Mieloma Multiplo e Coagulazione Impazzita: Si Può Affrontare la Tempesta Prima della Terapia CAR T?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una frontiera davvero affascinante e complessa nel trattamento del mieloma multiplo (MM): la gestione di pazienti che, oltre alla malattia ematologica, presentano anche una condizione chiamata Coagulazione Intravascolare Disseminata (CID) prima di ricevere una delle terapie più innovative, quella con cellule CAR T, nello specifico LCAR-B38M. Sembra un groviglio complicato, vero? Beh, lo è, ma stiamo imparando a districarlo.
Il Contesto: Mieloma Multiplo, CAR T e il Problema della Coagulazione
Il mieloma multiplo è un tumore delle plasmacellule, quelle cellule del nostro sistema immunitario che producono anticorpi. È la seconda malignità ematologica più comune e, nonostante i progressi con nuovi farmaci (inibitori del proteasoma, immunomodulatori, anticorpi monoclonali), molti pazienti purtroppo recidivano e sviluppano resistenze. Qui entrano in gioco le terapie CAR T, un’immunoterapia adottiva che “rieduca” i linfociti T del paziente a riconoscere e attaccare le cellule tumorali.
Una delle star in questo campo è l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA), una proteina espressa sulla superficie delle plasmacellule maligne. LCAR-B38M è una terapia CAR T che colpisce proprio il BCMA, e ha mostrato risultati notevoli in termini di efficacia nei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario. Parliamo di tassi di risposta globale altissimi e una sopravvivenza a 5 anni significativa per pazienti che avevano poche altre opzioni.
Ma, come spesso accade con terapie così potenti, ci sono degli effetti collaterali. La più nota è la Sindrome da Rilascio di Citochine (CRS), una risposta infiammatoria sistemica. Meno discussa, ma altrettanto importante, è l’alterazione della coagulazione. Dopo la terapia CAR T, non è raro osservare problemi di coagulazione, e alcuni pazienti possono addirittura sviluppare la CID, una condizione grave in cui si formano piccoli coaguli di sangue in tutto il corpo, consumando piastrine e fattori della coagulazione e aumentando il rischio sia di trombosi che di emorragie.
Il punto cruciale è che i pazienti con mieloma multiplo sono già di per sé più inclini a problemi di coagulazione (piastrine basse, tempi di coagulazione allungati, livelli elevati di D-Dimero…). Quindi, cosa succede se un paziente sviluppa la CID prima ancora di iniziare la terapia CAR T? È sicuro procedere? Molti studi clinici escludono questi pazienti per motivi di sicurezza, lasciandoci con poche informazioni su come gestirli.
La Nostra Esperienza: Tre Casi Complessi
Proprio per colmare questa lacuna, abbiamo analizzato retrospettivamente la nostra esperienza con tre pazienti (due con MM e uno con una forma più aggressiva, la leucemia plasmacellulare primaria o PCL) che avevano una diagnosi di CID confermata tramite specifici sistemi di punteggio (CDSS, JMHW, ISTH) prima dell’infusione di LCAR-B38M. La loro CID era probabilmente legata alla progressione della malattia stessa o ai trattamenti precedenti. Le cellule tumorali, infatti, possono rilasciare sostanze (come il fattore tissutale, TF) che innescano la cascata coagulativa, e anche la chemioterapia può danneggiare l’endotelio vascolare e peggiorare la situazione.
Nonostante la diagnosi di CID, abbiamo deciso di procedere con l’infusione di LCAR-B38M come pianificato, ovviamente monitorando i pazienti in modo strettissimo.

Cosa è Successo Dopo l’Infusione? CRS e Peggioramento della CID
Come potevamo aspettarci, tutti e tre i pazienti hanno sviluppato la CRS dopo l’infusione di CAR T (generalmente tra il giorno 9 e il giorno 12). E, cosa importante, tutti e tre hanno anche mostrato un peggioramento della CID, con un aumento dei punteggi specifici e alterazioni significative nei parametri di coagulazione (come allungamento del PT/APTT, calo delle piastrine, aumento del D-Dimero).
Un’osservazione chiave è stata che l’insorgenza della CRS tendeva a precedere il deterioramento della CID. Questo suggerisce fortemente un legame causale: la tempesta citochinica scatenata dalle CAR T attivate e dalle altre cellule immunitarie (monociti/macrofagi) sembra essere la responsabile principale del peggioramento della coagulopatia.
La CRS è caratterizzata dal rilascio massiccio di citochine infiammatorie, e una in particolare, l’interleuchina-6 (IL-6), gioca un ruolo centrale. Nei nostri pazienti, abbiamo visto picchi di IL-6 impressionanti (fino a 62, 12 e 156 volte i livelli basali!) proprio durante la fase acuta della CRS. L’IL-6 attiva le cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni, inducendole a rilasciare fattori pro-coagulanti (come TF e fattore von Willebrand, vWF) e inibitori della fibrinolisi (come PAI-1). Inoltre, può danneggiare il fegato (che produce molti fattori della coagulazione) e inibire enzimi (come ADAMTS13) che normalmente controllano l’aggregazione piastrinica mediata dal vWF. Insomma, un cocktail perfetto per mandare in tilt il sistema della coagulazione.
La Gestione: Un Approccio Multimodale e Tempestivo
Di fronte a questo scenario complesso (CRS di grado 2 e peggioramento della CID), abbiamo messo in campo una strategia di gestione articolata su quattro pilastri:
- Terapia Anticoagulante: Tutti i pazienti hanno ricevuto eparina a basso peso molecolare (LMWH) a dosi profilattiche o terapeutiche (4000 UI/giorno) fino a quando i parametri di coagulazione e i punteggi DIC non sono rientrati nella norma.
- Terapia Sostitutiva: Abbiamo trasfuso plasma fresco congelato (se PT/APTT molto allungati), concentrati piastrinici (mantenendo le piastrine sopra 20.000/µL, usando anche trombopoietina se necessario) e concentrati eritrocitari. Abbiamo usato anche fattori di crescita (G-CSF) per supportare i globuli bianchi.
- Trattamento della CRS: Tutti e tre i pazienti, avendo sviluppato una CRS di grado 2, hanno ricevuto tocilizumab, un anticorpo monoclonale che blocca il recettore dell’IL-6, per spegnere l’iper-infiammazione.
- Terapia di Supporto: Misure aggiuntive come idratazione, farmaci antipiretici, anti-infettivi (se sospetto di infezione concomitante), e protezione epatica sono state fondamentali.

Il Risultato: Missione Possibile!
E la buona notizia? Grazie a questo approccio tempestivo e completo, tutti e tre i pazienti hanno superato la fase critica. Il loro profilo coagulativo è tornato alla normalità. E, cosa ancora più importante dal punto di vista oncologico, due pazienti hanno ottenuto una risposta completa (CR) alla terapia CAR T, con malattia minima residua (MRD) negativa, che è durata per diversi mesi. Il terzo paziente ha ottenuto una stabilizzazione della malattia (SD).
Conclusioni: Un Messaggio di Speranza (e Cautela)
Cosa ci insegna questa esperienza? Che, nonostante la presenza di una condizione complessa e potenzialmente pericolosa come la CID prima dell’infusione, la terapia con cellule CAR T LCAR-B38M può essere somministrata in sicurezza a pazienti con mieloma multiplo. La chiave è un monitoraggio strettissimo e una gestione proattiva e multidisciplinare degli eventi avversi, in particolare della CRS e delle sue conseguenze sulla coagulazione.
Certo, ogni caso è a sé e la decisione va ponderata attentamente, ma il nostro studio fornisce una prova di concetto importante e un’esperienza clinica preziosa. Dimostra che, con le giuste precauzioni e un intervento rapido, possiamo offrire questa potente opzione terapeutica anche a pazienti che altrimenti potrebbero essere esclusi, aprendo nuove speranze nella lotta contro il mieloma multiplo. È un passo avanti significativo che ci incoraggia a continuare la ricerca per ottimizzare ulteriormente la gestione di questi pazienti complessi.
Fonte: Springer
