Servizi di Consumo Supervisionato: Perché Dividono Tanto? La Morale Sotto la Lente nelle Praterie Canadesi
Parliamoci chiaro, la crisi degli oppioidi in Canada è una tragedia che continua a mietere vittime. Pensate, nel 2020 parliamo di quasi 4.400 vite spezzate, circa 12 morti al giorno legate agli oppioidi. Numeri da bollettino di guerra, che rendono questa crisi una delle principali preoccupazioni per la salute pubblica nel paese. In questo scenario, i Servizi di Consumo Supervisionato (SCS) sono emersi come uno strumento fondamentale. Le prove scientifiche sono schiaccianti: questi servizi aiutano a tenere le persone al sicuro, riducono i rischi enormi legati all’uso di sostanze e, in parole povere, salvano vite.
Eppure, nonostante l’evidenza, l’opinione pubblica canadese è spesso spaccata, polarizzata. Da un lato chi li vede come un passo necessario e compassionevole, dall’altro chi li osteggia fermamente. Questa polarizzazione è un problema serio, perché spesso è impermeabile ai dati e ai fatti, impedendo un dialogo costruttivo che potrebbe portare a servizi migliori e a salvare ancora più vite. Mi sono sempre chiesto: cosa c’è dietro queste posizioni così distanti?
Il Paradosso dei Servizi di Consumo Supervisionato
È un paradosso affascinante e frustrante. Abbiamo studi su studi [3, 25, 26, 36] che dimostrano l’efficacia degli SCS. Eppure, una fetta significativa della popolazione rimane scettica o contraria [40]. Addirittura, in alcune città dove gli SCS sono stati implementati, la comunità resta profondamente divisa [6, 15, 24, 34]. E siccome in Canada la consultazione pubblica è un requisito per aprire un SCS, questa opposizione e polarizzazione finiscono per avere un costo umano altissimo.
La strategia classica di chi promuove gli SCS è quella di fornire informazioni scientifiche, dati, statistiche [43]. Ma, come spesso accade quando si toccano corde profonde, l’educazione basata sui fatti non sempre basta a superare l’opposizione [32] e non sembra correlata a un aumento dell’accettazione pubblica. Ci sono preoccupazioni, a volte espresse apertamente, a volte no, riguardo all’impatto sul quartiere: siringhe abbandonate, disordine sociale [4, 6, 12, 13]. Anche se la letteratura scientifica su grandi centri come Sydney e Vancouver non mostra conseguenze negative [14, 37, 45], la percezione pubblica può essere diversa. E così, ci si chiede: chi supporta gli SCS in teoria, li supporterebbe anche vicino a casa sua o al suo lavoro?
In Canada, il supporto pubblico per gli SCS (55%) è inferiore rispetto ad altri servizi di riduzione del danno, come la distribuzione di kit di naloxone (72%) o la distribuzione di aghi (60%) [43]. Le opinioni sono influenzate da tanti fattori: valori personali, stigma, conoscere qualcuno che usa droghe, come i media parlano della riduzione del danno, le credenze sulla dipendenza [43]. Nelle province delle praterie canadesi (Manitoba, Saskatchewan, Alberta), il supporto è storicamente tra i più bassi del paese [43]. Perché?
Scavare nelle Radici Morali: La Teoria delle Fondamenta Morali
Ed è qui che entra in gioco uno studio affascinante condotto proprio nelle praterie canadesi, che ha cercato di andare oltre la superficie. L’obiettivo principale? Capire se le nostre “fondamenta morali” – i valori profondi che guidano il nostro giudizio su cosa è giusto e sbagliato – predicono l’atteggiamento verso gli SCS. E vedere se questo atteggiamento è influenzato dallo stigma verso chi usa droghe (PWUD – People Who Use Drugs) e dalla nostra vicinanza personale a loro.
Lo studio si basa sulla Teoria delle Fondamenta Morali (MFT) [18], sullo stigma [30, 31] e sull’esperienza personale con PWUD [33]. La MFT è particolarmente interessante. Sostiene che i nostri giudizi morali non nascono tanto da un ragionamento cosciente, quanto da intuizioni emotive legate a cinque “fondamenta” psicologiche [18, 20]:
- Harm/Care (Danno/Cura): La sensibilità alla sofferenza altrui, l’empatia, la compassione. Chi dà priorità a questa base tende a supportare misure che proteggono e curano, come la riduzione del danno [7].
- Fairness/Reciprocity (Equità/Reciprocità): Il senso di giustizia, uguaglianza, diritti. Legato alla nostra storia di cooperazione.
- Loyalty/Ingroup (Lealtà/Gruppo): L’importanza della coesione del gruppo, del patriottismo, della lealtà verso i “nostri”. Distingue tra “noi” e “loro”.
- Authority/Respect (Autorità/Rispetto): Il rispetto per la tradizione, la gerarchia, l’ordine sociale, l’obbedienza.
- Purity/Sanctity (Purezza/Sacralità): La sensibilità verso la contaminazione fisica e spirituale, il disgusto, il tabù. Originata dalla necessità biologica di evitare le malattie [21].
Secondo la teoria [18], le persone con orientamento politico liberale tendono a dare più peso a Cura ed Equità, mentre i conservatori danno un peso più bilanciato a tutte e cinque, con un’enfasi maggiore su Lealtà, Autorità e Purezza rispetto ai liberali. Questo potrebbe spiegare perché certi argomenti “fanno presa” più su alcuni che su altri.
Cosa Abbiamo Scoperto nelle Praterie Canadesi?
Lo studio ha coinvolto oltre 2100 persone da Manitoba, Saskatchewan e Alberta. Hanno usato questionari validati per misurare le fondamenta morali (MFQ30), lo stigma percepito verso chi usa sostanze (PSAS) e l’esposizione personale a PWUD. I risultati sono illuminanti.
Come ipotizzato [H2], punteggi più alti nelle fondamenta Harm/Care e Fairness/Reciprocity erano associati a un maggiore supporto per gli SCS. Chi è più sensibile alla sofferenza e all’ingiustizia tende a vedere questi servizi come necessari e giusti.
Al contrario, e anche questo era atteso [H1], punteggi più alti in Authority/Respect e, soprattutto, in Purity/Sanctity prevedevano un minore supporto per gli SCS. Il rispetto per l’autorità e la tradizione, e ancor di più la sensibilità alla “purezza” e il disgusto verso ciò che è percepito come contaminante o degradante, sembrano essere barriere importanti all’accettazione.
In particolare, la fondazione Purity/Sanctity è emersa come uno dei predittori più forti dell’opposizione. Questo suggerisce che per alcuni, l’idea stessa del consumo di droghe, anche in un ambiente sicuro, tocca corde profonde legate al disgusto e alla violazione di un ideale di purezza [21].
Oltre i Fatti: Perché le Nostre ‘Budella’ Contano
Lo studio ha anche esaminato il ruolo dello stigma e dell’esperienza personale. I risultati qui sono stati un po’ più sfumati e, in alcuni casi, sorprendenti.
Contrariamente all’ipotesi [H3, H4], lo stigma verso i PWUD non era direttamente collegato alla fondazione Harm/Care, ma lo era con Purity/Sanctity, anche se in modo inaspettato: più stigma era associato a minori punteggi di Purezza (un risultato controintuitivo che meriterebbe approfondimento). Inoltre, inizialmente, lo stigma non sembrava predire il supporto agli SCS. Tuttavia, dopo aver tenuto conto delle fondamenta morali, è emerso che un minore stigma prevedeva effettivamente un maggiore supporto per gli SCS. Questo ci dice che lo stigma conta, ma il suo effetto è intrecciato con i nostri valori morali più profondi.
Altra sorpresa [H5]: a differenza di studi precedenti [43], l’avere un amico o conoscente che usa droghe non era direttamente associato a un minor stigma o a un maggior supporto per gli SCS in tutti i modelli. Questo suggerisce che la semplice “esposizione” potrebbe non essere sufficiente a cambiare le carte in tavola, specialmente se i valori morali sottostanti sono fortemente radicati.
Abbiamo anche visto differenze geografiche interessanti. I residenti di Alberta e Saskatchewan erano generalmente meno favorevoli agli SCS rispetto a quelli di Manitoba. Questo è curioso, perché all’epoca dello studio Manitoba non aveva nemmeno un SCS, mentre le altre due province sì. Forse l’esperienza diretta con gli SCS in Alberta e Saskatchewan ha influenzato le opinioni (in negativo?), o forse riflette un clima politico e morale generale diverso in quelle province. Non lo sappiamo con certezza, ma è un dato su cui riflettere.
Il Fattore ‘Non Nel Mio Cortile’ (NIMBY)
Un altro risultato chiave [H8], forse meno sorprendente ma comunque importante, riguarda la prossimità. Il supporto generale per gli SCS era del 65%. Ma quando si chiedeva se si supporterebbe un SCS vicino al proprio posto di lavoro, la percentuale scendeva al 59%. E crollava al 53% se l’SCS fosse stato vicino a casa.
Questo classico effetto “NIMBY” (Not In My Backyard) è forte. Le persone potrebbero essere d’accordo sul principio, ma le preoccupazioni per il degrado del quartiere, la sicurezza, il valore immobiliare [27, 46] diventano molto più pressanti quando la questione si fa concreta e vicina. È interessante notare che le persone con redditi più alti erano particolarmente meno propense a volere un SCS vicino a casa, mentre un’istruzione più elevata era associata a un maggior supporto anche per la prossimità.
Implicazioni Pratiche: Come Parlare a Chi la Pensa Diversamente?
Allora, cosa ci portiamo a casa da tutto questo? La lezione più grande, secondo me, è che per affrontare la polarizzazione sugli SCS (e probabilmente su molte altre questioni sociali complesse), non basta bombardare le persone di dati e statistiche sull’efficacia. Certo, l’evidenza è fondamentale, ma spesso non riesce a scalfire convinzioni radicate in valori morali profondi [39, 44].
Se vogliamo avere conversazioni più produttive e magari costruire un consenso più ampio, dobbiamo imparare a “parlare il linguaggio” delle diverse fondamenta morali.
- Con chi è molto sensibile alla Purezza, forse invece di parlare solo di “vite salvate”, potremmo enfatizzare come gli SCS aiutano a mantenere le persone e gli spazi più sani, igienici e sicuri, riducendo il disordine pubblico come le siringhe abbandonate.
- Con chi valorizza l’Autorità, potremmo sottolineare come questi servizi siano regolamentati, gestiti professionalmente e contribuiscano a un certo tipo di ordine sociale, riducendo comportamenti problematici in strada.
- Con chi si identifica con la Lealtà di gruppo, si potrebbe lavorare sul concetto di comunità allargata, che non lascia indietro i suoi membri più vulnerabili.
- Ovviamente, continuare a fare leva su Cura ed Equità per chi già risuona con questi valori.
Non si tratta di manipolare, ma di capire sinceramente da dove vengono le preoccupazioni altrui e trovare punti di contatto basati su valori condivisi, anche se espressi in modo diverso. Invece di cercare solo di “convincere” chi si oppone, potremmo esplorare cosa è importante per tutti – utenti dei servizi, sostenitori, membri della comunità – e cercare di costruire servizi che incarnino questi valori condivisi.
Questo studio ci offre una lente preziosa per capire le profonde radici morali degli atteggiamenti verso gli SCS. È un invito a cambiare approccio, a passare da un dibattito basato solo sui fatti a un dialogo che riconosca e rispetti la complessità dei valori umani. In un momento di crisi come quello attuale, trovare modi per costruire ponti invece di muri potrebbe davvero fare la differenza tra la vita e la morte per molte persone.
Certo, lo studio ha i suoi limiti (è trasversale, usa panel online, le conoscenze pregresse degli intervistati potevano variare), ma apre una strada importante. Ci ricorda che dietro le opinioni, spesso ci sono emozioni e intuizioni morali potenti. Capirle è il primo passo per un dialogo più umano ed efficace.
Fonte: Springer