Gastrectomia Mininvasiva e Obesità: Il Sorprendente Paradosso che Rovescia le Aspettative!
Ragazzi, parliamoci chiaro. L’obesità è una bella gatta da pelare nei paesi occidentali, quasi una pandemia globale, e purtroppo sembra andare a braccetto con un rischio aumentato di cancro gastrico. Questo significa che, con più persone obese in giro, vediamo anche più casi di questo tipo di tumore, che tra l’altro è già la terza causa di morte per cancro nel mondo. Insomma, un quadro non proprio roseo.
Quando ci troviamo di fronte al cancro gastrico, la chirurgia resta spesso la strada maestra. Negli ultimi anni, poi, si è fatta strada la chirurgia mininvasiva (laparoscopica o robotica), che promette recuperi più rapidi e meno cicatrici. In Italia, inizialmente, le linee guida la consigliavano soprattutto per i tumori allo stadio iniziale (Early Gastric Cancer, EGC). Ma noi chirurghi, si sa, siamo sempre alla ricerca del meglio per i nostri pazienti, e la tendenza è stata quella di usare queste tecniche anche per tumori più avanzati (Advanced Gastric Cancer, AGC), visto che la letteratura scientifica ne confermava la sicurezza.
La Sfida Chirurgica: Operare Pazienti Obesi
Ora, la domanda sorge spontanea: ma questa chirurgia mininvasiva, che già richiede una certa abilità, come se la cava con i pazienti obesi? Intuitivamente, si potrebbe pensare che sia più complicata. L’eccesso di tessuto adiposo può rendere più difficile la visualizzazione e la manovra degli strumenti, per non parlare delle possibili comorbidità (diabete, ipertensione, problemi cardiaci) che spesso accompagnano l’obesità e che potrebbero aumentare i rischi post-operatori. In effetti, alcuni studi passati suggerivano tempi operatori più lunghi, maggior sanguinamento e un rischio più alto di complicazioni nei pazienti obesi sottoposti a chirurgia gastrica.
Per questo motivo, insieme ad altri colleghi di 10 centri italiani ad alto volume per la chirurgia gastrointestinale superiore, abbiamo deciso di vederci chiaro. Volevamo capire se l’obesità fosse davvero un fattore di rischio aggiuntivo per chi si sottopone a una gastrectomia mininvasiva per cancro gastrico.
Lo Studio Italiano: Cosa Abbiamo Scoperto?
Abbiamo messo insieme i dati, raccolti prospetticamente ma analizzati retrospettivamente, di ben 713 pazienti operati tra il 2017 e il 2021. Tutti avevano un cancro gastrico e sono stati sottoposti a gastrectomia (totale o subtotale) con linfoadenectomia D2 pianificata, eseguita con tecnica mininvasiva (laparoscopica nell’85.4% dei casi, robotica nel 14.6%). Abbiamo escluso i casi non curativi o che richiedevano resezioni multiviscerali complesse.
Abbiamo diviso i pazienti in due gruppi:
- Non obesi: 617 pazienti (86.5%)
- Obesi (BMI ≥ 30 kg/m2): 96 pazienti (13.5%)
Abbiamo confrontato le caratteristiche dei due gruppi: età, sesso, indice di comorbidità di Charlson, precedenti interventi addominali, terapie neoadiuvanti e localizzazione del tumore erano simili. L’unica differenza significativa pre-operatoria era il punteggio ASA (American Society of Anesthesiologists), che misura il rischio anestesiologico: i pazienti obesi avevano più frequentemente punteggi ASA 3 e 4, indicando condizioni generali di base più precarie, come c’era da aspettarsi (p=0.024).
Poi siamo andati a vedere cosa è successo durante e dopo l’intervento, focalizzandoci sugli esiti a breve termine: complicazioni, mortalità a 90 giorni, necessità di convertire l’intervento da mininvasivo a “aperto” (open), radicalità oncologica (cioè se il tumore è stato rimosso completamente, R0) e numero di linfonodi asportati (importante per la stadiazione e la prognosi).
Risultati Sorprendenti: Il Paradosso dell’Obesità
E qui arriva il bello, o meglio, il sorprendente. Tenetevi forte:
- Conversione all’intervento open: Nessuna differenza significativa tra i due gruppi (4.2% negli obesi vs 7% nei non obesi, p=0.303). L’obesità non ha reso significativamente più probabile dover “aprire” l’addome.
- Complicazioni post-operatorie: Qui abbiamo trovato una differenza significativa solo per le infezioni del sito chirurgico, che sono state più frequenti nel gruppo degli obesi (13.5% vs 6.2%, p=0.009). Per tutte le altre complicazioni analizzate (sanguinamento, necessità di terapia intensiva, perdite dalle suture – anastomotiche o duodenali, stenosi, ostruzione o perforazione intestinale, raccolte addominali, svuotamento gastrico ritardato, necessità di reintervento), non abbiamo trovato differenze significative tra obesi e non obesi. Anche classificando le complicazioni per gravità secondo Clavien-Dindo (da CD-1 a CD-5), non sono emerse differenze statisticamente rilevanti tra i due gruppi, tranne che per la mortalità.
- Esiti Oncologici: Nessuna differenza significativa nel numero di linfonodi asportati (media di circa 31 negli obesi e 33 nei non obesi, p=0.596) né nella radicalità chirurgica (R0 ottenuta nel 97.9% degli obesi e nel 96.3% dei non obesi, p=0.415). Questo suggerisce che l’obesità non ha compromesso l’efficacia oncologica dell’intervento mininvasivo.
- Mortalità a 90 giorni: Questo è il dato che ci ha lasciati più interdetti. Nel gruppo dei pazienti obesi, non c’è stato nessun decesso entro 90 giorni dall’intervento. Nel gruppo dei non obesi, invece, abbiamo registrato 27 decessi (pari al 4.4%). Questa differenza è statisticamente significativa (p=0.037). Confrontando con le complicazioni CD-5 (morte), abbiamo visto che 13 decessi nei non obesi erano classificati come CD-5, mentre altri 14 sono avvenuti entro i 90 giorni dopo la dimissione.
Avete letto bene. Non solo l’obesità non sembra peggiorare la maggior parte degli esiti post-operatori della gastrectomia mininvasiva (se eseguita da chirurghi esperti), ma in questo studio è addirittura associata a una mortalità a 90 giorni significativamente più bassa. Un vero e proprio paradosso dell’obesità!
Analisi Approfondita: Gastrectomia Totale vs. Subtotale
Abbiamo anche provato a dividere i pazienti in base al tipo di gastrectomia (subtotale, circa il 69% dei casi, o totale, circa il 31%) e a confrontare obesi e non obesi all’interno di questi sottogruppi.
Nel gruppo della gastrectomia subtotale, non abbiamo trovato differenze significative negli esiti a breve termine tra obesi e non obesi.
Nel gruppo della gastrectomia totale, invece, è emersa una differenza interessante: i pazienti obesi hanno avuto significativamente meno complicazioni di grado CD-2 (quelle che richiedono farmaci) rispetto ai non obesi (3.6% vs 8.9%, p=0.029). Un altro piccolo tassello a favore del paradosso.
Cosa Significa Tutto Questo?
Questi risultati sembrano contraddire l’idea diffusa che l’obesità sia sempre un fattore di rischio aggiuntivo in chirurgia maggiore, specialmente con approccio mininvasivo. Certo, l’aumento delle infezioni chirurgiche negli obesi è un dato da non sottovalutare e richiede attenzione specifica. Tuttavia, la sorprendente assenza di differenze nella maggior parte delle complicazioni e, soprattutto, la mortalità a 90 giorni drasticamente inferiore nel gruppo obeso, aprono scenari inaspettati.
Questo studio suggerisce che, nelle mani di chirurghi esperti e in centri ad alto volume, la gastrectomia mininvasiva per cancro gastrico è sicura ed efficace anche nei pazienti obesi, senza compromettere gli esiti oncologici a breve termine. Il “paradosso dell’obesità”, per cui i pazienti obesi sembrano avere esiti migliori in alcune condizioni critiche o chirurgiche, è un fenomeno già osservato in altri contesti, ma vederlo emergere così nettamente in questo setting è davvero notevole.
Ovviamente, dobbiamo essere cauti. Il nostro è uno studio retrospettivo, non randomizzato, e i due gruppi avevano dimensioni molto diverse. Non possiamo trarre conclusioni definitive. Consideriamolo più come una “prova di concetto”, un segnale forte che ci dice che forse dobbiamo rivedere alcune nostre convinzioni e che l’obesità, di per sé, non dovrebbe precludere l’accesso ai benefici della chirurgia mininvasiva. È un invito a proseguire la ricerca con studi prospettici di alta qualità, magari multicentrici e randomizzati, per capire meglio questo fenomeno e confermare (o smentire) questi risultati intriganti.
Insomma, la partita tra obesità e chirurgia mininvasiva è tutt’altro che chiusa, e potrebbe riservarci ancora delle sorprese!
Fonte: Springer