Immagine concettuale divisa a metà: da un lato un cervello umano stilizzato con grafici finanziari sovrapposti, dall'altro un chip di intelligenza artificiale luminoso con flussi di dati digitali. Prime lens, 35mm, depth of field, duotone ciano e arancione.

Fondi Azionari: Meglio l’Intuito Umano o la Freddezza dell’IA? Scopriamolo Insieme!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che sta facendo scintille nel mondo degli investimenti: la sfida tra l’intelligenza artificiale (IA) e i gestori di fondi in carne e ossa. Sapete, mi sono sempre chiesto: chi è davvero più bravo a far fruttare i nostri risparmi, specialmente quando i mercati fanno le montagne russe? L’IA, con i suoi algoritmi potentissimi e la sua capacità di analizzare dati a velocità supersonica, promette di eliminare gli errori emotivi che noi umani, ahimè, commettiamo. Ma l’esperienza, l’intuito e la capacità di leggere tra le righe di un gestore esperto sono davvero superati?

Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha provato a mettere i puntini sulle “i”, confrontando direttamente le performance dei fondi azionari globali gestiti dall’IA con quelli affidati alle cure umane. E non l’hanno fatto in un periodo qualsiasi, ma proprio tra il 2022 e il 2024, un triennio che ci ha regalato prima un bel crollo dei mercati, poi una ripresa e infine una nuova fase di crescita. Insomma, il terreno di prova ideale per vedere chi se la cava meglio nelle diverse “stagioni” economiche.

La Grande Domanda: Algoritmo vs. Istinto

Da tempo si discute se l’IA possa davvero fare meglio dei professionisti umani. I sostenitori dell’IA puntano sulla sua capacità di processare quantità enormi di dati, identificare pattern invisibili all’occhio umano ed eseguire operazioni in millisecondi, senza farsi prendere dal panico o dall’euforia [4, 3]. Niente overconfidence, niente effetto gregge, niente paura di perdere… sembra perfetto, no?

Però, la ricerca su questo campo è ancora agli inizi. Molti studi si sono concentrati su come funzionano questi fondi IA, sulla loro efficienza tecnologica [28, 34, 7] o li hanno confrontati con indici di mercato generici [10, 12], ma pochi hanno fatto un confronto diretto “testa a testa” con la gestione umana, soprattutto considerando come si comportano quando il mercato cambia pelle. C’era un vuoto da colmare, e questo studio ha cercato di farlo.

Come Hanno Misurato la Sfida?

Per capire chi avesse la meglio, i ricercatori hanno usato un approccio a due fasi, molto rigoroso.

  • Fase 1: Rendimenti aggiustati per il rischio. Non basta guardare chi ha guadagnato di più in assoluto. Bisogna vedere chi ha ottenuto i risultati migliori *considerando il rischio* che si è preso. Per questo, hanno usato metriche classiche come lo Sharpe Ratio, il Treynor Ratio e l’Alpha di Jensen. In parole povere, questi indicatori ci dicono quanto rendimento extra un fondo è riuscito a generare per ogni unità di rischio (totale o di mercato) assunto, o se ha battuto le aspettative del mercato.
  • Fase 2: La prova del nove statistica. Per essere sicuri che le differenze osservate non fossero solo frutto del caso, hanno usato un test statistico (il t-test di Welch) sui rendimenti “grezzi” (quelli reali, senza aggiustamenti). Questo serve a confermare se la differenza di performance tra fondi IA e fondi umani è statisticamente significativa.

L’idea di base, attingendo a teorie come quella del trade-off rischio-rendimento e della finanza comportamentale, era questa: ci si aspettava che l’IA, essendo più “fredda” e sistematica, gestisse meglio i rischi nelle fasi di ribasso, mentre l’intuito umano e la capacità di cogliere il “sentiment” del mercato avrebbero dato un vantaggio nelle fasi di ripresa e crescita.

Un grafico finanziario dinamico che mostra un forte calo nel 2022 seguito da una ripresa nel 2023 e crescita nel 2024. Obiettivo grandangolare, 15mm, messa a fuoco nitida, leggero motion blur sulle linee del grafico per indicare il movimento.

Il Crollo del 2022: L’IA Limita i Danni

Ricordate il 2022? Un anno difficile per i mercati, con l’indice FTSE All-World che ha perso quasi il 18%. In questo scenario da “orsi”, come se la sono cavata i nostri contendenti? Beh, i risultati parlano chiaro: i fondi guidati dall’IA hanno sovraperformato quelli gestiti dagli umani, almeno in termini di gestione del rischio.

Attenzione, non significa che abbiano guadagnato, entrambi hanno perso terreno! Ma le metriche aggiustate per il rischio, in particolare il Treynor Ratio e l’Alpha di Jensen (che guardano al rischio di mercato), hanno mostrato che l’IA è stata più efficace nel limitare le perdite rispetto al rischio sistematico [Tabella 4]. L’Alpha di Jensen per l’IA era addirittura positivo (0.92), mentre per gli umani era pesantemente negativo (-12.74). Questo suggerisce che gli algoritmi sono riusciti a fare meglio di quanto ci si aspettasse data la situazione del mercato.

Il t-test ha confermato questa impressione: la differenza nei rendimenti grezzi era statisticamente significativa (p=0.0106), con i fondi IA che hanno perso in media il 17.08% contro il 30.74% dei fondi umani [Tabella 5]. Sembra proprio che la capacità dell’IA di evitare decisioni emotive dettate dalla paura [49, 33] abbia dato i suoi frutti quando le cose si mettevano male. In pratica, l’IA ha dimostrato di saper “stringere i denti” meglio degli umani in tempesta.

La Ripresa (2023) e la Crescita (2024): L’Umano Ritorna Protagonista

Poi è arrivato il 2023, l’anno della ripresa (+22.44% per l’indice globale), seguito da un 2024 ancora positivo (+17.57%). E qui la musica è cambiata.

Nel 2023, la performance è stata più equilibrata. Lo Sharpe Ratio era quasi identico per entrambi [Tabella 4], e il t-test non ha mostrato differenze statisticamente significative nei rendimenti grezzi (p=0.1193) [Tabella 5]. Tuttavia, guardando il Treynor Ratio e soprattutto l’Alpha di Jensen, si iniziava a vedere un leggero vantaggio per i gestori umani, capaci di generare un “extra” rispetto alle attese (Alpha di Jensen 7.82 vs -1.58 per l’IA). Sembra che l’intuito umano nel cogliere i primi segnali di ripresa [17, 57] abbia iniziato a fare la differenza.

Ma è nel 2024, con il mercato ormai in piena fase “toro”, che i gestori umani hanno decisamente staccato l’IA. Tutte le metriche di performance aggiustate per il rischio erano a favore degli umani [Tabella 4]. Lo Sharpe Ratio (2.21 vs 1.88), il Treynor Ratio (21.94 vs 8.57) e l’Alpha di Jensen (5.44 vs -7.93) indicavano una gestione più efficace del rapporto rischio/rendimento da parte degli umani.

Il t-test ha messo il sigillo su questa tendenza: la differenza nei rendimenti grezzi era nettamente a favore degli umani (24.44% vs 11.07%) ed era statisticamente significativa (p=0.0069) [Tabella 5]. Perché? Probabilmente perché nelle fasi di crescita contano molto la capacità di fare analisi fondamentali approfondite, di anticipare i trend macroeconomici, di ruotare i settori e, diciamocelo, anche un po’ di sano ottimismo e fiuto per le opportunità [54, 43, 46]. Cose in cui l’esperienza e il giudizio umano sembrano ancora avere una marcia in più rispetto agli algoritmi, che magari restano più “prudenti” perché tarati sui dati storici.

Un'immagine divisa verticalmente: a sinistra, circuiti digitali luminosi che rappresentano l'IA analizzano dati su uno schermo scuro; a destra, un gestore di fondi umano pensieroso osserva grafici finanziari complessi su più monitor in un ufficio moderno. Obiettivo prime, 35mm, profondità di campo, duotone blu freddo e arancione caldo.

Quindi, Chi Vince la Sfida? Dipende!

La morale della favola? Non c’è un vincitore assoluto. Sembra che l’IA sia un’ottima alleata quando i mercati scendono, grazie alla sua disciplina e capacità di gestire il rischio senza farsi prendere dalle emozioni. Ma quando il sole torna a splendere e i mercati corrono, l’intuito, l’esperienza e la capacità di adattamento dei gestori umani fanno ancora la differenza.

Questo studio, seppur preliminare (ricordiamoci che i fondi IA “puri” sono ancora pochi e con storico limitato), ci dà indicazioni preziose. Suggerisce che forse la strada migliore non è scegliere tra IA e umano, ma trovare un modo per farli collaborare. Immaginate un modello ibrido: l’IA che si occupa della gestione del rischio e dell’esecuzione efficiente, mentre l’umano fornisce la visione strategica, l’analisi qualitativa e l’interpretazione dei segnali deboli, soprattutto nei punti di svolta del mercato.

Cosa Ci Riserva il Futuro?

Questo è solo l’inizio. Serviranno studi futuri con più dati, su periodi più lunghi e magari su diversi tipi di asset per confermare queste tendenze. Sarà interessante vedere come l’IA si evolverà e come si adatterà a scenari sempre nuovi. E chissà, magari l’IA potrà dare una mano anche in campi come la finanza etica o quella islamica, ottimizzando processi e garantendo il rispetto dei principi.

Per ora, quello che mi porto a casa da questa analisi è che la finanza sta cambiando pelle grazie all’IA, ma il fattore umano è tutt’altro che obsoleto. Anzi, le due forze potrebbero essere complementari. La prossima volta che dovrete scegliere un fondo, magari considerate non solo chi lo gestisce, ma anche *come* viene gestito e in quale fase di mercato ci troviamo. Potrebbe fare la differenza!

E voi cosa ne pensate? Vi fidereste più di un algoritmo o di un gestore esperto per i vostri investimenti? Fatemelo sapere!

Una visualizzazione astratta di un modello ibrido di investimento: un cervello umano stilizzato e un chip AI interconnessi da flussi luminosi di dati, simboleggiando la collaborazione. Macro lens, 85mm, high detail, precise focusing, controlled lighting con sfumature blu e oro.

Fonte: Springer

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