FIVET dopo i 35: Meglio il “Classico” Trigger hCG o il “Doppio”? Facciamo Chiarezza!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che sta a cuore a molte donne che intraprendono il percorso della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), specialmente quando l’orologio biologico sembra correre un po’ più veloce: la fecondazione in vitro (FIVET) in età materna avanzata, diciamo dai 35 anni in su. Sappiamo bene che concepire dopo una certa età può presentare qualche sfida in più, la riserva ovarica diminuisce, la qualità degli ovociti magari non è più quella di una ventenne… ma per fortuna la scienza ci offre strumenti potenti come la FIVET.
Uno dei passaggi cruciali nella FIVET è il cosiddetto “trigger”, ovvero l’iniezione che si fa per indurre la maturazione finale degli ovociti prima del prelievo (pick-up). Per anni, il gold standard è stato l’hCG (gonadotropina corionica umana). Funziona, certo, ma ha anche qualche potenziale controindicazione, come il rischio, seppur controllato, di sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS) e il fatto che non mima perfettamente il picco ormonale naturale.
Recentemente, si è fatta strada un’alternativa intrigante: il “dual trigger” o doppio trigger. In pratica, si combina una dose ridotta di hCG con un altro farmaco, un agonista del GnRH (GnRH-a). L’idea? Sfruttare i vantaggi di entrambi: l’efficacia dell’hCG e l’azione più fisiologica del GnRH-a (che stimola il corpo a produrre il proprio picco di LH e FSH, più simile a quello naturale) riducendo al contempo i rischi. Bello, no? Ma funziona davvero meglio, soprattutto nelle donne over 35?
Lo Studio Sotto la Lente: hCG vs Doppio Trigger in Donne “Over 35”
Proprio per rispondere a questa domanda, mi sono imbattuto in uno studio retrospettivo molto interessante, condotto in un singolo centro accademico tra il 2015 e il 2023. Hanno analizzato i dati di 801 donne con 35 anni o più, tutte al loro primo ciclo di FIVET con protocollo antagonista (quello più comune oggi). Di queste, 115 avevano usato il doppio trigger e 686 il solo hCG.
Ora, confrontare gruppi così diversi per numerosità può essere complicato. Per ovviare a questo, i ricercatori hanno usato una tecnica statistica chiamata Propensity Score Matching (PSM). Immaginatela come un modo per “accoppiare” pazienti con caratteristiche simili (età, BMI, causa di infertilità, valori ormonali basali, ecc.) nei due gruppi, rendendo il confronto molto più equo. Dopo questo “matching”, si sono ritrovati con 115 donne nel gruppo doppio trigger e 345 nel gruppo hCG, molto più bilanciati.
L’obiettivo principale dello studio era confrontare il Tasso di Nati Vivi Cumulativo (CLBR). Cosa significa? È la probabilità complessiva di ottenere almeno un bambino nato vivo da un singolo ciclo di stimolazione ovarica, considerando sia il trasferimento a fresco (subito dopo il pick-up) sia tutti i successivi trasferimenti di embrioni crioconservati derivanti da quel ciclo. È un indicatore importantissimo perché dà una visione completa del successo di un intero tentativo di FIVET. Hanno anche guardato il tempo necessario per arrivare a questo risultato (Time To Live Birth – TTLB).
Risultati Principali: Un Pareggio… o Quasi?
Ebbene, tenetevi forte: lo studio non ha trovato differenze statisticamente significative nel Tasso di Nati Vivi Cumulativo (CLBR) tra i due gruppi. Era del 29,86% nel gruppo hCG e del 26,09% nel gruppo doppio trigger. Anche il tempo medio per arrivare al parto (TTLB) era simile (circa 9,6 mesi vs 10,1 mesi). Analisi più sofisticate (curve di Kaplan-Meier e modelli di Cox, che tengono conto del tempo) hanno confermato questo risultato: il tipo di trigger non sembrava influenzare significativamente la probabilità finale di avere un bambino, nemmeno analizzando separatamente chi faceva transfer a fresco e chi crioconservava tutto (“freeze-all”).
A prima vista, potrebbe sembrare un “nulla di fatto”. Se l’obiettivo finale è lo stesso, perché complicarsi la vita col doppio trigger? Ma, come spesso accade nella scienza, il diavolo si nasconde nei dettagli.
Scavando più a Fondo: La Sorpresa della Fertlizzazione
Andando ad analizzare gli esiti intermedi, quelli che avvengono in laboratorio, è emersa una differenza interessante. Sebbene il numero di ovociti recuperati e maturi (MII) fosse simile tra i due gruppi (anzi, leggermente inferiore nel gruppo dual trigger in questo studio, forse per via dell’età media elevata, 38 anni), il tasso di fertilizzazione con la tecnica ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo, usata in caso di problemi maschili o per sicurezza) era significativamente più alto nel gruppo doppio trigger (85,28%) rispetto al gruppo hCG (74,09%)!
Questo è un dato che fa riflettere. Il doppio trigger, grazie alla componente GnRH-a, induce anche un piccolo picco di FSH endogeno, che si pensa possa migliorare la “competenza” dell’ovocita, ovvero la sua capacità intrinseca di essere fecondato correttamente e svilupparsi. Studi precedenti avevano già suggerito che il GnRH-a potesse migliorare la maturazione finale e l’espressione di geni importanti nelle cellule che circondano l’ovocita (cellule del cumulo).
Quindi, anche se in questo specifico studio non si è tradotto in un maggior numero di embrioni di alta qualità o in un CLBR superiore, un tasso di fertilizzazione ICSI migliore è comunque un segnale positivo. Potrebbe indicare che gli ovociti ottenuti con il doppio trigger sono, in qualche modo, “migliori” o più recettivi alla fecondazione assistita.
Perché Allora il CLBR Non Cambia?
La domanda sorge spontanea: se la fertilizzazione è migliore, perché non vediamo più bambini nati? Le ragioni possono essere molteplici e complesse.
- Qualità embrionale successiva: Una buona fertilizzazione non garantisce automaticamente un embrione di alta qualità capace di impiantarsi e svilupparsi correttamente. L’età materna avanzata gioca un ruolo cruciale qui, aumentando il rischio di aneuploidie (errori cromosomici) nell’embrione, indipendentemente dal trigger.
- Ricettività endometriale: L’impianto dipende anche da un endometrio pronto ad accogliere l’embrione. Alcuni studi suggeriscono che il GnRH-a, avendo un’emivita più breve dell’hCG, potrebbe portare a un supporto luteale (la fase dopo il transfer) leggermente meno robusto nei cicli a fresco, influenzando potenzialmente l’impianto. Questo potrebbe spiegare perché i tassi di impianto e gravidanza clinica a fresco erano numericamente (ma non significativamente) inferiori nel gruppo doppio trigger, mentre erano numericamente superiori nei cicli da scongelato (FET).
- Fattori confondenti residui: Nonostante il PSM, qualche piccola differenza tra i gruppi potrebbe essere rimasta, o magari fattori non misurati hanno giocato un ruolo.
- Potenza statistica: Forse la differenza nel CLBR esiste, ma è piccola, e lo studio non aveva abbastanza partecipanti (soprattutto nel gruppo doppio trigger dopo il matching) per rilevarla con certezza statistica.
Cosa Portiamo a Casa?
Questo studio, pur con i suoi limiti (è retrospettivo, di un solo centro, e la scelta del trigger non era casuale ma basata sulla valutazione medica, introducendo un potenziale bias di selezione), ci dà comunque informazioni preziose.
Ci dice che, almeno in questa popolazione di donne over 35 al primo ciclo FIVET, il doppio trigger non sembra offrire un vantaggio significativo rispetto al solo hCG in termini di probabilità finale di avere un bambino (CLBR).
Tuttavia, il segnale positivo sul tasso di fertilizzazione ICSI non va ignorato. Suggerisce che il doppio trigger potrebbe effettivamente migliorare la qualità o la competenza ovocitaria iniziale. Gli autori stessi concludono che, considerando questo aspetto, il protocollo con doppio trigger potrebbe essere più indicato rispetto al solo hCG.
La verità, probabilmente, è che non esiste una risposta unica per tutte. La scelta del trigger migliore potrebbe dipendere dalle caratteristiche individuali della paziente (riserva ovarica, risposta alla stimolazione, rischio di OHSS, età precisa). Servono sicuramente studi più ampi, multicentrici e, idealmente, randomizzati (dove l’assegnazione al tipo di trigger è casuale) per confermare questi risultati e capire meglio per chi il doppio trigger possa davvero fare la differenza.
Nel frattempo, questo studio aggiunge un tassello importante al puzzle, suggerendo che mentre l’hCG rimane un’opzione valida ed efficace, il doppio trigger è un’alternativa interessante che merita considerazione, soprattutto se si cerca di ottimizzare la fase di fertilizzazione in laboratorio. Parliamone sempre apertamente con il nostro medico specialista in fertilità, che saprà consigliarci il percorso migliore per noi!
Fonte: Springer