Murales Antichi Sotto Stress: La Fluorescenza Rivela i Segreti Nascosti del Loro Deterioramento
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, a cavallo tra arte millenaria e tecnologia all’avanguardia. Parleremo di tesori preziosissimi: gli antichi murales cinesi. Immaginate queste opere magnifiche, testimoni silenziose di secoli di storia… ma ahimè, incredibilmente fragili. Uno dei loro nemici più insidiosi? Le fessurazioni. Piccole crepe, a volte invisibili a occhio nudo, che però possono innescare un processo di deterioramento devastante, portando a distacchi, sfaldamenti e alla perdita irreparabile di parti dipinte.
Capire come e perché si formano queste crepe è fondamentale per proteggere questo patrimonio. Ma come fare a studiare un nemico così piccolo e subdolo, soprattutto nelle sue fasi iniziali? È qui che entra in gioco la scienza, con un approccio davvero… luminoso!
La Sfida: Vedere l’Invisibile
Da tempo noi ricercatori ci interroghiamo sui meccanismi che portano alla formazione delle crepe nei murales. Sappiamo che fattori ambientali come l’umidità e la temperatura giocano un ruolo chiave. Abbiamo usato simulazioni numeriche, analisi d’immagine, ultrasuoni, TAC, termografia… insomma, un arsenale di tecniche. Tuttavia, quando si tratta di individuare le micro-fessurazioni iniziali – quelle che misurano poche decine di micron, per intenderci – le tecniche tradizionali mostrano i loro limiti. O non sono abbastanza precise, o non possono essere usate direttamente sull’opera (in situ), o non riescono a monitorare grandi superfici. E perdere questa fase iniziale significa perdere informazioni cruciali per la prevenzione.
L’Idea Brillante: Usare la Fluorescenza come Spia
E se potessimo “accendere” le crepe per renderle visibili? È questa l’idea alla base di una tecnica emergente e super promettente: il sondaggio dello stress tramite fluorescenza. Esistono materiali speciali, detti meccano-cromici o meccano-luminescenti, che cambiano le loro proprietà ottiche (come emettere luce) quando sono sottoposti a stress meccanico. In pratica, dove il materiale è “stressato” o danneggiato, si illumina!
Nel nostro studio, abbiamo deciso di sperimentare con un composto specifico, il 1,1,2,2-tetrakis(4-nitrofenil)etene, che abbrevieremo in TPE-4N. L’obiettivo? Applicarlo su delle riproduzioni di murales create in laboratorio e vedere se riuscivamo a “spiare” la nascita e la crescita delle micro-crepe sotto l’effetto di stress ambientali simulati.
Creare Murales in Laboratorio: Un Tuffo nell’Antica Tecnica
Per rendere l’esperimento il più realistico possibile, abbiamo preparato dei campioni seguendo tecniche simili a quelle usate negli famosi Grotte di Mogao in Cina. Abbiamo creato uno strato di intonaco fine mescolando terra locale, sabbia, acqua e fibre di canapa. Sopra questo, uno strato di calce e gelatina (un legante tradizionale). Infine, lo strato pittorico, composto da polvere di bianco di piombo (un pigmento storico) mescolata con una soluzione di gelatina.
Qui abbiamo introdotto una variabile importante: la concentrazione di gelatina. Normalmente si usa una soluzione al 3-6%, ma noi abbiamo usato concentrazioni più alte (8%, 10%, 12%). Perché? Semplice: studi precedenti e l’esperienza ci dicono che una maggiore quantità di legante accelera il processo di fessurazione e sfaldamento. Volevamo vedere l’effetto in tempi ragionevoli per un esperimento di laboratorio.
Una volta pronti i nostri “mini-murales”, li abbiamo rivestiti con una sottilissima pellicola (circa 10 micron) della nostra “spia” fluorescente, il TPE-4N, disciolto in cloroformio. Un trattamento con vapori di acetone ha poi reso il TPE-4N cristallino e, inizialmente, non fluorescente. La magia sarebbe avvenuta dopo…

Mettere alla Prova i Murales: Simulando il Tempo che Passa
A questo punto, abbiamo sottoposto i nostri campioni a cicli di invecchiamento accelerato, simulando condizioni ambientali estreme per osservare come reagivano. Abbiamo usato tre protocolli principali:
- Cicli di Umidità (HC): Alternanza tra 3 ore al 30% di umidità relativa (RH) e 3 ore al 95% RH, a temperatura costante (25°C).
- Cicli di Temperatura (TC): Alternanza tra 3 ore a 15°C e 3 ore a 55°C, con umidità costante (40% RH).
- Cicli Combinati Temperatura/Umidità (THC): Alternanza tra 3 ore a 15°C/30% RH e 3 ore a 55°C/95% RH.
Questi range, seppur adattati per le capacità della strumentazione (l’umidità è difficile da controllare a basse temperature), cercano di riprodurre le forti escursioni che i murales possono subire nel corso dell’anno in certi climi.
Dopo ogni ciclo, specialmente nelle fasi di raffreddamento o asciugatura quando le crepe sono più evidenti, fotografavamo i campioni prima sotto luce normale e poi… al buio, illuminandoli con una luce UV a 365 nm. Ed ecco la magia!
I Risultati: Le Crepe si Accendono!
Come speravamo, il TPE-4N ha funzionato egregiamente! Dove si formavano micro-fessurazioni sulla superficie pittorica, il rivestimento di TPE-4N subiva uno stress, si rompeva a livello microscopico, passava da uno stato cristallino ordinato a uno amorfo disordinato e… iniziava a emettere fluorescenza sotto la luce UV! Improvvisamente, crepe larghe pochi micrometri, invisibili a occhio nudo, diventavano chiaramente visibili come linee luminose.
Utilizzando un software di analisi d’immagine (ImageJ con il plugin NeuronJ, pensato per tracciare strutture simili a neuroni, ma perfetto anche per le crepe!), siamo riusciti a misurare con precisione la lunghezza totale delle crepe su ogni campione e a calcolarne la densità (lunghezza per unità di superficie).
Deterioramento: Non Solo Crepe
Osservando i campioni nel tempo, abbiamo notato diversi tipi di degrado, che possiamo raggruppare in due categorie principali:
- Fessurazione (Cracking): Rottura all’interno dello strato pittorico stesso.
- Distacco Interstrato (Interlayer Debonding): Separazione tra lo strato pittorico e l’intonaco sottostante, che si manifesta come sollevamenti (cleavage), arricciamenti (cupping) o veri e propri distacchi (lifting).

Fattori Chiave: Gelatina e Ambiente Fanno la Differenza
I risultati dei cicli di invecchiamento sono stati illuminanti (in tutti i sensi!):
- Concentrazione di Gelatina: Più alta era la concentrazione di gelatina, più velocemente e gravemente appariva il deterioramento. È interessante notare che con il 12% di gelatina, spesso si verificava il distacco interstrato, mentre con l’8% si vedevano solo poche crepe. Questo suggerisce che una maggiore quantità di legante, pur rendendo forse lo strato pittorico inizialmente più “forte”, crea maggiori tensioni all’interfaccia con l’intonaco quando assorbe e rilascia umidità, portando alla separazione. La densità massima di crepe si è vista però con il 10% di gelatina, indicando che la lunghezza delle crepe da sola non racconta tutta la storia.
- Condizioni Ambientali: I cicli di sola umidità (HC) sono risultati i più dannosi, causando crepe rapidamente e spesso portando a gravi fenomeni di arricciamento (cupping) con le concentrazioni di gelatina più alte. I cicli di sola temperatura (TC) hanno mostrato un deterioramento più lento.
- Effetto Combinato (THC): Qui le cose si sono fatte complesse. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, il danno combinato (THC) è risultato meno grave di quello causato dalla sola umidità (HC). Pensiamo che questo sia dovuto alle proprietà viscoelastiche della gelatina. A temperature e umidità elevate (55°C, 95% RH), la gelatina assorbe molta acqua, diventa più elastica, quasi un idrogel. Questo stato più “morbido” permette al materiale di deformarsi plasticamente (creep), dissipando parte dello stress accumulato invece di romperrsi subito. Una lezione importante: attenzione a non usare condizioni estreme combinate negli esperimenti accelerati che potrebbero non rispecchiare fedelmente i meccanismi reali di degrado, dato che condizioni di altissima temperatura E altissima umidità simultaneamente sono rare in molti contesti reali.
La Dinamica del Danno: Una Questione di Fatica?
Analizzando come la lunghezza totale delle crepe aumentava nel tempo (numero di cicli), abbiamo osservato due pattern principali. Alcuni campioni si sono deteriorati molto rapidamente all’inizio per poi stabilizzarsi. Altri, quelli con un deterioramento più lento, hanno mostrato una curva di crescita a forma di “S”, tipica dei fenomeni di fatica dei materiali. Questa curva ha tre fasi:
- Periodo di Induzione: Inizialmente non succede quasi nulla. Lo stress ambientale causa piccole deformazioni plastiche, ma il materiale resiste.
- Periodo di Espansione Stabile: Il danno accumulato supera una soglia, le crepe iniziano a formarsi e a propagarsi a una velocità relativamente costante.
- Periodo di Saturazione: La crescita delle crepe permette allo stress interno di rilasciarsi e ridistribuirsi. Non si forma nuovo danno significativo e la lunghezza totale delle crepe si stabilizza.
Nei nostri esperimenti, tutti i campioni hanno raggiunto la saturazione entro 56 cicli. Considerando le condizioni estreme e le alte concentrazioni di gelatina, questo suggerisce che il meccanismo di rottura sia a metà strada tra una frattura fragile e una fatica a bassissimo numero di cicli.

Questo risultato è importantissimo! Ci dice che il deterioramento dei murales reali, che avviene su scale temporali di anni o decenni sotto stress ambientali molto più blandi, potrebbe essere in gran parte un fenomeno di fatica. La presenza di un periodo di induzione potrebbe spiegare perché a volte opere d’arte che sembrano stabili per anni dopo un restauro, improvvisamente iniziano a deteriorarsi rapidamente. Semplicemente, hanno superato il loro “periodo di induzione” e sono entrate nella fase di propagazione stabile del danno da fatica. Questo sottolinea la necessità di monitorare costantemente il patrimonio culturale e di approfondire la ricerca sulla resistenza a fatica dei materiali costitutivi.
Conclusioni e Prospettive Future
Questo studio ci ha permesso di fare un passo avanti significativo nella comprensione dei meccanismi di fessurazione nei murales. Abbiamo dimostrato che la tecnologia di sondaggio dello stress tramite fluorescenza, usando il TPE-4N, è uno strumento potente per:
- Visualizzare e quantificare micro-fessurazioni iniziali.
- Studiare l’influenza di fattori come il legante (gelatina) e le condizioni ambientali (umidità, temperatura).
- Analizzare la dinamica della propagazione delle crepe, evidenziando il ruolo potenziale della fatica.
Certo, il TPE-4N, così com’è, non è la soluzione definitiva per essere applicato direttamente sui veri murales (altera leggermente il colore della superficie, ad esempio). Ma questa ricerca apre la strada! Il futuro sta nello sviluppo di materiali “spia” simili, ma che siano incolori, completamente rimovibili e con un’alta efficienza di fluorescenza, rispettando i rigorosi principi della conservazione del patrimonio culturale.
Immaginate un giorno di poter “scannerizzare” un murale con una luce speciale e vedere immediatamente, come su una mappa, le zone sotto stress, prima ancora che il danno diventi visibile. Sarebbe una rivoluzione per la conservazione preventiva! La strada è ancora lunga, ma la luce della fluorescenza ci sta indicando la via.
Fonte: Springer
