Fotovoltaico sul Tetto: Monocristallino, Policristallino o Film Sottile? La Sfida della Sostenibilità
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo dell’energia solare, ma da una prospettiva un po’ diversa dal solito. Siamo tutti d’accordo che il fotovoltaico sia una figata, giusto? Pannelli sul tetto, energia pulita dal sole… fantastico! Ma quando si tratta di scegliere la tecnologia giusta, le cose si complicano. Monocristallino? Policristallino? Film sottile? Sembrano nomi usciti da un film di fantascienza, ma sono le opzioni reali che abbiamo. E la domanda è: quale conviene davvero?
Ecco, di solito ci si ferma all’efficienza o al prezzo iniziale. Ma se vi dicessi che c’è molto di più da considerare? Ho messo le mani su uno studio super interessante che fa proprio questo: analizza un impianto fotovoltaico reale, installato sul tetto di un’università a Kuala Lumpur, in Malesia, che ha la particolarità di usare *tutte e tre* queste tecnologie fianco a fianco. Parliamo di un impianto da 6.57 kWp totali, suddiviso in 2 kWp di policristallino (p-Si), 1.87 kWp di monocristallino (m-Si) e 2.7 kWp di film sottile amorfo (a-Si).
L’Esperimento: Un Tetto Tropicale Sotto la Lente
Immaginate questo tetto in Malesia: clima tropicale, caldo umido, sole che picchia ma anche piogge monsoniche. Condizioni non proprio da passeggiata per dei pannelli solari! I ricercatori hanno raccolto dati per ben quattro anni. Quattro anni di produzione energetica reale, non simulazioni da laboratorio. Questo già di per sé è oro colato, perché ci dice come si comportano queste tecnologie sul campo, giorno dopo giorno. L’impianto è connesso alla rete, come la maggior parte degli impianti domestici o su edifici. Hanno misurato tutto: energia prodotta, irraggiamento solare, temperature… un check-up completo.
Oltre i Kilowatt-ora: L’Analisi 3E (Exergia, Economia, Ambiente)
Qui viene il bello. Lo studio non si è limitato a vedere quanti kWh produceva ogni tecnologia. Ha fatto un’analisi “3E”: Exergia, Economia e Ambiente. Detta così sembra complicata, ma cerchiamo di capirci.
- Exergia: Potremmo definirla come l’energia “utile” o di “qualità”. L’analisi exergetica considera non solo quanta energia si produce, ma anche quanta se ne è consumata per *creare* l’impianto stesso (la cosiddetta “energia incorporata” o “embodied energy”). È un po’ come chiedersi: quanto ci mette l’impianto a ripagare l’energia spesa per fabbricarlo e installarlo?
- Economia: Qui si parla di soldini. Costi iniziali, certo, ma anche il costo dell’energia prodotta lungo tutta la vita dell’impianto (il famoso LCOE – Levelized Cost of Energy) e i risparmi generati.
- Ambiente: Questo è cruciale. Quanto inquina produrre questi pannelli? Quanta CO2 viene emessa durante la fabbricazione? E, dall’altra parte, quanta CO2 si evita di emettere grazie all’energia pulita prodotta? Si parla di Analisi del Ciclo di Vita (LCA – Life Cycle Assessment), che guarda l’impatto dalla culla alla tomba.
Questo approccio è fondamentale perché, ammettiamolo, produrre pannelli solari non è a impatto zero. Ci vogliono materiali, energia, trasporti… Solo guardando l’intero ciclo di vita possiamo capire quale tecnologia sia davvero più sostenibile.
Risultati Energetici: Chi Ripaga Prima? (Exergia Payback Time)
Allora, chi vince la gara del “ripagamento energetico”? I risultati sono sorprendenti! Il tempo di ritorno exergetico (ExPBT), cioè il tempo necessario perché l’impianto produca tanta energia quanta ne è servita per crearlo, è stato:
- Film sottile (a-Si): Solo 2.4 anni! Il più veloce di tutti.
- Policristallino (p-Si): Circa 4.2 anni.
- Impianto Combinato: Circa 6.3 anni.
- Monocristallino (m-Si): Quasi 10 anni! Il più lento.
Questo è un dato pazzesco. Il monocristallino, spesso considerato il top di gamma per efficienza, richiede molta più energia per essere prodotto, e quindi ci mette un sacco a “ripagarsi” energeticamente. Il film sottile, invece, pur avendo magari un’efficienza di conversione istantanea leggermente inferiore, parte con un vantaggio enorme in termini di energia incorporata. Anche l’EROI (Energy Return on Investment), che misura quanta energia ottieni rispetto a quella investita, conferma questo trend: l’a-Si ha un EROI di oltre 10, mentre l’m-Si si ferma sotto il 3 (valore considerato minimo per sostenere una società industriale moderna). L’impianto combinato ha un EROI di quasi 4, quindi comunque valido.
Il Portafoglio Parla: Costi e Risparmi
Passiamo ai costi. Qui la faccenda si articola. Il costo iniziale (capitale) più basso è risultato essere quello del sistema m-Si (circa 19% del totale), seguito dal p-Si (26.6%) e dall’a-Si (36.1%). Attenzione però, c’è anche il costo del sistema di monitoraggio che incide parecchio sull’impianto combinato (quasi 18%).
Ma il costo iniziale non è tutto. Guardiamo il LCOE, il costo per kWh prodotto lungo la vita dell’impianto (stimata in 25 anni). Qui le cose cambiano leggermente:
- Il LCOE più basso l’hanno avuto i singoli sistemi (m-Si, p-Si, a-Si), con valori abbastanza simili tra loro.
- L’impianto combinato ha mostrato un LCOE leggermente più alto (circa 0.63 RM/kWh, la valuta malese). Questo è dovuto principalmente all’inclusione dei costi del sistema di monitoraggio nel calcolo complessivo. Comunque, questi valori sono risultati competitivi rispetto ad altri studi fatti in Malesia.
E i risparmi? L’impianto combinato, nell’arco della sua vita utile (al netto del tempo di ripagamento), potrebbe far risparmiare circa 29.000 RM. Tra i singoli sistemi, l’a-Si è quello che promette i risparmi maggiori (oltre 16.000 RM), seguito dal p-Si (11.000 RM) e dall’m-Si (circa 4.500 RM), grazie alla sua maggiore produzione energetica annuale e al minor tempo di ripagamento.
L’Impronta Ecologica: Emissioni Nascoste e Benefici Reali
E l’ambiente? Qui arriva un’altra conferma importante. La fase di produzione è quella che impatta di più. Guardate le emissioni di CO2 stimate per produrre i diversi sistemi:
- Monocristallino (m-Si): Il più impattante, con circa 12.75 tonnellate di CO2.
- Policristallino (p-Si): Circa 8.8 tonnellate di CO2.
- Film sottile (a-Si): Il più “pulito” da produrre, con circa 6.8 tonnellate di CO2 (quasi la metà dell’m-Si!).
- Sistema di monitoraggio: Contribuisce anch’esso con una quota significativa (quasi 11 tonnellate di CO2).
In totale, l’impianto combinato ha un’impronta di carbonio “nascosta” di circa 39.3 tonnellate di CO2 dovuta alla sua fabbricazione e installazione. Il monocristallino pesa per il 32.4%, il policristallino per il 22.4%, il film sottile per il 17.3% e il monitoraggio per il 27.8%.
Ma la buona notizia è che, una volta in funzione, l’impianto inizia a evitare emissioni. L’intero sistema combinato evita circa 6.2 tonnellate di CO2 all’anno. Per darvi un’idea, è come togliere dalla strada più di un’auto (1.15 auto per la precisione) ogni anno! O come non bruciare quasi 3000 litri di benzina. Incredibile, no?
Anche qui, il film sottile (a-Si) si distingue: è quello che evita più CO2 per metro quadro installato (circa 102 kg CO2/m²/anno), seguito dal policristallino (circa 126 kg CO2/m²/anno – *Nota: il testo originale riporta 125.85 per p-Si e 102.14 per a-Si, quindi p-Si evita di più per m², ma a-Si produce di più in totale nel sistema studiato e ha ExPBT e EROI migliori*) e infine dal monocristallino (circa 81 kg CO2/m²/anno).
Lo studio ha anche calcolato i potenziali crediti di carbonio (un incentivo economico per chi riduce le emissioni) e le tasse sul carbonio evitate, dimostrando ulteriormente la convenienza economica e ambientale, soprattutto per l’a-Si e l’impianto combinato nel suo complesso.
Il Clima Tropicale: Una Sfida Extra
Non dimentichiamo il contesto: Kuala Lumpur. Il clima tropicale mette a dura prova i pannelli. L’irraggiamento solare è alto, ma variabile per via di nuvole e monsoni. Le temperature elevate tendono a ridurre l’efficienza dei pannelli (soprattutto quelli cristallini), mentre l’umidità può accelerare il degrado dei materiali. La pioggia, d’altro canto, aiuta a tenere puliti i pannelli. Lo studio conferma che queste condizioni influenzano le prestazioni e che tecnologie come l’a-Si, note per comportarsi relativamente meglio ad alte temperature, possono avere un vantaggio in questi climi.
Conclusioni: Quale Scegliere Allora?
Tirando le somme di questa analisi super dettagliata, cosa portiamo a casa?
Beh, la prima cosa è che non possiamo fermarci alla sola efficienza nominale o al prezzo d’acquisto. Bisogna guardare il quadro completo: energia per produrlo, costi lungo tutta la vita, impatto ambientale reale.
In questo specifico studio, condotto in un clima tropicale, la tecnologia a film sottile (a-Si) ne esce davvero bene:
- Ha il tempo di ritorno energetico più breve (meno di 2.5 anni).
- Ha il ritorno sull’investimento energetico (EROI) più alto.
- Ha le emissioni di CO2 più basse durante la produzione.
- Genera ottimi risparmi economici nel tempo.
- Ha un’impronta di carbonio per kWh prodotto molto bassa (circa 8.7 gCO2/kWh, contro i 21.6 del p-Si e i ben 90.6 del m-Si!).
Il monocristallino (m-Si), pur performante, paga lo scotto di una produzione molto energivora e inquinante, che si traduce in tempi di ripagamento (energetico ed economico, in termini di risparmi netti) più lunghi e un impatto ambientale iniziale maggiore. Il policristallino (p-Si) si colloca a metà strada.
L’impianto combinato, nel suo insieme, si dimostra comunque una soluzione valida, con un tempo di ripagamento energetico accettabile (circa 6.3 anni) e un buon potenziale di riduzione delle emissioni (oltre 6 tonnellate di CO2 evitate all’anno).
Quindi, il messaggio chiave è: quando pensate al fotovoltaico, informatevi! Chiedete non solo l’efficienza, ma anche dati sull’energia incorporata, sul ciclo di vita, sull’impatto ambientale. Soprattutto se vivete in climi particolari, come quelli caldi e umidi, tecnologie come il film sottile potrebbero essere una scelta sorprendentemente vantaggiosa e sostenibile.
È affascinante vedere come la scienza ci aiuti a fare scelte più consapevoli per il nostro pianeta e per il nostro portafoglio. E voi, che tecnologia avete sul tetto o quale scegliereste dopo aver letto questo? Fatemelo sapere!
Fonte: Springer