Radiografia post-operatoria di una frattura del femore distale trattata con doppia placca, focus sulla placca mediale e laterale in posizione, immagine medica ad alta definizione, illuminazione controllata, obiettivo macro 100mm per dettaglio osseo.

Frattura del Femore Distale: La Tecnica della Doppia Placca ‘Mediale Prima’ Funziona Davvero?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un osso che, quando si rompe nella parte sbagliata, può dare parecchio filo da torcere ai chirurghi ortopedici: sto parlando del femore, ma non uno qualsiasi, bensì della sua parte finale, quella che si articola con il ginocchio. Queste sono le fratture del femore distale (DFF) e, credetemi, non sono uno scherzo.

Perché le fratture del femore distale sono così complicate?

Immaginatevi di dover rimettere insieme pezzi d’osso in un’area piccola, magari con osso di qualità non eccelsa (pensiamo all’osteoporosi nei pazienti più anziani o a quelli con fratture periprotesiche, cioè vicino a una protesi di ginocchio già impiantata), con i muscoli potenti della coscia che tirano i frammenti da tutte le parti… un bel puzzle, vero? Spesso, soprattutto negli incidenti ad alta energia, la frattura è anche “comminuta”, cioè l’osso è rotto in tanti piccoli pezzi. Mettere tutto a posto e assicurarsi che guarisca bene è una sfida. Complicazioni come la mancata consolidazione (quando l’osso non si salda) o il collasso della riduzione (soprattutto in varo, cioè con il ginocchio che “cade” verso l’interno) non sono rare.

La Placca Laterale: Spesso Non Basta

Per anni, l’approccio più comune è stato quello di usare una placca robusta, pre-sagomata e con viti bloccate (locking plate), fissata sul lato esterno (laterale) del femore. Questa tecnica, chiamata osteosintesi a placca singola laterale (ORIF), ha sicuramente i suoi meriti. Ma abbiamo visto che a volte, specialmente nei casi più complessi con molta frammentazione o quando manca un buon supporto osseo sul lato interno (mediale), questa singola placca laterale non offre una stabilità sufficiente. I tassi di fallimento e di mancata consolidazione possono arrivare anche al 19% in alcune casistiche. Non proprio l’ideale.

L’Idea della Doppia Placca: Più Stabilità?

E allora, cosa si fa? Beh, da un po’ di tempo è nata l’idea di usare non una, ma due placche: una laterale, come al solito, e una aggiuntiva sul lato mediale. Si chiama osteosintesi a doppia placca (Dual-ORIF). L’idea è semplice: più supporto, più stabilità, soprattutto quando manca quel famoso “pilastro” mediale. Studi biomeccanici (quelli fatti in laboratorio su modelli ossei) hanno confermato che due placche sono molto più rigide e resistenti di una sola. E anche i primi studi clinici hanno dato risultati incoraggianti, specialmente in fratture comminute.

Primo piano di una placca ortopedica in titanio posizionata su un modello di femore distale, obiettivo macro 90mm, illuminazione da studio controllata per evidenziare i dettagli della placca e dell'osso sintetico.

La Novità: Iniziare dal Lato Mediale (Medial-First)

Qui arriva il punto interessante del nostro discorso. Di solito, negli studi precedenti sulla doppia placca, si metteva prima quella laterale e poi, se si riteneva necessario, si aggiungeva quella mediale. Noi, però, ci siamo fatti una domanda: e se facessimo il contrario? Abbiamo notato una cosa: a causa della normale posizione leggermente “a X” del ginocchio (valgismo), quando ci si frattura il femore distale, il danno tende ad essere maggiore sul lato laterale. Il lato mediale, invece, è spesso relativamente meno danneggiato, meno comminuto. Allora abbiamo pensato: e se sfruttassimo questa cosa? Se riducessimo e fissassimo prima il lato mediale, usando questo blocco “ricostruito” (metafisi-condilo mediale) come una sorta di guida, di dima, per poi ridurre e fissare il lato laterale, quello più complesso? Potrebbe rendere la riduzione più facile, più precisa e magari anche più veloce? Finora, nessuno aveva studiato specificamente l’efficacia di questo approccio “mediale prima” nella doppia placca per le DFF.

Cosa Abbiamo Fatto: Il Nostro Studio a Confronto

Per capirci qualcosa di più, abbiamo condotto uno studio retrospettivo comparativo. In pratica, siamo andati a rivedere le cartelle cliniche e le radiografie dei pazienti operati per DFF nel nostro ospedale (un centro di riferimento terziario) tra aprile 2012 e aprile 2021. Abbiamo incluso pazienti adulti con fratture native (classificazione AO/OTA 33-A e 33-C) e anche fratture periprotesiche (classificazione di Su) senza segni di mobilizzazione della protesi femorale, che avessero almeno un anno di follow-up. Abbiamo escluso fratture aperte, patologiche, pazienti con lesioni neurovascolari o con meno di un anno di controllo.
Alla fine, abbiamo arruolato 77 pazienti, divisi in due gruppi:

  • Gruppo M (Medial-first): 27 pazienti trattati con doppia placca, iniziando la riduzione e la fissazione dal lato mediale (con una placca PHILOS® messa “sottosopra”) e poi passando al lato laterale.
  • Gruppo L (Lateral-only): 50 pazienti trattati con la tecnica standard a placca singola laterale.

La scelta tra le due tecniche era lasciata alla discrezione del chirurgo (sempre lo stesso chirurgo esperto per tutti i casi, per ridurre le variabili). Abbiamo confrontato i dati demografici (età, sesso, BMI, fumo, diabete), il tipo di frattura, i risultati clinici (tempo operatorio, perdita di sangue stimata, drenaggio post-operatorio, range di movimento del ginocchio, complicanze, reinterventi, soddisfazione del paziente, livello del dolore) e i risultati radiografici (consolidazione, tempo di consolidazione, allineamento post-operatorio immediato e a 1 anno in varo/valgo e flessione/estensione, gap articolare residuo).

Chirurgo ortopedico in sala operatoria che esamina una radiografia intraoperatoria su schermo, immagine C-arm visibile, luce chirurgica intensa, profondità di campo ridotta per focalizzare sul chirurgo e lo schermo, obiettivo 35mm.

I Risultati: Cosa Dicono i Numeri?

E cosa è venuto fuori da questo confronto? Beh, prima di tutto, i due gruppi erano molto simili all’inizio per età, sesso, tipo di frattura, ecc. Quindi, il confronto è attendibile.
Passando ai risultati clinici, alcune cose non sono cambiate significativamente tra i due gruppi:

  • Il tempo operatorio è stato simile (nonostante la doppia placca nel gruppo M).
  • La perdita di sangue stimata (EBL) e il drenaggio post-operatorio non erano diversi.
  • Le complicanze (come rigidità del ginocchio o irritazione da placca) e il tasso di reintervento non hanno mostrato differenze statisticamente significative (anche se nel gruppo L ci sono stati 8 casi di non unione contro 0 nel gruppo M).
  • La soddisfazione del paziente a 1 anno e il livello del dolore (scala VAS) erano comparabili.

Ma le differenze *importanti* ci sono state eccome, soprattutto guardando le radiografie:

  • Gap Articolare: Nel gruppo M (doppia placca mediale-prima), lo spazio residuo tra i frammenti articolari era significativamente minore (0.8 mm vs 1.7 mm). Questo suggerisce una riduzione anatomica più precisa.
  • Consolidazione Ossea: Il gruppo M ha avuto un tasso di consolidazione del 100%, contro l’84% del gruppo L (differenza significativa, P=0.045). Tutti gli 8 casi di mancata consolidazione si sono verificati nel gruppo L.
  • Tempo di Consolidazione: L’osso nel gruppo M è guarito significativamente più in fretta (in media 16.7 settimane vs 22.3 settimane nel gruppo L, P<0.001).
  • Mantenimento dell’Allineamento: Subito dopo l’intervento, l’allineamento coronale (varo/valgo) e sagittale (flessione/estensione) era simile nei due gruppi. Ma a distanza di un anno, nel gruppo L si è osservato un peggioramento significativamente maggiore:
    • Una tendenza maggiore al collasso in varo (1.4° in media nel gruppo L vs 0.2° nel gruppo M). Il 36% dei pazienti del gruppo L ha avuto un cambiamento significativo (≥2°) contro solo il 7.4% nel gruppo M (P=0.014).
    • Una tendenza maggiore al collasso in recurvatum (iperestensione) (1.5° in media nel gruppo L vs 0.4° nel gruppo M). Il 34% dei pazienti del gruppo L ha avuto un cambiamento significativo contro nessuno nel gruppo M (P=0.002).

Meno Spazio tra i Frammenti e Allineamento Top: I Vantaggi Radiografici

Questi risultati radiografici sono, secondo me, il cuore della questione. Riuscire a ottenere una riduzione quasi perfetta della superficie articolare (gap minimo) è fondamentale per prevenire l’artrosi futura. E il fatto che questa riduzione si mantenga meglio nel tempo, senza quei fastidiosi collassi in varo o recurvatum che si vedono a volte con la placca singola laterale, è un vantaggio enorme. La doppia placca, specialmente se applicata iniziando dal lato mediale che fa da “guida”, sembra offrire quella stabilità extra che permette all’osso di guarire nella posizione corretta e di mantenerla.

Radiografia comparativa AP e Laterale di un ginocchio post-frattura del femore distale, evidenziando l'allineamento osseo e la guarigione, immagine medica ad alta definizione, sfondo neutro.

Tempo Operatorio e Complicazioni: Nessuna Sorpresa Negativa

Qualcuno potrebbe pensare: “Due placche, due incisioni… chissà quanto tempo in più in sala operatoria e quanto sangue perso!”. E invece no! I tempi chirurgici e la perdita di sangue sono stati simili nei due gruppi. Come è possibile? La nostra ipotesi è che la tecnica “mediale-prima” renda la riduzione, soprattutto dei frammenti laterali più complessi, così efficiente da compensare il tempo necessario per l’approccio e la fissazione mediale aggiuntiva. Ridurre prima il lato più “semplice” e usarlo come riferimento rende il lavoro sul lato più difficile più rapido e preciso, limitando anche il danno ai tessuti molli laterali, il che potrebbe favorire la guarigione. E i tassi di complicanze e reinterventi simili suggeriscono che la doppia placca, fatta in questo modo, non aggiunge rischi significativi rispetto alla placca singola.

Dubbi sulla Doppia Placca? Facciamo Chiarezza

Certo, mettere due placche solleva qualche dubbio legittimo. Si danneggia di più l’apporto di sangue all’osso? La costruzione diventa troppo rigida e impedisce la guarigione? Si limita la funzione del ginocchio?
Studi recenti, però, sembrano rassicuranti. L’area distale del femore ha una buona vascolarizzazione, e un approccio mediale mirato sembra non comprometterla eccessivamente. Riguardo alla rigidità, anche se la doppia placca è più stabile, sembra comunque permettere quel minimo movimento (micromovimento) a livello della frattura che stimola la formazione del callo osseo (guarigione indiretta). I nostri risultati, con il 100% di unione nel gruppo M, sembrano confermarlo. E per quanto riguarda la funzione, come abbiamo visto, la soddisfazione, il dolore e anche il range di movimento del ginocchio (anche se non era un outcome primario misurato con score specifici nel nostro studio) non erano significativamente diversi tra i due gruppi, in linea con altri studi che non hanno trovato differenze funzionali importanti tra placca singola e doppia.

Conclusioni (Provvisorie): Un Passo Avanti Promettente

Quindi, tirando le somme di questo nostro studio retrospettivo, cosa possiamo dire? La tecnica di osteosintesi a doppia placca iniziando dal lato mediale (medial-first) per le fratture del femore distale (incluse quelle comminute, intra-articolari e periprotesiche difficili da ridurre) sembra offrire vantaggi radiografici significativi rispetto alla placca singola laterale: migliore riduzione articolare, tasso di consolidazione più alto, guarigione più rapida e miglior mantenimento dell’allineamento nel tempo. Tutto questo, senza un aumento significativo del tempo operatorio, della perdita di sangue, delle complicanze o dei reinterventi, e con risultati clinici percepiti dai pazienti (soddisfazione, dolore) comparabili.

L’idea chiave è che fissare prima il lato mediale, spesso meno danneggiato, facilita la riduzione del resto della frattura e ne aumenta la qualità. Certo, il nostro è uno studio retrospettivo, con un numero di pazienti non enorme e senza una valutazione funzionale approfondita con score specifici. Serviranno studi prospettici randomizzati più grandi per confermare questi risultati e magari confrontare direttamente l’approccio “mediale-prima” con quello “laterale-prima” nella doppia placca. Ma per ora, i dati sono incoraggianti e suggeriscono che, per queste fratture complesse, pensare “mediale prima” potrebbe essere una strategia vincente.

Fonte: Springer

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