Ritratto fotografico di un gruppo di garruli arabi (Argya squamiceps) che interagiscono socialmente a terra nel loro habitat desertico naturale vicino a un villaggio israeliano sullo sfondo. Obiettivo 50mm, profondità di campo media per mostrare sia gli uccelli in primo piano che il contesto. Luce naturale del mattino.

Garruli Arabi nel Deserto: Come le Stagioni (e Noi Umani) Cambiano le Loro Vite

Sapete, il deserto è un luogo affascinante ma incredibilmente esigente. Immaginate di viverci tutto l’anno: estati torride con cibo e acqua scarsi, e inverni magari un po’ più miti, ma sempre con risorse imprevedibili. Come fanno gli animali a cavarsela? Questa è una domanda che mi affascina da sempre, specialmente quando ci mettiamo di mezzo noi umani, modificando il paesaggio con i nostri villaggi, le coltivazioni, le strade.

Oggi voglio parlarvi di un abitante speciale del deserto del Negev, in Israele: il Garrulo Arabo (Argya squamiceps). Non è un uccello qualunque. È un passeriforme sociale, vive in gruppi familiari molto uniti, quasi come piccole tribù, ed è stanziale, cioè non migra. Questa sua socialità è probabilmente un adattamento proprio per sopravvivere in un ambiente così difficile. Collaborano, si difendono a vicenda, un po’ come una squadra ben affiatata.

L’Oasi Umana: Un Rifugio Estivo?

Nel deserto del Negev, l’ambiente naturale è spesso intervallato da insediamenti umani: piccoli villaggi (kibbutz), frutteti. Queste aree, grazie all’irrigazione e alle attività umane, offrono spesso risorse più stabili e prevedibili rispetto all’ambiente circostante, soprattutto durante la lunga e secca estate israeliana. Acqua costante, magari qualche scarto di cibo, insetti attirati dalla vegetazione più rigogliosa… un vero e proprio buffet, se paragonato alla scarsità del deserto naturale in quel periodo.

Ci siamo chiesti: come sfruttano questi uccelli intelligenti e sociali la presenza umana? Cambia il loro comportamento a seconda della stagione e della disponibilità di risorse naturali? Per capirlo, abbiamo usato una tecnologia pazzesca, chiamata ATLAS. Pensatela come un GPS super avanzato e miniaturizzato, che ci permette di seguire gli spostamenti di piccoli animali come i nostri garruli con una precisione incredibile, quasi in tempo reale. Abbiamo seguito 21 individui appartenenti a 10 gruppi diversi dalla tarda estate all’inizio dell’inverno.

E cosa abbiamo scoperto? Beh, le nostre ipotesi iniziali erano abbastanza azzeccate. Durante i mesi più caldi e secchi, quando nel deserto circostante (che chiameremo “altopiano”) le risorse naturali scarseggiano, i gruppi di garruli tendevano a passare più tempo all’interno dei villaggi. Sembra proprio che queste “oasi umane” funzionino come un’importante risorsa tampone, un aiuto fondamentale per superare i periodi più difficili dell’anno. In questo periodo, inoltre, i gruppi sembravano anche più “gelosi” del loro territorio vicino ai villaggi, probabilmente per difendere queste preziose risorse.

Fotografia naturalistica di un garrulo arabo (Argya squamiceps) appollaiato su un ramo secco nel deserto del Negev, luce calda del tardo pomeriggio. Obiettivo teleobiettivo 200mm, velocità otturatore elevata per catturare i dettagli dell'uccello, sfondo sfocato (bokeh) che mostra il paesaggio arido.

Il Cambio di Stagione: Ritorno alla Natura (e Meno Litigi)

Ma la cosa affascinante è osservare cosa succede quando il clima cambia. Man mano che ci si avvicinava all’inverno, con temperature più miti e le prime piogge che iniziavano a risvegliare un po’ la vita nell’altopiano desertico, il comportamento dei garruli cambiava di nuovo.

Abbiamo notato che:

  • Passavano meno tempo nei villaggi e aumentavano le loro incursioni nell’habitat semi-naturale dell’altopiano.
  • I loro territori giornalieri (home range) diventavano significativamente più piccoli. Questo potrebbe sembrare controintuitivo, ma forse indica che trovavano ciò di cui avevano bisogno in aree più concentrate e non dovevano più spaziare così tanto.
  • Erano meno territoriali. Lo abbiamo capito osservando una maggiore sovrapposizione tra le aree utilizzate dai diversi gruppi. In estate sembravano più guardinghi, pronti a difendere le risorse concentrate nei villaggi, mentre in inverno, con risorse forse più distribuite sull’altopiano, diventavano più “rilassati” riguardo ai vicini.

È interessante notare che, analizzando le immagini satellitari (usando l’indice NDVI, che misura la “verdità” della vegetazione), non abbiamo visto un “rinverdimento” generale dell’altopiano durante il nostro studio. Tuttavia, abbiamo scoperto che in inverno i garruli sceglievano specificamente le zone dell’altopiano con NDVI più alto, cioè le aree relativamente più verdi e produttive. Forse non era la vegetazione in sé, ma gli insetti e altri piccoli animali (il loro cibo principale) che diventavano più attivi e abbondanti in quelle zone con il clima più fresco. O forse cercavano già i posti migliori per nidificare in vista della primavera.

La Sorpresa: Una “Terra di Nessuno” Creata dall’Agricoltura

Una delle scoperte più inaspettate è stata l’effetto di un particolare tipo di ambiente modificato dall’uomo: i campi agricoli incolti. Tra due degli insediamenti studiati (Kibbutz Sde Boker e Midreshet Ben-Gurion) c’era una striscia di circa 2 km di terreno agricolo lasciato a riposo, praticamente terra brulla. Ebbene, in 135 giorni di monitoraggio intensivo (e anche nei 6 mesi successivi), nessun garrulo ha mai attraversato quell’area. Nemmeno una localizzazione!

Sembrava una vera e propria “terra di nessuno” per i garruli. Perché? Questi uccelli, pur volando, si muovono molto a terra e fanno affidamento su posatoi elevati (cespugli, alberi bassi) da cui un membro del gruppo, la “sentinella”, può sorvegliare l’arrivo di predatori. Un campo aperto e privo di vegetazione significativa è probabilmente percepito come troppo pericoloso, troppo esposto. Questa scoperta è importante: ci dice che anche modifiche apparentemente “minori” del paesaggio, come un campo incolto, possono creare barriere significative per il movimento e la dispersione di alcune specie, potenzialmente isolando popolazioni.

Veduta aerea grandangolare (obiettivo 20mm) del deserto del Negev che mostra un mosaico di habitat: un piccolo villaggio con vegetazione irrigata, un frutteto adiacente, l'habitat desertico semi-naturale (altopiano) e un campo agricolo incolto (terra brulla) che li separa. Luce diurna chiara, messa a fuoco nitida su tutto il paesaggio.

Cosa Impariamo da Questi Uccelli del Deserto?

Lo studio sui garruli arabi ci insegna molto su come gli animali si adattano a un mondo che cambia rapidamente, soprattutto a causa nostra. La loro flessibilità comportamentale è la chiave: sanno sfruttare le risorse offerte dagli insediamenti umani quando quelle naturali scarseggiano (estate), ma preferiscono tornare al loro habitat naturale quando questo diventa più generoso (inverno).

Questo evidenzia la complessa interazione tra disponibilità di risorse naturali, cambiamenti stagionali e modifiche antropiche del paesaggio. Gli insediamenti umani possono essere un’ancora di salvezza, ma presentano anche delle incognite. Ad esempio, la maggiore densità di garruli osservata vicino ai villaggi rispetto ad aree più naturali potrebbe portare a conseguenze impreviste, come un aumento dell’aggressività tra gruppi per la competizione.

Inoltre, capire come certi tipi di paesaggio (come i campi incolti) agiscano da barriera è fondamentale per la conservazione. Magari interventi semplici, come lasciare piccole fasce di vegetazione nativa ai margini dei campi, potrebbero bastare a mantenere la connettività tra diverse aree, favorendo il movimento degli animali e la salute delle loro popolazioni.

Questo tipo di ricerca, resa possibile da tecnologie come l’ATLAS che ci forniscono dati dettagliatissimi sui movimenti giornalieri (pensate che in media un gruppo percorreva 18 km al giorno!), è cruciale. Ci permette di “vedere” comportamenti e dinamiche che con i metodi tradizionali sarebbero impossibili da cogliere, come l’uso dello stesso luogo da parte di gruppi diversi in momenti diversi della giornata, o l’evitamento di specifiche aree.

Insomma, osservare i garruli arabi nel loro ambiente ci ricorda quanto sia dinamica e sorprendente la vita selvatica, e quanto sia importante capire le loro strategie per poter convivere al meglio su questo nostro pianeta in continua trasformazione.

Fonte: Springer

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