Biochar: Come Forma e Dimensione Svelano i Segreti dei Letti Impaccati
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore di materiali un po’ speciali: i letti impaccati. Avete mai pensato a cosa succede dentro un reattore pieno zeppo di piccole particelle, come quelli usati nell’industria chimica, per produrre energia o persino in certi tipi di fornaci? Questi sistemi, chiamati reattori a letto impaccato (PBR), sono fondamentali in tantissime applicazioni.
Il “trucco” di questi reattori sta proprio nel modo in cui le particelle si dispongono, creando una struttura porosa. Ma c’è un “ma”: questa disposizione è spesso casuale, un vero e proprio puzzle tridimensionale! Capire come si forma questa struttura è cruciale per progettare reattori efficienti, perché influenza direttamente come fluidi e calore si muovono al suo interno.
Nel nostro studio, ci siamo concentrati su un materiale molto promettente: il biochar. È un tipo di carbone vegetale ottenuto dalla pirolisi della biomassa (nel nostro caso, abete rosso essiccato). Il bello (o il complicato, a seconda dei punti di vista!) del biochar è che le sue particelle non sono belle sferette tutte uguali. Sono irregolari e possono avere dimensioni molto diverse tra loro. La domanda che ci siamo posti è: come queste irregolarità e la distribuzione delle dimensioni influenzano la struttura finale del letto impaccato?
Perché è Importante Capire la Struttura?
Due parametri chiave descrivono la morfologia di un letto impaccato: la frazione di vuoto e la tortuosità.
- La frazione di vuoto (o porosità) è semplicemente il rapporto tra il volume degli spazi vuoti tra le particelle e il volume totale del letto. Immaginate un barattolo pieno di biglie: la frazione di vuoto è tutto lo spazio “aria” tra una biglia e l’altra. Questo parametro è fondamentale perché influenza la permeabilità del letto, cioè quanto facilmente un fluido può attraversarlo.
- La tortuosità, invece, misura quanto sono “storti” e intricati i percorsi che un fluido deve fare per passare attraverso gli spazi vuoti. Se immaginate di dover tracciare un filo dal fondo alla cima del barattolo di biglie, passando solo negli spazi vuoti, la tortuosità vi dice quanto è più lungo il percorso del filo rispetto alla semplice altezza del barattolo. Questo influenza la diffusione delle sostanze nel letto.
Se le particelle fossero sfere perfette e tutte uguali, potremmo prevedere abbastanza bene questi parametri (ad esempio, la frazione di vuoto varia da 0.26 a 0.46 a seconda di come si impacchettano). Ma con particelle irregolari e di dimensioni diverse come quelle del biochar, la storia si complica parecchio!
Come Abbiamo “Sbriciato” Dentro i Letti di Biochar
Per vedere cosa succedeva realmente all’interno dei nostri letti impaccati di biochar, abbiamo usato una tecnica potentissima: la microtomografia a raggi X (XMT). È un po’ come fare una TAC super dettagliata al nostro campione. Ci permette di ottenere immagini tridimensionali ad alta risoluzione della struttura interna, distinguendo chiaramente le particelle solide dagli spazi vuoti.
Abbiamo preparato sei campioni diversi di biochar, alcuni con particelle di dimensioni simili (che chiamiamo monodispersi, MDP) e altri con un mix di dimensioni diverse (polidispersi, PDP). Le dimensioni variavano da piccolissime (180 micrometri) a più grandi (6.3 millimetri).
Una volta ottenute le immagini 3D, dovevamo analizzarle per estrarre i nostri parametri: frazione di vuoto e tortuosità. Per la tortuosità, abbiamo messo alla prova due approcci basati sui cosiddetti Modelli di Rete di Pori (PNM):
- Il PNM convenzionale: immagina i percorsi come una rete di “pori” (spazi più larghi) collegati da “gole” (canali più stretti) dritte, come tubicini cilindrici.
- L’approccio del grafo denso: un metodo più sofisticato che rappresenta le connessioni tra i pori tenendo conto della loro forma reale, spesso curva e complessa, seguendo più fedelmente la geometria effettiva degli spazi vuoti.
La nostra ipotesi era che il secondo metodo fosse più realistico, specialmente con particelle irregolari.
Cosa Abbiamo Scoperto: Frazione di Vuoto
Analizzando i campioni monodispersi (MDP), abbiamo osservato una tendenza interessante:
- Quando le particelle diventavano più piccole (sotto i 2 mm di diametro), la frazione di vuoto diminuiva, avvicinandosi ai valori teorici minimi per le sfere impacchettate.
- Con particelle più grandi, invece, la frazione di vuoto aumentava. Questo è in parte dovuto all’effetto delle pareti del contenitore (il rapporto tra diametro del tubo e diametro delle particelle conta), ma anche alla forma irregolare delle nostre particelle di biochar. Abbiamo misurato la loro “sfericità” (un valore che va da 0 a 1, dove 1 è una sfera perfetta) e abbiamo visto che si attestava tra 0.6 e 0.8. Non proprio sfere!
Passando ai campioni polidispersi (PDP), le cose si sono fatte ancora più intriganti:
- Nei campioni con una grande varietà di dimensioni (quelli che abbiamo definito “altamente polidispersi”, con un alto coefficiente di variazione, CV), la frazione di vuoto era significativamente più bassa rispetto ai campioni monodispersi. Perché? È l’effetto “Tetris”! Le particelle più piccole riuscivano a infilarsi negli spazi lasciati liberi dalle particelle più grandi, riempiendo i vuoti e compattando il tutto.
- Nel campione con una varietà di dimensioni minore (“moderatamente polidisperso”), questo effetto era meno marcato, e la frazione di vuoto era simile a quella dei letti monodispersi. Le particelle “piccole” non erano abbastanza piccole da riempire efficacemente gli interstizi.
Questo conferma che il grado di polidispersità (quanto sono diverse le dimensioni) gioca un ruolo cruciale nel determinare quanto spazio vuoto rimane nel letto.
Cosa Abbiamo Scoperto: Tortuosità
Prima di analizzare i nostri campioni di biochar, abbiamo testato i due metodi PNM (convenzionale e grafo denso) su impacchettamenti ideali di sfere (cubico semplice, cubico a corpo centrato, cubico a facce centrate), confrontando i risultati con modelli teorici noti dalla letteratura. Come sospettavamo, il PNM convenzionale sottostimava la tortuosità perché semplifica troppo i percorsi immaginandoli dritti. Il metodo del grafo denso, invece, catturando la curvatura e la complessità reale dei canali, ha dato risultati molto più accurati e in buon accordo con i modelli esistenti, in particolare con quello di Du Plessis e Masliyah per i valori mediani e con il modello di Maxwell per i valori minimi. Quindi, abbiamo deciso di usare il grafo denso per analizzare i nostri campioni di biochar.
Nei campioni monodispersi (MDP):
- Abbiamo osservato che la tortuosità aumentava al diminuire della dimensione delle particelle (e quindi al diminuire della frazione di vuoto). Percorsi più stretti e più particelle da “aggirare” rendono il cammino più tortuoso.
- Nonostante le particelle fossero irregolari (sfericità 0.6-0.8), i valori di tortuosità ottenuti erano sorprendentemente in linea con alcuni modelli analitici sviluppati per particelle sferiche o quasi (come quello di Ahmadi et al., che considera anche forme cubiche e tetraedriche). Sembra che, per la tortuosità, l’irregolarità non stravolga completamente le previsioni fatte per forme più regolari, almeno in questi casi.
- Un’osservazione interessante: la tortuosità media sembrava leggermente inferiore a quella prevista per sfere perfette con la stessa frazione di vuoto. Forse i punti di contatto più “spigolosi” tra particelle irregolari impediscono la formazione di zone completamente bloccate, mantenendo percorsi leggermente più diretti? È un’ipotesi su cui riflettere.
E ora, il risultato forse più controintuitivo, nei campioni polidispersi (PDP):
- Nei campioni altamente polidispersi (quelli con frazione di vuoto molto bassa), ci saremmo aspettati una tortuosità molto alta. Invece, la distribuzione della tortuosità era sorprendentemente simile a quella dei campioni monodispersi composti dalle particelle più grandi presenti nel mix!
- Come è possibile? Guardando le immagini 3D, abbiamo capito: le particelle piccole riempiono sì gli spazi vuoti tra quelle grandi (riducendo la frazione di vuoto), ma lo fanno senza bloccare completamente i percorsi principali. È come riempire le buche in una strada senza mettere dei muri in mezzo: la strada rimane percorribile più o meno come prima, anche se lo spazio ai lati è diminuito.
- Questo spiega anche perché i modelli della letteratura, sviluppati principalmente per letti monodispersi e sferici, sovrastimavano la tortuosità per i nostri campioni altamente polidispersi. Non tenevano conto di questo effetto “riempimento senza blocco”.
- Il campione moderatamente polidisperso (PDP3), invece, si comportava in modo più simile ai monodispersi, con valori di tortuosità che rientravano meglio nelle previsioni dei modelli.
Conclusioni: Cosa Ci Portiamo a Casa?
Questa nostra “immersione” nel mondo microscopico dei letti impaccati di biochar ci ha insegnato molto! Abbiamo visto che:
- La forma irregolare e la distribuzione delle dimensioni delle particelle di biochar hanno un impatto enorme sulla struttura del letto impaccato (frazione di vuoto e tortuosità).
- La polidispersità elevata porta a letti più compatti (minore frazione di vuoto) perché le particelle piccole riempiono gli interstizi.
- Contrariamente alle aspettative, questa maggiore compattezza nei letti altamente polidispersi non aumenta drasticamente la tortuosità, perché i percorsi principali rimangono aperti.
- L’analisi tramite XMT e l’approccio del grafo denso per il calcolo della tortuosità si sono rivelati strumenti preziosi e più accurati rispetto ai metodi convenzionali, specialmente per particelle complesse come il biochar.
- I modelli esistenti funzionano abbastanza bene per letti monodispersi (anche se non perfettamente sferici), ma faticano a prevedere il comportamento dei letti altamente polidispersi.
Questi risultati non sono solo curiosità scientifiche. Forniscono informazioni fondamentali per chi progetta e ottimizza reattori a letto impaccato che utilizzano biochar o altri materiali con particelle irregolari e distribuite in dimensione. Capire come si comportano questi letti a livello microscopico è il primo passo per farli funzionare al meglio su scala industriale! E noi continueremo a esplorare, magari usando tecniche ancora più dirette per stimare la tortuosità in futuro. Il viaggio nella microstruttura dei materiali è appena iniziato!
Fonte: Springer