai avuto debiti”, racconta un ufficiale della RAF in recupero.

La barriera più grande nel cercare aiuto internamente? La paura del “rischio reputazionale” e delle ripercussioni sulla carriera: revoca delle autorizzazioni di sicurezza, impossibilità di essere impiegati in missione, ridotte possibilità di promozione. C’è timore nel parlare con i superiori e preoccupazioni per l’anonimato. Alcuni pensano siano percezioni, ma altri hanno visto colleghi congedati per problemi di gioco, quindi le loro paure sono fondate.

L’identità militare, caratterizzata da orgoglio, forza mentale e stoicismo, non aiuta. Ammettere il problema è visto come un segno di debolezza. “Ero molto titubante nel chiedere aiuto a causa dello stigma… pensano che tu sia rotto, senza soldi, un peso”.

Riguardo ai percorsi di supporto, c’è una maggiore apertura sulla salute mentale in generale, ma diciassette partecipanti ritengono che manchi ancora una sensibilizzazione mirata sul gioco d’azzardo. Non c’è abbastanza pubblicità sui canali di aiuto, né formazione specifica. C’è confusione su quale sia il servizio più appropriato. “Non saprei cosa fare se io o un collega avessimo bisogno di aiuto per il gioco. Non è chiaro nella Marina dove andare”. Chi ha cercato supporto interno è rimasto spesso deluso: rimbalzato tra servizi, liquidato con un “cerca online” o non preso sul serio. I servizi esterni come Gamblers Anonymous sono più conosciuti e utilizzati, ma anche qui sorgono problemi, come l’impossibilità di continuare le riunioni a causa di trasferimenti o missioni.

Facilitatori dell’Aiuto e del Supporto

Ma non tutto è perduto. Ci sono anche fattori che possono aiutare. Tra le misure preventive suggerite, spicca l’educazione finanziaria precoce, durante l’addestramento di base. Aiutare i giovani militari a gestire le finanze e a riconoscere le trappole del gioco. Sessioni di formazione obbligatorie, magari annuali o biennali, sulla consapevolezza del danno da gioco e sul supporto disponibile, potrebbero essere utili. L’uso di storie di vita reale, come documentari su sportivi famosi che hanno affrontato il problema, potrebbe aiutare a destigmatizzare.

È fondamentale fornire informazioni più visibili e proattive su come riconoscere i primi segnali, cosa fare e quali percorsi di supporto esistono (interni ed esterni), usando piattaforme diverse: intranet, email, app specifiche del servizio, poster con QR code, briefing. Campagne “sfata-miti” potrebbero rassicurare il personale: cercare aiuto non significa automaticamente perdere l’autorizzazione di sicurezza. Anzi, è più probabile perderla non facendosi avanti.

L’importanza della famiglia, dei colleghi e dei superiori è immensa. La maggior parte di coloro che si sono ripresi o sono in via di guarigione attribuisce un ruolo chiave al partner. Spesso è la scoperta casuale del problema da parte del partner a far scattare il “campanello d’allarme”. Anche i commilitoni, con il forte senso di cameratismo, possono fare la differenza, notando se qualcosa non va e incoraggiando al dialogo. E ci sono esempi di superiori con una “politica della porta aperta” che hanno messo a proprio agio il personale.

Per quanto riguarda il supporto formale, l’anonimato è cruciale. I cappellani militari sono visti come “alleati fidati”, una fonte di supporto anonima. Il supporto tra pari, come quello offerto da Gamblers Anonymous, è potentissimo. Parlare apertamente con chi ha vissuto la stessa esperienza può essere più efficace di una terapia tradizionale. Infine, è essenziale un supporto che tratti anche i problemi di salute mentale sottostanti e le cause profonde, non solo la gestione finanziaria o l’auto-esclusione.

In conclusione, quello che emerge da questa analisi è la complessità del danno da gioco tra il personale militare, plasmato da fattori socioculturali, dalle sfide uniche della vita militare e da significative barriere alla ricerca di aiuto. C’è un disperato bisogno di maggiore educazione, di abbattere lo stigma e di chiarire i percorsi di supporto specifici per le forze armate. Un ambiente che, purtroppo, a volte normalizza ancora comportamenti a rischio per persone già vulnerabili. Spero che queste riflessioni possano contribuire a una maggiore consapevolezza su un problema tanto delicato quanto diffuso.

Fonte: Springer

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