Un gruppo diversificato di studenti di medicina e infermieristica nigeriani, alcuni sorridenti altri pensierosi, in un'aula universitaria moderna ma con segni di risorse limitate. Fotografia di gruppo, obiettivo 35mm, luce naturale mista ad artificiale, per un'immagine realistica che catturi speranza e preoccupazione.

Nigeria, Addio? I Nostri Futuri Medici e Infermieri Sognano l’Estero (e Hanno Ragione)

Avete mai sentito parlare di “Japa”? È un termine gergale nigeriano, popolarissimo, che significa letteralmente “fuggire”, “scappare via”. Ma oggi, più che una semplice fuga, simboleggia la corsa verso “pascoli più verdi”, soprattutto all’estero. E sapete chi sono i protagonisti di questa nuova ondata di “Japa”? I nostri giovani, il futuro della nazione. E, cosa che mi ha colpito dritto al cuore leggendo uno studio recentissimo, moltissimi sono studenti di medicina e infermieristica.

Sì, avete capito bene. Proprio quelli che dovrebbero costruire il sistema sanitario del domani in Nigeria, stanno già pianificando di salutarci. E non parliamo di una manciata di indecisi, ma di una marea: ben il 72,9% degli studenti intervistati ha espresso la chiara intenzione di andare a praticare all’estero! Un dato che fa accapponare la pelle, non trovate?

Ma perché questa voglia di “Japa”? Cosa non va qui?

Mi sono tuffato nei dati di questa ricerca, pubblicata su BMC Medical Education, che ha coinvolto oltre 2000 studenti di medicina e infermieristica da sei diverse università nigeriane, ben rappresentative di tutte le zone geopolitiche del paese. E quello che emerge è un quadro desolante, ma tremendamente lucido, delle loro motivazioni.

La stragrande maggioranza (il 97,7% di chi vuole emigrare!) cerca una formazione specialistica di qualità superiore, e la vuole ottenere nei primi cinque anni dopo la laurea. E dove pensano di trovarla? Non qui, purtroppo. Le mete più ambite sono gli Stati Uniti (28,5%), il Regno Unito (24,6%) e il Canada (23,1%). Paesi che, evidentemente, offrono ciò che la Nigeria al momento non riesce a garantire.

I motivi principali di questa scelta? Eccoli, nudi e crudi:

  • Migliori opportunità di formazione (75,2%): questo grida vendetta! I nostri ragazzi vogliono imparare, specializzarsi, diventare i migliori, ma sentono di non poterlo fare adeguatamente in patria.
  • Accesso ad attrezzature avanzate (61,1%): come si può curare la gente nel XXI secolo senza la tecnologia adeguata? È una domanda retorica, ma la risposta è implicita nelle loro scelte.
  • Migliori prospettive di carriera (56,7%): non si tratta solo di soldi (anche se la remunerazione migliore è citata dal 42,6%), ma di un percorso professionale chiaro, meritocratico e soddisfacente.
  • Una migliore qualità della vita in generale (53,2%) è un altro fattore che pesa tantissimo.

E la cosa che mi ha lasciato più amareggiato? Il 32,7% di questi futuri medici e infermieri ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di tornare in Nigeria. Mai. Capite la portata di questa affermazione? Stiamo formando professionisti altamente qualificati, con soldi pubblici e sacrifici delle famiglie, per poi “regalarli” a paesi già ricchi di risorse. È un’emorragia di talenti che non possiamo permetterci.

Ritratto fotografico di un giovane studente di medicina nigeriano, serio e pensieroso, con libri di testo sullo sfondo in una biblioteca universitaria. Obiettivo da 35mm, luce naturale filtrata da una finestra, profondità di campo per enfatizzare l'espressione dello studente, duotone seppia e grigio.

Un sistema sanitario al collasso: la triste profezia degli studenti

Ma non è finita qui. Lo studio ha anche chiesto agli studenti quale impatto avrebbe, secondo loro, questa continua fuga di cervelli sul sistema sanitario nigeriano. Le risposte sono un pugno nello stomaco: si aspettano un aumento dei tassi di mortalità e, addirittura, il potenziale collasso del sistema. Già oggi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda un rapporto medico-paziente di 1:600. Sapete qual è quello nigeriano? Un terrificante 1:9083! E per infermieri e ostetriche siamo a circa 16,5 ogni 10.000 persone, pericolosamente vicini a non raggiungere nemmeno il benchmark minimo di 2,5 dottori, infermieri e ostetriche per 1.000 abitanti. Con una popolazione di oltre 200 milioni di persone, questi numeri sono più che allarmanti: sono una condanna.

I “push factors”, cioè i fattori che spingono via i nostri talenti, sono molteplici e profondi: stress occupazionale elevatissimo, stipendi inadeguati, condizioni di lavoro pessime, carenze infrastrutturali, mancanza di assicurazione sanitaria, continui scioperi, problemi di governance, corruzione dilagante, instabilità regionale e volatilità politica. Un cocktail micidiale.

Pensate che la maggioranza degli studenti (78,3%) descrive il sistema sanitario nigeriano come “in declino”. Solo il 20,6% crede che stia migliorando, e un misero 1,1% lo considera “perfetto”. La percezione è chiara, ed è negativa.

Quando nasce il desiderio di andarsene? Prima di iniziare!

Un altro dato che fa riflettere è che per quasi la metà degli studenti che pianificano di specializzarsi all’estero (47,5%), questa decisione era già stata presa prima ancora di essere ammessi all’università! Questo significa che le carenze del nostro sistema sono talmente evidenti da scoraggiare i giovani ancor prima che inizino il loro percorso formativo. Altri hanno maturato la decisione durante gli anni preclinici (26,1%) o clinici (16,3%).

C’è una piccola percentuale (4,7%) che non pianifica una specializzazione, ma anche tra questi, il 62,7% intende comunque praticare fuori dalla Nigeria, e la maggioranza (92,9%) vuole andarsene entro cinque anni dalla laurea. Le motivazioni? Sempre le stesse: migliore qualità della formazione (anche generica, non solo specialistica), migliore qualità della vita e migliori opportunità di carriera.

E chi decide di restare in Nigeria per la specializzazione? Beh, i motivi principali sono i legami familiari (27,4%) e le difficoltà economiche per partire (27,9%). Il patriottismo è citato solo dal 6,9%. E anche tra questi “resistenti”, solo il 46,7% è sicuro di rimanere in Nigeria dopo la specializzazione. Il che suggerisce che, se avessero i mezzi, molti di più partirebbero.

Fotografia macro di un passaporto nigeriano e una stetoscopio appoggiati su una mappa del mondo, con focus selettivo sul continente africano e nordamericano. Obiettivo macro 100mm, illuminazione controllata per dettagli nitidi e un'atmosfera di decisione e viaggio.

Differenze geografiche, di genere e di età: chi vuole partire di più?

Lo studio ha anche analizzato come fattori quali l’università di provenienza, l’età, il genere e il dipartimento (medicina o infermieristica) influenzino queste decisioni. E i risultati sono interessanti.

Per esempio, gli studenti dell’Università Ahmadu Bello (ABU), nel nord della Nigeria, sono significativamente meno propensi a scegliere una formazione all’estero rispetto a quelli dell’Università di Ibadan (nel sud-ovest). E sono anche più propensi a voler tornare in Nigeria dopo un’eventuale esperienza estera. Questo potrebbe riflettere differenze socio-economiche e culturali, o forse un maggiore legame con le comunità locali in regioni con una carenza ancora più marcata di specialisti.

L’età gioca un ruolo: i più giovani (sotto i 24 anni) sono più inclini a considerare l’emigrazione, probabilmente perché hanno meno vincoli familiari e finanziari. Le studentesse, invece, sono risultate meno propense dei colleghi maschi a pianificare una formazione all’estero.

Un dato che mi ha particolarmente colpito riguarda gli studenti di infermieristica: sono più propensi degli studenti di medicina a scegliere una formazione all’estero e, cosa ancora più preoccupante, meno propensi a pianificare un ritorno in Nigeria. Questo è un campanello d’allarme enorme, perché il percorso per gli infermieri per trovare lavoro all’estero è spesso più diretto e meno costoso rispetto a quello, complesso e competitivo, che devono affrontare i medici per entrare nei programmi di specializzazione internazionali. La domanda globale di infermieri è altissima, e la Nigeria ne sta pagando le conseguenze con una vera e propria “emorragia” di queste figure professionali cruciali.

Cosa possiamo fare? È tempo di agire, e subito!

Questo studio non fa che confermare, con dati solidi e preoccupanti, una realtà che molti di noi già percepivano. La “Japa syndrome” tra i futuri professionisti della sanità è un sintomo grave di un malessere profondo del nostro sistema.

Non possiamo più permetterci di ignorare il problema. Servono interventi politici urgenti e coraggiosi per affrontare le sfide sistemiche: risorse inadeguate, condizioni di lavoro pessime, remunerazioni non competitive, mancanza di opportunità di carriera e sviluppo professionale. Dobbiamo rafforzare le condizioni di formazione locali, offrire incentivi competitivi, creare un ambiente di lavoro che sia sicuro, stimolante e gratificante.

L’obiettivo? Trasformare questa “fuga di cervelli” in un potenziale “guadagno di cervelli”, magari incentivando il ritorno di chi si è formato all’estero, o creando collaborazioni. Ma prima di tutto, dobbiamo rendere la Nigeria un posto dove i nostri giovani medici e infermieri vogliano restare, costruire il loro futuro e, soprattutto, curare la nostra gente.

Perché un paese che non si prende cura dei suoi “guaritori” è un paese che rinuncia al suo futuro. E io, da nigeriano, mi rifiuto di accettarlo.

Fonte: Springer

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