Primo piano della mano di una donna che stringe con forza un dinamometro per misurare la forza della presa, simbolo di resilienza e recupero dopo il cancro al seno. Macro lens, 80mm, illuminazione da studio controllata per evidenziare la texture della pelle e la tensione muscolare, sfondo leggermente sfocato con toni caldi e rassicuranti.

Una Stretta di Mano che Vale Oro: Come la Forza della Presa Rivela la Salute nelle Sopravvissute al Cancro al Seno

Amiche, oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero colpita e che, sono sicura, interesserà molte di noi, specialmente chi ha affrontato o sta affrontando la battaglia contro il cancro al seno. Si tratta di un gesto semplice, quasi banale, che facciamo tutti i giorni: stringere la mano. Ebbene, pare che la forza di questa stretta, la cosiddetta “grip strength”, possa dirci molto di più di quanto immaginiamo sulla nostra salute generale, soprattutto dopo un percorso oncologico.

Avete presente quando vi dicono che l’esercizio fisico è fondamentale? Ecco, non è solo una frase fatta. Ma come misurare i benefici reali, in modo pratico e magari senza strumenti super costosi o invasivi? Qui entra in gioco la nostra amica “grip strength”.

Di cosa stiamo parlando esattamente?

La forza della presa della mano è da tempo considerata un indicatore affidabile della forza muscolare generale, dello stato funzionale e persino della longevità in diverse popolazioni. Pensateci: una buona presa spesso significa muscoli tonici, capacità di svolgere le attività quotidiane e, in generale, un corpo che “funziona bene”. Tuttavia, nel contesto oncologico, e in particolare per noi donne che abbiamo combattuto il cancro al seno, questa correlazione non era così chiara… fino ad ora!

Un gruppo di ricercatori si è messo al lavoro, coinvolgendo 138 donne che stavano ricevendo trattamenti oncologici per il cancro al seno. Queste donne fantastiche hanno partecipato a tre diversi protocolli di studio, tutti approvati da comitati etici (il che è sempre una garanzia di serietà), che prevedevano un programma di allenamento di resistenza di tre mesi. Prima e dopo questo periodo, sono stati misurati un sacco di parametri: composizione corporea (massa grassa, massa magra), angolo di fase (un indicatore di salute cellulare), capacità di movimento funzionale (tramite il Functional Movement Screen – FMS), equilibrio, il peso sollevato durante gli esercizi, la qualità della vita e, ovviamente, la forza della presa della mano.

L’allenamento che fa la differenza

Ma che tipo di allenamento hanno fatto queste donne? Non si trattava di una passeggiatina, ve lo assicuro! Il programma era bello intenso, basato su principi scientifici solidi per promuovere l’ipertrofia muscolare (cioè, l’aumento della massa muscolare, che è una cosa ottima!). L’accento era posto sull’aumento progressivo del carico in esercizi composti ad alta intensità, che coinvolgono più gruppi muscolari contemporaneamente. Parliamo di movimenti come lo split squat, lo stacco da terra con trap bar (una barra esagonale), la panca inclinata con manubri e il bird dog row. Movimenti funzionali, che mimano gesti della vita quotidiana, rendendoci più forti e resilienti.

Tutto questo, è importante sottolinearlo, sotto la diretta supervisione di personale medico qualificato e specialisti certificati in forza e condizionamento. La sicurezza prima di tutto, specialmente in un contesto così delicato!

Per evitare di sovrastimare i miglioramenti dovuti al semplice adattamento neuromuscolare iniziale (quando il corpo impara un nuovo movimento), le misurazioni del carico sollevato sono state fatte dopo il primo mese di allenamento e poi di nuovo alla fine del terzo mese. Un approccio molto scrupoloso.

Una donna di mezza età, sopravvissuta al cancro al seno, sorride con determinazione mentre stringe un dinamometro per misurare la forza della presa in una palestra luminosa. Obiettivo 35mm, profondità di campo per mettere a fuoco la sua mano e il dinamometro, espressione di resilienza, duotone blu e grigio.

I risultati? Sorprendenti!

E ora, tenetevi forte, perché i risultati sono davvero incoraggianti. Dopo i tre mesi di allenamento, si sono visti aumenti significativi nella forza della presa: sia quella massima, sia quella minima, sia la media tra mano destra e sinistra. In media, la forza della presa è aumentata del 12.6%, che si traduce in un miglioramento assoluto di circa 3.5 kg. Non male, vero? Anche l’asimmetria tra la forza della mano destra e sinistra è diminuita notevolmente, passando da un 13.3% iniziale a un 8.7%.

Ma la cosa ancora più interessante è cosa ci dice la forza della presa prima di iniziare l’allenamento. Le donne che avevano una forza della presa maggiore all’inizio dello studio tendevano ad essere:

  • Più giovani
  • Con una migliore capacità di movimento funzionale (FMS)
  • Capaci di sollevare carichi maggiori
  • Più attive fisicamente
  • Con un minore squilibrio nell’equilibrio tra lato destro e sinistro

E non è finita qui! Analizzando più a fondo, si è visto che una maggiore forza della presa all’inizio era associata in modo indipendente a una migliore mobilità e a una maggiore capacità di sollevare carichi. Dal punto di vista metabolico, una presa più forte all’inizio era legata a:

  • Una minore percentuale di grasso corporeo
  • Una maggiore percentuale di massa muscolare
  • Un angolo di fase corporeo totale più elevato (indice di buona salute cellulare)
  • Un metabolismo basale a riposo più alto

Queste correlazioni metaboliche sono rimaste significative anche dopo aver considerato altri fattori, il che è un dato molto forte!

Cosa significa tutto questo per noi?

In pratica, questi dati suggeriscono che la forza della presa della mano può essere un biomarcatore surrogato davvero utile per noi sopravvissute al cancro al seno. “Surrogato” significa che può darci un’idea attendibile di altri parametri più complessi da misurare, come la forza generale, lo stato funzionale e persino alcuni aspetti metabolici. Immaginate quanto potrebbe essere utile, specialmente in contesti dove non ci sono risorse per fare test sofisticati e costosi. Un semplice dinamometro per misurare la presa, e voilà, abbiamo già un’informazione preziosa!

Questi risultati, seppur non provenienti da uno studio randomizzato contro un gruppo di controllo (cioè un gruppo che non fa l’esercizio), suggeriscono fortemente che un programma di allenamento ad alta intensità può portare a miglioramenti significativi nella forza e nello stato funzionale, e che questi miglioramenti possono essere monitorati, almeno in parte, attraverso la misurazione della forza della presa.

Un altro aspetto affascinante è che il miglioramento nella forza della presa sembrava essere più legato ai valori di partenza (chi partiva più “indietro” aveva margini di miglioramento maggiori in questo specifico parametro) piuttosto che all’entità del miglioramento in altri parametri come forza generale, equilibrio o mobilità. Per quanto riguarda la qualità della vita, una maggiore forza della presa all’inizio era associata a punteggi più alti nei questionari sull’attività fisica nel tempo libero. Questo potrebbe sottolineare l’importanza dell’allenamento della forza come misura profilattica, cioè preventiva, per la popolazione generale, specialmente in giovane e media età.

Anche se il miglioramento medio di 3.5 kg nella forza della presa è un po’ sotto i 5 kg che alcuni studi indicano come clinicamente significativo, nel contesto di questo studio va interpretato come un indicatore di miglioramenti più ampi a livello di forza, funzione, metabolismo e qualità della vita.

Un piccolo gruppo di donne di età diverse, sopravvissute al cancro al seno, che partecipano con energia a una sessione di allenamento di resistenza guidata da un istruttore in un ambiente di palestra accogliente e luminoso. Focus su un movimento composto come uno squat con bilanciere leggero. Obiettivo zoom 50mm, luce naturale, espressioni di impegno e supporto reciproco, stile fotografia sportiva con fast shutter speed per catturare il movimento.

Certo, non è tutto oro quello che luccica (le limitazioni)

Come ogni studio scientifico che si rispetti, anche questo ha le sue limitazioni. Per esempio, le partecipanti erano probabilmente più motivate a fare esercizio rispetto alla popolazione generale (chi si offre volontario per uno studio sull’esercizio di solito un po’ di voglia ce l’ha!). Inoltre, il numero di pazienti, seppur buono, potrebbe limitare la capacità di trovare associazioni più piccole ma comunque significative, specialmente per quanto riguarda i diversi tipi di trattamenti oncologici. La maggior parte delle pazienti aveva un cancro al seno allo stadio I o II, quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili a stadi più avanzati. Infine, l’apporto nutrizionale non era controllato, e sappiamo quanto l’alimentazione giochi un ruolo cruciale.

Il messaggio da portare a casa

Nonostante queste piccole cautele, il messaggio forte e chiaro è che, per noi donne sopravvissute al cancro al seno, la forza della presa della mano è un indicatore che correla significativamente con miglioramenti nella forza generale, nelle capacità funzionali e nei parametri metabolici quando ci si impegna in un programma di esercizio fisico ben strutturato.

Certo, l’ideale sarebbe sempre poter misurare direttamente tutti i parametri specifici, ma diciamocelo: non sempre è possibile. E allora, avere uno strumento semplice, economico e non invasivo come la misurazione della forza della presa può fare davvero la differenza, specialmente in contesti con risorse limitate.

Quindi, la prossima volta che stringete la mano a qualcuno, o che afferrate un peso in palestra, pensate a quanta forza e quanta salute possono celarsi in quel semplice gesto. E soprattutto, non smettete mai di credere nel potere dell’esercizio fisico per recuperare e mantenere il vostro benessere. È una delle armi più potenti che abbiamo!

Fonte: Springer

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