Un'infermiera dall'aspetto stressato guarda fuori da una finestra d'ospedale, luce soffusa che entra, 35mm portrait, profondità di campo, toni blu e grigi duotone, simboleggiando lo stress e l'isolamento del gaslighting sul lavoro.

Gaslighting sul Lavoro: L’Incubo Nascosto che Ora Possiamo Misurare

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento tanto subdolo quanto diffuso, che magari avete sperimentato senza nemmeno sapergli dare un nome: il gaslighting sul posto di lavoro. Sì, avete capito bene. Quella sensazione fastidiosa di non essere capiti, di vedere la realtà distorta, di sentirsi messi in dubbio costantemente… ecco, potrebbe non essere solo frutto della vostra immaginazione.

Ma cos’è esattamente il Gaslighting?

Partiamo dalle basi. Il gaslighting è una forma di abuso psicologico bella e buona. Immaginate qualcuno che, con astuzia e manipolazione, vi porta a dubitare di voi stessi: della vostra memoria, della vostra percezione della realtà, persino della vostra salute mentale. È una strategia che fa leva sugli squilibri di potere – pensate al rapporto capo-dipendente, o tra colleghi con anzianità diversa – e mina la vostra capacità di pensare autonomamente. Spesso vi lascia confusi, in preda a quella che gli psicologi chiamano “dissonanza cognitiva”: un conflitto interiore tra ciò che credete e ciò che vi viene fatto credere.

Il termine viene da un’opera teatrale (poi diventata film) dove un marito manipolatore convince la moglie di essere pazza per rubarle l’eredità. Oggi, questa parola è diventata così rappresentativa della nostra epoca che il dizionario Merriam-Webster l’ha eletta “Parola dell’Anno” nel 2022. Viviamo in una “Cultura del Gaslight”, come dice Stern, bombardati da messaggi che ci spingono a credere a cose non vere. E il posto di lavoro, purtroppo, non fa eccezione.

Il Gaslighting nel Mondo Infermieristico: Un’Ombra Silenziosa

Parliamo di un ambiente che conosco bene per via degli studi che seguo: quello infermieristico. Qui il gaslighting può manifestarsi in modi sottili. Pensate a manager o colleghi che ignorano le vostre preoccupazioni legittime (magari sugli straordinari eccessivi) e vi fanno credere che un impegno lavorativo al limite del burnout sia non solo normale, ma necessario. Vi spingono verso il “workaholism”, facendovi sentire in colpa se non vi sacrificate abbastanza.

Il problema è che questi comportamenti sono difficili da identificare e denunciare. Spesso si mascherano dietro “consigli” o “indicazioni”. La ricerca si è concentrata molto su bullismo e inciviltà, ma il gaslighting, con le sue sfumature manipolative, sfugge alle maglie degli strumenti di misurazione tradizionali. È un nemico invisibile che logora dall’interno. Le vittime non lo riconoscono, i perpetratori magari nemmeno si rendono conto del danno che fanno, e intanto il clima lavorativo diventa tossico.

Un primo piano su due mani che si stringono, una con fermezza quasi opprimente sull'altra che appare incerta, in un ufficio moderno. Macro lens, 85mm, illuminazione controllata per creare ombre drammatiche, alta definizione sui dettagli delle mani.

La Sfida: Come Misurare l’Invisibile?

Ecco il punto cruciale: come facciamo a studiare e combattere un fenomeno così sfuggente se non abbiamo gli strumenti giusti per misurarlo? La maggior parte degli studi sul gaslighting lavorativo sono qualitativi o concettuali. Mancano strumenti quantitativi validati, soprattutto in contesti culturali diversi da quello anglosassone.

Fortunatamente, nel 2023, Kukreja e Pandey hanno sviluppato una scala specifica: la Workplace Gaslighting Scale. Uno strumento prezioso, ma disponibile solo in inglese. E qui entra in gioco lo studio di cui vi parlo oggi. Ci siamo posti un obiettivo: tradurre e validare questa scala per il contesto iraniano, specificamente per gli infermieri. Perché? Perché anche lì il problema esiste e serve un modo affidabile per rilevarlo.

Dall’Inglese al Persiano: La Nascita di uno Strumento

Come abbiamo fatto? Abbiamo seguito un processo rigoroso, quello che in gergo si chiama “validazione psicometrica”.

  • Traduzione Accurata: Abbiamo usato il metodo “forward-backward”. Due traduttori hanno portato la scala dall’inglese al persiano, poi altri due l’hanno ritradotta in inglese. Questo processo incrociato assicura che il significato originale non si perda per strada. Abbiamo anche chiesto l’approvazione degli sviluppatori originali.
  • Controllo sul Campo: Abbiamo sottoposto la versione persiana a dieci infermieri per verificare che le domande fossero chiare e comprensibili (validità di facciata). Abbiamo apportato piccole modifiche linguistiche per migliorare la fluidità.
  • Parere degli Esperti: Cinque esperti (tre infermieri e due psicologi) hanno valutato la rilevanza e l’adeguatezza di ogni item rispetto al costrutto del gaslighting (validità di contenuto).
  • Raccolta Dati Online: Abbiamo condotto uno studio trasversale (cioè una fotografia in un dato momento) su 306 infermieri iraniani, reclutati tramite social media come WhatsApp e Telegram. Un campione considerato “buono” per l’analisi fattoriale, secondo gli esperti Comrey e Lee. Abbiamo raccolto dati demografici e le loro risposte alla scala.

Cosa Ci Hanno Detto i Numeri? La Scala Funziona!

E i risultati? Beh, sono stati molto incoraggianti! L’analisi statistica (in particolare l’Analisi Fattoriale Confermativa – CFA) ha confermato che la struttura a due fattori della scala originale (Trivializzazione e Afflizione) funziona bene anche nella versione persiana. Gli indici di adattamento del modello erano buoni (CMIN/DF = 2.295, CFI = 0.960, TLI = 0.915, SRMR = 0.036, RMSEA = 0.065), indicando che la scala misura effettivamente ciò che dice di misurare.

L’affidabilità interna è risultata eccellente, sia con l’Alfa di Cronbach (0.911) che con l’Omega di McDonald (0.912). Questo significa che le domande della scala sono coerenti tra loro nel misurare il gaslighting.

Grafico statistico complesso visualizzato su uno schermo di computer in un laboratorio di ricerca poco illuminato. Macro lens, 100mm, high detail, precise focusing sullo schermo, luce ambientale fioca.

Analizzando le risposte, abbiamo notato cose interessanti:

  • L’item con il punteggio medio più alto è stato il #12: “Il tuo supervisore mostra un comportamento imprevedibile, essendo gentile un momento e duro quello dopo“. Sembra che questa altalena emotiva sia una caratteristica distintiva del gaslighter percepita da molti.
  • L’item con la correlazione più alta con il resto della scala è stato il #6: “Il tuo supervisore ha cercato di sminuire le tue lamentele per sminuirle“. Questo suggerisce che la tendenza a invalidare le preoccupazioni dei dipendenti è un comportamento chiave riconosciuto dagli infermieri iraniani.
  • La Trivializzazione (Fattore 1) raggruppa item che descrivono come i supervisori minimizzano o ignorano le paure e le realtà dei sottoposti. L’item #6 ha avuto il “peso” maggiore qui.
  • L’Afflizione (Fattore 2) riguarda il dolore, la sofferenza e l’angoscia indotti dal gaslighter. L’item con il peso maggiore è stato l’#8: “Il tuo supervisore tende a esercitare un controllo non necessario su di te“. Questo controllo eccessivo sembra essere una fonte primaria di stress.

Abbiamo anche trovato che le infermiere single riportavano punteggi medi di gaslighting significativamente più alti rispetto alle colleghe sposate. Forse il supporto familiare fa da cuscinetto? È un’ipotesi da esplorare. Inoltre, i punteggi più alti sono stati riscontrati nelle unità di terapia intensiva, ambienti notoriamente stressanti. E infatti, chi riportava livelli di stress lavorativo più alti, aveva anche punteggi di gaslighting maggiori.

Validità Convergente e Discriminante: Un Piccolo Neo

Parlando di validità, quella convergente (che valuta se gli indicatori misurano bene lo stesso concetto) era parzialmente supportata. L’AVE (Average Variance Extracted) per il fattore Trivializzazione era un po’ basso (0.434, sotto la soglia ideale di 0.50), anche se quello per Afflizione era buono (0.560). Tuttavia, la Composite Reliability (CR) era alta per entrambi (>0.70), indicando comunque una buona coesione interna. A volte capita, e la ricerca suggerisce che con un CR alto, la validità convergente può essere considerata accettabile.

La validità discriminante (che verifica se i due fattori misurano cose distinte) è stata invece confermata pienamente sia con il rapporto HTMT (0.695, ben sotto la soglia di 0.85) sia con il criterio MSV (Maximum Shared Variance), risultato inferiore agli AVE. Insomma, Trivializzazione e Afflizione sono due facce distinte ma correlate del gaslighting lavorativo.

Un gruppo diversificato di infermieri discute animatamente ma in modo costruttivo attorno a un tavolo in una sala riunioni luminosa. Prime lens, 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo, luce naturale dalle finestre.

Limiti e Prospettive: La Strada è Ancora Lunga

Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Il sondaggio online potrebbe aver escluso qualcuno, il disegno trasversale non permette di stabilire cause ed effetti, e l’autovalutazione può portare a sottostimare il fenomeno. Inoltre, il campionamento di convenienza (chi era attivo su WhatsApp/Telegram) introduce un potenziale bias. E c’è quel valore AVE un po’ basso per un fattore.

Tuttavia, questo studio rappresenta un passo avanti fondamentale. Dimostra che la versione persiana della Workplace Gaslighting Scale è uno strumento valido e affidabile. Ora i manager e i ricercatori iraniani hanno uno strumento concreto per misurare questo fenomeno insidioso nel contesto infermieristico.

Perché è Importante?

Identificare il gaslighting è il primo passo per combatterlo. Questo comportamento danneggia non solo l’individuo, ma l’intera organizzazione. Crea ambienti di lavoro tossici, mina la fiducia, riduce la performance e, nel caso della sanità, può persino compromettere la qualità delle cure. In Iran, come altrove, queste dinamiche negative contribuiscono alla fuga dei cervelli, come quella degli infermieri che cercano condizioni migliori all’estero.

Avere uno strumento validato permette di:

  • Monitorare la prevalenza del gaslighting.
  • Valutare l’efficacia degli interventi per contrastarlo.
  • Aumentare la consapevolezza tra manager e dipendenti.
  • Promuovere culture organizzative più sane e supportiv.

Insomma, dare un nome e una misura a questo “incubo nascosto” è essenziale per poterlo finalmente affrontare alla luce del sole. E questo studio è un tassello importante in quella direzione. Speriamo che apra la strada a ulteriori ricerche e, soprattutto, a interventi concreti per rendere i luoghi di lavoro più sicuri psicologicamente per tutti.

Fonte: Springer

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