Fabbriche Tedesche e Voto Populista: Quando il Fantasma del Declino Pesa Più del Declino Stesso
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una questione che mi ronza in testa da un po’, e che uno studio recente sulla Germania ha illuminato in modo, direi, sorprendente. Siamo abituati a pensare che dove le fabbriche chiudono e la gente perde il lavoro, lì il populismo di destra faccia il pieno di voti. Un’equazione semplice, quasi scontata, no? Beh, a quanto pare, la realtà è un filino più complicata e, se volete la mia, molto più affascinante.
Immaginatevi la scena: da una parte abbiamo regioni che hanno visto le loro industrie storiche sgretolarsi nel tempo, con tutto ciò che ne consegue in termini di disoccupazione e difficoltà economiche. Dall’altra, zone dove l’industria manifatturiera è ancora forte, un pilastro dell’economia locale, ma dove aleggia lo spettro del cambiamento, della delocalizzazione, dell’automazione. Ecco, lo studio tedesco “Industrial Employment and Populism in Germany—Exploring the Effect of Actual and Looming Decline” ci dice che questi due scenari portano a risultati elettorali populisti diversi, e non sempre quelli che ci aspetteremmo.
Il Declino Reale e il Populismo di Sinistra: Una Richiesta di Aiuto?
Partiamo dalle aree che il declino industriale l’hanno vissuto sulla loro pelle, quello vero e prolungato. Pensate alla Ruhr, un tempo cuore pulsante dell’acciaio e del carbone, oggi alle prese con tassi di disoccupazione più alti e un generale senso di difficoltà. Secondo questa ricerca, in queste zone non è tanto il populismo di destra a guadagnare terreno, quanto piuttosto quello di sinistra, rappresentato in Germania da Die Linke.
La logica, se ci pensiamo, ha un suo perché. Chi ha perso il lavoro, chi vede la propria comunità impoverirsi, tende a cercare risposte in chi propone maggiori tutele sociali, un welfare state più generoso, insomma, una rete di sicurezza. È come se dicessero: “Ehi, siamo in difficoltà, abbiamo bisogno di un sostegno concreto!”. E Die Linke, con le sue politiche redistributive e di compensazione, sembra intercettare proprio questa domanda.
Il Timore del Declino e il Populismo di Destra: L’Ansia da Status
E allora, dove attecchisce il populismo di destra, come quello dell’Alternative für Deutschland (AfD)? Sorprendentemente, non tanto dove l’industria è già morta e sepolta, ma piuttosto dove è storicamente forte e dove si percepisce un rischio imminente di declino. Parliamo di regioni magari nel sud della Germania, con un forte settore automobilistico, che per decenni hanno garantito benessere e stabilità, ma che ora si sentono minacciate dalla globalizzazione spinta, dall’automazione selvaggia, dalla decarbonizzazione.
Qui la faccenda si fa più psicologica. Non è tanto la deprivazione materiale già subita a guidare il voto, quanto piuttosto l’ansia per il futuro, la paura di perdere uno status sociale ed economico consolidato. I lavoratori che sono ancora impiegati, magari in quelle fabbriche che un tempo erano il fiore all’occhiello della nazione, vedono il loro mondo cambiare rapidamente e temono di diventare i prossimi “perdenti”. È la cosiddetta “ansia da status”: non sono ancora caduto, ma vedo il precipizio avvicinarsi.
Questi elettori, spesso operai specializzati, non si sentono attratti dalle promesse di welfare universale (che vedono magari come un aiuto a chi “non merita”), ma piuttosto da narrazioni che promettono di “riportare indietro le lancette”, di proteggere l’identità nazionale e i lavoratori “autoctoni” dalla concorrenza esterna o dai cambiamenti percepiti come minacciosi. L’AfD, con i suoi toni nazionalisti, anti-immigrazione e talvolta nostalgici, fa breccia proprio in questo sentimento di incertezza e timore per il futuro.
Lo studio ha utilizzato dati storici sull’occupazione manifatturiera regionale e dati geocodificati da sondaggi, permettendo un’analisi piuttosto dettagliata. È emerso, ad esempio, che un maggior rischio di automazione a livello individuale è associato a una maggiore probabilità di votare per l’AfD. Questo rafforza l’idea che la paura del cambiamento tecnologico e delle sue conseguenze sul lavoro sia un motore importante.
Meccanismi Complessi e Non Sempre Lineari
Interessante notare che, secondo i ricercatori, l’effetto del declino industriale regionale sul sostegno a Die Linke non sembra essere guidato principalmente dai disoccupati. Piuttosto, entrano in gioco effetti contestuali, forse legati a una preoccupazione più generale per le sorti della propria comunità (quelle che gli esperti chiamano “sociotropic concerns”). Come a dire: “Vedo che la mia regione sta soffrendo, e anche se io ho ancora un lavoro, voglio politiche che la aiutino a rialzarsi”.
Al contrario, per l’AfD, sebbene il rischio di automazione individuale giochi un ruolo, l’effetto regionale dell’alta occupazione industriale storica sul voto per questo partito non sembra essere più forte tra coloro che sono direttamente esposti all’automazione. Questo suggerisce che ci sono dinamiche più ampie in gioco, forse legate a un’identità collettiva di “classe operaia industriale” che si sente sotto assedio e cerca una rappresentanza politica che ne difenda lo status, anche in modo simbolico.
La Germania, con la sua storia di deindustrializzazione eterogenea – pensiamo al crollo di certe aree della DDR dopo la riunificazione, o alla resilienza di altre – e la presenza di due partiti populisti agli estremi dello spettro politico, si è rivelata un caso di studio eccezionale per sviscerare queste dinamiche.
Cosa Ci Portiamo a Casa?
Beh, la prima cosa è che dobbiamo andare oltre le semplificazioni. Non è detto che il disagio economico si traduca automaticamente in un voto per la destra populista. Dipende dal tipo di disagio (reale o temuto), dal contesto storico-industriale di una regione e dalle risposte politiche che vengono offerte.
Questo studio ci invita a sviluppare una comprensione più sfumata di come la storia industriale e il suo declino (o la minaccia di esso) plasmino il sostegno ai partiti populisti, sia di destra che di sinistra, in modi distinti. E, se ci pensate, questo ha implicazioni enormi anche per le politiche da mettere in campo. Aiutare le “regioni lasciate indietro” non può significare la stessa cosa ovunque. Bisogna capire se si sta affrontando una ferita aperta o la paura di una ferita futura.
Insomma, la prossima volta che sentiremo parlare di populismo e crisi industriale, forse faremo bene a chiederci: stiamo parlando di un declino già avvenuto e delle sue macerie, o del timore angosciante di un futuro che sembra voler cancellare un passato di certezze? Le risposte, come spesso accade, sono complesse, ma proprio per questo incredibilmente stimolanti da indagare. E voi, cosa ne pensate?
Fonte: Springer