Svelare i Segreti del Corpo con la Luce: La Funzione di Struttura nel Segnale PPG
Avete presente quella lucina rossa o verde che a volte vedete sotto il vostro smartwatch o sulla clip che vi mettono al dito in ospedale? Ecco, quella tecnologia si chiama Fotopletismografia (PPG) e, credetemi, è molto più di un semplice contapassi per il cuore. Io, come tanti ricercatori, sono affascinato da come questa semplice luce possa raccontarci storie incredibilmente complesse sul nostro stato di salute.
Il segnale PPG, in sostanza, misura le variazioni del volume di sangue nei piccoli vasi sanguigni, quelli proprio sotto la pelle. È una tecnica non invasiva, comodissima, che dagli anni ’70 ci aiuta a monitorare la saturazione dell’ossigeno nel sangue. Ma negli ultimi anni, abbiamo capito che dentro quel segnale apparentemente semplice si nasconde un universo di informazioni.
Oltre il Battito: La Complessità Nascosta nel PPG
Pensate al nostro corpo: un sistema incredibilmente complesso, dove cuore, polmoni, nervi e vasi sanguigni interagiscono in una danza continua, su scale di tempo diversissime, dal millisecondo all’ora. Il segnale PPG cattura un riflesso di questa danza. Non è solo il “tic-tac” regolare del cuore (la componente che chiamiamo AC o pulsatile), ma anche una componente più lenta (DC o non-pulsatile) che dipende dalla struttura dei tessuti, dal flusso sanguigno medio e persino da come respiriamo.
Respirare, ad esempio, modula il segnale PPG in tre modi: cambia leggermente la frequenza cardiaca (più veloce inspirando, più lenta espirando), modifica la pressione nel torace influenzando il ritorno venoso (modulazione d’ampiezza della linea di base), e altera l’ampiezza del polso periferico. Anche il tono vasomotorio, cioè quanto i nostri vasi sanguigni sono “stretti” o “rilassati”, si riflette nelle variazioni di queste componenti AC e DC. Alcuni dispositivi moderni calcolano persino l’Indice di Perfusione (PI), un rapporto tra AC e DC che ci dice molto sul nostro stato vascolare periferico.
Il punto è che limitarsi a misurare solo la frequenza cardiaca o la saturazione è come guardare un’onda in superficie e ignorare le potenti correnti sottomarine. I nostri sistemi fisiologici sono non lineari, pieni di interazioni intricate. Una piccola perturbazione – uno stress improvviso, un’emozione, l’inizio di una malattia – può alterare questo delicato equilibrio. A volte il corpo recupera (resilienza), altre volte il danno può diventare più serio.
La Funzione di Struttura: La Nostra Lente d’Ingrandimento sulla Dinamica
Come possiamo “zoomare” su queste dinamiche nascoste? Qui entra in gioco uno strumento matematico affascinante che sto esplorando: la funzione di struttura. Nata negli studi sulla turbolenza dei fluidi (grazie a Kolmogorov e Obukhov negli anni ’40), questa funzione è perfetta per analizzare come le “fluttuazioni” di un segnale cambiano su diverse scale temporali.
In pratica, invece di guardare il valore assoluto del segnale, la funzione di struttura guarda alle differenze: quanto cambia il segnale PPG tra un istante `t` e un istante successivo `t + τ`? E come varia questa differenza al variare di `τ` (la “scala temporale” che stiamo osservando)?
Questo approccio ci permette di fare cose incredibili:
- Scoprire correlazioni a lungo termine: Il sistema ha una “memoria”? Gli eventi passati influenzano quelli futuri in modo non banale? La funzione di struttura, tramite un parametro chiamato esponente di Hurst (H), ce lo dice. Se H è tra 0.5 e 1, c’è persistenza (correlazione a lungo termine); se è tra 0 e 0.5, c’è anti-persistenza; se è 0.5, è come un segnale casuale senza memoria.
- Capire la natura frattale: I segnali biologici spesso mostrano proprietà frattali, cioè pattern simili che si ripetono su scale diverse. La funzione di struttura ci aiuta a capire se il segnale è monofractal (stesse proprietà di scaling ovunque) o multifractal (proprietà di scaling diverse in diverse parti del segnale, indicando una maggiore complessità e “intermittenza”).
- Distinguere tra caos e rumore: È robusta al rumore di misura, un problema comune nei dati biologici, e ci aiuta a capire se le irregolarità sono dovute a dinamiche complesse o a semplice casualità.
- Identificare transizioni: Può rivelare cambiamenti nello stato del sistema osservando come cambiano le sue proprietà su diverse scale temporali.

La bellezza è che questo strumento non si focalizza solo sulla “forma” (morfologia) del segnale PPG, ma cerca di arrivare alle cause operative, alle dinamiche funzionali che generano quella forma. È un cambio di prospettiva: dai modelli parametrici che faticano a trovare una corrispondenza fisica reale, a un’analisi che cerca di svelare l’organizzazione temporale e la complessità intrinseca del sistema.
Cosa Ci Dice la Funzione di Struttura sul PPG?
Abbiamo applicato per la prima volta, per quanto ne sappiamo, la funzione di struttura ai segnali PPG. Abbiamo iniziato con un database di 40 studenti universitari sani (19-30 anni), registrando il loro PPG in stato di riposo (basale) per circa un’ora.
Cosa abbiamo osservato analizzando la funzione di struttura di secondo ordine (q=2), la più comune? Un andamento caratteristico:
- Una regione iniziale con pendenza positiva: Su scale temporali brevi, il segnale mostra correlazione. Le fluttuazioni non sono casuali, ma seguono una certa “logica” deterministica o correlata. La pendenza di questa regione ci dà l’Esponente di Scaling (SE), legato all’esponente di Hurst H(2).
- Un punto di inflessione (IP): C’è un punto (`τ_i`) in cui la pendenza cambia bruscamente. Questo è il “limite della memoria” del sistema, la scala temporale oltre la quale la correlazione deterministica si attenua. Pensiamo che questo punto possa essere legato all’attivazione del sistema nervoso simpatico.
- Una regione a plateau: Su scale temporali più lunghe, la funzione di struttura diventa quasi piatta, indicando un comportamento più stocastico, meno correlato. L’altezza media di questo plateau (Plateau Height, PH) ci dà un’idea dell’ “energia” o variabilità di queste fluttuazioni a lungo termine.
È interessante notare che anche nella regione del plateau, apparentemente “piatta” e casuale, si nasconde una dinamica sottile, una sorta di modulazione d’ampiezza che segue una legge di potenza tipo “rumore flicker” (1/f). Questo potrebbe essere legato ai meccanismi con cui il sistema nervoso autonomo bilancia continuamente l’attivazione simpatica e parasimpatica per mantenere l’omeostasi.

I Primi Risultati: Biomarker Promettenti
Nel nostro studio sui giovani sani a riposo, abbiamo trovato risultati preliminari molto incoraggianti:
- Natura Monofractal: Il segnale PPG in stato basale si è rivelato essere non-stazionario ma prevalentemente monofractal. La funzione `ζ(q)` (che descrive come l’esponente di scaling cambia con l’ordine `q` della funzione di struttura) era quasi lineare per `q > 1`. Questo suggerisce un comportamento complesso ma relativamente omogeneo nelle proprietà di scaling in queste condizioni.
- Esponente di Scaling (SE) Stabile: Il valore medio di SE (calcolato dalla pendenza fino all’IP) era circa 0.67, indicando una dinamica persistente (correlata a lungo termine), e rimaneva notevolmente costante durante i 10 minuti di analisi.
- Punto di Inflessione (IP) Stabile: Anche l’IP, il nostro “orizzonte di memoria”, era molto stabile, intorno a un valore di 108 (in unità di tempo di campionamento, τ). Questo suggerisce un equilibrio omeostatico ben definito nello stato di riposo.
- Altezza del Plateau (PH) Variabile: A differenza degli altri due marker, il PH mostrava fluttuazioni più significative nel tempo, pur rimanendo in un range definito. Questa variabilità potrebbe riflettere proprio quella continua regolazione autonomica tra simpatico e parasimpatico di cui parlavamo.
La cosa notevole è che bastano circa 20 secondi di segnale PPG per calcolare questi biomarker in modo affidabile! Questo apre scenari interessantissimi per il monitoraggio in tempo reale.

Uno Sguardo al Futuro: Età, Genere e Stress
Questi tre parametri – SE, IP e PH – sembrano quindi candidati promettenti come biomarker fisiologici derivati dalla dinamica del segnale PPG. Abbiamo fatto un piccolo test preliminare su dati pubblici di persone sane di età diverse (da 20 a 89 anni) e i risultati, sebbene non statisticamente validi, suggeriscono che potrebbero esserci differenze legate all’età e forse anche al genere (ad esempio, le donne sembravano avere un PH mediamente più alto).
Inoltre, studi preliminari (che pubblicheremo presto) sullo stesso gruppo di 40 studenti sottoposti a stress acuto indicano che questi biomarker cambiano in modo significativo. Questo rafforza l’idea che possano essere utili per rilevare precocemente episodi di stress o altre condizioni cardiorespiratorie.
La capacità di adattamento fisiologico è un segno di buona salute. Cambiamenti in questa capacità, legati all’età, a disturbi temporanei o a patologie, potrebbero essere catturati proprio da questi marker dinamici. La fisiologia frattale, caratterizzata da queste correlazioni a lungo termine, è spesso associata a sistemi sani e adattabili. La perdita di questa complessità frattale, o la comparsa di periodicità troppo rigide, è spesso un segno che qualcosa non va.

Conclusioni (Provvisorie) di un Viaggio Affascinante
Il viaggio nell’analisi della funzione di struttura applicata al PPG è appena iniziato, ma è già incredibilmente stimolante. Stiamo scoprendo che una semplice misurazione ottica può fornirci una finestra profonda sulla complessità dinamica del nostro sistema cardiorespiratorio.
La funzione di struttura ci offre un modo robusto, computazionalmente efficiente e ricco di informazioni per andare oltre le medie statistiche e catturare la vera essenza del funzionamento fisiologico: la sua variabilità, la sua memoria, la sua capacità di auto-organizzazione su diverse scale temporali.
I biomarker che abbiamo identificato (SE, IP, PH) sono solo l’inizio. Correlandoli con stati fisiologici specifici, potremmo sviluppare strumenti diagnostici semplici e potenti per monitorare la salute, prevenire problemi e personalizzare le cure in un modo che prima potevamo solo immaginare. Quella piccola luce, insomma, ha ancora tanti segreti da svelarci.
Fonte: Springer
